2 LO SPAZIO SCENICO
2.1 L’ALLESTIMENTO SCENICO
2.1.3 IL DEUS EX MACHINA
La tragedia si conclude con l’apparizione di Eracle che, finalmente, riesce a convincere Filottete a partire per Troia e compiere il proprio destino secondo il “volere di Zeus” (v.1415), risolvendo una
222 Apollod. II 8, 3-5.
223 Tale migrazione dorica sarebbe databile intorno alla fine del XIII secolo e coinciderebbe con il crollo della civiltà
palaziale micenea; cfr. DI DONATO,1999:68.
224 Cfr. TAPLIN, 1988:177 ‹‹La storia della sua morte in ancor giovane età era così famosa che se ne coniò lo slogan
Νεοπτόλεμος τίσις››,sulla base di Paus., 17.4.
62 situazione di stallo che stava per portare l’opera a prendere un risvolto inaspettato con il ritorno di Filottete in patria226 (vv.1402-8).
La presenza di Eracle al termine della tragedia rappresenta l’unico esempio di deus ex machina nelle opere sofoclee in nostro possesso227, ma dai frammenti attribuiti a Sofocle si può ipotizzare la
medesima funzione per Teti nei Banchettanti (frag. 562-71 Radt) e per lo stesso Eracle nell’Atamante (frag. 1-10 Radt). Inoltre, altre divinità erano presenti sulla scena come Atena nell’Aiace e nell’Aiace locrese (frag. 10a-18 Radt), Demetra nel Trittolemo (frag. 596-617 Radt) e Apollo e Artemide nella Niobe (frag. 441a-451 Radt), sebbene in queste ultime tragedie le divinità non sembra svolgessero la funzione di deus ex machina, ma fossero dei veri e propri personaggi228.
Resta comunque il fatto che appare esiguo il numero di divinità sulla scena nelle opere sofoclee, specialmente in confronto ad un tragediografo come Euripide229. Ciò rende ancora più difficile tentare
di spiegare il motivo della presenza di Eracle e, in particolare, come effettivamente il dio faceva il suo ingresso in scena. Su questo punto, infatti, si è molto dibattuto e non si è arrivati ad una soluzione univoca. Due, infatti, erano generalmente i metodi in cui una divinità poteva comparire sulla scena ed entrambi vengono presentati nell’Onomasticon di Polluce: si tratta della μηχανή230 e del
θεολογεῖον231. La differenza sostanziale starebbe nel fatto che la μηχανή permetteva le apparizioni in
movimento, mentre il θεολογεῖον era riservato ad apparizioni più statiche232.
Sebbene non sia effettivamente verificabile l’ipotesi dell’uso della μηχανή nel caso di Eracle233, mi
sembra che, in questo caso, si possa propendere a favore dell’utilizzo della macchina del volo sulla base delle parole pronunciate dal dio nell’atto di entrare in scena234 (vv.1413-14): τὴν σὴν δ᾽ ἥκω
226 Cfr. Arist., Po. 1453b 22-23: τοὺς μὲν οὖν παρειλημμένους μύθους λύειν οὐκ ἔστιν. 227 Cfr. PARKER,1999:11-12; SCHEIN,2013:28.
228 Si veda JOUANNA,2007:609-76 in cui sono ricostruite le tragedie frammentarie sofoclee mediante i frammenti superstiti. 229 Cfr. THÉVENET,2008:38‹‹Avec seulement quatre pieces sans divinité à la distribution (Médée, Héraclides, Phéniciennes
et Iphifénie à Aulis), les dieux sont indéniablement presents sur la scène euripidéenne››.
230 Poll. IV 128: ἡ μηχανὴ δὲ θεοὺς δείκνουσι, καὶ ἥρωας τοὺς ἐν ἀέρι, Βελλεροφόντας, ἢ Περσεῖς. Καὶ κεῖται κατὰ τὴν
ἀριστερὰν πάροδον, ὑπὲρ τὴν σκηνὴν τὸ ὕψος. Cfr. MASTRONARDE,1990:44-45; DI BENEDETTO-MEDDA,1997:19-22.
231 Poll. IV 130: ἀπὸ δὲ τοῦ θεολογεὶου, ὄντος ὑπὲρ τὴν σκηνὴν, ἐν ὕψει ἐπιφαίνονται θεοὶ, ὡς ὁ Ζεὺς καὶ οἱ περὶ αὐτὸν ἐν
Ψυχοστασίᾳ. Cfr. MASTRONARDE,1990:17; DI BENEDETTO-MEDDA,1997:17-18.
232JOUANNA,2007:274; Cfr. THÉVENET,2008:43:‹‹on pourra donc distinguer: une arrive du dieu sur le toit de la skéné par
une échelle, depuis le niveau inférieur — et la position en hauteur est seule symbolique du devin; et une arrive par les aires grâce à la machine volante, depuis un niveau supérieur, de haute n bas, qui vise à renforcer visuellement l’origine ouranienne du dieu››.
233PUCCI,1994:34; DI BENEDETTO-MEDDA,1997:110. 234 Tesi sostenuta anche in MASTRONARDE,1990:37.
63 χάριν οὐρανίας ἕδρας προλιπών. È, in effetti, chiaramente presupposto un movimento nei verbi utilizzati da Eracle — ἥκω e προλείπω — che partirebbe dall’alto e, in particolare, dal cielo dove il dio risiedeva nelle sue “sedi celesti” — οὐρανίας ἕδρας. Un tragitto che, tra l’altro, viene accompagnato dagli anapesti pronunciati dal dio ai vv.1409-17, ritmo tradizionalmente associato alla marcia e che in questo caso potrebbe essere qualificato come ‹‹un ritmo di progressione nell’aria››235. Se, quindi,
come è stato sottolineato anche in precedenza per la σκηνή, Sofocle faceva uso della tecnica della scenografia verbale per aiutare il pubblico a comprendere ciò che realmente avveniva sulla scena, sembra più che verosimile l’ipotesi di un Eracle che veniva deposto sul tetto della σκηνή mediante l’utilizzo della μηχανή mentre annunciava il suo arrivo dal cielo; più difficile, invece, appare un ingresso del dio sul θεολογεῖον servendosi di una scala posta sul retro della σκηνή236.
Per giustificare la scelta di Eracle da parte del tragediografo si può far riferimento a quanto già esposto in 1.1 del presente lavoro, in cui vengono analizzati due episodi del mito (l’accensione della pira e il dono dell’arco) che sono alla base del legame instauratosi tra l’eroe morente e Filottete. Per rendere conto, invece, dell’utilizzo di un espediente come il deus ex machina in un’opera sofoclea si può far riferimento all’evoluzione della drammaturgia sul finire del V secolo, che attraverso le opere superstiti di Euripide ci mostra come fosse frequente l’apparizione di divinità nell’Esodo delle tragedie per risolvere le trame237.
È importante, comunque, notare che probabilmente era previsto che le divinità dovessero apparire in posizione più elevata rispetto agli altri personaggi, come se in questo modo si riuscisse a tradurre visivamente la superiorità divina all’interno dello spazio scenico238, marcando ancor più
nettamente la differenza fra gli dèi e gli uomini. Non solo, infatti, alle divinità era riservato un posto privilegiato, ma ad esse era riservato anche un diverso modo di entrare e uscire di scena dall’alto239.
235JOUANNA,2003:166e, quindi, paragonabile agli anapesti in recitativo di Trigeo nella Pace (vv.154-72), anch’egli in volo
sulla μηχανή.
236 Una serie di ipotesi sulla posizione della scala per raggiungere il θεολογεῖον è esposta in MASTRONARDE,1990:13-14ai
punti 1-4.
237 Cfr. DI BENEDETTO,1988:210-11. Delle 17 tragedie superstiti di Euripide (compreso il Reso), ben 9 si risolvono mediante
l’intervento del deus ex machina: Andromaca (Teti), Baccanti (Dioniso), Elettra (Dioscuri), Elena (Dioscuri), Ippolito (Artemide), Ione (Atena), Ifigenia in Tauride (Atena), Oreste (Apollo), Supplici (Atena).
238THÉVENET,2008:41.
64 Resta, infine, da affrontare una questione complessa riguardante il ruolo del deus ex machina nel Filottete sofocleo, dato che Eracle rappresentava una figura ambigua fin dall’antichità a metà tra il dio e l’eroe, uno status ben inquadrato dalla definizione che Pindaro offre del figlio di Zeus: ἥρως θεός (Nemea III 22). Erodoto arriva addirittura a parlare del culto differenziato di due Eracle: uno a cui gli Elleni offrono sacrifici — θύουσι — in qualità di dio immortale, l’altro a cui sacrificano — ἐναγίζουσι — come ad un eroe (II 44)240. Questa doppia natura di Eracle, inoltre, era già nota ai tempi della
Grecia arcaica come dimostrano il passo dell’Iliade che parla della morte di Eracle (XVIII 117-19) e quello dell’Odissea in cui Eracle viene descritto come un abitante dell’Olimpo (XI 601-4)241.
Nel Filottete è importante sottolineare che la questione riguardante Eracle viene risolta, probabilmente per anticipare il suo futuro ingresso al termine dell’opera, già dal Coro, all’interno del primo stasimo, quando viene narrato l’episodio della sua apoteosi sull’Eta, esplicitando il passaggio da eroe a dio (vv.726-29):
Σπερχειοῦ τε παρ᾽ ὄχθας, ἵν᾽ ὁ χάλκασπις ἀνὴρ θεοῖς πλάθει θεὸς θείῳ πυρὶ παμφαής, Οἴτας ὑπὲρ ὄχθων.
‹‹presso le sponde dello Sperchèo, dove l’eroe dallo scudo di bronzo, dio242, raggiunge gli dei, fulgente di
rogo divino, sopra le vette dell’Eta››
Chiaro appare, dunque, l’intento da parte di Sofocle di rendere esplicito al pubblico il modo in cui Eracle doveva essere preso in considerazione: non più un eroe, ma un dio a tutti gli effetti, come normalmente veniva considerato in seguito alla sua ascesa sull’Olimpo.
Nell’Esodo è Eracle stesso a mostrare le caratteristiche proprie di un dio, al momento del suo ingresso in scena. La comparsa di Eracle può, infatti, essere paragonata all’epifania di Atena nel primo libro dell’Iliade (vv.188 ss.), in particolare i vv.207-9243, che, come notava Pucci, mettono in evidenza
240 Cfr. Diod. II 39, 1: Ἀθηναῖοι πρῶτοι τῶν ἄλλων ὡς θεὸν ἐτίμησαν θυσίαις τὸν Ἡρακλέα.
241 Cfr. BRELICH,1958:363 che nota come negli Inferi Odisseo incontri semplicemente l’eidolon di Eracle, che, invece, vive
tra gli dèi immortali.
242 Vd. n.7.
243 ἦλθον ἐγὼ παύσουσα τὸ σὸν μένος, αἴ κε πίθηαι,
οὐρανόθεν: πρὸ δέ μ᾽ ἧκε θεὰ λευκώλενος Ἥρη ἄμφω ὁμῶς θυμῷ φιλέουσά τε κηδομένη τε
65 ‹‹the mention of the divine descent from Heaven, the name of the sender, and the will of the god244››,
proprio come i vv.1413-16 del Filottete: τὴν σὴν δ᾽ ἥκω χάριν οὐρανίας ἕδρας προλιπών,
τὰ Διός τε φράσων βουλεύματά σοι κατερητύσων θ᾽ ὁδὸν ἣν στέλλει˙
‹‹Giungo in tuo favore dopo aver abbandonato le sedi celesti, per annunciarti il volere di Zeus e bloccare il cammino che stai intraprendendo››
Un tratto, invece, che farebbe rientrare quest’epifania nella prassi drammaturgica di fine V secolo, confermando ulteriormente la natura divina di Eracle nel Filottete, risiederebbe nell’utilizzo del verbo ἥκω, presente nelle parole di Eracle (v.1413) e comunemente utilizzato anche da Euripide nelle sue epifanie divine, con la differenza che egli se ne serviva nel Prologo245.
Ancora più significativa, infine, è l’espressione utilizzata da Eracle quando afferma di aver ottenuto ἀθάνατον ἀρετὴν (v.1420) in seguito alle fatiche da lui sostenute. Quest’espressione significa, ad una prima analisi, che la gloria che egli ha acquisito per merito non cesserà mai246. Ma ad
un esame più approfondito si potrebbe notare che qui Eracle voleva ribadire che egli stesso era divenuto immortale, come se fosse sottintesa la sua apoteosi247. L’espressione seguente — ὡς
πάρεσθ᾽ ὁρᾶν — sembra voler rimarcare proprio questo, se si presuppone che Eracle si mostrasse in modo da sembrare un dio agli occhi non solo di Neottolemo e Filottete, ma anche degli spettatori. Purtroppo, a noi moderni è preclusa la possibilità di vedere se realmente Sofocle avesse utilizzato un qualche espediente per mostrare Eracle in qualità di dio e ancora più difficile è provare ad immaginare quale espediente il tragediografo avrebbe potuto utilizzare. L’unica cosa che si può fare è provare a supporre ciò dalle parole degli attori, pur in assenza di prove tangibili248.
244PUCCI,1994:35.
245 Cfr. THÉVENET,2008:53in cui si nota la presenza del verbo ἥκω pronunciato da una divinità in 4 prologhi euripidei: Troiane, Ecuba, Baccanti e Ione.
246 S.v. ἀρετή III in LSJ; cfr. con l’ἀρετή del v.1425 che assume semplicemente il significato di ‘valore’. 247 Cfr. KAMERBEEK,1980 ad 1420: surely ‘not immortal glory’, but ‘glory of immortality’; AUSTIN,2011:199.
248 Questa tesi è sostenuta anche in WEBSTER,1970 ad 1420 che, solo su base teorica, immagina Eracle rappresentato come
66 Eracle rappresentava, dunque, una figura complessa in Grecia antica visto il suo passaggio di status da eroe a dio che faceva di lui un ἥρως θεός249. Probabilmente, però, non era sentita così
inconciliabile questa doppia natura come dimostra, per l’appunto, il caso di Eracle250: egli vissuto da
eroe in un corpo mortale, viene assunto tra gli dèi sull’Olimpo dopo la sua morte sul monte Eta. C’è, quindi, una ben netta cesura tra i due aspetti ascrivibili a Eracle, che va identificata con il momento della sua morte che segna il passaggio da eroe a dio. Tale passaggio, è importante sottolinearlo, avviene non semplicemente in virtù della morte, che accomuna tutti gli uomini, ma grazie alle imprese — πόνοι — compiute dall’eroe in vita, che già facevano presagire una natura sovrumana che lo distingueva dagli altri esseri mortali251.
Nel Filottete, come già anticipato sopra, Sofocle sceglierebbe di considerare esclusivamente l’aspetto divino di Eracle, perché più utile drammaturgicamente in relazione a questa tragedia: il tragediografo porta così sulla scena un dio che condivideva un legame particolare con il protagonista del dramma, in modo che, grazie al suo intervento, si potesse superare l’impasse verso cui sembrava diretta l’opera; così come nelle Trachinie, a differenza del Filottete, viene portato in scena l’Eracle mortale, l’eroe, per la sua capacità, in quanto mortale, di provare sofferenza fisica, similmente a quanto accade a Filottete.
L’intervento del dio ci riporta, inoltre, alla tematica dell’asocialità legata allo spazio scenico, dato che, nel momento decisivo della vita di Filottete a consigliarlo per il meglio non è un semplice amico, come poteva essere il Teseo dell’Eracle euripideo che giunge in soccorso e offre ospitalità ad Atene al protagonista del dramma straziato per aver ucciso la propria famiglia (vv.1163 ss.), bensì una divinità lontana che giunge dall’Olimpo (vv.1413-14) per poi andarsene nel giro di qualche verso. La novità dell’utilizzo del deus ex machina da parte di Sofocle potrebbe essere giustificata, dunque, anche da questo motivo, dato che si offriva come un ottimo espediente per rimarcare ancora di più l’isolamento di Filottete da un punto di vista delle relazioni sociali.
249 Cfr. BRELICH,1958:365‹‹Se l’eroe in generale può essere “prototipico” per l’uomo, Herakles — si sarebbe tentati di dire
— è il prototipo dell’eroe stesso. […] Se è così, allora in quanto perfettamente eroe, Herakles sarebbe dio: un eroe-dio››.
250 Cfr. EKROTH,2015:384‹‹The fluidity of the hero concept is illustrated by Heracles››.
251 Questa caratteristica era stata notata da Durkheim anche in alcune tribù australiane, per sottolineare l’unicità degli
individui che potevano aspirare ad ottenere uno ‘status’ divino; cfr. DURKHEIM, 1912: 74-75 (i riferimenti alle pagine provengono dall’edizione italiana del 1973).
67 È necessario notare, però, infine che il deus ex machina al termine della tragedia getta anche le basi per la futura reintegrazione di Filottete nell’esercito (vv.1423-39) e, quindi, per il recupero di quella dimensione sociale che a Lemno il figlio di Peante aveva perso. Sebbene, dunque, in relazione allo spazio scenico venga evidenziata una certa distanza tra il dio e il protagonista del dramma, bisogna tenere presente che Eracle svolge il ruolo di ‘civilizzatore’, a differenza che nelle Trachinie — per riprendere il confronto accennato in precedenza —, dove era mostrato in qualità di uccisore di mostri252.