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UN TESTIMONE ONNISCIENTE

2 LO SPAZIO SCENICO

3.1 DIFFERENTI PERCEZIONI TEMPORAL

3.2.1 UN TESTIMONE ONNISCIENTE

Intendo di seguito concentrarmi sul tempo del racconto e, in particolare, sulla funzione che esso svolge all’interno del Filottete. In questa tragedia, infatti, il tempo riveste un ruolo molto importante, in quanto testimone onnisciente delle vicende narrate nell’opera427: è proprio durante gli anni d’esilio

che Filottete deve passare isolato a Lemno che l’eroe si trasforma in un essere inselvatichito — ἀπηγριωμένον (v.226) — che odia più di ogni altra cosa i comandanti dell’esercito acheo, colpevoli di averlo abbandonato.

Ciò non significa, comunque, che il tempo non possa portare ad una conclusione positiva e che il suo unico fine sia quello di far soffrire il protagonista del dramma428, come avviene anche nel caso di

un altro eroe sofocleo, Edipo. Esso interviene tanto in un senso, tanto in un altro, e la sua azione basta a rendere conto degli alti e bassi della vita umana, come riferisce il ‘detto antico’ pronunciato da Deianira all’inizio delle Trachinie (vv.2-3): οὐκ ἂν αἰῶν᾽ ἐκμάθοις βροτῶν, πρὶν ἂν θάνῃ τις, οὔτ᾽ εἰ χρηστὸς οὔτ᾽ εἴ τῳ κακός429. È solo alla fine del Filottete, infatti, che veniamo a sapere che il figlio di

Peante decide, seppur non autonomamente, di salpare per Troia dove sarà guarito e porterà gli Achei alla vittoria, così come a Edipo, ormai vecchio nell’Edipo a Colono e perfettamente conscio della ‘superiorità’ del tempo nei confronti degli uomini (vv.607-20)430, sarà consentito di riabilitare il suo

nome ad Atene.

Il tempo viene, dunque, presentato come un testimone onnisciente, a cui nessuno può sottrarsi, ma è indubbio che esso lasci una buona libertà d’azione agli eroi sofoclei431, tanto da mostrarsi

incapace di modificare il loro ἦθος432. Filottete e Neottolemo seguono, ognuno a modo suo, un

426 Per il rapporto tra ‘tempo individuale’ e ‘tempo sociale’ si veda DURKHEIM,1912:339-40. 427 Cfr. DE ROMILLY,2009:110.

428 ‹‹Time itself (χρόνος) or the special moment (καιρός) has a ritual power, for better or for worse›› GREENE,1944:5. 429 Cfr. Soph., OR 1528-30: ὥστε θνητὸν ὄντα κείνην τὴν τελευταίαν ἰδεῖν ἡμέραν ἐπισκοποῦντα μηδέν᾽ ὀλβίζειν, πρὶν ἂν

τέρμα τοῦ βίου περάσῃ μηδὲν ἀλγεινὸν παθών.

430 Cfr. RODIGHIERO,2000:144-45.

431 Cfr. DE ROMILLY,2009:133-34che mostra come tale concezione del tempo si possa far risalire a Talete, seguito poi da

Solone, Teognide e Pindaro; cfr. KNOX, 1964: 5-6 che paragona lo spirito d’iniziativa mostrato dagli eroi sofoclei alla passività dei protagonisti delle tragedie euripidee.

432 Cfr. KNOX,1964:70 seguito anche da RODIGHIERO,2000:156;cfr. fr. 119 Diels-Kranz ἦθος ἀνθρώπῳ δαίμων di Eraclito,

111 principio pronunciato dallo stesso figlio d’Achille (vv.902-3): ἅπαντα δυσχέρεια, τὴν αὑτοῦ φύσιν ὅταν λιπών τις δρᾷ τὰ μὴ προσεικότα433. Tale principio, che anima Filottete per tutto il corso

dell’opera, data l’immutabile ostinazione del protagonista del dramma a voler tornare in patria e non curarsi dell’esercito acheo, viene per qualche tempo abbandonato da Neottolemo, che cede alle pressioni di Odisseo e prova ad ingannare il figlio di Peante, salvo poi tornare in sé verso la fine della tragedia, meritandosi finalmente l’appellativo di ‘figlio d’Achille’ (vv.1310-13).

Il fatto di non riuscire ad agire contro la propria natura accomuna gran parte degli eroi sofoclei. Essi sono infatti spinti da una convinzione che, in certi casi come Filottete, non lascia neanche posto al dialogo. Eroi di questo genere, convinti delle proprie decisioni, agiscono di conseguenza e sono pronti ad assumersi le proprie responsabilità434. Ed è per questo che le parole del Coro (vv.1165-66) e di

Neottolemo (vv.1329-35), i quali tentano invano di convincere Filottete a partire facendo leva sul fatto che sta solo in lui decidere di andare incontro a un futuro migliore, non sortiscono minimamente l’effetto sperato, solo l’intervento di Eracle permette di giungere alla conclusione che ci si aspetterebbe dal mito derivato dai poemi del ciclo troiano. L’unico modo per far cambiare idea a Filottete è, dunque, l’apparizione di un dio, perché dei semplici mortali non ne sono stati in grado, anzi, Neottolemo, poco prima della scena del deus ex machina, si mostra rassegnato a riportare Filottete in patria (v.1402).

La conclusione della tragedia, in cui sia a Filottete, sia a Neottolemo, viene predetto un futuro di gloria, dimostra come, in fin dei conti, il tempo conservi il privilegio di rivelare se essi abbiano agito o meno nel migliore dei modi435, e così è stato, perché Filottete non ha commesso alcuna colpa per

meritarsi una tale punizione e Neottolemo ha avuto la forza di prendere le distanze da Odisseo e seguire la propria natura, che condivide con il nobile padre. Non importa se Neottolemo ha avuto qualche cedimento nel corso del dramma, l’unica cosa che conta è che alla fine il giovane figlio d’Achille e Filottete abbiano meritato di andare a Troia ed essere protagonisti della vittoria della guerra. Ma il tempo, come già anticipato supra, è semplicemente un testimone onnisciente, una forza

433 Un principio che seguiranno, per esempio, anche Aiace e Antigone nelle omonime tragedie sofoclee e che li porterà alla

morte. Tale espressione, inoltre, sembra richiamare molto da vicino le parole pronunciate da Achille, padre di Neottolemo, all’indirizzo di Odisseo nell’Iliade (IX, 312-313): ἐχθρὸς γάρ μοι κεῖνος ὁμῶς Ἀΐδαο πύλῃσιν ὅς χ᾽ ἕτερον μὲν κεύθῃ ἐνὶ φρεσίν, ἄλλο δὲ εἴπῃ.

434 Cfr. KNOX,1964:7-8. 435 Cfr. DE ROMILLY,2009:133.

112 passiva che solo al termine della vita di ciascun individuo consente di fare un bilancio di quello che è stato. Esso non ha la capacità di intervenire direttamente nelle vicende degli uomini, ma può essere regolato e subire l’influenza di entità superiori come gli dèi che, in quanto immortali, non lo percepiscono alla maniera degli esseri umani. Questo compito nel Filottete spetta a due divinità in particolare: la Moira e Zeus, che con il tempo hanno una relazione molto stretta436.