• Non ci sono risultati.

SOGGETTIVITÀ A CONFRONTO: L’AMBIGUITÀ DELLO SPAZIO SCENICO

2 LO SPAZIO SCENICO

2.3 DUE INTERPRETAZIONI DELLO SPAZIO SCENICO: DAVIES E VIDAL-NAQUET

2.3.3 SOGGETTIVITÀ A CONFRONTO: L’AMBIGUITÀ DELLO SPAZIO SCENICO

Le due interpretazioni prese in considerazione mostrano, quindi, come lo spazio scenico sia in grado di influenzare notevolmente il modo di recepire l’opera. Davies arriva addirittura a ribaltare il rapporto Filottete-Neottolemo, sulla base delle indicazioni contenute in Morfologia della fiaba di Propp. Ma il suo tentativo di trasporre caratteristiche proprie di personaggi fiabeschi a personaggi tragici porta inevitabilmente ad un grosso fraintendimento, visto che in tragedia il fatto di vivere in un luogo isolato non può costituire un buon motivo per far di Filottete un semplice aiutante, un personaggio secondario. Proprio di questa solitudine offerta da una Lemno deserta, infatti, si serve Sofocle per tratteggiare il carattere del protagonista dell’opera, creando una fortissima simbiosi spazio-uomo368,

che non colgono né Davies, né tantomeno Finglass nel suo tentativo di correggere l’interpretazione del primo.

Diversa è la situazione per quanto riguarda l’interpretazione di Vidal-Naquet, che, sebbene presenti dei punti critici, sottolineati in particolare da Di Benedetto, tenta di accostare l’evidente maturazione di Neottolemo nel corso dell’opera all’efebia che svolgevano i giovani ateniesi.

366 Unico esempio, nelle tragedie di Sofocle, della mutazione d’un eroe tragico; cfr. VERNANTVIDAL-NAQUET,1972:150. 367 ‹‹The more familiar the institution is to the audience, the less it will be nominated. We have to infer it from the poem›› VIDAL-NAQUET,1986:129.

95 Dall’accostamento proposto dallo studioso francese tra una tragedia e un rito di passaggio all’età adulta risulta evidente una correlazione tra l’ambientazione sofoclea dell’isola deserta e le zone di frontiera — ἐσχατιαί — in cui si svolgevano proprio tali riti di passaggio, tanto più che anche lo stesso Filottete si trova in uno stato ‘liminale’ in attesa di completare il proprio percorso che lo porterà ad essere reinserito in società. Il fatto poi di identificare nell’efebia il rito di passaggio che Neottolemo svolgerebbe nell’opera, mette in risalto un legame efebi-Dionisie testimoniato da numerose fonti, sebbene posteriori, anche solo di poco, al V secolo369.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che Vidal-Naquet ci porta a riflettere su una questione che sembra non aver attirato l’attenzione da parte degli studiosi successivi370, ma che nel Filottete, come

ho cercato di mostrare sopra, trova un riscontro interessante: mi riferisco al fatto che per alcuni riferimenti presenti nel giuramento efebico si potrebbe pensare che esso venisse pronunciato al termine dell’efebia.

Quello che mi importa sottolineare qui, però, non è tanto la validità delle due interpretazioni esaminate, quanto piuttosto notare la capacità che hanno esse di mostrare come la soggettività degli interpreti potesse scontrarsi con la soggettività dell’autore, specialmente in relazione a uno spazio scenico che deve essere ricostruito attraverso le parole dei personaggi, data la scarsità di notizie pervenuteci sulla scenografia.

In ogni interpretazione della tragedia può esistere, comunque, un fondo di verità, a cui si aggiungono elementi più o meno condivisibili. Davies ad esempio, sebbene la sua tesi non mi abbia convinto, coglie il fatto che Sofocle volesse presentare Lemno come un luogo isolato e ci mostra Filottete come il possessore di un oggetto magico fondamentale per la riuscita dell’intreccio mitico. Ma tutta la sua interpretazione perde valore quando egli decide di ricondurre il tutto ad una

369 Per l’ipotesi che gli efebi svolgessero il compito di coreuti nelle tragedie si veda WINKLER,1990:20-62. Cfr. BARRINGER,

2001:54‹‹Second-century B.C. inscriptions (IG II2 1028, IG II2 1008) attest to the ephebes’ participation in the procession

of the statue of Dionysos Eleuthereus from its temple at Eleutherai to Athens just before the City Dionysia. Ephebes conducted a sacrifice following the procession, which took place at the precinct of Dionysos. Isocrates (De Pace) mentions that war orphans, probably ephebes, were brought onstage during the Athenian Dionysia, and Aischines reports in c. 330 B.C. that this event was something that used to occur in the past. We know, from the Athenaion Politeia that ephebes “performed” in the theater after their ephebic service››.

370 Cfr. ad esempio BARRINGER, 2001:47-59; DODD-FARAONE, 2003:71-105 che, seppur affrontino la tematica dell’efebia

facendo riferimento all’articolo di Vidal-Naquet, a cui riservano numerose critiche, non considerano minimamente la questione a cui mi riferisco.

96 classificazione di personaggi pertinente a un genere che poco ha a che vedere con la tragedia371, la

favola, commettendo proprio l’errore che Massenzio ammonisce di non fare: ‹‹la complessità del pensiero di un autore della statura di Sofocle non può essere mutilata con un’interpretazione unidimensionale››372. L’errore più grosso di Davies è, dunque, aver allontanato la tragedia dalle sue

coordinate spaziali e temporali.

Vidal-Naquet, invece, ha il merito, seppur si possano contestare in particolare alcuni punti della sua tesi, di mettere in luce un aspetto misconosciuto del Filottete tentando di ritrovare nell’opera dei riferimenti a quella procedura con la quale un giovane ateniese diventava un cittadino in piene funzioni: l’efebia373. Analizzando, dunque, la tragedia in quanto “fatto sociale totale”374 egli ha la

possibilità di non scontrarsi così nettamente con la soggettività dell’autore, dato che viene compreso il contesto culturale in cui l’opera è stata prodotta. Quello che si può imputare a Vidal-Naquet, infatti, è che non venga effettivamente portata in scena l’iniziazione efebica di Neottolemo, ma di sicuro è più difficile contestare che Neottolemo (e probabilmente anche Filottete) affronti un percorso che richiama molto da vicino i riti di passaggio all’età adulta praticati nella Grecia classica quali l’efebia ateniese o la criptìa spartana. Del resto, come lo stesso studioso francese scriveva, quasi a giustificare la sua interpretazione, ‹‹il confronto tra un’opera letteraria così profondamente inscritta nella liturgia civica come una tragedia greca e uno schema istituzionale è un metodo che ha già fatto le sue prove e che può facilitare una lettura nuova, allo stesso tempo storica e strutturale, dell’opera››375.

La difficoltà di cogliere la soggettività dell’autore e, di conseguenza, comprendere il senso completo delle tragedie risiede nell’ambiguità insita nella natura stessa della tragedia greca376.

Un’ambiguità che, come ha esposto chiaramente Vernant, si manifesta sotto molteplici aspetti

371 Cfr. MELETINSKIJ,1977:56 ‹‹La fiaba classica di magia (oggetto dello studio strutturale di Propp) è infatti del tutto diversa

dal mito. La concezione del mondo mitologica si è qui trasformata in fiaba. In tale nuovo contesto i personaggi e gli oggetti magici agiscono in una certa qual misura al posto degli eroi››.

372MASSENZIO,1995:112.

373VERNANTVIDAL-NAQUET,1972: X (prefazione).

374 Il debito con Marcel Mauss è richiamato nelle prime righe in VIDAL-NAQUET,2001:5(i riferimenti alle pagine provengono

dall’edizione italiana del 2002, da cui, d’ora in avanti, si citerà).

375VERNANTVIDAL-NAQUET,1972:146.

376 Cfr. JASPERS, 1987: 27-28 ‹‹nessuna delle grandi opere di poesia può essere sviscerata fino in fondo dalla nostra

interpretazione. In esse non troviamo che spunti di interpretabilità. Se il nostro pensiero riesce a interpretarla totalmente, l’opera poetica risulta superflua, o meglio, non è, a priori, una vera opera di poesia. Dove l’esegesi riesce a individuare delle linee precise, tale comprensibilità nasce pur sempre dal fondo dell’intuizione oscura, che nessun interprete riuscirà mai a illuminare appieno››.

97 all’interno di questa forma d’arte caratteristica del V secolo377, ma che nel nostro caso interessa

particolarmente l’ambientazione scelta da Sofocle per il suo Filottete, dato che proprio da qui siamo partiti per giungere all’interpretazione di Vidal-Naquet. Il merito di questa interpretazione risiede nel fatto che lo studioso francese, nonostante la distanza evidente tra un episodio mitico appartenente al ciclo epico troiano e una pratica sociale ateniese, è riuscito a trovare un punto di contatto nel loro ‘spazio sociale’, quel luogo isolato, effettivamente portato in scena da Sofocle, sede di numerosi riti di passaggio, annullando il più possibile la distanza tra la soggettività dell’autore e quella della sua interpretazione.

98

3 IL TEMPO

In questo capitolo verranno presi in considerazione alcuni aspetti che riguardano il tempo in relazione al Filottete sofocleo. Dato che, come si è già avuto modo di notare anche riguardo allo spazio, non si può parlare di un tempo unico e generico, mi ripropongo di esaminare quegli aspetti temporali che, a mio parere, risultano più legati alle tematiche relative al rapporto uomo/società, come nel caso della sovrapposizione tra tempo della performance e tempo del racconto, la percezione che di esso avevano i tre principali personaggi che agivano sulla scena e la funzione svolta dal tempo stesso all’interno del dramma, visto anche il suo stretto rapporto con la Moira e con Zeus. Per concludere prenderò in esame la questione riguardante l’influenza del passato all’interno dell’opera attraverso i concetti di ‘memoria individuale’ e ‘memoria collettiva’.