Come già noto dall’epica arcaica e ripreso anche da autori posteriori a Sofocle, la malattia era destinata ad essere guarita nell’accampamento degli Achei a Troia dai figli d’Asclepio108, poco importa
che si trattasse di uno di essi o di entrambi109. Questa sembra essere anche la linea scelta da Sofocle
quando fa pronunciare a Neottolemo la profezia che vedrà Filottete guarito a Troia proprio dai figli di Asclepio — καὶ τοῖν παρ᾽ ἡμῖν ἐντυχὼν Ἀσκληπίδαιν νόσου μαλαχθῇς τῆσδε (vv.1333-34).
Nel finale della tragedia, però, quando è Eracle a svelare il destino che attende Filottete, le cose cambiano, e viene nominato Asclepio come futuro guaritore della malattia — ἐγὼ δ᾽ Ἀσκληπιὸν παυστῆρα πέμψω σῆς νόσου πρὸς Ἴλιον (vv.1437-38). Ma Asclepio, per quanto almeno riportato nell’Iliade, non era presente a Troia, a differenza dei suoi figli, nominati nel Catalogo delle navi (Il. II, 732). Questa certamente rappresenta un’ulteriore innovazione sofoclea nei confronti dei poemi omerici, dopo la citata Malide posta come patria di Filottete, su cui è importante soffermarsi, vista anche la contraddizione interna alla tragedia stessa, poiché consente di far luce su un episodio della vita di Sofocle legato alla tematica della creazione di legami sociali in Grecia antica, in particolare, l’alleanza tra città.
Alla luce di alcune testimonianze sulla vita di Sofocle, non credo, comunque, potesse destare più di tanto stupore nei confronti del pubblico l’inserimento di Asclepio come guaritore di Filottete al posto dei suoi figli, perché forte era il legame del tragediografo con questa divinità110. Da Plutarco,
infatti, veniamo a sapere che, quando nel 420 la statua del dio venne trasportata da Epidauro ad Atene, Sofocle stesso la ospitò in casa111, in attesa che venisse collocata nel santuario appositamente
costruito per essa, meritandosi per questo di essere venerato col nome di Δεξίων “colui che
108 Cfr. Pi., P. I 100-8 in cui Filottete combatte malato: ἀσθενεῖ μὲν χρωτὶ βαίνων.
109 Macaone indicano Procl., Chr. 106, 19-31 e Tz. ad Lyc. 911; Podalirio è menzionato in Apollod., Epit. V 8-11; entrambi
sono presenti in Philostr., Her. 28, 2.
36 accoglie”112. Inoltre, si dice che egli abbia composto un peana in onore del dio113 e che sia stato
sacerdote di Alone, un dio guaritore legato al culto di Asclepio114.
Sembra così una logica conseguenza che Sofocle abbia sostituito gli Asclepiadi con loro padre, visto quanto aveva fatto per introdurre il culto di Asclepio ad Atene115, tanto più che sembra proprio
che il tragediografo voglia sottolineare come questa sia un’innovazione da lui fortemente voluta all’interno del dramma. È infatti proprio Eracle, l’unico caso di deus ex machina nelle tragedie superstiti sofoclee, che risolve lo stallo a cui si è giunti nel finale del Filottete e nomina per la prima e ultima volta all’interno dell’opera il dio della medicina come futuro guaritore di Filottete a Troia, modificando la versione precedente della profezia rivelata da Neottolemo. Il fatto stesso che nel giro di un centinaio di versi si passi dalla guarigione operata dai figli di Asclepio (vv.1333-34) ad Asclepio stesso (vv.1437-38), può essere visto, quindi, come il segnale di un Sofocle che vuole prendere le distanze dai suoi predecessori, così come aveva fatto già con l’ambientazione della tragedia, rendendo Lemno completamente deserta.
L’introduzione del culto del dio ad Atene sembra essere, inoltre, legata a determinati risvolti politici che vedevano coinvolte Atene e Epidauro. Una divinità guaritrice, infatti, era già presente ad Atene fin dal periodo arcaico: si tratta di Atena Hygieia, la quale, con l’introduzione del culto del dio guaritore, vide diminuire drasticamente le dediche private ad essa rivolte, finendo per essere quasi completamente dimenticata116.
Epidauro, sede del più importante culto di Asclepio in Grecia continentale, era strategicamente molto importante per Atene, data la sua collocazione sulla costa del Golfo Saronico nel nord-est del Peloponneso. Riuscire a sottomettere tale città significava per gli Ateniesi procurarsi un porto nel Peloponneso. La Pace di Nicia del 421, però, bloccò ogni tentativo di aggressione e si giunse così ad una soluzione diplomatica che legò le due città nel nome di Asclepio, tanto che una festa ateniese in
111 Plu., Num. 4, 10.
112 S.v. Dexion in Etym. M. 256, 6: ‹‹Sofocle, dopo la morte, fu così chiamato dagli Ateniesi. Si racconta che gli Ateniesi, con
l’intento di rendere onore alla memoria di Sofocle, edificarono un tempio per lui e gli diedero il nome di Dexione, per il fatto che aveva accolto Asclepio. Infatti, aveva accolto il dio in casa propria e gli aveva innalzato un altare›› (trad. it. G. Ugolini).
113 Philostr., VA 3, 17.
114 Vita Sophoclis 11; cfr. UGOLINI,2000:30n.26.
115 ‹‹Sophocle a fait entrer Asclépios dans le mythe de Philoctète, exactement comme il avait contribué à faire entrer
37 nome del dio prese il nome di Epidauria117. Questa politica di alleanze era proprio quello che si
auspicavano i moderati come Sofocle, quelli che volevano mantenere l’unità della città attraverso la concordia118, logorati da una guerra che stava esaurendo tutte le risorse di Atene e preoccupati dalla
piega ‘radicale’ che stava prendendo la democrazia in mano ormai ai demagoghi. A sostegno di quest’ipotesi si possono citare le parole di Neottolemo che, dopo aver insultato Odisseo e gli Atridi, esprime quella che Fraenkel ha definito una sententia generalis simile a quelle euripidee119 (vv.386-
88):
πόλις γάρ ἐστι πᾶσα τῶν ἡγουμένων
στρατός τε σύμπας: οἱ δ᾽ ἀκοσμοῦντες βροτῶν διδασκάλων λόγοισι γίγνονται κακοί.120
‹‹la città è interamente responsabilità di coloro che governano e anche il popolo intero, e coloro tra i mortali che ne distruggono l’ordine diventano malvagi per gli insegnamenti dei loro maestri››
L’utilizzo anacronistico di un termine come πόλις al posto del più corretto λαός per indicare l’armata greca — come accade, invece, al v.1243: ξύμπας Ἀχαιῶν λαός — è inevitabile che faccia pensare ad un possibile riferimento ad Atene, così come le persone che diventano malvage a causa delle parole di coloro che li istruiscono potrebbe costituire un richiamo alla figura dei demagoghi, che controllavano le persone attraverso la loro abilità nel parlare121.
Il fatto che l’introduzione di questo culto offrisse la possibilità di risolvere un conflitto con un’alleanza potrebbe, dunque, aver spinto Sofocle ad esporsi in questa direzione, forse anche con l’intento di mostrare il suo assenso alla Pace di Nicia, stipulata nel 421 e fortemente voluta da un suo collega di strategia nel 428, del quale doveva avere una buona considerazione122. È interessante
116HURWIT,1999:199. 117ANDERSON,2015:314-15. 118JOUANNA,2007: 63. 119FRAENKEL,1977:53.
120 La traduzione del termine στρατός con ‘popolo’ mi sembra quella più pertinente, dato il contesto “politico” del passo;
s.v. στρατός in LSJ utilizzato con lo stesso significato anche in Soph, El. 749; per l’interscambiabilità dei termini ‘popolo’ e ‘esercito’ nell’Atene classica si veda VERNANT,1974b: 33 (i riferimenti alle pagine provengono dall’edizione italiana del 1981, da cui, d’ora in avanti si citerà). Di parere opposto sono, invece, Jebb e Schein, che nel loro commento al v.387 traducono ‘army’. Per un’interessante discussione sulla possibilità di atetizzare o meno questi versi si veda FRAENKEL,1977: 54-55.
121 Cfr. SCHEIN,2013:12;cfr. 1.3.2 e 3.3.2.
122 Cfr. Plu., Nic. 15, 2in cui si riporta un aneddoto della vita di Nicia, a cui Sofocle, durante una riunione degli strateghi,
38 notare, inoltre, che questa pratica di stabilire relazioni tra città, in questo caso attraverso la ricezione di un dio straniero, sembrerebbe essere l’adattazione della più antica pratica dello scambio dei doni per stabilire legami sociali duraturi come l’ospitalità o il matrimonio123. Legami resi ancora più saldi
proprio mediante lo scambio di ἱερά, che chiamano in causa per ambo le parti il rispetto nei confronti del sacro, l’εὐσέβεια124.
Non bisogna, però, perdere di vista la funzione reale svolta dal dio, cioè quella di guaritore di malattie. Il culto di una divinità come Asclepio sarebbe dovuto servire soprattutto per prevenire che si ripresentasse un’altra epidemia come quella del 430, e sicuramente la maggioranza degli Ateniesi, terrorizzati solo all’idea di rivivere lo stato di ἀνομία in cui vennero a trovarsi durante la pestilenza125,
confidava in questo126. Ma una nuova idea di malattia si sviluppò ad Atene in quegli anni: le continue
lotte politiche che indebolivano la città. Il teatro cominciò così ad essere visto come un possibile strumento di cura del corpo politico127, esattamente come l’Asklepieion, che si trovava poco più in
alto sulla pendice meridionale dell’Acropoli, curava il corpo umano. La vicinanza dei due edifici non poteva, quindi, essere casuale e nessun altro Ateniese a parte Sofocle avrebbe potuto rappresentare meglio l’idea di una cooperazione tra teatro e tempio di Asclepio. Egli era infatti uno dei più apprezzati tragediografi del suo tempo128 e allo stesso tempo colui che aveva accolto il nuovo dio ad
Atene129.
Alla luce di questi fatti, la malattia di Filottete può essere vista come il fallimento della comunità politica di una πόλις qual era Atene nel 409130, quando il Filottete sofocleo veniva portato in scena.
Esattamente come il figlio di Peante, abbandonato dai suoi compagni d’armi che costituivano il suo universo sociale, anche i cittadini di Atene si sentivano abbandonati da un’istituzione come la πόλις,
hommes peut s’expliquer, en partie, par le goût de Nicias pour le théâtre. Nicias avait mostré sa générosité à chaque fois qu’il etait chargé, en tant que chorège, de financer un choeur. Il sourpassa tous ses devanciers et tous ses contemporains par le faste de représentation››.
123GERNET-BOULANGER,1932:104.
124 Per il rapporto tra reificazione e sacralizzazione in vista del mantenimento dell’inviolabilità di un legame sociale si veda REMOTTI,1993:110.
125 Th. 2, 53.
126 Cfr. ANDERSON,2015:315. 127MITCHELL-BOYASK,2009: 375.
128 Stando a quanto riportato in Vita Sophoclis, 8 riportò la vittoria per 20 volte, spesso ottenne il secondo posto, ma non si
classificò mai terzo.
129 Come notato in GUARDASOLE,2000: 61-62, sulla base di Marin., Procl. 29, dieci secoli dopo la sua morte, il grande tragico
39 che sembrava inesorabilmente destinata a decadere. Ma il tragediografo sembra nutrire ancora qualche speranza e manda così Asclepio a curare l’eroe malato che farà vincere la guerra ai suoi compagni, con l’intento di mostrare ai suoi concittadini che forse non era troppo tardi per ‘curare’ Atene e riportarla al suo antico splendore.