PARTE I: LA COLOMBIA
1.4 Il contrabbando e le reti di distribuzione colombiane
I cartelli utilizzavano elaborate reti di distribuzione e contrabbando che coinvolgevano migliaia di impiegati che maneggiavano grandi quantità di cocaina che venivano imbarcate verso gli Stati Uniti ed il resto del mercato mondiale. Secondo la DEA, l’esatto numero di reti di distribuzione attive negli U.S.A., ancora alla fine degli anni ’80, era sconosciuto, soprattutto perché queste organizzazioni erano strutturate in maniera fluida, transnazionale. Spesso, una rete si sviluppava per la distribuzione di un solo carico, poteva infatti operare per qualche mese o per un anno, per poi dissolversi66.
I collegamenti si estendevano in ogni principale città degli Stati Uniti. In alcune aree più che in altre. Nel 1988, la DEA ne identificò circa 174 nell’area regionale di Chicago, gestiti da trafficanti di prim’ordine, perlopiù colombiani. Questi venivano definiti dalla DEA “Class 1 drug trafficker”, ovvero coloro che gestivano un gruppo di almeno cinque persone che contrabbandavano nel paese almeno 4 chili di cocaina pura, o equivalenti, nell’arco di un mese. Quello stesso anno, l’FBI identificò più di 200 colombiani all’opera nel Sud della Florida. Sebbene questi networks agissero indipendentemente dai cartelli, essi stabilivano regolari contatti con le organizzazioni.
Le operazioni di traffico richiedevano segretezza e elevata sicurezza. Mentre i principali organizzatori erano selezionati direttamente dai trafficanti colombiani, i membri individuali della medesima rete raramente si conoscevano e solitamente trattavano fra loro in non più di un’occasione. Ogni transazione veniva condotta separatamente ed ogni parte della rete era a compartimenti. I prodotti venivano immagazzinati in località nascoste. Qualora fossero avvenuti raid o arresti, il cartello conduceva un’inchiesta interna per stabilire la fedeltà dei propri impiegati, le misure di sicurezza seguite e se la lezione era stata imparata67.
Secondo la DEA, i contrabbandieri colombiani preferivano le rotte del traffico con scalo nei Caraibi verso il Sud della Florida.
65 US, Department of Justice, “The Cali Cartel: The New Kings of Cocaine”, Drug
Intelligence Report, Novembre 1994, p. 4.
66 US, General Accountability Office (US-GAO), “Nontraditional Organized Crime: Law
Enforcement Officials’ Perspective on Five Criminal Groups”, GAO, Settembre 1989, pp. 10-22.
67 Orejuela, Luis Javier, “Narcotrafico y politica en la decade de los ochenta. Narcotrafico
en Colombia. Dimensiones politicas, economicas, juridicas e internacionales”, Tercer Mundo, Bogota, Colombia, 1991.
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Miami era il punto d’ingresso per una grande percentuale di cocaina, mentre il Giamaica e le Bahamas erano importanti punti di transito. La DEA, nel corso degli anni ’80 prese in considerazione anche Haiti come punto in ascesa per il contrabbando, come provava l’aumento dei numero di colombiani nell’isola. La DEA sospettava che molti di loro fossero connessi coi cartelli e, sotto la maschera di business legali, stessero stabilendo infrastrutture per il movimento di cocaina attraverso l’isola.
Alcune autorità sostenevano che, nello sforzo di evitare il controllo delle rotte caraibiche da parte delle autorità, i trafficanti colombiani avessero spostato parte delle operazioni nella costa Ovest, in particolare lungo il confine tra Messico e Stati Uniti. Altri, parallelamente, considerarono come il flusso di cocaina dalla Florida non fosse affatto diminuito alla fine degli anni ’80, suggerendo che i colombiani avessero semplicemente espanso – piuttosto che spostato – le proprie operazioni di contrabbando in altri paesi, in particolare il Messico, dove venivano reclutati i contrabbandieri68.
La maggior parte dei funzionari delle forze dell’ordine concordava che i trafficanti colombiani, dalla fine degli anni ’80, operassero estensivamente anche lungo il Rio Grande, specialmente nella Penisola dello Yucatan dove erano state costruite nuove piste d’atterraggio per gli aerei in arrivo dalla Colombia, dall Bolivia e dall’Ecuador. All’atterraggio, la droga veniva scaricata e divisa in furgoni o trasferita lungo il confine americano con piccoli aeromobili. Queste attività furono documentate in particolare nel caso di Hernando Noguera, condannato nel 1988 per possesso con intento di spaccio di cocaina per un valore di 84 milioni di dollari. In quel caso, grandi quantità di cocaina erano state inviate dalla Colombia al Messico, dove i carichi venivano raccolti e trasportati attraverso il confine con gli Stati Uniti. Secondo l’accusa, Noguera operò nelle reti del traffico per conto del cartello di Medellin69.
I trafficanti colombiani erano soliti usare aerei, guidati da piloti americani, per portare le droghe nei punti di trasbordo. Alcuni carichi venivano gettati lungo la costa statunitense per essere raccolti via mare da lance ad alta velocità. Un ex procuratore federale affermò che molti dei piloti ingaggiati dai colombiani o ebbero incidenti, o furono imprigionati o non si rendevano più contattabili dai trafficanti. Come risultato, erano ben pochi i piloti disposti a trasportare droga. Parallelamente, alla fine degli anni ’80 si registrò un aumento di colombiani con visti di soggiorni che si recavano negli Stati Uniti per frequentare scuole di volo.
68 US, General Accountability Office (US-GAO), “Nontraditional Organized Crime: Law
Enforcement Officials’ Perspective on Five Criminal Groups”, GAO, Settembre 1989, pp. 10-22.
69 US, General Accountability Office (US-GAO), “Nontraditional Organized Crime: Law
Enforcement Officials’ Perspective on Five Criminal Groups”, GAO, Settembre 1989, pp. 10-22.
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I carichi di droga venivano immagazzinati in compartimenti nascosti o in cargo container su grandi navi, per essere trasportati nelle coste e nei porti degli Stati Uniti.
Nel 1987 degli ispettori della U.S. Customs a Miami scoprirono cinque tonnellate di cocaina per un valore di 200 milioni di dollari nascosti in una spedizione di platani. I colpevoli, in quel caso, furono accusati per importazione e distribuzione di droga.
Secondo i funzionari DEA, i cartelli colombiani controllavano una così grande quantità di cocaina che essi erano in grado di assicurare le spedizioni contro la perdita. Un carico sequestrato dalle autorità veniva immediatamente sostituito dal cartello, così che l’incidente veniva considerato il costo del business. Una volta arrivato il prodotto negli Stati Uniti, i rappresentanti del cartelli agivano come brokers per coordinare le spedizioni di circa 100 chili di cocaina alla volta nelle varie reti di distribuzione. Queste non operavano con schemi precisi e potevano avere molti spacciatori di medio livello sotto ai grandi distributori. I “dealer” erano responsabili per la distribuzione di piccole porzioni del carico ai propri clienti.
Con ogni transazione, i soldi passavano di mano e quelli erano i profitti. Secondo i funzionari delle forze dell’ordine, i fornitori colombiani spesso anticipavano del credito ai grandi distributori negli Stati Uniti. Essi frequentemente usavano le partecipazioni colombiane come una garanzia per tali prestiti. Se il credito veniva esteso, il distributore doveva effettuare un anticipo in contanti alla consegna dei prodotti con il saldo dovuto.
Mentre la maggior parte dei trafficanti finanziava le transazioni in contanti, il volume del business condotto dai leader colombiani richiedeva un sofisticato utilizzo dei registri finanziari per tenere traccia delle spese e delle vendite. Venivano utilizzati i più avanzati metodi di monitoraggio degli inventari e delle spedizioni; avanzati centri di comunicazione per l’arrivo della droga contrabbandata, la sua distribuzione, il movimento dei proventi, ed altre questioni logistiche. I distributori venivano istruiti sul tenere accurati registri, e molti usavano telefax per tenere traccia delle vendite e trasmettere informazioni verso la Colombia70.
Le autorità federali trassero un certo vantaggio dai questi bisogni dei trafficanti e dall’attrazione di equipaggiamenti sofisticati durante Operation Cat-Com (Catch Comunications). In 18 mesi di inchiesta sotto copertura, gli agenti FBI di Miami crearono un’azienda fasulla per vendere telefoni cellulari, cercapersone ed altri gadget high-tech per i contrabbandieri colombiani. Come risultato delle indagini, nel Dicembre 1988 furono arrestati 93 trafficanti di droga71.
70 Richard, James R., “Transnational Criminal Organizations, Cybercrime, and Money
Laundering – A Handbook for Law Enforcement Officers, Auditors, and Financial Investigators”, CRC press, Boca Ranton (Florida), 1998.
71 US, General Accountability Office (US-GAO), “Nontraditional Organized Crime: Law
Enforcement Officials’ Perspective on Five Criminal Groups”, GAO, Settembre 1989, pp. 10-22.
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