PARTE I: LA COLOMBIA
2. Droghe illegali in Colombia: Sviluppo e consolidamento dell’economia informale
2.5 Politiche e comportamento colombiano
La Colombia si trova tutt’oggi nel bel mezzo di una crisi istituzionale caratterizzata da livelli estremamente bassi di capitale sociale e di fiducia. Si tratta di un paese dove la società impone pochissimi vincoli comportamentali ai suoi membri, tanto che ogni colombiano debba sviluppare delle proprie norme etiche. Come sosteneva Gomez-Buendia nel 1999, la Colombia è un paese caratterizzato da creatività individuale e indisciplina sociale116. Questo ambiente ha prodotto eccezionali individualità che si muovono tra coloro
che difendono la legge e chi la infrange. Il successo stesso, in Colombia, è individuale, mai collettivo. La lealtà diviene un fattore determinante per l’individuo, in quanto catapultato in un ambiente istituzionale ostile.
114Gutierrez-Sanin, Francisco, “Organized crime and the political system in Colombia
(1978-1998)”. Presentato alla Conference on Democracy, Human Rights and Peace in Colombia, Kellogg Institute, University of Notre Dame, Indiana, 26-27 Marzo 2001.
115Lee, Rensselaer W. e Francisco E. Thoumi, “The criminal-political nexus in
Colombia”, Trends in Organized Crime 5, 1999.
116Gomez-Buendia, Hernando, “La Hipotesis del Almendron”, in “Para Donde Va
Colombia?”, edito da Hernando Gomez-Buendia, TM Editores-Colciencias, Bogota, Colombia, 1999, p.20.
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Una simile situazione, secondo Gomez-Buendia, ha portato ad una rete di condotte antisociali e ad una preponderanza verso la razionalità privata, piuttosto che sociale. Durante gli ultimi cinquant’anni, la Colombia è stato un paese dalla politica piuttosto confusionaria, se non apertamente impaludata. I cambiamenti politici sono sempre stati graduali e motivati più da interessi individuali di chi fosse al potere. Le riforme sociali, ritenute necessarie da molti intellettuali e osservatori stranieri erano, al meglio, attuate, ma raramente rafforzate al punto da poter raggiungere il loro obiettivo.
Questi erano i casi delle riforme agrarie (un problema costante dell’America Latina), dell’educazione e delle riforme fiscali.
Il debole governo doveva confrontarsi con molte questioni politiche: la rapida urbanizzazione; la necessità di fornire educazione, case, servizi sanitari per la popolazione; infine la grande pressione per promuovere la produzione di cibo e la creazione d’infrastrutture. La dipendenza da droghe era (ed è stato così per decenni) una questione a bassissima priorità nell’agenda di governo, perlopiù percepita come un problema individuale, della quale, molti colombiani, non ritenevano fosse materia di cui dovesse occuparsi l’autorità117.
Come spiega Gomez-Buendia, in Colombia le norme impersonali esistono e sono riconosciute, soltanto che non sono mai state prese sul serio, c’è una soglia relativamente bassa di violazioni della legge e molti tendono a considerare il proprio caso come “un caso eccezionale” che rendeva indispensabile aggirare o violare la legge. Ironicamente questa pratica potrebbe anche aver costituito una base democratica secondo la quale tutti avrebbero l’eguale diritto di aggirare o violare la legge118.
Vista in questa prospettiva, un colombiano potrebbe domandarsi: “se le droghe sono un problema straniero, perché dovremmo noi colombiani occuparcene”?
117 Si seguiva il principio: “dal momento che non mi tocca da vicino, non è un mio
problema”.
Bisogna notare che nonostante prezzi di strada piuttosto bassi (circa 5$ a grammo), la cocaina in Colombia non veniva percepita come una problematica “epidemica”. Il lavoro di studio più dettagliato è di Augusto Perez, nel 2000, che dimostra come tra 1999 e 2000, l’1.4% dei giovani tra i 15 e i 19 anni aveva fatto uso di cocaina nell’arco di un mese e il 4.4% l’aveva provata almeno una volta nella vita. Questi valori non possono considerarsi bassi, ma non potevano certo generare una reazione sociale comparabile a quella degli Stati Uniti.
Vedi: Perez, Augusto, “Sondeo nacional del consumo de dorgas en jovenes, 1999-2000”, Programa Presidencial Rumbos, Bogota , Colombia, 2000.
118Gomez-Buendia, Hernando, “La Hipotesis del Almendron”, in “Para Donde Va
Colombia?”, edito da Hernando Gomez-Buendia, TM Editores-Colciencias, Bogota, Colombia, 1999, p. 20.
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Le politiche seguite dal governo colombiano in varie occasioni hanno coperto l’intero spettro di misure repressive usate contro i trafficanti. Tra queste sono incluse l’estradizione e la carcerazione; l’eradicazione di coltivazioni e lo sviluppo di programmi alternativi per i contadini impiegati; i controlli dell’importazioni, della produzione e della mercificazione dei prodotti chimici usati per raffinare cocaina ed eroina; l’interdizione di droghe illecite; l’adozione di misure anti-riciclaggio nel sistema finanziario; la confisca ed il sequestro di beni. Come interventi verso la domanda di droga si hanno anche alcune politiche per il trattamento dei tossicodipendenti.
L’implementazione di queste politiche è stata via via colpita da priorità governative, debolezze e limitazioni strutturali delle politiche stesse. Consideriamo innanzitutto l’eradicazione. La Colombia è stato l’unico paese in cui siano state utilizzate simili misure di avvelenamento delle coltivazioni. Ciò per il fatto che lo stato non aveva una forte presenza o un qualsivoglia controllo in alcune delle aree in questione. Questo tipo di pratica generò forti opposizioni dagli ambientalisti e dai contadini che, d’altro canto, non riuscirono a limitare con successo la superficie di acri destinata a coltivazioni illegali; piuttosto, l’eradicazione aerea ha soltanto provveduto a frammentare le piantagioni in tutto il paese. I programmi alternativi di sviluppo sono sì stati tentati dal governo, ma, sfortunatamente, era seriamente difficile pensare che un paese nelle condizioni della Colombia potesse attuarle con qualche minima possibilità di successo. Le coltivazioni di coca si sviluppavano in aree con terreni fragili e poveri, inaccessibili tramite le strade di grande comunicazione, e fuori da ogni mercato. I contadini sono spesso nuovi delle zone, con reti comunitarie piuttosto deboli e spesso viaggiano armati. Tutto ciò rendeva difficile negoziare qualsiasi programma e trovare davvero coltivazioni alternative, oltretutto con quel tipo di terreno. I trafficanti vengono imprigionati, ma lo stato ha davvero poco controllo su ciò che avviene nelle prigioni e nelle celle. Queste vivono quotidianamente il problema del sovraffollamento e della mancanza di fondi, i prigionieri hanno oggi un accesso pressoché continuato ai telefoni cellulari ed i visitatori settimanali riescono a portare all’interno degli edifici armi e munizioni. Il personale di guardia è ridotto e scarsamente retribuito. I reclusi si organizzano in gang e costruiscono reti di servizi interne. Le evasioni sono frequenti e molti trafficanti sono in grado di continuare a gestire il business anche dall’interno119. Le espropriazioni di beni dei trafficanti sono state viste come
un fattore chiave nella lotta al crimine organizzato e una sorgente di finanziamenti per l’attuazione delle politiche stesse. D’altro canto, il governo, semplicemente, non ha la capacità finanziaria e manageriale di amministrare le proprietà confiscate, inoltre le procedure di espropriazione sono complesse, costose e difficili da portare avanti con successo. La Direccion Nacional de Estupefacientes, incaricata di gestire queste proprietà è del tutto inadeguata a compiere questo lavoro.
119 Livingstone, Grace, “Inside Colombia: drugs, democracy and war”, Latin American
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Solo una manciata di proprietà sono state effettivamente espropriate, e ondate di avvocati hanno invaso i palazzi di giustizia in difesa dei trafficanti contro lo stato120.
Quando l’industria della droga prese piede, fu molto difficile riuscire a mobilitare l’opinione pubblica contro qualcosa che ancora non veniva percepito come una minaccia. La prima campagna di eradicazione alla fine degli anni ’70 fu perseguita in risposta alle pressioni del governo statunitense. Nel 1982 fu persino firmato un trattato d’estradizione con gli U.S.A., ma il governo non lo rafforzò fino all’assassinio del Ministro della Giustizia. In altre parole, le politiche antidroga per molti anni sono state perlopiù reazioni a pressioni straniere o a misfatti da parte dell’industria stessa. L’ondata di terrore che seguì generò un forte sentimento anti-estradizione fra la popolazione tanto che il trattato fu dichiarato incostituzionale anche nella nuova costituzione del 1991121.
Fino alla fine degli anni ’80, molti colombiani non percepirono gli effetti negativi a lungo termine dell’industria illegale e, di fatto, il supporto per le operazioni antidroga fu debole. Durante il decennio gli omicidi e gli atti di violenza crebbero drammaticamente, e dal 1989, erano ormai evidenti alla maggior parte dei colombiani gli effetti perversi dell’industria illegale sul sistema politico. Durante gli anni ’90, si cominciò a pensare che il narcotraffico stesse finanziando sia i guerriglieri che i gruppi paramilitari. Contrariamente a ciò che accadde in altri paesi dell’America Centrale o al Vietnam, i gruppi di guerriglieri non si sono guadagnati un forte supporto sociale. Secondo Francisco Thoumi, spesso vengono visti in Colombia più come un residuo del passato che non una luce sul futuro122. Con una
base contadina in un paese per il 75% urbanizzato, anche i loro livelli di istruzione sono estremamente bassi ed in controtendenza con il resto della nazione, così come i metodi violenti e primitivi si contrappongono alle speranze di sviluppo della popolazione.
La Colombia è anche particolarmente soggetta a forti pressioni esterne ed i colombiani sono discriminati in tutto il mondo e solo recentemente il paese si è reso conto interamente delle problematiche dell’industria illegale come catalizzatrice del processo di decomposizione sociale, del quale solo uno stato forte può occuparsi.
120 “El Tiempo”, il principale quotidiano colombiano, riportava nel Maggio 2001 che solo
33 delle 34.000 proprietà confiscate sono state effettivamente espropriate. Il governo non ha un inventario delle proprietà sequestrate, molte sono state saccheggiate o bruciate, rendendo particolarmente costoso anche aggiustarle; altre continuano invece ad essere utilizzate dal precedente padrone senza peraltro pagarvi le tasse o le manutenzioni. In alcuni casi, i gruppi paramilitari intervengono per evitare che il governo prosegua al sequestro. Il potenziale costo del governo per le cause potrebbe diventare enorme ed insostenibile.
121 Poi nuovamente modificato tramite emendamento.
122 Thoumi, Francisco E., “Illegal Drugs in Colombia: From Illegal Economic Boom to
Social Crisis”, Annals of the American Academy of Political and Social Science, Vol. 582, Cross-National Drug Policy, Luglio 2002, p. 115.
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PARTE II: GLI STATI UNITI