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PARTE III: LA DOCUMENTAZIONE STATUNITENSE

9. Ripercorrendo la storia della Drug War in Colombia: una strategia sbagliata?

9.2 Le scelte politiche statunitensi, sbagliate

Come sostieneva il giornalista Joseph Treaster sulle colonne del “New York Times”, fino ad allora Barco non era mai stato in grado di dare l’idea di un grande comandante. Poco ispirante davanti al microfono e per nulla a suo agio nelle vesti di grande leader, il presidente aveva più l’aspetto di un professore o un ricercatore universitario. Prima della guerra alla droga, la sua lontananza dal pubblico e la riluttanza a fare apparizioni davanti alla folla avevano portato molte persone a definirlo un “presidente fantasma”351. Eppure, nel corso della seconda parte della sua amministrazione, il

sessantasettenne Barco senz’altro mostrò coraggio e risolutezza da leader in una guerra alla droga che aggiungeva al conto di un’economia da tempo debilitata i costi delle vite umane, delle risorse e dell’instabilità istituzionale. Sfortunatamente, secondo Bagley, negli anni ’80 furono gli Stati Uniti che non riuscirono a dimostrarsi un consistente e generoso alleato nella battaglia.

350 Melo, Jorge Orlando, “The drug trade, politics and economy: the Colombian

experience”, in Elizabeth Joyce e Carlos Malamud “Latin America and the multinational drug trade”, St. Martin Press, New York.

351 Treaster, Joseph B., “Colombia’s Virgilio Barco Vargas; The President with the

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Mentre pubblicamente strombazzava la sua linea dura sull’antidroga, l’amministrazione Reagan ripetutamente indugiò in denunce retoriche controproducenti che mostravano i paesi delle Ande come capri espiatori, portando a sistematici tagli di fondi per i programmi d’assistenza statunitensi nell’area. Durante la presidenza Reagan gli aiuti americani alla Colombia ammontarono a meno di 20 milioni di dollari l’anno – poca roba rispetto a macchine capitaliste multimiliardarie come i cartelli.

Forse il più grave difetto nella strategie dell’amministrazione fu il sopravvalutare l’apporto militare all’interdizione dedicando troppo poco tempo, energie e risorse allo sviluppo di una politica capace di confrontarsi con il traffico di cocaina a lungo termine. La creazione di istituzioni e lo sviluppo economico in Colombia, così come la cooperazione multilaterale, vennero perlopiù ignorate dai “policymaking circles” statunitensi. Le conseguenze di questo fallimento erano evidenti nella crisi colombiana tra anni ’80 e ’90. Le azioni rapide e decise intraprese dall’amministrazione Bush – in particolare i pacchetti di aiuti d’emergenza in assistenza al governo colombiano – mostravano i caratteri di un cambio di politica americano arrivato con eccessivo ritardo. In Colombia queste mosse, e le nuove robuste misure per controllare la domanda statunitense proposte dal Director of the Office of National Drug Control Policy William Bennett furono salutate come primi positivi passi verso un’alleanza più produttiva nella Drug War.

Per i leader governativi in tutto l’emisfero, la risposta americana alla crisi colombiana e la strategia antidroga interna operata da Bush sembrava offrissero finalmente una nuova speranza che gli Stati Uniti abbandonassero l’inadeguata politica di aiuti dell’amministrazione Reagan, collegata ad un approccio unilaterale alla guerra alla droga, verso dei provvedimenti maggiormente efficaci, bilanciati e sostenibili.

All’indomani della dichiarazione di guerra totale di Barco al narcotraffico, Bush ordinò l’invio di 65 milioni di dollari come pacchetto emergenza alla Colombia, lodò pubblicamente gli sforzi “coraggiosi” di Barco e lo incontrò personalmente.

Queste dimostrazioni di aiuto erano indubbiamente di forte portata simbolica per il governo colombiano. D’altro canto, appunto, fu solo di valore simbolico. Così non solo il pacchetto fallì nel rispondere alle necessità tattiche espresse dalla Colombia per condurre quella guerra, ma fu diretto nel settore sbagliato.

L’importanza che veniva attribuita nel piano di aiuti all’equipaggiamento militare convenzionale per l’esercito colombiano – come gli aerei da combattimento A-37, le jeep, e le radio – non erano adatti al tipo di guerra non convenzionale contro i narcoterroristi. L’esercito, infatti, non era responsabile per l’applicazione della legge locale, tanto meno per la guerra alla droga. La polizia nazionale, che aveva condotto circa il 90% delle operazioni, si mostrò particolarmente critica verso l’assenza dal pacchetto d’emergenze di qualsiasi attrezzatura per le operazioni d’intelligence, come strumenti per l’ascolto e l’intercettazione, di elicotteri e dei pezzi di ricambio che erano stati richiesti.

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Allo stesso modo, nonostante la specifica richiesta di altri 14 milioni di dollari per il Ministero della Giustizia (il più colpito anche a livello economico e di protezione da parte dei cartelli), il pacchetto Bush prevedeva soltanto altri 2 milioni di dollari per la protezione di giudici e funzionari governativi.

I funzionari statunitensi negarono caldamente la congettura che queste deficienze derivassero da scarse comunicazioni e politiche di coordinamento inadeguate fra Washington e Bogota o che riflettessero la preferenza, da parte dell’amministrazione Bush, di una leadership militare piuttosto che poliziesca nella lotta al narcotraffico.

A riguardo, spiegavano che l’amministrazione aveva collaborato strettamente con i funzionari della polizia colombiana nel pianificare l’operazione di aiuto e appoggiò fortemente la decisione di Barco di assegnare il ruolo principale nella campagna antidroga alla polizia nazionale. Il pacchetto, quindi, non avrebbe soddisfatto le richieste colombiane semplicemente perché, secondo i funzionari, il Pentagono non immagazzinò tutto l’occorrente in quantità sufficienti per un’immediata spedizione e perché altri strumenti non potevano essere inviati senza l’avallo del Congresso. Il Dipartimento di Giustizia americano era parimenti vincolato da limiti delle risorse e restrizioni legali.

Eppure, secondo Bagley, ancor più importante di qualsiasi problema reale o percepito con gli specifici strumenti del pacchetto d’aiuti era la sua generale enfasi sull’equipaggiamento militare convenzionale che suggeriva, come l’amministrazione Bush fosse particolarmente orientata verso una militarizzazione della “Drug War” in Colombia – nonostante le prove di complicità nel traffico di droga di gruppi paramilitari finanziati dai cartelli.