PARTE III: LA DOCUMENTAZIONE STATUNITENSE
8. Limiti e conseguenze degli sforzi antidroga statunitensi, un’analisi critica
8.2 I programmi nei paesi sorgente
Può essere utile cominciare esaminando perché la cocaina consumata negli Stati Uniti è coltivata e raffinata nelle Ande piuttosto che nel paese. I fattori ecologici potrebbero avere una minore importanza, dato che, contrariamente alle credenze popolari, la coca può in realtà crescere in varie condizioni climatiche ed agricole; la principale risorsa di coca per il mercato legale, alla fine del XIX secolo, era nelle piantagioni a Java, ma il governo statunitense ne faceva coltivare anche in Florida, a fini medicinali, durante la Seconda Guerra Mondiale324.
Due elementi, probabilmente, possono spiegare la locazione della produzione. Innanzitutto, i fattori coinvolti nella produzione e nella lavorazione sono relativamente poco costosi nelle Ande. Per esempio, i coltivatori boliviani ricevono pochissimo compenso per il loro lavoro, rispetto alla controparte statunitense; Greenfield calcolava, nel Chapare nel 1988, guadagni per 3.50$ al giorno, meno di quanto un americano non avrebbe percepito in un’ora.
Inoltre, la coca richiedeva un lavoro intensivo ed i costi del lavoro rappresentavano circa il 75% delle spese per il primo anno325.
In secondo luogo, i rischi imposti dai governi di questi paesi sono stati spesso piuttosto modesti. I contadini rischiavano relativamente di rado di vedere il proprio raccolto distrutto; i programmi di eradicazione e nazionalizzazione (come nel caso della Bolivia), raramente raggiungevano il 5% della coltivazione di coca in tutta la regione andina. Raffinatori e distributori correva addirittura meno rischi di finire in galera, dato lo scarso potenziale d’intercettazione all’interno dei paesi.
Nonostante le preoccupazioni che uno spacciatore condannato possa cavarsela con pene leggere negli Stati Uniti, il rischio da questi corso rimane molto più alto rispetto ai coltivatori, ai raffinatori ed ai distributori nelle Ande. Una combinazione letale di corruzione, intimidazione ed indifferenza spiegano un’endemica mancanza di rigore tra le forze dell’ordine contro chiunque sia coinvolto nel traffico di droga. Eventuali campi di coca negli Stati Uniti, dunque, dovrebbero fronteggiare una serie di rischi di gran lunga maggiore.
I programmi mirati alla riduzione delle esportazioni andine di cocaina negli U.S.A. possono essere divise in base al target: coltivatore, raffinatore, trafficante – tutte con limitazioni specifiche.
324 Ashley Richard, “Cocaine: Its History, Uses and Effects”, Warner Books, New York,
1975.
325 Greenfield, Victoria, “Bolivian Coca: A Perennial Leaf Crop Subject to Supply
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8.2.1 Il settore della coltivazione
I programmi mirati verso i coltivatori possono essere coercitivi – le eradicazioni – o persuasivi, nella forma di coltivazioni alternative326.
Pe quanto riguarda le eradicazioni, nel corso degli anni ’80 il principale obiettivo del Bureau of International Narcotics Matters del Dipartimento di Stato era di indurre i paesi sorgente ad accettare la necessità di programmi di eradicazione sul proprio territorio. Nonostante i molti sforzi in tal senso, nessuno dei paesi andini permise fino agli anni ’90 le operazioni aeree sui campi di coca.
Attraverso l’eradicazione, i costi dei coltivatori potrebbero aumentare? In realtà le poche operazioni fatte in tal senso non giustificano particolare ottimismo. I coltivatori di oppio messicani, ad esempio, erano soggetti ad azioni aeree frequenti alla metà degli anni ’70. Al tempo, la coltivazione di papaveri avveniva in campi aperti, vasti ed accessibili, su uno spazio di tre province327.
Aiutati da una lunga siccità, il programma fu inizialmente un successo, arrivando a ridurre pesantemente la produzione di oppio, il quale era interamente destinato al mercato dell’eroina statunitense. La produzione era però abbastanza ridotta, il Messico non produceva più del 5% dell’oppio mondiale, sebbene ciò ebbe un impatto sul consumo di eroina nel paese.
In cinque anni, però, l’industria messicana si era ristabilita, con campi ridotti, in zone perlopiù remote, meglio protetti da incursioni aeree. Il risultato fu una crescita nella produzione superiore al periodo precedente; alla fine degli anni ’80 la produzione aveva addirittura sforato il confine messicano, raggiungendo il Guatemala. Significativo fu anche che, nonostante ciò comportasse il passaggio dello scettro di principali produttori di oppio dai paesi asiatici al Messico, i costi sul mercato dell’eroina statunitense non ne subirono alcun effetto. Le spese di produzione erano infatti bilanciate, in relazione ai minori costi di trasporto che i messicani potevano permettersi.
Più successo ebbero le operazioni dirette verso i produttori di marijuana. Questi coltivatori si erano adattati alla crescente intensità delle eradicazioni locali, portando le piante al chiuso, meno esposte, nonché usando migliori tecniche di coltivazione per aumentare le rese per acro.
326 Lee, Rensselaer, “White Labyrinth: Cocaine and Political Power”, Transaction, New
Brunswick, New Jersey, 1989.
327 Craig, Richard, “Operation Condor: Mexico's Anti-Drug Campaign Enters a New
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Eppure i costi aumentarono, in relazione anche all’inflazione ed all’utilizzo di delta-9- tetraidrocannabinolo (THC)328. I coltivatori furono di fatto spinti ai limiti del margine tecnologico disponibile.
Queste situazioni sono soltanto esempi dei probabili effetti di un’intensa campagna di eradicazione contro l’industria della coca. Molte aree esposte come la valle Huallanga in Perù o la Chapare in Bolivia, dove la coca è stata a lungo coltivata in campi aperti, avrebbero potuto sì essere eliminate dalla coltivazione, ma tale situazione, quando portata avanti, portò effettivamente allo spostamento nelle zone della giungla, laddove qualsiasi eradicazione fu resa praticamente impraticabile dai costi e dalle difficoltà. I contadini certo furono costretti ad usare terre meno produttive, scegliendo varietà di foglie con minore contenuto di alcaloidi, spendendo molto più tempo nell’operazione di raffinazione e provocando un parziale aumento dei costi. D’altro gli effetti non furono sentiti negli Stati Uniti. Il triplicarsi del prezzo delle foglie, così che servissero 2.250$ per un chilo di cocaina, portava, sul mercato statunitense, aumenti di appena il 2%. E’ interessante considerare se l’eradicazione di coca possa aver prodotto effetti simili sul mercato statunitense rispetto a ciò che avvenne col programma messicano. Due differenze sembrano importanti. Innanzitutto, una buona dose di coca fu coltivata per mercati diversi da quello americano; grossi tagli nella produzione portarono ad un minor utilizzo dei prodotti della coca nei paesi di origine piuttosto che negli Stati Uniti, poiché la domanda lì era più sensibile alle modifiche del prezzo delle foglie.
Se i rapporti dal Brasile e la Colombia circa il consumo locale dei prodotti elaborati in loco sono corretti, allora si dovrebbe assumere che la domanda interna era più elastica di quella statunitense rispetto al prezzo delle foglie. Le curve di domanda saranno anche state le stesse, ma il prezzo al dettaglio era più sensibile al prezzo della foglia nei paesi in cui i rischi dello spacciatore erano bassi. Anche la quota crescente di cocaina latina apparentemente destinata al mercato europeo presentava un potenziale “buffer” per i consumatori statunitensi329. Al contrario, fino al 2000 non ci sono state prove di un significativo consumo di oppio ed eroina tra i messicani. In secondo luogo, una produzione dispersa, rendeva più difficile l’eliminazione in un breve lasso di tempo. Un attacco preventivo contro le aree esposte non ci si poteva aspettare che portasse a risultati simili a quelli ottenuti in Messico negli anni ’70. Lo sviluppo, dunque, di produzione brasiliana e colombiana nella giungla, dove le piante erano di fatto nascoste, presentavano nuove, in parte insormontabili, difficoltà agli eradicatori.
328 I rapporti DEA mostrano solo piccoli aumenti nei prezzi di aumento del potenziale
negli anni ’90. L’evidenza fattuale suggerisce che i prezzi ufficiali sottostimassero sostanzialmente quelli reali.
329 I sequestri ai confini europei superavano le 12 tonnellate nel 1990, comparabili con i
livelli statunitensi del 1983. D’altro canto i dati sul consumo di cocaina in Europa mostravano un mercato ancora piuttosto piccolo.
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Per quanto riguarda i piani di coltivazione alternativi, questi, nel corso degli anni ’90, erano metodi relativamente nuovi, rivolti all’utilizzo di programmi non coercitivi per persuadere i coltivatori ad abbandonare la coca verso raccolti legali. A sostegno di queste operazioni c’erano anche diversi “donor countries” intenti al finanziamento di nuovi tipi d’interventi, in particolare in Bolivia330.
Prove dell’efficacia di simili piani sono esili e scoraggianti. Questi erano stati provati per circa vent’anni, perlopiù sotto gli auspici dello United Nations Fund for Drug Abuse Control (UNFDAC). Molti dei programmi furono ostacolati da avverse condizioni operative; per esempio, gli sforzi, relativamente promettenti, dello UNFDAC mirati contro la produzione di oppio in Afghanistan alla fine degli anni ’70 fallirono al momento in cui il governo centrale cadde sotto il controllo sovietico.Solo in Tailandia fu raccolto qualche piccolo successo, anche se la rapida ascesa della produzione burmese di eroina – meno costosa – può essere stata una spiegazione alternativa al crollo della produzione di oppio nel paese. Le analisi suggeriscono, inoltre, che i programmi di sostituzione dei raccolti non offrivano più promesse a lungo termine nella riduzione dei flussi di cocaina verso gli Stati Uniti di quanto non facessero le operazioni di eradicazione. I piani ipotizzavano che, attraverso l’aumento d’infrastrutture, lo sviluppo dei sistemi d’irrigazione e fertilizzazione, supporti economici, le coltivazioni legali sarebbero state rese attraenti ai contadini che al momento agivano nell’illegalità331.
D’altro canto, dobbiamo nuovamente considerare che l’elasticità della domanda di cocaina negli Stati Uniti, rispetto al prezzo delle foglie di coca, era praticamente pari a zero, ovvero, la crescita dei prezzi delle foglie non avrebbe avuto effetti sul consumo americano332. I raffinatori di cocaina, quindi, si sarebbero potuto permettere di spendere di più nelle foglie di coca se necessario, e avrebbero potuto trasferire tale aumento sui consumatori statunitensi, con riduzioni nel consumo risibili. Dunque, era senz’altro lecito intervenire sullo stato dei contadini che vivevano nell’illegalità, d’altro canto l’influenza sul flusso di cocaina non sarebbe stata quantitativamente decisiva.
330 “National Strategy for Alternative Development, 1990”, un documento in inglese del
presidente boliviano circa l’inclusione di capitali dall’estero.
331 Oltretutto, questi programmi potevano avere effetti perversi. Sanabria sosteneva che
l’introduzione di una strada nella regione Chocabamba, per facilitare il mercato di prodotti legali, piuttosto agevolava il trasporto ai trafficanti verso le piste aeree. Vedi Sanabria, Harry, “Social and Economic Change in a Bolivian Highland Valley Peasant Community: The Impact of Migration and Coca”, Ph.D. diss., University of Wisconsin, Madison, 1989.
332 Ovviamente, come già detto, la domanda di cocaina negli U.S.A. era elastica, almeno
rispetto ai prezzi al dettaglio, il quale però non risentiva particolarmente dei prezzi delle foglie.
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8.2.2 La distruzione di raffinerie
Sin dalla metà degli anni ’80, quando i limiti dei programmi di eradicazione divennero lampanti, il governo statunitense promosse programmi mirati alla distruzione di raffinerie e laboratori. Così l’esercito statunitense, su invito del governo boliviano, inviò le proprie truppe ed equipaggiamenti nell’estate del 1986 per assistere le unità di polizia e militari locali nell’eliminazione delle raffinerie locali nell’ambito della Operation Balst Furnace.333 Il motivo di questi programmi era che avrebbero diminuito la domanda di foglie, aumentando così i costi ed eliminando la capacità di lavorazione, abbassando così il prezzo delle foglie. Ciò avrebbe portato a minori incentivi per i contadini a coltivare coca. Allo stesso tempo, questi programmi avevano il valore considerevole di non imporre nuovi costi sulle spalle dei coltivatori, generando un minor malcontento politico. D’altro canto questi proposti, ancora una volta, si scontravano con una realtà ben più problematica. I raffinatori di cocaina, infatti, non somigliavano a quelli degli impianti di raffinazione del petrolio; non dovevano coinvolgere troppo capitale, spesso costituito da equipaggiamenti piuttosto semplici, spesso alloggiati in capanne, facilmente sostituibili. Questi erano i tipi di impianti contro cui Operation Blast Furnace avrebbe dovuto agire. Per cui, la distruzione di una raffineria, consisteva nel distruggere un alloggio temporaneo. L’entusiasmo ufficiale per le operazioni mostrava alcune somiglianze con l’atteggiamento dei militari americani circa la distruzione di “arms factories” vietcong nei primi anni ’60; queste altro non erano che strutture ad hoc, temporanee, che usavano materiali e scarti del posto per fabbricare rudimentali armi leggere.
Le somiglianze non fanno che aumentare se prendiamo in considerazione le parole di Neil Sheehan circa la guerra in Vietnam: l’autore notava che gli ufficiali statunitensi avevano “the impression that the words 'Viet Cong hamlet' and VC arms factory' conjured up in [the general's] mind World War II images of a German barracks and a munitions plant”334.
Alcune delle principali raffinerie di cocaina furono trovate con vere e proprie caserme e piste aeree, ma forzando i raffinatori ad essere maggiormente coperti nin offrivano alcuna prospettiva per l’aumento dei costi di lavorazione, ricadendo sul prezzo al dettaglio, dato che i laboratori più piccoli competevano con successo.
Operation Blast Furnace è un esempio calzante. L’effetto immediato fu un declino del prezzo delle foglie – arrivando a calare del 70%. Tuttavia, coerente col rapido ripristino della capacità di raffinazione, il prezzo risalì fino al 90% della valutazione precedente appena sei mesi dopo il completamento dell’operazione.
333 Mendel, William W., “Counterdrug Strategy – Illusive Victory: From Blast Furnace to
Green Sweep”, Foreign Military Studies Office, Fort Leavenworth, Kansas, Military Review, Dicembre 1992, pp. 74-87.
334 Sheehan, Neil, “A Bright Shining Lie: John Paul Vann and America in Vietnam”,
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I margini per i raffinatori erano piuttosto piccoli, non più di 1.000$ al chilo. Si ipotizzi che un programma di distruzione delle raffinerie aveva così successo che i raffinatori dovevano lavorare due chili di foglie per ognuno che veniva esportato; anche con ipotesi generose sul rischio di avversione, che avrebbero potuto aumentare i margini da 1.000$ a 4.000$. La stessa logica che puntava sulle scarse probabilità di essere in grado di ottenere maggiori aumenti sul prezzo al dettaglio attraverso l’aumento dei costi di produzione della foglia si applicava anche qui.