PARTE III: LA DOCUMENTAZIONE STATUNITENSE
10. Ripensare la questione della droga
10.7 I reati di spaccio ed il sovraffollamento delle carceri statunitensi
L’espansione senza precedenti di polizia, procuratori e prigioni implicava un terzo problema collegato all’imprigionamento. Cercando di risolvere il problema della droga imprigionando più spacciatori e consumatori possibili, paradossalmente, l’amministrazione avrebbe peggiorato ulteriormente il problema a livello di strada. La popolazione carceraria statale e federale raddoppiò nel corso degli anni ’80, passando da 96 persone ogni 100.000 abitanti nel 1970 a 228 nel 1987393. Celle e prigioni sovraffollate venivano riempite di nuovi criminali, oltre a coloro a cui la libertà vigilata o sulla parola era stata revocata.
391Murphy, Patrick e Plate, Thomas, “Commissioner: A View From the Top of the
American Law Enforcement”, 1977, 245.
392 Reuter, Peter, “On the Consequences of Toughness”, RAND Note 3347, Drug Policy
Research Center, Santa Monica, California, 1991, p. 147.
La RAND Corporation è un think tank con sede a Washington D.C. che ha spesso collaborato negli anni ’90 col governo statunitense per studiare il fenomeno del narcotraffico sul confine col Messico.
393Bureau of Justice Statistics, US Department of Justice, Sourcebook of Criminal Justice
195
In California, per esempio, il numero di revoche della libertà tra 1978 e 1988 aumentò di circa undici volte394.
Una possibile spiegazione di questi tassi sarebbe stata la crescente frequenza con cui i drug test venivano richiesti sui detenuti in libertà vigilata395. Le previsioni del California Department of Corrections, riportate dal San Francisco Chronicle del 18 Maggio 1989, consideravano la possibilità di un aumento della popolazione carceraria del 50% per il 1994, e che lo stato avrebbe dovuto provvedere a costruire venti nuove prigioni396. Ciò anche in ragione dei grandi risultati che si potevano ottenere con i drug tests, che riportavano molti dalla libertà vigilata alla prigione, e che avrebbero imposto una scelta fra la costruzione di nuovi stabilimenti o l’impossibilità di imporre lunghe condanne.
La politica antidroga dell’amministrazione Bush riconosceva queste gravi lacune del sistema carcerario. Apprezzava che “most prisons are already operating far above their designed capacity”. Inoltre ammetteva che “many states have been forced under court order to release prisoners before their terms have been served whenever a court established prison population limit has been exceeded”397. La soluzione, tuttavia, era di incoraggiare i governi
statali a persuadere i propri cittadini dell’utilità di nuove prigioni. “The task of building [prisons], remains with state governments, who poorly serve their constituents when prison construction is stalled or resisted”398.
Eppure non una parola appariva circa come persuadere i cittadini a pagare per continuare ad innalzare le spese di manutenzione delle prigioni, senza aumentare le tasse statali per supportarne la costruzione. Inoltre, anche coloro che tra i cittadini chiedevano sentenze più certe e lunghe erano riluttanti a vivere in prossimità degli edifici, che erano stati sempre costruiti in aree remote del territorio.
394Messinger, Sheldon, Berecochea, John, Berk, Richard e Rauma, David, "Parolees
Returned to Prison and the California Prison Population", California Bureau of Criminal Statistics and Special Services Collaborative Report, 13 (Table 5), 1988.
Nel 1988, circa il 43% degli ingressi nelle carceri californiane erano a causa di violazioni della libertà sulla parola.
Vedi: Bureau of Justice Statistics, US Department of Justice, Sourcebook of Criminal Justice Statistics, 1988, 612, 11 (Table 3).
395Messinger, Berecochea, Berk, e Rauma, "Parolees Returned to Prison and the
California Prison Population", California Bureau of Criminal Statistics and Special Services Collaborative Report.
397Office of National Drug Control Policy, “National Drug Control Strategy 1989”,
Executive Office of the President, U.S. Government Printing Office, Washington, D.C. 1989, p. 26.
398Office of National Drug Control Policy, “National Drug Control Strategy 1989”,
Executive Office of the President, U.S. Government Printing Office, Washington, D.C. 1989, p. 26.
196
Il piano altamente pubblicizzato per 700 letti per gli spacciatori di Washington condannati a Fort Meade, Maryland fu immediatamente ritirato con non poco imbarazzo da parte dell’autorità il giorno dopo l’annuncio poiché “there was too much public resistance”, dato che, ovunque sarebbe stata progettata la prigione, si sarebbe trovata in prossimità di un centro abitato399.
10.7.1 Le sentenze inefficaci
Anche se sono state costruite nuove prigioni nonostante le obiezioni della comunità, un problema ancor più grave è stato rappresentato dalla mancanza di sanzioni penali per raggiungere gli obiettivi previsti. Tra queste la riforma e la correzione dei detenuti. L’imprigionamento non è di per sé contemplato come stigmatizzante, né interamente un presagio per coloro che vendono droga. Skolnick intervistò alcuni detenuti in California nel 1989, apprendendo che l’incarceramento poteva portare ad un grado elevato di “home boy”, specialmente nelle giovani gang che vedevano nella prigione e nelle gang di prigione una dimostrazione alternativa di lealtà.
Inoltre, la detenzione spesso rafforzava il comportamento problematico dei carcerati. Già ai margini della società, i prigionieri si univano in gang, usavano droga e creavano reti di mercato interne. Forse, un tempo, il penitenziario era un posto in cui si espiava la pena. Tuttavia, oggi li istituti, sovraffollati da persone che hanno perlopiù perso la libertà vigilata, spesso servono a scopi analoghi alle accademie – sono un opportunità di “networking”. Sul New York Times del 30 Dicembre 1989 si sottolineava come il consumo di droga in prigione fosse diventato un “major problem” il quale “threats to prison order, violence among inmates and corruption of guards and other employees”.
L’amministrazione Bush sottolineò l’importanza dell’incarcerazione di “drug kingpins” come uno dei punti cruciali della “drug war”. D’altro canto, anche una volta arrestati, secondo Skolnick ci si trovava davanti al cosidetto “Felix Mitchell Paradox” così chiamato in onore dell’ex leader nella distribuzione di droga nella costa Ovest. A metà anni ’80, una task force federale, supportata dalla polizia di Oakland, riuscì a catturare ed imprigionare i tre principali leader del traffico a East Bay. Tra gli altri vi era il celebre Felix Mitchell, che, secondo l’accusa, era il principale responsabile per aver trasformato Oakland in uno dei principali centri del narcotraffico, e che fu condannato all’ergastolo senza possibilità di riduzioni di pena da una corte federale400.
399 Bennett, come riportato dal New York Times del 18 Aprile 1989 e dal Wall Strett
Journal del 30 Novembre 1989, arrivò ad attribuire lo stop al progresso nella guerra alla droga alla riluttanza ad utilizzare i finanziamenti statali per la costruzione di nuove prigioni.
400 Covino, Michael, “How the 69th Mob Maximized Earnings in East Oakland”,
197
Sarebbe stato, a quel punto, lecito aspettarsi una riduzione dei crimini legati alla droga. Al contrario, per Oakland cominciò un periodo di continua crescita della criminalità, senza che la comunità riuscisse a percepire il minimo aumento della sicurezza401. Il periodo successivo all’arresto di Mitchell vide un aumento degli omicidi e delle sparatorie. Ciò poteva significare che, per le gang del traffico, qualunque legge aveva un potere deterrente superato dalla possibilità di aumentare i profitti attraverso l’espansione verso il vuoto nel mercato creato dall’incarcerazione di alcuni fornitori.
Peter Reuter, sul Washington Post, fece una serie di osservazioni simili circa la relazione tra violenza e suddivisione del mercato come una possibile chiave d’interpretazione per l’aumento degli omicidi nell’area del Discrict of Columbia. L’aumento di intermediari del traffico eccedeva la domanda di droghe, dunque “one obvious way to raise earnings is to eliminate the competition through violence”402. La crescita dei tassi di omicidi nel District
of Columbia non era comunque da attribuirsi, secondo Reuter, all’inattività delle forze dell’ordine. Nell’arco degli anni ’80, da 58 minorenni arrestati per traffico nel 1981, si era passati ai 1.550 del 1987; dai 408 arresti di adulti nel 1981, si passò a 5.297 nel 1987403.
Ciò che ricaviamo da queste cifre è che l’aumento di sentenze, almeno nella guerra alla droga, non ha avuto che un piccolo impatto nelle città americane dove si è combattuto contro kingpin e spacciatori da strada. L’incremento di forze, al contrario, ha incoraggiato altri soggetti ad entrare nel mercato o ad ampliare le proprie attività attraverso l’eliminazione della concorrenza. Secondo Skolnick, quindi, era il caso di guardare in faccia la realtà ed ammettere che, già nel 1992-93, la guerra alla droga era già persa.