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2.1 Il Dalai Lama: dalle montagne del Tibet a Dharamsala

4. CINDIA A CORTO DI ENERGIA

4.2. Alla conquista dell'Africa

4.2.1. Il petrolio sub-sahariano

Sebbene gli scienziati del Servizio Geologico degli Stati Uniti abbiano dimostrato che la dead end delle riserve petrolifere mondiali arriverà fra una settantina di anni, recentemente il Presidente dell'ENI Giuseppe Recchi ha affermato che la disponibilità petrolifera sarà sufficiente "per almeno altri cent'ottanta anni". 375

Questo scenario non ha fatto altro che far risalire le quotazioni dei giacimenti africani, ormai divenuti il nuovo scenario privilegiato dell'estrazione del greggio, dove anche cinesi e indiani si sono ormai spostati in pianta stabile. Fino a pochi anni fa, parlare di petrolio in Africa significava soltanto parlare della Nigeria che detiene il 78 % delle riserve mondiali, ma oggi le cose sono cambiate, con la presenza di nuovi attori come il Sudan e l'Angola. Anche altri paesi, come il Gabon e la Guinea Equatoriale, si stanno trasformando in ottimi partner energetici per l'estrazione. L'ultimo Stato africano a far capolino nel grande gioco energetico è lo Zambia che sta rialzando la china grazie al greggio, mettendo anche in campo progetti di ricerca sul gas naturale. 376 È certo che il continente africano sarà nei prossimi anni il fattore decisivo per i futuri scenari geopolitici: nello scacchiere mondiale c'è in gioco il nuovo "supermarket" africano, l'ultima oasi in mezzo al deserto, con le compagnie petrolifere di Pechino pronte a soffiare importanti accordi ai cugini indiani.

La Cina è stata esportatore netto di petrolio fino al 1993, ma da allora le sue importazioni sono aumentate in modo drammatico: nel 2001 importava 66 milioni di tonnellate, nel 2004 101 milioni di tonnellate, nel 2005 143 milioni di tonnellate e nel 2006 158 milioni. Gli ultimi dati rivelano che nel 2009 e 2010 ha registrato una crescita della domanda di oltre il 12 %, attestandosi a 9,4 milioni di barili al giorno, mentre l'India utilizza lo stesso quantitativo della Germania, ossia 2,5 milioni di barili al giorno. 377 Gli americani invece consumano 12 volte più petrolio della Cina e 30 volte più petrolio dell'India: se Cindia consumasse tanto petrolio quanto gli Stati Uniti non ci sarebbe abbastanza petrolio per il resto del mondo. 378

375

RECCHI G., Nuove energie. Le sfide per lo sviluppo dell'Occidente, Marsilio Editori, 2014, pag. 42

376 LANDI C., Il dragone e l'elefante. Cina e India nel secolo dell'Asia,op. cit., pagg. 107-108

377 MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means for All of Us,op. cit., pag. 163

378

JHA P. S., Quando la tigre incontra il dragone. Uno sguardo nel futuro di India e Cina, op. cit., pag. 122

106 Bisogna ricordare che già durante gli anni Settanta e Ottanta, il governo della Repubblica Popolare Cinese sostenne politicamente, finanziariamente e militarmente le lotte dei movimenti di liberazione in Africa australe, tessendo una serie di relazioni con leader africani che oggi si rivelano quanto mai importanti nel favorire il dialogo politico tra la Cina e i Paesi africani. Nel 2000 è stato istituzionalizzato il

China - Africa Cooperation Forum, mentre nel 2006 il presidente Hu Jintao si è

recato personalmente in Africa. Durante il Forum del novembre 2006, che ha portato i leader di 48 Paesi africani a Pechino, il governo cinese ha annunciato di avere messo a disposizione dei paesi africani prestiti da 5 miliardi di dollari, dando avvio a una "nuova tipologia di partnership strategica". 379

Nel 2006, la Cina ha importato 46 milioni di tonnellate di petrolio dall'Africa 380

e nello stesso anno l'Angola è divenuta il suo principale fornitore estero di petrolio, mentre dal Sudan proveniva il 6 % delle importazioni cinesi. Grazie al sostegno attivo del governo, le imprese di idrocarburi cinesi di proprietà statale hanno potuto acquistare diritti di sfruttamento di petrolio in numerosi Paesi africani, tra cui Angola, Nigeria, Sudan, Gabon, Congo Brazzaville, Guinea Equatoriale, Mauritania, Niger, Kenya, Algeria, Libia e, da ultimo, Somalia. 381 Oggi i cinesi hanno anche ottenuto l'esclusiva della ricerca e dell'estrazione in Nigeria, insieme alla Shell e all'italiana ENI che opera in Ciad, Mauritania e Sudan, 382 oltre a controllare la metà dell'estrazione del petrolio sudanese e il 25 % di quello angolano. La tattica di Pechino è molto semplice: nessuna interferenza con i regimi dittatoriali esistenti, sovvenzioni alla ricostruzione e investimenti nelle infrastrutture, che rendono l'Africa molto accondiscendente riguardo l'elargizione della materia prima mettendo però a rischio la stabilità politica: l'esborso degli aiuti cinesi non è infatti vincolato al rispetto dei diritti umani o all'attuazione di politiche di liberalizzazione dell'economia.

Le attività economiche cinesi in Africa hanno suscitato aspre critiche non solo da parte degli attivisti dei diritti umani, ma anche di alcuni governi occidentali che hanno accusato la Cina di sostenere regimi dittatoriali e di aiutare i governi africani a

379

JHA P. S., Quando la tigre incontra il dragone. Uno sguardo nel futuro di India e Cina, op. cit., pag. 20

380

A.A.V.V., Atlante Storico, Bologna, Zanichelli Editore S.p.A., 2010, pag. 16

381 LANDI C., Il dragone e l'elefante. Cina e India nel secolo dell'Asia,op. cit., pagg. 106-107 382

107 rimandare l'attuazione delle necessarie riforme economiche. È il caso del Sudan, 383 in cui la China National Petroleum Corporation cominciò a investire già alla metà degli anni novanta, mentre la Repubblica Popolare Cinese riforniva di armi Khartoum. 384 Quando gli Stati Uniti cominciarono a presentare le prime risoluzioni per porre fine al conflitto in Darfur, i cinesi si mostrarono i più accaniti sostenitori del regime sudanese in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. 385 Nel settembre 2004 la Cina si astenne dal votare la prima vera e propria risoluzione nei confronti del Darfur, la quale chiedeva l'apertura di un'inchiesta riguardo i crimini commessi nella regione. Con le parole di Nicholas D. Kristof, giornalista del New

York Times: "La richiesta cinese di petrolio ha finanziato le razzie in Darfur e gli AK

47 di fabbricazione cinese sono stati utilizzati nelle stragi costate la vita a centinaia di migliaia di persone". 386 Nel 2006 Vivienne Walt scriveva su Fortune: "La Cina si rifiuta di unirsi all'Occidente nella condanna della corruzione e degli abusi sui diritti umani in Africa. Fortemente dipendente per le importazioni di petrolio dal Sudan, la Cina ha utilizzato il suo seggio permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare le accuse di genocidio per i massacri compiuti nel Darfur". 387

Questi commenti erano era una diretta conseguenza del mancato rispetto da parte cinese del Responsibility to Protect 388 promosso dalle Nazioni Unite, in base al quale gli Stati si impegnano a proteggere la propria popolazione da crimini e atrocità di massa, quali il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e la pulizia etnica. La comunità internazionale deve assistere gli Stati nel portare a compimento questa responsabilità: se uno di essi non riesce a proteggere i suoi cittadini dalle atrocità di massa facendo fallire le misure di pace, la comunità internazionale può reagire attraverso misure coercitive e sanzioni economiche o, come ultima scelta, intervenire militarmente. 389

383

METZLER J. J., "Darfur tragedy obscured by mitigating factors: Oil, Sudan-China ties", in

WorldTribune.com, 2 agosto 2013

384 COCKETT R., Sudan, Darfur and the Failure of an African State, New Haven, Yale University

Press, 2010, pag. 185

385 SMITH D., Il dragone e l'elefante. La Cina, l'India e il nuovo ordine mondiale, op. cit., pag. 264 386

KRISTOF N. D., "China and Sudan, Blood and Oil", in New York Times, 24 aprile 2006

387 WALT V., "U.S. oil firm pulls out of Sudan", in CNN Money, 14 settembre 2007 388 In http://www.responsibilitytoprotect.org/

389 RAMPINI F., L'impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone, op. cit., pag. 167

108 In tutte le quattordici risoluzioni votate dall'autunno 2004 al 2007, per ben nove volte i cinesi hanno ottenuto la rimozione delle parti troppo dure verso il governo sudanese e per cinque hanno preferito astenersi dal voto, continuando a difendere il Sudan dalle inchieste portati avanti dalla Commissione dei Diritti Umani di Ginevra. 390

Le risoluzioni più importanti sono state la 1672/2006 del Consiglio di Sicurezza che imponeva divieti di viaggio e sanzioni finanziarie a quattro criminali di guerra. La Cina non si oppose al coinvolgimento internazionale, ma obiettò che le sanzioni avrebbero solamente vittimizzato i civili e messo a rischio le trattative di pace, oltre a non accettare la procedura che aveva portato alla risoluzione, a causa della sospensione anticipata della discussione e della carenza di prove.

La risoluzione 1706/2006 mirava invece a collocare peacekeepers nella regione ed è stata la prima nella quale si faceva esplicito riferimento alla

Responsibility to Protect all'interno di un conflitto. La Cina si astenne dal voto, dal

momento che il Sudan non aveva acconsentito alla presenza degli osservatori, sebbene si dichiarasse convinta che il loro impiego fosse una "buona idea e opzione realistica". 391

La Cina è stata inoltre la principale fornitrice di armi al Sudan, portando all'incremento delle violenze in Darfur: nel solo biennio 2004-2006, ha fornito il 90 % delle armi, per una cifra pari a 55 milioni di dollari. 392 L'ONG Human Rights

First 393 ha riportato che il Sudan ha concesso alla Cina, in cambio della vendita di armi, le forniture di petrolio. Come ha spiegato la direttrice Betsy Apple: "Finché il governo cinese continua a vendere ampi quantitativi di armi a Khartoum, crea un collegamento diretto tra le piccole fabbriche cinesi che producono armi e il regime sudanese che uccide i civili del Darfur". 394

Nel 2010 la Cina ha avviato una dura battaglia diplomatica per impedire che il rapporto denunciante le sue violazioni dell'embargo sulla vendita di armi al Sudan fosse discusso in seno al Consiglio di Sicurezza. Questo rapporto evidenziava come le forze governative sudanesi avessero usato, negli ultimi due anni, diverse munizioni

390 RAMPINI F., L'impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone, op. cit., pag. 167

391 In http://www.responsibilitytoprotect.org/files/Darfur%20Resolution.pdf 392

Anonimo, "Rights group: China arms sales fuel violence in Darfur", in World Tribune, 19 marzo 2008

393 In www.humanrightsfirst.org/

394 Anonimo, "Rights group: China arms sales fuel violence in Darfur", in World Tribune, 19 marzo

109 cinesi contro i ribelli del Darfur e che altrettante fossero state ritrovate nei luoghi in cui si erano verificati attacchi contro le forze della missione Unamid. 395 Il portavoce del ministero degli Esteri Ma Zhaoxu, definendo "infondate" le informazioni raccolte nel rapporto, ha dichiarato che si trattava di "un'azione impropria [...] da parte della Commissione, rivolgere accuse non fondate contro Stati membri sulla base di informazioni non confermate". 396 Zhaoxu ha inoltre ribadito che "la Cina ha sempre attuato le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu contro il Sudan in modo serio e preciso". 397

Nel luglio 2011 il presidente sudanese Omar al-Bashir ha incontrato Hu Jintao in Cina, finendo per discutere anche della questione del Sud Sudan: nonostante Khartoum fosse il principale alleato della Cina, quest'ultima non poteva fare a meno della collaborazione del Sud Sudan dove si trovavano, e si trovano, i principali bacini petroliferi. Secondo quanto dichiarato dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Hong Lei, l'obiettivo della visita di Bashir in Cina era stato "discutere il consolidamento della vecchia amicizia tra i due paesi in previsione delle nuove circostanze", 398 dal momento che un ritorno alle violenze tra Nord e Sud Sudan avrebbe significato per Pechino una gravissima perdita in termini economici.

Anche oggi la Cina ha bisogno di poter contare su relazioni pacifiche tra il Nord e il Sud del Sudan, in quanto nel primo si trovano le infrastrutture per il trasporto del petrolio e nel secondo i numerosi e ricchi bacini petroliferi da cui avviare le estrazioni. Ma anche il Sudan ha bisogno dell'alleato cinese per risanare le lacerate relazioni tra Khartoum e l'Occidente, come sottolineato anche dal ministro degli Esteri sudanese Ali Kharti. Hu Jintao ha affermato che opererà proprio in tal senso, ignorando il mandato d'arresto internazionale emanato nei confronti di Omar al-Bashir. 399

La mancanza di sensibilità della Cina si è estesa anche alla fornitura di aerei da combattimento e di mezzi di trasporto alle truppe dello Zimbabwe. I cinesi hanno regalato il tetto della nuova residenza di Robert Mugabe, edificata da operai edili cinesi e costata 9 milioni di dollari. 400 Un altro esempio è quello dell'Angola, al cui

395 Anonimo, "Rights group: China arms sales fuel violence in Darfur", in World Tribune, 19 marzo

2008

396

NAPOLI A., "La guerra in Darfur e le armi di Pechino", in Limes, 22 ottobre 2010

397 Ibidem

398 AGUGLIA P., "Cina e Sudan sempre più vicini", in Limes, 4 luglio 2011 399 Ibidem

400

110 governo la Cina ha erogato un prestito di due miliardi di dollari che ha consentito a Luanda di evitare la sottoscrizione di un programma di aggiustamento strutturale con il Fondo Monetario Internazionale. 401

L'analista indiano Chietigj Bajpaee ricorda che la Cina ha sfruttato e sfrutta abilmente i legami crescenti con le repubbliche africane, mentre l'India non è riuscita a fare altrettanto, 402 nonostante intrattenesse, fino agli anni novanta, relazioni più solide col continente africano, da un punto di vista sia qualitativo che quantitativo.

Ma l'India non vuole che sia solo la Cina a espandersi nell'emisfero meridionale: l'interscambio India - Africa è tuttora meno della metà di quello cinese ma ha fatto comunque un balzo impressionante passando dai 6,5 miliardi di dollari del 2003 ai 25 miliardi di dollari del 2007. 403 Dal momento che nel settore petrolifero l'India dispone di una produzione complessiva di circa 40 milioni di tonnellate di petrolio grezzo, ma i suoi consumi si attestano attorno a 162 milioni di tonnellate, 404 il Paese è costretto a importare altro petrolio e a eseguire nuove esplorazioni sia all'interno del proprio territorio sia in altri Paesi.

Nel 2008 il premier indiano Manmohan Singh ha promosso a New Delhi un importante summit con tutti i capi di Stato e di governo africani, ispirandosi all'analoga iniziativa organizzata a Pechino dal presidente Hu Jintao. Circa l'8 % del totale delle importazioni petrolifere indiane proviene dalla Nigeria, il 5 % dall'Angola, mentre percentuali minori sono fornite da Egitto, Algeria e Sudan. 405 Il colosso statale ONGC Oil and Natural Gas Corporation ha conquistato diritti di sfruttamento a lungo termine sui giacimenti di petrolio e gas naturale di Nigeria, Angola e Sudan: uno degli ultimi investimenti è l'acquisto di una partecipazione del 10 % in una piattaforma del Mozambico per 2,6 miliardi di dollari, all'interno di un giacimento che potrebbe essere uno dei più grandi del mondo. 406

I combustibili fossili non sono però le uniche risorse naturali di importanza strategica: lo sviluppo economico infatti ha bisogno anche di rame, ferro, alluminio e uranio e non si deve sottovalutare la possibilità che anche per questi prodotti un'eventuale scarsità possa scatenare lotte per appropriarsi dei giacimenti. La società

401 SMITH D., Il dragone e l'elefante. La Cina, l'India e il nuovo ordine mondiale, op. cit., pag. 47

402

RAMPINI F., L'impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e

mezzo di persone, op. cit., pag. 23 403

CORNELI A., Oriente: il grande ritorno,op. cit., pag. 48

404 MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means for All of Us,op. cit., pag. 165

405 VIGNA E., "2011: l'anno del «land-grabbing»", in corriere.it, 29 dicembre 2011 406

111 privata Vedanta Resources, guidata da Kuldip Kaura, ha investito un miliardo di dollari per raddoppiare la capacità estrattiva della più grande miniera di rame dello Zambia. 407 Si può fare anche l'esempio dei fosfati, fondamentali per la preparazione dei fertilizzanti, i cui giacimenti potrebbero esaurirsi nei prossimi decenni. 408

Oggi New Delhi impara dalla Cina: ha infatti offerto a Nigeria e Sudan la costruzione di porti e ferrovie e nel novembre 2013 ha ospitato una conferenza di due giorni con gli Stati africani per discutere di petrolio e cooperazione. Tuttavia, nonostante i due Paesi investano decine di miliardi di dollari nell'espansione verso l'Africa, il modello di espansione cinese, rispetto a quello indiano, è forse più agile, a causa della grossa differenza rappresentata dall'aspetto burocratico. La burocrazia indiana è lenta e non agevola per niente le imprese: ne è un esempio il progetto idroelettrico Katende in Congo, il cui finanziamento è stato ottenuto in tre anni mentre, per lo stesso progetto, il finanziamento da parte cinese sarebbe stato approvato in massimo tre mesi.

Nei confronti della Cina, alcuni Stati africani stanno però dando prova di una risolutezza impensabile fino a qualche anno fa, tanto da far presagire un indebolimento dell'influenza di Pechino sul continente. È quanto ha scritto il New

York Times facendo riferimento alla revisione dei contratti petroliferi siglati negli

scorsi anni da parte di alcuni Paesi africani, i cui punti erano stati definiti una "resa senza condizioni". 409 Il quotidiano ha scritto che "oggi le principali aziende petrolifere cinesi vengono sfidate dai governi africani" e talvolta accusate di "truffare, inquinare o monopolizzare" aree di valore del continente. In tali casi le autorità africane "resistono, spesso a rischio di far adirare il più importante partner commerciale" perché, come ha detto il ministro del petrolio del Niger, Foumakoye Gado, le risorse naturali sono "tutto quello che abbiamo e dobbiamo lottare per ottenerne l'intero valore. Se vengono valutate in modo corretto, possiamo sperare di farne beneficiare la nostra gente". 410

In ogni caso le economie di Cina e India non possono prescindere dalle risorse del continente africano, perché ormai la necessità di risorse strategiche è diventata vitale e la Cina ha già un giro di affari di circa 200 miliardi in Africa. Se

407

BELLOMIA F., "L'India e il problema energetico: situazione attuale e prospettive", in Geopolitica, 3 aprile 2013

408

A.A.V.V., Atlante Storico, op. cit., pag. 16 409

NOSSITER A., "China Finds Resistance to Oil Deals in Africa", in New York Times, 17 settembre 2013

410

112 l'India vuole raggiungere un giro di affari di almeno 100 miliardi di dollari nel continente nero entro il 2015, deve soltanto darsi da fare.

4.2.2. Il "land-grab" 411

L'espressione Land Grab si può tradurre come "rapina (grab) della terra (land)" 412 e ne sentiremo parlare sempre più spesso. Da una parte mette i governi delle nazioni più ricche in cerca di terre che garantiscano la sicurezza alimentare dei propri cittadini, insieme alle multinazionali a caccia di appezzamenti a basso costo di produzione, e dall'altra parte colloca i contadini e le terre in cui vivono da secoli. Si tratta di un fenomeno in crescita esponenziale: in 10 anni, secondo l'International

Land Coalition, 203 milioni di ettari sono stati acquistati o affittati per 40-50 e fino a

99 anni, per una superficie pari a 7 volte quella dell'Italia, oltre 20 volte quella delle terre coltivabili italiane, più o meno pari alle dimensioni dell'Europa nord- occidentale. 413

Primo obiettivo di queste negoziazioni è l'Africa, che rappresenta con 134,5 milioni di ettari quasi il 70 % delle trattative. Più in particolare, le ricerche dell'ONG

Oxfam mettono nel mirino del land grabbing soprattutto il Ghana, il Mozambico, il

Senegal, la Liberia, il Sud Sudan, l'Etiopia e la Tanzania, come spiega Stefano Liberti. 414

A rastrellare le terre sono anche i governi e le società di Paesi come la Cina e l'India, dietro al paravento della sicurezza alimentare per la propria popolazione, anche se in realtà il 37 % delle negoziazioni ha come finalità la produzione di bio- carburanti, seguiti all'11,3 % dalla produzione agricola e all'8,2 % dalla produzione di legno e dalle estrazioni minerarie. 415 La Cina nega sempre la rapacità delle sue operazioni, mentre le compagnie indiane sostengono di investire in un'agricoltura arretrata, portando tecnologie e macchine moderne. I governi locali "compiacenti" non fanno altro che cedere quote territoriali del proprio Paese motivando le loro scelte con l'ammodernamento dell'economia locale attraverso gli investimenti stranieri.

411 VIGNA E., "2011: l'anno del «land-grabbing»", in corriere.it, 29 dicembre 2011 412

LIBERTI S., Land grabbing, Roma, Minimum Fax, 2011

413 GODOY J., "Massive Theft of Developing World's Farmland", in Inter Press Service, 23 aprile

2012

414 Ibidem 415

113 A farne le spese sono sempre i contadini, espropriati con estrema facilità da terre di cui non detengono formali diritti di proprietà e spesso anche privati del loro