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2.1 Il Dalai Lama: dalle montagne del Tibet a Dharamsala

4. CINDIA A CORTO DI ENERGIA

4.1. L'approvvigionamento di nuove risorse

4.1.1. L'impatto ambientale

Secondo le indagini della Banca Mondiale, tra le 20 città più inquinate al mondo, 17 si trovano in Cina o in India: 306 niente può preparare i visitatori e i turisti all'inquinamento di Cindia, causato principalmente dall'elevato utilizzo di energia e di materie prime. Come scrive Robyn Meredith: "In molte città, se ti trovi all'interno di un edificio e apri una finestra, ti arriva immediatamente al naso un odore acre e pungente. Il cattivo odore non è nell'aria, ma è l'aria stessa." 307 Nel 2006 anche Bradsher e Barboza si chiedevano quanto i due Paesi "possono continuare nella loro rapida crescita senza portare l'ambiente al collasso." 308

La Cina contribuisce per il 14 % e l'India per il 5 % alla quota mondiale delle emissioni di carbone, collocandosi entrambe tra i primi 6 Paesi del mondo che hanno ancora il carbone come principale risorsa di energia. La rapida diffusione dei veicoli a motore renderà Cindia un "gigante dell'inquinamento" a meno che non sia messa in atto un'effettiva regolamentazione. Altrimenti, come affermato dal viceministro cinese dell'Amministrazione Statale per la Protezione dell'Ambiente, l'incremento della popolazione e la crescita economica quadruplicheranno il livello di inquinamento atmosferico entro il 2020. 309

In Cina l'inquinamento legato al carbone, bruciato in quantità superiore agli Stati Uniti, all'Unione Europea e al Giappone messi insieme, è responsabile di almeno 400 mila morti premature ogni anno. Il Paese dovrebbe spendere circa 1080 miliardi di yuan, circa 136 miliardi di dollari, il 7 % del prodotto interno lordo, per disinquinare e ricostruire l'ambiente degradato, ma non passa settimana o quasi che non si apra una nuova centrale elettrica a carbone, la maggior parti delle quali usa

306 MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means for All of Us, op. cit., pag. 179

307

Ivi, pag. 180

308 BRADSHER K., BARBOZA D., "Pollution From Chinese Coal Casts a Global Shadow", in The New York Times, 11 giugno 2006

309 MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means for All of Us, op. cit., pag. 185

90 ancora le vecchie tecnologie. David Moskovitz, consulente per l'energia e consigliere del governo cinese, parla di una "grande sfida da affrontare".

Per la qualità dell'aria, almeno 200 città cinesi non rientrano negli standard dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Per esempio il livello di inquinamento di Pechino supera di almeno 4 volte quello consentito dagli standard di sicurezza statunitensi e le malattie che causa costano ogni anno alla Cina 54 miliardi di dollari oltre alla vita di 178 mila persone. 310 Ma questi numeri sono destinati a salire.

Uno dei luoghi più inquinati del Paese è Chongqing, la città più grande del mondo con i suoi 30 milioni di abitanti, praticamente lo stesso numero di persone che vive in California. Quasi ogni giorno il cielo è grigio e i raggi del sole raramente arrivano al suolo, bloccati dalla spessa cortina di smog: per l'inquinamento dell'aria anche i grattacieli più lontani sembrano sfocati. Il liquame grezzo prodotto dai 30 milioni di abitanti viene scaricato direttamente nel fiume Yangtze e anche le foglie degli alberi sono ricoperte dalla polvere scura proveniente dalle miniere e dalle fabbriche di carbone: su Chongqing cadono più piogge acide che in qualsiasi altra parte del globo. 311

Nell'agosto 2005 il viceministro dell'Ambiente Pan Yue espose il problema senza mezzi termini in un'intervista a Der Spiegel: "Stiamo usando troppe materie prime per la nostra crescita. Per 10 mila dollari di prodotto, per esempio, abbiamo bisogno di un quantitativo di materie prime sette volte superiore a quello del Giappone, quasi sei volte quello degli Stati Uniti e quasi tre volte quello dell'India." 312

L'undicesimo piano quinquennale stabilì l'obiettivo di abbattere l'energia consumata per unità di prodotto interno lordo del 20 %, ossia del 4 % annuo. Il cardine del piano era una riduzione del consumo di carbone pari a 300 milioni di tonnellate annue e, per raggiungerlo, la Cina avrebbe dovuto chiudere la stragrande maggioranza delle sue 500 mila centrali a carbone piccole e medie o, in alternativa, modernizzarle. Si trattava di impianti che consumavano in totale 400 milioni di tonnellate di carbone l'anno, responsabili in massima parte del grave inquinamento atmosferico: ammodernando la tecnologia e la gestione di queste centrali, si potevano risparmiare fino a 70 milioni di tonnellate.

310 MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means for All of Us, op. cit., pag. 180

311

Ivi, pag. 179 312

91 Nella prima metà del 2006 venne alla luce la difficoltà degli obiettivi fissati, mentre l'aumento dei consumi di energia superava la crescita del PIL dello 0,8 %, provocando l'adozione di misure di emergenza. 313

L'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente americana ha stimato che circa un quarto dell'inquinamento di Los Angeles è portato dai venti che soffiano dalla Cina. Nella primavera del 2006 per esempio, una densa nuvola grigio-nera, composta da fuliggine e sostanze chimiche velenose, dopo essere partita dalla Cina ha raggiunto Seoul, la capitale della Corea del Sud e da qui si è diretta, attraverso il Pacifico, sulla costa ovest degli Stati Uniti. In California, Oregon e nello stato di Washington, i ricercatori hanno trovato livelli elevati di componenti sulfurei e carbone, in alcuni casi sotto forma di deposito visibile sulle stesse attrezzature di monitoraggio, mentre gli scienziati incaricati di controllare la qualità dell'aria sul lago Tahoe in California dicevano che era la nuvola più sporca che avessero mai visto. 314

Nel 2007 la Cina è diventata il primo Paese in via di sviluppo a elaborare e a mettere in atto un programma nazionale per affrontare i cambiamenti climatici e nel 2009 ha presentato il suo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra dal 40 % al 45 % per unità di Pil, diventando allo stesso tempo il più grande emettitore di CO2 del pianeta.

Nel 2010 l'Ufficio d'informazione del Consiglio degli Affari di Stato ha pubblicato un Libro Bianco intitolato "Politiche e azioni della Cina per rispondere al cambiamento climatico", mettendo l'accento sulle misure politiche volte ad attenuare gli effetti del cambiamento climatico e sui risultati ottenuti grazie all'XI Piano quinquennale 2006-2010. 315 Il documento spiegava come la Cina avesse raggiunto i suoi obiettivi di conservazione dell'energia: "il consumo di energia per unità di Pil della Cina è diminuito del 19,1 % rispetto al 2005, il che equivale a una riduzione delle emissioni di anidride carbonica di 1,46 miliardi di tonnellate". 316

In occasione della diciassettesima Conferenza ONU sul clima, tenutasi a Durban in Sudafrica dal 28 novembre al 9 dicembre 2011, la Cina ha confermato la sua fiducia e la sua partecipazione attiva sia alla Convenzione ONU sul clima sia al Protocollo di Kyoto. Ha inoltre affermato di "rispettare il principio di responsabilità comuni ma differenziate", da sempre punto negoziale dei cinesi e di quei Paesi in via

313

LORENZ A., "The Chinese Miracle Will End Soon", in Der Spiegel, 10 agosto 2005

314 SMITH D., Il dragone e l'elefante. La Cina, l'India e il nuovo ordine mondiale, op. cit., pag. 267 315 Anonimo, "L'Europa a Durban", in Cooperazione Italiana allo Sviluppo, 13 marzo 2014 316

92 di sviluppo che vogliono richiamare anche i Paesi ricchi alle loro responsabilità riguardo la questione del global warming. 317

Nello stesso anno, secondo Greenpeace, sono state circa 260 mila le vittime dell'inquinamento in Cina, mentre lo smog ha provocato disturbi a 61 mila adulti che hanno sofferto di asma e 320 mila bambini nati sotto peso, per un totale di 340 mila visite ospedaliere e 141 milioni di giorni di malattia. Lo studio condotto da

Greenpeace è arrivato mentre la città di Shanghai era ricoperta da giorni da una

spessa cortina di smog. 318

Nel dicembre 2012, a termine della Conferenza sui cambiamenti climatici di Doha, è stata decisa l'istituzione di una seconda fase del Protocollo di Kyoto, giunto ormai alla sua scadenza. Sebbene l'Unione Europea, insieme a qualche altro Paese, abbia deciso di perseguire gli impegni presi con il primo protocollo, sono rimasti fuori dal patto i Paesi grandi inquinatori, quali Usa, Canada, Giappone, Russia, Cina, India, Brasile, Messico, Sud Africa e Nuova Zelanda. 319

Nel 2013 l'industria del carbone cinese si è trovata a un punto di svolta, come riportato dal sito web China Dialogue, 320 con il settore minerario stretto dal crollo di oltre il 20 % del prezzo del carbone. Molti gruppi minerari sono risultati in perdita soprattutto nella provincia dello Shandong dove, secondo i calcoli delle autorità locali, le perdite nella sola industria mineraria sono ammontate a oltre il 40 % delle perdite del settore industriale.

La Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme ha approvato più di dieci progetti coal-to-chemicals e sette coal-to-natural gas da realizzare entro il 2015, progetti che richiedono massicci investimenti e comportano la perdita di potenziale energetico. 321 Nonostante gli impegni presi dalla politica, il piano di riduzione del consumo viene giudicato insufficiente per creare una differenza visibile nel breve-medio periodo: secondo Andrew Gray, tra i curatori del rapporto commissionato da Greenpeace, saranno 570 i nuovi stabilimenti a carbone che vedranno la luce o di cui sarà pianificata la realizzazione nei prossimi anni.

Ma dei 3 milioni di persone che ogni anno muoiono in tutto il mondo a causa dell'inquinamento atmosferico, l'India ne conta più di ogni altro Paese: circa 460

317 Anonimo, "L'Europa a Durban", in Cooperazione Italiana allo Sviluppo, 13 marzo 2014 318

BUZZETTI E, "Inquinamento, 260 mila morti nel 2011", in Agi China 24, 16 dicembre 2013

319 Anonimo, "Al via Kyoto 2, ma non aderiscono Usa, Russia, Cina e altri", in ecoseven.net, 10

dicembre 2012

320 BOLING Z., "China's coal industry at a crossroads", in chinadialogue.net, 10 dicembre 2013 321

93 mila. Uno dei peggiori disastri ambientali del mondo ha avuto luogo nel 1984 a Bhopal nel Madhya Pradesh, quando il mortale gas di isocianato di metile fuoriuscì dall'impianto di pesticidi della Union Carbide nel cuore della città, provocando la morte di oltre 15 mila persone per la fuoriuscita di liquidi dai polmoni e il ferimento di altre 550 mila, rimaste cieche a causa dell'avvelenamento. I feriti ricordano che vagavano nel buio, nel bel mezzo della notte, mentre tossivano e vomitavano tentando di fuggire in mezzo a folle di gente impazzita per le strade: molti di quelli che morirono furono proprio calpestati dalla folla nella fretta di scappare. Ancora oggi il sito della fabbrica e le sue vicinanze sono contaminati dai rifiuti tossici, mentre le discussioni su chi dovrebbe pagare per la bonifica ritardano l'inizio dei lavori. Ogni volta che le piogge monsoniche cadono su Bhopal, le sostanze chimiche cancerogene vengono riversate nei pozzi dell'acqua potabile e la gente povera costretta a vivere vicino all'impianto continua ad ammalarsi e a morire. 322

Greenpeace ha denunciato che ci sono "migliaia di Bhopal" in tutta l'India,

identificando un certo numero di aree tossiche, incluse Eloor nel Kerala, Kodaikanal nel Tamil Nadu e Patancheru nell'Andhra Pradesh. Questi casi seguono un modello simile: fabbriche di grandi dimensioni e impianti chimici che generano un pesante inquinamento nonostante le leggi sull'ambiente approvate in fretta e furia nel 1986 come risposta diretta a Bhopal. 323

Il prezzo ambientale pagato dall'India per lo sviluppo è stato alto: tra il 1990 e il 2005 le emissioni di carbone sono aumentate del 103 % e il consumo di energia del 301 %, mentre quello cinese cresceva del 283 %. Prove raccolte dall'Energy

Information Administration americana dimostrano come anche le più grandi città

indiane siano tra le più inquinate al mondo. A Delhi, Mumbai, Calcutta e Chennai, 8 o 10 volte più inquinate delle più inquinate città americane, la qualità dell'aria urbana è tra le peggiori in assoluto: nella capitale l'inquinamento è 10 volte superiore al limite concesso dalla legge, a causa delle emissioni dei taxi, dei camion e degli autobus che circolano nelle strade. 324 Nel 2002 l'aria di Delhi è stata la più inquinata del mondo ed entro il 2025 le emissioni di gas serra aumenteranno del 70 %. 325

322 SMITH D., Il dragone e l'elefante. La Cina, l'India e il nuovo ordine mondiale, op. cit., pagg. 268-

269

323 Ivi, pag. 270

324 MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means for All of Us, op. cit., pag. 183

325

94 Anche il pericolo inquinamento per la città di Gurgaon è concreto: nel corso degli anni rischierà di affogare nei suoi stessi rifiuti. Pertanto si devono mettere a punto infrastrutture adatte a fronteggiare quella che sta per diventare una vera e propria emergenza ambientale, causata principalmente dalla rapida crescita della città la cui popolazione è passata, in 30 anni, da poche migliaia di abitanti a 1,5 milioni.

Il Protocollo di Kyoto, entrato in vigore il 16 febbraio 2005, ha obbligato tutti i Paesi a ridurre le emissioni di gas che producono l'effetto serra e il riscaldamento del pianeta: tuttavia l'India, insieme alla Cina, è stata esclusa dagli obblighi della prima fase del Patto che imponevano di ridurre le emissioni di gas del 5,2 %. 326 Se l'India avesse dovuto adeguare le proprie industrie alle norme previste dal trattato, queste avrebbero subito forti aggravi di costi, andando a ridurre fortemente la crescita economica. Nello stesso anno la Tata Steel, la multinazionale indiana produttrice di acciaio, cominciava ad ammassare tra le colline della miniera di Noamundi 300 mila tonnellate di residui ferrosi, mentre la miniera stessa lavorava 24 ore su 24 producendo 6 vagoni di materiale al giorno per i suoi clienti nel mondo. 327 Poco dopo, nello stato del Kerala, la Coca-Cola e la Pepsi sono state bandite dalla vendita dopo che erano trovati livelli di pesticidi particolarmente elevati in entrambe le bevande.

La Philips invece è riuscita a brevettare una stufa a legna dal basso impatto ambientale, un'invenzione importantissima dal momento che più di 400 mila morti in India sono causate dall'inquinamento domestico: 328 il 4-6 % delle patologie è infatti da associare a malattie respiratorie nei bambini e al cancro ai polmoni negli adulti.

Secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, Cina e India saranno i Paesi maggiormente responsabili dell'aumento dei consumi di energia di qui al 2030, quando il consumo mondiale di energia supererà di oltre il 50 % quello del 2006, al quale Cindia contribuirà per il 45 %: la Cina da sola contribuirà per quasi 5 miliardi di tonnellate all'incremento delle emissioni annuali di anidride carbonica. 329

La questione principale è capire se Cina e India, che si avviano a diventare le maggiori produttrici di gas serra entro il 2015, hanno la possibilità di contrastare le

326

ORLANDO M., "I paradossi di Kyoto", in AsiaNews.it, 16 febbraio 2005

327 MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means for All of Us, op. cit., pag. 161

328

Ivi, pag. 94

329 JHA P. S., Quando la tigre incontra il dragone. Uno sguardo nel futuro di India e Cina, op. cit.,

95 immediate conseguenze ambientali della crescita economica: oggi è difficile dire quale dei due Paesi si trovi ad affrontare la situazione peggiore. 330