2.1 Il Dalai Lama: dalle montagne del Tibet a Dharamsala
4. CINDIA A CORTO DI ENERGIA
4.1. L'approvvigionamento di nuove risorse
4.1.2. La sfida dell'acqua
Nel 1995 Ismail Serageldin, vicepresidente della Banca Mondiale, ha fatto una previsione sulle guerre del futuro: "Se le guerre del Ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del Ventunesimo avranno come oggetto del contendere l'acqua". 331 Eccessivi prelevamenti, insieme al progressivo esaurimento delle sorgenti, hanno comportato un prosciugamento che interessa già la metà dei 500 maggiori fiumi del mondo, con gravi effetti ecologici come l'estinzione di numerose specie viventi ed effetti socio-economici per le comunità che dipendono dai fiumi e dalla biodiversità. 332
Secondo le previsioni, i sistemi fluviali più colpiti saranno quelli asiatici che ruotano attorno ai fiumi Brahmaputra, Gange, Huang He, Indo, Mekong, Salween e Yangtze, che sostengono l'approvvigionamento idrico e alimentare di 2 miliardi di persone. Entro il 2080 la portata dell'Indo, il grande fiume che dà il nome alla stessa India 333 e che riceve il 90 % delle acque dai bacini di alta montagna, potrebbe diminuire del 70 %, quella del Gange ridursi di due terzi, provocando carenze idriche per 500 milioni di persone e un terzo dei terreni irrigui dell'India e la portata del Brahmaputra contrarsi tra il 14 % e il 20 %. 334
Per ovviare a questi problemi spesso si ricorre alla deviazione dei corsi idrici, come nel caso della Cina che ha elaborato un programma di deviazione fluviale dal costo di 40-60 miliardi di dollari, prevedendo il trasferimento di circa 60 miliardi di metri cubi di acqua all'anno, una quantità superiore alla portata media del Po, dal fiume Yangtze alle pianure settentrionali e alle megalopoli del Nord soggette a forte stress idrico. 335 Anche l'India sta lavorando a un progetto per la captazione delle acque di grandi fiumi monsonici come il Brahmaputra e il Gange, finalizzato a ricostituire i fiumi meridionali in fase di esaurimento. 336
330 JHA P. S., Quando la tigre incontra il dragone. Uno sguardo nel futuro di India e Cina, op. cit.,
pag. 122
331 SHIVA V., Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, 2004, pag. 9
332 CIERVO M., Geopolitica dell'acqua, Carocci editore, 2010, pagg. 65-66 333
SHIVA V., Le guerre dell'acqua, op. cit., pag. 17
334
Ibidem 335
CIERVO M., Geopolitica dell'acqua, op. cit., 2010, pag. 64 336
96 Nonostante la Cina possieda l'8 % delle riserve di acqua, è abitata dal 22 % della popolazione mondiale: non ha abbastanza acqua e la maggior parte di essa non è potabile. Secondo Kenneth Lieberthal, assistente del Consiglio per la Sicurezza Nazionale statunitense nonché esperto sulla Cina per l'Università del Michigan, "se si dovesse definire con una sola parola da cosa dipenderà il futuro cinese, quella parola è acqua". 337 Quasi un terzo dei fiumi cinesi è così inquinato e maleodorante per il liquame che vi viene gettato, che non può essere neppure utilizzato in agricoltura o nell'industria. Per esempio nel fiume Yangtze vengono riversate le acque di scarico non trattate, portando alla morte di numerose specie a causa delle acque sempre più "cancerose" come scritto da Xinhua, l'organo di stampa controllato dal governo, 338 mentre i medici hanno documentato come la diffusione del cancro sia più alta nei villaggi vicini a fabbriche inquinanti e impianti chimici. 339 Anche l'acqua di molti laghi è nera per i rifiuti chimici che scolano dalle fabbriche nelle vicinanze. 340
Secondo dati ufficiali, il 70 % dei fiumi e dei laghi della Cina sono inquinati, più di 100 città soffrono per una grave scarsità di acqua e 360 milioni di persone non hanno accesso ad acqua potabile sicura. 341 Poiché le città e le fabbriche necessitano di una quantità sempre maggiore di acqua che invece è sempre più scarsa, regioni intere finiscono per inaridirsi mentre le campagne vanno incontro all'erosione e alla desertificazione. In alcune zone la Cina deve fronteggiare carenze d'acqua così drammatiche che la crescita e lo sviluppo economico rischiano di interrompersi. Nella città di Chongqing per esempio, molte persone non dispongono neppure di acqua corrente. Il Fiume Giallo, un tempo chiamato "il dolore della Cina" per le frequenti inondazioni, ora ha periodi di secca: si calcola che almeno il 10 % delle coltivazioni di grano richiedano fonti d’acqua aggiuntive alle attuali.
Nel novembre 2005 accadde uno degli incidenti ambientali più noti, quando un'esplosione in un impianto PetroChina nella provincia di Jilin, fece affluire almeno 100 tonnellate di benzene altamente tossico e cancerogeno nel fiume Shonghua, formando una striscia avvelenata lunga 80 chilometri. Dopo aver serpeggiato per più di 300 chilometri lungo la corrente, il veleno arrivò nella città di Harbin, capitale
337
MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means
for All of Us, op. cit., pag. 181
338 Ibidem 339
MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means
for All of Us, op. cit., pag. 182
340 Ibidem
341
97 della provincia di Heilongjiang: qui la reazione della popolazione sfiorò il panico, le riserve d'acqua potabile furono chiuse per giorni e molti dei 4 milioni di residenti fuggirono dalla città. 342
Nel marzo 2006 Zhou Shengxian, direttore del China's State Environmental
Protection Administration, avvertì del rischio di "conseguenze disastrose" a causa
delle migliaia di impianti chimici lungo i fiumi Giallo e Yangtze, se non si fossero messe in atto misure antinquinamento. 343 Si stima infatti che degli oltre 21 mila impianti chimici situati sulle rive dei fiumi e del mare, circa 11 mila si trovino lungo i soli Fiume Giallo e Yangtze: nel 2005 il primo ha ricevuto 4,35 miliardi di tonnellate di scarichi idrici inquinanti, 88 milioni in più rispetto al 2004 e le acque sono state per giorni color mattone, esalando gas maleodoranti e irritanti.
Oggi lo Yangtze fornisce acqua potabile a un dodicesimo della popolazione mondiale, ma ha un livello di inquinamento tale che le acque di un quarto dei suoi affluenti non sono utilizzabili neppure per irrigare le colture nei campi. Invece, delle oltre 150 specie di pesci un tempo ospitate dal Fiume Giallo, oggi un terzo sono estinte, mentre la quantità del pescato nel Fiume, che era di 700 tonnellate annue, è diminuita del 40 %. Gli impianti idroelettrici hanno bloccato le vie di migrazione dei pesci, danneggiati dalla minore portata d'acqua conseguente alle minori piogge, l'eccessiva pesca e il grave inquinamento.
Anche lungo il fiume Zhangweixin i contadini irrigano i campi con acqua fetida, nera come l'inchiostro e coperta di schiuma. Gli abitanti della città di Dezhou, alle sorgenti del fiume, mangiano i prodotti di questi campi e ne bevono anche l'acqua, quando non possono scavare pozzi più profondi. Nel villaggio di Qingyun, Yin Yugui, capo locale del Partito, dice che "l'acqua ha un sapore amaro e acido", ma non ne hanno altra. 344 Cai Wenxiao, vice direttore dell'Ufficio per la protezione ambientale a Dezhou, spiega che l’inquinamento del fiume Zhangweixin proviene soprattutto dalle cartiere e dagli impianti chimici dello Henan e dello Shanxi, che gettano i rifiuti nei corsi d'acqua che si riversano nel fiume. 345 Ma Zhang Dexin, capo del Dipartimento economico dell'università locale, dice al South China Morning
Post che c'è "bisogno di grandi impianti chimici ed energetici per far crescere
342
SMITH D., Il dragone e l'elefante. La Cina, l'India e il nuovo ordine mondiale, op. cit., pag. 267
343 Ivi, pag. 268
344 Anonimo, "Contadini dello Shandong: coltivare e bere da un fiume nero come l'inchiostro", in AsiaNews.it, 17 gennaio 2007
345
98 l'economia e assorbire i lavoratori rurali" e di poter tollerare "un certo grado di inquinamento". 346
Nel villaggio di Shuigoun, un tempo famoso per la gran quantità di pescato, ora le onde del mare, color rosso scuro, uccidono granchi e gamberi lungo la costa. Wu Jianbang, segretario del Partito del villaggio dice "i nostri capelli cadono. Molti hanno attacchi di cuore. E negli ultimi anni sono aumentati i malati di cancro". Sono state inutili le proteste al governo locale e provinciale e all'Amministrazione per la protezione ambientale dello Stato. "I funzionari non vogliono conoscere la realtà e sono solo capaci di nascondere la situazione delle gente - continua Wu - Non rivedremo mai acqua chiara nel fiume o nel mare". 347
Nel 2006 Pechino ha definito l'accesso all'acqua pulita una priorità nazionale: con le parole del direttore dell'Amministrazione di Stato per la Protezione dell'Ambiente Xie Zhenhua,: "Prima di tutto poniamo fine alle pratiche inquinanti, e dopo facciamo pulizia". 348
In India, per migliaia di anni, l'acqua ha avuto un valore sacro, offerta in dono nei piyao lungo le strade, presso i templi e nei mercati, dove recipienti di terracotta chiamati ghada e surai tenevano in fresco l'acqua per gli assetati durante l'estate. Oggi quei recipienti sono stati soppiantati dalle bottiglie di plastica e l'economia del dono da quella del mercato: non c'è più il diritto per tutti di placare la propria sete, diritto che ormai spetta esclusivamente ai ricchi. Coma affermato dal presidente della repubblica Narayan: "L'élite ingurgita bottiglie di acqua minerale mentre i poveri debbono arrangiarsi con una manciata di acqua fangosa". 349
Ma oggi anche l'acqua dell'India è estremamente inquinata come quella cinese: basti pensare che soltanto il 10 % delle acque di scolo viene trattato, mentre il resto è gettato nei corsi d'acqua insieme agli scarti industriali. 350 L'acqua di metà dei 445 fiumi indiani non è potabile perché troppo inquinata, come dimostrato da un rapporto della Commissione centrale di controllo dell'inquinamento, che mette a
346 Anonimo, "Contadini dello Shandong: coltivare e bere da un fiume nero come l'inchiostro", in AsiaNews.it, 17 gennaio 2007
347 Ibidem 348
MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means
for All of Us, op. cit., pag. 181
349 SHIVA V., Le guerre dell'acqua, op. cit., pag. 110
350 MEREDITH R., The Elephant and the Dragon: The Rise of India and China and What it Means for All of Us, op. cit., pag. 183
99 confronto i livelli di inquinamento nel Paese dal 1995 al 2011, prendendo in considerazione, oltre ai fiumi, anche 154 laghi e 78 stagni. 351
Nel settembre 1988 le alluvioni sommersero il Punjab, provocando l'isolamento del 65 % dei suoi 12 mila villaggi oltre a 1500 vittime. Gli esperti della
Punjab Agricultural University sostennero che quei morti e le inondazioni fossero in
larga misura prodotti dall'uomo, in quanto i responsabili del Bhakra Beas
Management Board avevano riempito la riga di Bhakra 6 metri oltre la sua capacità
massima. 352 Anche il progetto Kabini nel Karnataka dimostrò come i piani di sviluppo idraulici potessero disturbare il ciclo ecologico: mentre la diga sommergeva 2500 ettari di terra, il trasferimento dei villaggi richiese il disboscamento di 12 mila ettari di foresta vergine, facendo calare le precipitazioni da 150 a 110 centimetri. 353 Il Piano Narmada invece prevedeva 30 dighe grandi, 135 medie e 3000 piccole lungo il fiume e i suoi affluenti, sommergendo 350 mila ettari di foresta e allagando 200 mila ettari di terreni coltivabili con un costo pari a 522 miliardi di dollari.
Oggi la costruzione della diga di Sardar Samovar si sta scontrando con la forte opposizione di gruppi ambientalisti e dei diritti umani oltre che delle tribù che rischiano di essere evacuate, dal momento che questa minaccia la popolazione di 234 villaggi. 354 Il prossimo progetto in programma è il Narmada Sagar, che minaccia di sommergere 91348 ettari di terra e di allontanare gli abitanti di 254 villaggi. 355
Dall'altra parte, le ripetute siccità hanno creato continue crisi alimentari e idriche in Gujarat, Rajasthan, Madhya Pradesh, Orissa e Chattisgarh. Nel 1999 per esempio, durante la campagna per la rielezione nel Gujarat colpito dalla siccità, il ministro degli Interni indiano, L. K. Advani, fu accolto dalla popolazione al grido
"Pehle Paani, phir Advani". 356
Praticamente ogni fiume indiano è diventato motivo di gravi e insolubili conflitti per l'acqua: i fiumi Sutlej, Yamuna, Narmada, Mahanadi, Krishna, Kaveri e Gange, sono stati al centro di accese dispute giudiziarie tra gli Stati che non riuscivano ad accordarsi sulla proprietà e la distribuzione dell'acqua. 357 Nel 2007 per
351 TAVERNINI M., "Il Gange, fiume sacro e inquinato", in The Post Internazionale, 7 maggio 2013 352 Ivi, pag. 72
353
Ivi, pagg. 74-75
354 Ivi, pag. 76 355 Ibidem
356 Traduzione: "Prima l'acqua, poi Advani". In SHIVA V., Le guerre dell'acqua, op. cit., pag. 63 357
100 esempio, la disponibilità di acqua dolce pro capite scese a 1845 metri cubi, mentre sessant'anni prima era pari a 6042 metri cubi.
Dopo il fallimentare Ganga Action Plan lanciato per ripulire il fiume Gange, nel 2008 il primo ministro Manmohan Singh dichiarò il Gange "fiume nazionale" e l'anno successivo nacque il National Ganga River Basin Authority, un ente da lui presieduto, con lo scopo di finanziare, implementare e monitorare le politiche contro l'inquinamento, non solo nel Gange ma nell'intero bacino gangetico. 358 Il bacino, che con i suoi nove fiumi occupa un'area di un milione di chilometri quadrati dall'Himalaya al Golfo del Bengala, è uno dei più densamente popolati al mondo: 400 milioni di persone utilizzano le sue acque per uso domestico, agricolo e rituale. Lungo le rive del Gange e dello Yamuna sorgono inoltre grandi agglomerati urbani e industriali come Delhi, Allahabad, Varanasi, Patna, Calcutta e Kanpur, che scaricano nel fiume i loro liquami, non avendo una rete fognaria adeguata o mancando del tutto gli allacci agli impianti di depurazione.
Secondo gli esperti infatti, gli scarichi fognari costituiscono l'80 % dell'inquinamento dei fiumi: ogni giorno tre miliardi di litri di liquami urbani finiscono nel Gange, dei quali solo il 45 % viene trattato, mentre altri due miliardi di litri sono riversati nello Yamuna. Nel periodo di magra i fiumi appaiono torbidi e oleosi, mentre i rifiuti solidi galleggiano trascinati dalla corrente a pochi metri dai fedeli sui ghat di Varanasi, assorti in preghiere e abluzioni: i fiumi più sacri dell'India risultano così contaminati da livelli di colibatteri e virus migliaia di volte superiori ai limiti consentiti, causando malattie gastrointestinali, epatiti, parassitosi, colera e diarrea, che in India uccide migliaia di bambini ogni anno. 359 "Stiamo annegando nei nostri stessi escrementi", ha dichiarato Sunita Narain, direttrice del Centre for Science and Environment. 360
Gli scarichi industriali invece, responsabili del solo 20 % dell'inquinamento dei fiumi, sono colpevoli di un enorme impatto ambientale. Le concerie, le distillerie e le fabbriche di carta e zucchero contaminano infatti i fiumi della pianura gangetica con metalli pesanti, agenti chimici e sostanze tossiche non smaltibili. Altri inquinanti provengono poi dalle acque reflue dell'agricoltura, ancorata a schemi irrigativi arcaici e poco sostenibili.
358 SHIVA V., Le guerre dell'acqua, op. cit., pag. 81 359 Ibidem
360
101 Nel 2012 migliaia di pesci Tilapia sono stati trovarti morti sulle rive del fiume Mula-Mutha, a circa 76 km dalla città di Pune, dove i pesci sarebbero morti a causa dell'inquinamento delle acque ormai nere del fiume. Il Dr. Ashok Rasage, medico di Daund, ha detto che per una settimana un gran numero di pesci è stato trovato lungo le rive del fiume: secondo l'attivista Ankush Kotwal di Shetkari Sanghtana l'acido solforico prodotto dalle fabbriche limitrofe e il liquame non trattato avevano provocato la moria dei pesci. Mentre il Dr. Sudhakar Kokane, ufficiale sanitario distrettuale, chiedeva ulteriori informazioni ai funzionari, i pesci morti sono stati immessi sul mercato dai pescatori locali. 361
Nel gennaio 2013, quando 80 milioni di pellegrini al raduno induista del Kumbha Mela erano pronti a bagnarsi nel Sangam alla confluenza dei fiumi Gange e Yamuna, le autorità hanno annunciato che le acque ritenute sacre non erano né potabili né balneabili. Va detto che già durante il precedente raduno religioso del 2007 alcune sette di Sadhu avevano protestato contro l'inquinamento rifiutando di bagnarsi nel fiume sacro e facendo esplodere una protesta trasversale, portata avanti sia dalla destra induista del Bharatiya Janata Party che da scienziati e attivisti. 362
Ma gli esperti sono concordi nell'affermare che il problema è a monte, con le dighe, i tunnel e le centrali idroelettriche che deviano il corso dei fiumi riducendone il flusso naturale e aumentando l'impatto degli scarichi urbani e industriali. "The
solution to pollution is dilution" è il motto del professor B.D. Tripathi dell'Università
di Varanasi, riflettendo l'idea di base dell'approccio tradizionale: l'inquinamento, se sufficientemente diluito, non è dannoso. 363
Cina e India sono anche direttamente afflitte dal problema dello scioglimento dei ghiacciai, come dimostrato recentemente da un team dello Scripps Institution of
Oceanography di San Diego in California che ha utilizzato un velivolo senza pilota
per misurare il calore dell'atmosfera sopra Cindia. Ha dimostrato anche che le nubi marroni prodotte dall'inquinamento sono composte di piccole particelle di fuliggine e oligometalli provenienti da fonti urbane, industriali e agricole, tra cui la combustione di legno e letame per la cottura, una pratica assai diffusa in Asia. Dal momento che le nubi fanno aumentare il calore dell'aria circostante di circa il 50 %, gli esperti
361 SHIVA V., Le guerre dell'acqua, op. cit., pag. 81 362 Ibidem
363
102 pensano che lo scioglimento dei ghiacciai dell'Himalaya possa dipendere in buona parte da questo.
La perdita dei ghiacciai potrebbe comportare la scarsità d'acqua per metà del continente, visto che da essi dipende la fornitura di acqua dei più importanti fiumi asiatici compreso lo Yangtze, il Gange e l'Indo, rifornimento idrico principale per miliardi di persone. 364 La fusione veloce della massa di ghiaccio potrebbe avere effetti devastanti su Cindia e il resto del mondo: secondo Greenpeace China l'Everest si sta già riscaldando il triplo rispetto alla media mondiale e se dovesse procedere al tasso di riscaldamento corrente, i ghiacciai Himalayani potrebbero sparire entro il 2035. 365