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Il valore dell’istruzione e l’importanza della Scuola popolare

Capitolo III La Scuola popolare per adulti nel Subappennino Dauno (1947-1982)

3. La Scuola popolare nel Subappennino Dauno: analisi qualitativa

3.1. Il valore dell’istruzione e l’importanza della Scuola popolare

L‟istituzione della Scuola popolare assunse un significato importantissimo per il nostro Paese, e in particolare per la popolazione del Mezzogiorno in quanto offrì una seconda possibilità a tutti coloro a cui fu negata l‟istruzione e dunque la libertà di essere cittadini attivi e persone autonome e consa-pevoli.

Il primo corso popolare fu accolto con grande fervore:

Grande è l‟entusiasmo per l‟apertura delle scuole “Serali Popolari” per combattere l‟analfabetismo. Giovani di ogni classe e di qualsiasi condizione consci del sano, lodevolissimo ed alto valore morale del provvedimento preso dal Governo per combattere la grande piaga dell‟analfabetismo nel mezzogiorno d‟Italia, in massa corrono alle scuole animati da grande pas-sione e da una più grande volontà di imparare e di rimediare alle passate manchevolezze.

L‟iscrizione perciò è imponente, e sebbene giovani di disparate condizioni, mostrano una serietà, una comprensione e un alto senso di civismo veramente encomiabile155.

Gli iscritti a questo primo corso (A maschile) furono ben settantotto, un numero vietato dal regola-mento ma accettato ugualmente in virtù dell‟elevato bisogno di istruzione avvertito dalla popolazio-ne. Settantotto uomini che corrono in massa per riprendere il proprio posto su quei banchi di scuola che dovettero abbandonare da bambini. L‟insegnante definì la Scuola popolare come un provvedi-mento di alto valore morale, esplicando attraverso tale aggettivo (morale) il significato e il senso di tale scuola che, curando le esigenze del singolo, contribuì nello stesso tempo al miglioramento della società intera e fu proprio tale “bilanciamento”156 tra dimensione individuale e dimensione colletti-va a renderla morale. Allo stesso modo il senso di civismo dei giocolletti-vani iscritti implicacolletti-va da parte di questi ultimi la consapevolezza che frequentare la Scuola popolare fosse un proprio diritto e con-temporaneamente un dovere verso la società.

Di solito, all‟inizio di ogni corso, tutti i maestri ricordavano agli alunni le finalità e gli obiettivi di questo tipo di scuola per motivarne la frequenza e per promuovere la consapevolezza dell‟utilità dell‟istruzione:

In poche parole ho fatto conoscere alle alunne l‟importanza delle Scuole popolari. Esse mirano a distruggere l‟analfabetismo che è la rovina materiale e spirituale della società; si propongono di impartire un‟educazione morale e civile che è alla base della coscienza umana157.

Si noti la ripetizione anche qui dei due termini morale e civile.

A questo punto è bene esaminare in maniera più approfondita le finalità della Scuola popolare. Es-sa, come affermò l‟insegnante e come recitavano i programmi amministrativi158, mirava da un lato a distruggere l‟analfabetismo e, dall‟altro lato a formare l‟uomo di domani, consapevole dei suoi

155 ASL, Registro di classe della maestra G. G., corso A maschile, Lucera, anno scolastico 1947-1948, Cronaca di vita della scuola. Osservazione sugli alunni.

156 Cfr. M. Baldacci, Trattato di pedagogia generale, Carocci, Roma 2012, p. 326.

157 ASL, Registro di classe della maestra C. A., corso A femminile, Lucera, anno scolastico 1951-1952, Diario delle le-zioni, p. 6.

158 ASL, Registri della Scuola popolare, 1947-1982, cit.

127 veri e diritti di cittadino e lavoratore159. La prima finalità faceva riferimento essenzialmente all‟istruzione, intesa come l‟acquisizione di conoscenze e abilità di base; la seconda assumeva un significato più complesso. La formazione, infatti, era rivolta non a un “uomo astratto”160, bensì a un

“uomo concreto multilaterale”161, in quanto si parlava sia di uomo sia di cittadino sia di lavoratore.

Ognuno di questi termini non può essere trattato in maniera unilaterale perché significherebbe estrarre il soggetto dal contesto storico-sociale. Andando a ritroso, vediamo che, in primo luogo, la formazione è necessaria al lavoratore per accedere ad un mestiere che assicuri a lui e alla sua fami-glia l‟accesso ai beni primari (nutrimento, abbifami-gliamento, abitazione) e necessari per la qualità della vita (cure mediche, istruzione, ecc.). Ma poiché «il lavoro è una delle dimensioni di identità del soggetto»162 formare il lavoratore significa anche puntare all‟“umanizzazione dell‟uomo”163, ovvero

«dare al soggetto le chiavi necessarie per la sua autorealizzazione di essere umano»164. In secondo luogo la formazione del cittadino deve tener conto di tre punti fondamentali: la partecipazione poli-tica attiva, il rispetto dei doveri, accanto all‟impegno etico-civile e la capacità di esercitare i diritti.

Il primo punto è connesso al passaggio dalla vecchia educazione elitaria, che assicura una forma-zione completa alla classe dirigente mentre si limita a formare solo professionalmente i ceti più bas-si, all‟educazione di massa. Quest‟ultima, guidata da principi democratici, è volta a garantire a tutti i cittadini gli stessi strumenti (conoscenze e competenze) lasciando poi loro la possibilità di utiliz-zarli secondo le proprie aspirazioni. In questo modo anche coloro che non scelgono carriere mana-geriali sono in grado di controllare e giudicare le azioni e i comportamenti dei dirigenti. Il secondo punto implica che il soggetto sia formato non solo al rispetto dei doveri, ma innanzitutto alla com-prensione dei doveri, in quanto solo così vengono accettati come tali e dunque rispettati. Il terzo punto, anch‟esso ispirato a principi democratici, impone che medesime opportunità di vita corri-spondano alla medesima disponibilità per tutti di beni e risorse, nonché di diritti. Ma affinché tutti possano realmente esercitare i propri diritti occorre che tutti acquisiscano tale capacità, mediante un adeguato processo formativo165. In terzo luogo, la formazione è necessaria nella vita di un uomo perché promuovendo lo sviluppo di conoscenze e competenze trasversali lo rende libero, libero di fare la proprie scelte «su come vivere la propria vita»166 e libero di essere un buon cittadino e un buon lavoratore.

Tutto ciò viene confermato dalle parole di altri maestri:

Ho detto alle ragazze che l‟Ente Riforma Fondiaria le ha inviate a frequentare la scuola popolare per migliorare la loro condizione intellettuale dato che le alunne sono figlie di assegnatari e futuri assegnatari. Ho fatto capire loro che non basta avere la terra per vivere bene, è necessario avere anche una certa istruzione perché si possa lavorare questa terra e farla migliorare167.

159 Ibidem.

160 Cfr. M. Baldacci, Trattato di pedagogia generale, cit., p. 306.

161 Ibidem.

162 I. Loiodice, Non perdere la bussola. Orientamento e formazione in età adulta, Franco Angeli, Milano 2004, p. 35.

163 Cfr. M. Baldacci, Trattato di pedagogia generale, cit., p. 309.

164 Ibidem.

165 Ivi, pp. 310-312.

166 Ivi, p. 312.

167 ASL, Registro di classe della maestra F. R., corso A femminile, Lucera, anno scolastico 1952-1953, Diario delle le-zioni, p. 6.

128 Mezzi e strumenti se non utilizzati adeguatamente per il proprio e l‟altrui benessere non fanno dell‟uomo un buon cittadino e un buon lavoratore e non gli assicurano la libertà di raggiungere la propria autorealizzazione.

Lo studio inoltre era anche un impegno civile richiesto al singolo per il bene della collettività:

Prima di cominciare regolarmente le lezioni ho parlato ai giovani dell‟importanza che ha l‟istruzione mettendo in rilievo che l‟analfabetismo di ritorno è segno di immaturità civile e che, nella vita, non si è mai liberi se manca l‟istruzione168.

E ancora:

Ho incitato i presenti a venire a scuola con molta buona volontà, solo così essi impareranno cose a loro tanto utili nella vita. Ciò è necessario perché nella nostra Italia non deve esistere in nessun modo l‟analfabetismo, indice di poca civiltà169.

Altri maestri, invece, facevano riferimento ad altre tre finalità educative, ovvero l‟educazione intel-lettuale, l‟educazione affettiva e l‟educazione morale:

Ciò che ogni anno mi prefiggo dalla scuola non è tanto la quantità delle nozioni da impartire quan-to la formazione dell‟animo delle ragazze, l‟elevazione dei loro sentimenti, lo sviluppo della loro intelligenza. […] Non dimentico che più che impartire nozioni devo forgiare il loro animo di alti e nobili sentimenti170.

Sia l‟educazione intellettuale sia quella affettiva sia quella morale, come sostiene Massimo Baldac-ci, sono collaterali all‟istruzione, nel senso che, se le conoscenze e le competenze di base vengono insegnate e apprese in maniera adeguata e in un contesto significativo, contemporaneamente, e in modo indiretto, producono lo sviluppo di determinati abiti mentali o formae mentis171.

L‟educazione intellettuale può essere spiegata attraverso il concetto di testa ben fatta di Edgar Mo-rin172. «Una testa ben fatta deve […] essere […] piena delle cose giuste, ricca di cultura appresa in forme intelligenti»173. Tuttavia i saperi insegnati non devono essere solo giusti, ma devono essere giusti per gli allievi che si ha di fronte. E l‟acquisizione dei saperi deve essere accompagnata dallo sviluppo dei talenti personali affinché ogni individuo diventi cittadino e lavoratore attivo.

L‟educazione affettiva fa riferimento alle competenze emozionali e agli abiti emotivi. Le prime

«rappresentano capacità di gestire i processi emotivi»174 sia di natura personale, quali l‟autocomprensione e l‟autocontrollo, sia di natura interpersonale, quali la capacità di esprimere i propri sentimenti e l‟empatia175. I secondi «costituiscono disposizioni a provare certe emozioni e

168 ASL, Registro di classe della maestra R. C., corso A+B maschile televisivo, Lucera, anno scolastico 1961-1962, Diario delle lezioni, p. 6.

169 ASL, Registro di classe della maestra M. R., corso A misto, Lucera, anno scolastico 1953-1954, Diario delle lezioni, p. 6.

170 ASL, Registro di classe della maestra D. M. A., corso B femminile, Lucera, anno scolastico 1953-1954, Diario delle lezioni, p. 6.

171 Cfr. M. Baldacci, Trattato di pedagogia generale, cit.; M. Baldacci, Personalizzazione o individualizzazione?, cit.;

M. Baldacci, L‟istruzione individualizzata, La nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1993.

172 Cfr. E. Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina, Milano 2000.

173 M. Baldacci, Trattato di pedagogia generale, cit., p. 317.

174 Ivi, p. 322.

175 Ivi, p. 321.

129 sentimenti in presenza di determinate situazioni, in forza di credenze consolidate»176. Queste ultime incidono molto sulla percezione del significato che si ha e che si dà a determinati eventi e si acqui-siscono nel corso delle esperienze vissute. Pertanto non v‟è dubbio che negli adulti, e in particolar modo in quelli della Scuola popolare, vissuti probabilmente in un contesto intriso di credenze magi-che e folkloristimagi-che177, di pregiudizi stereotipati connessi ad esempio ai ruoli femminili e maschili o agli abitanti della citta e quelli della campagna, cercare di “modificare” determinati giudizi in meri-to ad una situazione risultava spesso difficile e talvolta impossibile. Tali credenze non possono es-sere insegnante, ma possono solo eses-sere «rese disponibili»178 attraverso comportamenti che fungono da esempio e mediante la promozione di capacità riflessive.

L‟educazione morale «consiste nella formazione di abiti caratteriali virtuosi, orientati al bene e al giusto»179, ovvero alla capacità di fare una scelta valutandone anche le conseguenze che essa com-porterà per se stessi e per gli altri e assumendosene la responsabilità.

Dalle parole dei maestri emerge inoltre che l‟insegnamento della Scuola popolare non si limitava all‟alfabetizzazione, ma si connetteva a categorie più ampie, quali l‟educazione e la formazione:

Ho parlato loro del fine che si propone la scuola popolare: cioè quello di dare a tutti gli analfabeti non solo una istruzione ma soprattutto un‟educazione180.

Se l‟istruzione corrisponde sostanzialmente all‟alfabetizzazione, ovvero all‟acquisizione di cono-scenze e abilità basilari (leggere, scrivere, far di conto, nonché semplici nozioni di cultura generale), l‟educazione coincide con l‟acquisizione degli abiti mentali che si sviluppano in maniera indiretta e collaterale all‟apprendimento dei saperi di base. La formazione racchiude entrambi i concetti e si riferisce al miglioramento dell‟uomo181; per questo motivo la Scuola popolare doveva essere «qual-cosa di più del leggere, dello scrivere e del far di conto»182 e andava «pensata non strettamente le-gata ai banchi, alla cattedra e alla lavagna, ma [doveva] andare al di là di questi»183.

Andare al di là dell‟“aula” diviene un oltrepassamento metaforico che l‟insegnamento deve com-piere per avvicinarsi agli alunni. In altri termini significa andare oltre la mera alfabetizzazione e i saperi scolastici, ma concentrarsi soprattutto sulle esperienze pregresse, come punto di partenza per ulteriore apprendimento.

Infine, il profondo valore dell‟istruzione veniva perfino ribadito nei dettati assegnati agli esami fina-li. Ciò avvenne, ad esempio, in un corso dell‟anno scolastico 1948-1949, quando agli alunni venne richiesto di scrivere il seguente brano dal titolo: “Un libro aperto a tutti”:

L‟analfabeta è come un cieco in mezzo ai veggenti, uno schiavo tra uomini liberi. Qualsiasi mestie-re richiede il leggemestie-re e lo scrivemestie-re.

176 Ibidem.

177 Cfr. G. B. Bronzini, Cultura contadina e idea meridionalista, Edizioni Dedalo, Bari 1982.

178 M. Baldacci, Trattato di pedagogia generale, cit., p. 321.

179 Ivi, p. 331.

180 ASL, Registro di classe del maestro Q. N., corso A+B maschile, Lucera, anno scolastico 1961-1962, Diario delle lezioni, p. 6.

181 Cfr. M. Baldacci, Trattato di pedagogia generale, cit. pp. 2266-268.

182 ASL, Registro di classe della maestra O. A., corso A misto, San Pietro in bagno, anno scolastico 1955-1956, Diario delle lezioni, p. 6.

183 ASL, Registro di classe della maestra R. C., corso B misto, Lucera, anno scolastico 1957-1958, Diario delle lezioni, p. 19.

130 Bisogna istruirsi più che si può, bisogna studiare e frequentare i corsi popolari. Il mondo è un libro aperto a tutti: ma l‟uomo istruito sa leggervi quello che l‟ignorante non vedrà mai184.