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L’imputabilità del maggiorenne

Nel documento Le presunzioni nel diritto penale (pagine 183-189)

presunzione iuris tantum di capacità dell’individuo maggiorenne128; tanto in

126 I

D.,op. cit., p. 147. 127 I

D.,op. cit., p. 84.

128 In dottrina si è da tempo rilevato che le espressioni “imputabilità” e “capacità di intendere e di volere”

non sono sinonimiche, atteso che l’assenza della seconda non comporta necessariamente l’esclusione della prima, come avviene in tutti quei casi in cui il legislatore dichiara irrilevante l’incapacità naturalistica ai fini dell’esclusione dell’imputabilità (vedi ad. es. art. 92 c.p.): in questo senso, si veda

dottrina, quanto in giurisprudenza129, si sostiene che, data la maggiore età del soggetto, possa presumersi la sua normalità psichica, nonché l’insussistenza di tutte le condizioni che varrebbero ad escludere l’imputabilità.

Il che si è verificato da una parte a causa dello scarsissimo studio della questione, anche in quei moltissimi lavori che si sono occupati direttamente dell’istituto dell’imputabilità e che, pur affrontando ogni aspetto del tema, mai hanno invece affrontato il profilo della spettanza dell’onere di accertamento della capacità di intendere e di volere – o, per converso, della sussistenza di eventuali cause di esclusione della stessa –, se non per brevissimi ed apodittici cenni.

Dall’altra, ciò è dovuto alla stratificata convinzione, mai effettivamente argomentata, ma neppure mai revocata in dubbio, della sussistenza di una presunzione assoluta, o iuris e et de iure, di non imputabilità per il minore di anni quattordici130; di una correlativa presunzione relativa, o iuris tantum, di

MARINI,voce Imputabilità, in Dig. disc. pen., vol. VI, Torino, 1992, p. 246; PORTIGLIATTI BARBOS – MARINI, La capacità di intendere e di volere nel sistema penale italiano, Milano, 1964, pp. 33 ss..

Pertanto l’espressione “presunzione di capacità” appare impropria: il superamento di tale presunzione, infatti, potrebbe non determinare alcun effetto giuridico utile, dal momento che come visto ciò che esclude sempre la punibilità non è l’assenza di capacità di intendere e di volere, bensì l’insussistenza dei presupposti fondanti il concetto normativo di imputabilità: o meglio, la presenza dei fattori che la escludono, tassativamente indicati negli artt. 88 ss. c.p.. Si ritiene dunque assai più corretto parlare di “presunzione di imputabilità” anche se, per esigenze di fluidità della trattazione, talvolta si useranno in sostituzione anche altre formule, quali ad es. “presunzione di capacità”, “di sanità”, di “normalità psichica” – come peraltro fa usualmente la giurisprudenza –, pur nella consapevolezza della loro improprietà. Così come improprie appaiono tutte le formule che presuppongono l’identità tra “imputabilità” e “capacità di intendere e di volere”, e che conseguentemente considerano “finzioni di imputabilità” tutte quelle situazioni in cui il legislatore, prescindendo dalla capacità di discernimento del reo, lo considera comunque imputabile (ad esempio, nello stato di ubriachezza volontaria): nel senso che si critica, si veda ALESSANDRI,Il I comma dell’art. 27, cit., p. 116; BRICOLA,Finzione di imputabilità ed elemento soggettivo nell’art. 92 comma I c.p., in Riv. it. dir. proc. pen., 1961, p. 486. Ebbene, a contrasto

di questa impostazione valga lo stesso genere di argomentazioni proposto supra al § 6: i concetti di dolo e colpa, e così quello di imputabilità, sono eminentemente normativi; se ne può ravvisare una definizione generale agli artt. 43 e 85 c.p., che però non esauriscono la nozione: pertanto, ipotesi di imputabilità che derogassero dalla struttura dell’art. 85 c.p. non sarebbero “finzioni”, ma semplicemente casi speciali di imputabilità costruiti con requisiti strutturali propri e diversi.

129 Riconoscono l’esistenza di una presunzione iuris tantum di imputabilità nel maggiorenne, tra le altre,

Cass., sez. IV, 13 febbraio 2007, Notaro, in Cass. pen., 2008, pp. 2428 ss., con nota di PECORARO,

Sull’insussistenza di una presunzione relativa di imputabilità del maggiorenne, cui ci si permette di

rinviare per una specifica trattazione dell’argomento; Cass., sez. V, 11 gennaio 1984, Convertini, in Riv.

pen., 1984, p. 965; Cass., sez. I, 18 giugno 1986, Lambertini, ivi, 1987, p. 686; Cass., sez. I, 3 dicembre

1992, Educato, in C.E.D. Cass., n. 192691; Cass., sez. I, 11 gennaio 1993, Fechino, in C.E.D. Cass., n. 193021.

imputabilità dell’adulto131; e, nel mezzo, dell’assenza di qualsiasi presunzione di capacità per il minore infraquattordicenne, la cui maturità di discernimento andrebbe valutata caso per caso132.

Alla stregua di tale formuletta, assai rassicurante per chi abbia a cuore la speditezza dell’accertamento della capacità nel processo penale, lo status di sanità mentale del maggiorenne non dovrebbe perciò essere oggetto di specifico vaglio, in quanto la legge presumerebbe in lui la normalità psichica, pur consentendo che tale presunzione sia vinta da probante allegazione contraria; si è ritenuto pertanto necessario – per escludere l’imputabilità – “la prospettazione, da parte della difesa, di elementi specifici e concreti, idonei a far ragionevolmente ritenere che, nella singola fattispecie, per l’incidenza di una vera e propria «infermità», e cioè di uno stato morboso caratterizzato da inequivocabili connotazioni patologiche, detta presunzione sia superata da risultanze di segno contrario”133.

Ma questa presunzione, sia pure iuris tantum, esiste davvero nel nostro ordinamento?

Come più volte esplicitato nel corso della trattazione, le presunzioni relative a carico dell’imputato costituiscono un’eccezione ai principi generali134, ed in particolare alle regole di giudizio sancite dagli artt. 530 e 533 c.p.p., e pertanto devono essere esplicitamente previste dalla legge135. Ed in via preliminare, giova ricordare che la capacità di intendere e di volere fa in qualche modo parte della fattispecie penale136, e in quanto tale deve essere oggetto di specifico

131 La vigenza di una tale presunzione è già documentata in M

ANZINI,voce Imputabilità e responsabilità, in Dig. it., vol. XIII, Torino, 1902-1906, p. 313; vedi ora FIANDACA – MUSCO,Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2007, p. 331; FIORE,Diritto penale, Parte generale, vol. I, Torino, 2004, p. 405;

MANTOVANI,Diritto penale, Parte generale, cit., p. 655; PADOVANI,Diritto penale, Milano, 2006, p. 187. 132 In dottrina, vedi per tutti B

ATTAGLINI -CRIFÒ,voce Imputabilità, in Nss. dig. it., vol. VIII, Torino, 1968, p. 457. In giurisprudenza, vedi Cass., sez. I, 26 aprile 1979, Pelosi, in Foro it., 1980, pt. II, c. 32; Cass., sez. I, 14 ottobre 1987, Accardi, in C.E.D. Cass., n. 177675.

133 Cass., sez. IV, 13 febbraio 2007, cit.. 134 B

ETTIOL,Presunzioni ed onere della prova, cit., p. 256. 135 Così, tra gli altri, S

ARACENO,Il dubbio sui fatti impeditivi ed estintivi nel processo penale, in Riv. it. dir. pen., 1940, p. 202; SIRACUSANO,Studio sulla prova, cit., p. 226.

136 Riteniamo in tal sede di poter prescindere dalle specificazioni relative alla posizione dell’imputabilità

accertamento ai fini di un verdetto di condanna137, salvo appunto deroghe legislative.

Al riguardo, non appare però sostenibile che vi sia nel nostro ordinamento una espressa disposizione derogatoria delle norme generali sull’onere della prova, la quale ponga una presunzione di capacità a carico dell’imputato maggiorenne. A favore della presenza di una praesumptio militerebbe forse l’impostazione sistematica del capo I del titolo IV del libro I del codice penale, dedicato all’imputabilità: alla disposizione di cui all’art. 85 c.p., che prescrive in generale il requisito della capacità di intendere e di volere ai fini della punibilità, fanno seguito le norme relative alle cd. cause di esclusione dell’imputabilità.

Superficialmente, dunque, potrebbe ritenersi che il legislatore abbia ritenuto “normale” e quindi abbia presunto la sussistenza dell’imputabilità, ed abbia poi dettato tassativamente ed in negativo le circostanze che la escludono; circostanze che, pertanto, andrebbero provate specificamente, con onere – sostanziale – gravante sull’imputato138.

Ma ad una lettura poco più attenta delle norme in questione, una simile soluzione appare del tutto inaccettabile.

La formulazione letterale dell’art. 85 c.p. (“nessuno può essere punito … se … non era imputabile”) ricalca apertamente il disposto dell’art. 40 c.p. (“nessuno può essere punito … se l’evento … non è conseguenza della sua azione od

accertamento e prospettive, Torino, 2007, pp. 1 ss., con accurata panoramica delle varie impostazioni

dottrinarie e gli opportuni rinvii bibliografici.

137

Si avverte comunque che, per chi ritiene le misure di sicurezza vere sanzioni penali, l’insussistenza del requisito della capacità di intendere e di volere, se accompagnato dalla accertata pericolosità del soggetto agente, determinerebbe sì il proscioglimento dell’imputato ex art. 530 c.p.p., ma allo stesso tempo non impedirebbe l’irrogazione di una pena, nella specie appunto di misura di sicurezza; in argomento, per tutti, vedi M. GALLO,voce Capacità penale, in Nss. dig. it., vol. II, Torino, 1974, pp. 885 ss..

138 Come già riportato supra, non si rinvengono in dottrina e giurisprudenza spiegazioni circa la pretesa

sussistenza di una presunzione legale di imputabilità; pertanto, la tesi appena avanzata assume valore doppiamente ipotetico; un cenno nella direzione indicata nel testo è presente in ROMANO,Commentario sistematico del codice penale, vol. II, Milano, 2005, p. 7. In ogni modo, non sarebbe comunque vera

presunzione, ma semplicemente una ripartizione dell’onere secondo lo schema civilistico fatto costitutivo – fatto impeditivo/estintivo; si parlerebbe in tal caso di “presunzioni giurisprudenziali”, ossia presunzioni ricavate dal giudice sulla scorta prima della natura dogmatica (costitutiva, impeditiva od estintiva) della circostanza da provare, e dall’attribuzione poi dell’onere sulla base del suindicato schema, come detto non del tutto importabile nel processo penale; al riguardo vedi EPIDENDIO,Le cause di non punibilità, cit.,

omissione”), relativo al rapporto di causalità, e dell’art. 42 c.p., commi 1 e 2 (“nessuno può essere punito per una azione od omissione … se non l’ha commessa con coscienza e volontà” e “nessuno può essere punito per un fatto … se non l’ha commesso con dolo”), relativo ai requisiti della coscienza e volontà nei reati e del dolo nei delitti.

Eppure, nessuno ormai dubita che il nesso di causalità tra azione ed evento, così come la sussistenza della coscienza e volontà e dell’elemento soggettivo in genere, debbano essere positivamente accertati139, fuori da qualsiasi presunzione legale140; ed apparirebbe quantomeno singolare, ed ermeneuticamente ingiustificato, che a identica formulazione141 consegua, in un caso su quattro, opposto significato quanto alla ripartizione dell’onere probatorio.

Ma soprattutto, è l’art. 530, comma 2, c.p.p. a escludere la sussistenza di qualsivoglia presunzione legale in materia, disponendo che in caso di mancata prova o di dubbio sull’imputabilità del soggetto agente, questi vada mandato assolto142.

Se infatti, come si è già visto, la funzione delle presunzioni relative è (anche) quella di imporre al giudice di decidere come se fosse sussistente un fatto non accertato, ne discende che in caso di mancata prova, o di dubbio, sul fatto oggetto di presunzione, questa intervenga ad esplicare la propria operatività143; nell’ambito di specie, dunque, in caso di insufficiente o non convincente prova

139 Sia pure, per quanto riguarda il requisito della coscienza e volontà dell’azione, tramite la prova

dell’assenza di situazioni che ne escludano la sussistenza: così TRAPANI,La divergenza tra il “voluto”,

cit., pp. 65 e 74.

140 Tutt’al più, si è parlato in questi casi di “verità interinale”.

141 La natura costitutiva espressa dalla formulazione adottata nelle ipotesi citate può essere argomentata

anche sulla scorta dell’analisi svolta in generale da VERDE,voce Prova, cit., p. 633.

142 In dottrina S

ARACENO, La decisione sul fatto incerto, cit., p. 235, afferma che il dubbio

sull’imputabilità imponga l’assoluzione, aggiungendo che in tal senso si pronunciano concordemente anche la dottrina e la giurisprudenza: il che, tuttavia, non pare confermato da una panoramica sulle posizioni che vengono espresse ai giorni nostri, laddove è sovente richiamato l’istituto della presunzione relativa.

143 Chiaramente S

ARACENO,La decisione sul fatto incerto, cit., pp. 65 e 82, illustra come l’onere della

prova e le presunzioni relative abbiano la funzione di dettare una regola di giudizio per i casi di dubbio; anche BETTIOL,Presunzioni ed onere della prova, cit., p. 256; CORDERO,Il giudizio d’onore, cit., p. 162;

FLORIAN,Delle prove penali, cit., p. 254, rilevano che quando opera una presunzione relativa a carico

dell’imputato non basterà il dubbio ad escluderne l’operatività, ma sarà necessaria una piena prova contraria.

circa l’imputabilità del reo al momento dei fatti, esso dovrebbe essere dichiarato capace e condannato.

Ma argomentando a contrario, se la norma dispone che in caso di mancanza, di insufficienza o di dubbio prevalga la declaratoria di non imputabilità, significa che in materia non vige alcuna presunzione legale relativa, ma che si applichino i normali criteri di ripartizione dell’onere probatorio, sostanzialmente gravante sull’ipotesi accusatoria.

Pertanto, è ineludibile la conclusione che non viga nel nostro ordinamento alcuna presunzione iuris tantum di imputabilità nel soggetto maggiorenne144; né un’attribuzione all’imputato di quel pur parziale onere di ingenerare il dubbio. Tuttavia, ciò non significa escludere tout court l’efficace operatività dello strumento presuntivo nell’ambito in esame.

Anche in mancanza di una norma ad hoc, è infatti possibile l’utilizzo di una presunzione semplice che, sulla base del dato indiziante della maggiore età, e sulla massima di esperienza che la sanità psichica sia rispondente all’id quod plerumque accidit, consenta di affermare per via logica che l’adulto sia imputabile senza necessità di un apposito vaglio145.

Tale soluzione, peraltro accolta in talune pronunce giurisprudenziali146, da un lato è pienamente compatibile con il diritto positivo, ove l’utilizzo di presunzioni semplici in funzione probatoria è pacificamente accolta147; dall’altro, ha il pregio di mantenere fermo – così come avverrebbe ove vigesse una presunzione relativa

144 Dello stesso avviso, pur senza riportare a sostegno alcuna argomentazione, erano già B

ETTIOL,La regola “in dubio pro reo”, cit., p. 253; FLORIAN,Delle prove penali, cit., p. 66.

145 B

ETTIOL,Presunzioni ed onere della prova, cit. p. 241, e FLORIAN,Delle prove penali, cit., p. 66,

parlano al riguardo della “sanità di mente” come di una verità interinale o provvisoria, nozione come visto non affatto dissimile da quella di presunzione; tuttavia, ci pare più corretto considerare la prova della normalità psichica come frutto di una vera e propria presunzione semplice.

146 Cass., sez. I, 6 aprile 1993, Olivieri, in Riv. pen., 1994, p. 162. Più in generale, talune pronunce

rifiutano l’uso della presunzione legale, pur accontentandosi di un esame congiunto della personalità dell’imputato e della condotta tenuta, prescindendo da un accertamento tecnico; tra le prime, Cass., sez. II, 28 ottobre 1970, Affaticato, in Cass. pen., 1972, p. 526; Cass., sez. II, 25 novembre 1974, Orbitano,

ivi, 1975, p. 1084.

147 Come visto, il codice di procedura penale parla in realtà di indizi, la cui affinità con le presunzioni

– lo snellimento dell’accertamento dell’imputabilità, che anche in tal caso verrebbe ritenuta sussistente pur in assenza di una specifica ricerca148.

Così accertata la capacità di intendere e di volere, residuerebbe sempre la possibilità per l’imputato di contestare149 l’applicabilità della massima di esperienza al caso concreto150; tale facoltà, come già esplicato, non sarebbe un vero e proprio onere legale, ma una mera esigenza di fatto di contrastare un accertamento che volge a proprio sfavore; e la regola di giudizio che deve guidare il giudice sarà quella consueta, sancita all’art. 530 cpv c.p.p. e valida per qualsiasi elemento rilevante ai fini della punibilità: quella dell’in dubio pro reo151.

8. La conoscenza della legge penale. – La dottrina più risalente, nel commentare

Nel documento Le presunzioni nel diritto penale (pagine 183-189)

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