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Natura giuridica: le presunzioni legali relative come prova

Nel documento Le presunzioni nel diritto penale (pagine 50-53)

della dottrina verso la qualificazione delle stesse quali veri e propri mezzi di prova; e la stessa impostazione è corroborata anche dal vigente codice civile che, all’interno del libro sesto, inserisce le presunzioni, anche legali, nel capo quarto del titolo secondo, dedicato alle prove; tale tesi, che pareva poco fondata in relazione alle presunzioni assolute – perciò reinterpretate come istituti di diritto sostanziale – era invece apparsa più convincente riguardo alle relative: in tal caso, infatti, la presunzione si sarebbe limitata ad orientare il libero convincimento del giudice imponendogli di ritenere provato un fatto che il legislatore ritiene assai probabile – rectius, ritiene opportuno dedurre3 – sulla

2 G.A. M

ICHELI, L’onere della prova, cit., p. 198. Lo stesso si è verificato per la categoria delle

presunzioni assolute: vedi supra cap. I, § 7. Al riguardo CORDERO,Procedura penale, cit., p. 996, utilizza

– anche se solo nell’indice – il termine di “pseudo-presunzioni”. Tuttavia, come nota SARACENO, La decisione sul fatto incerto, cit., p. 94, se dessimo prevalente rilievo all’etimologia del termine

“presunzione”, e alla tradizionale definizione sorta da tale etimologia, le qualificazioni proprie/improprie risulterebbero da invertire; Menochius, infatti, come abbiamo visto definì “preaesumptio, id est ante et

sumptio, hoc est ante sumptio, quia ante legitimas probationes aliquid sumit pro vero”, limitando l’effetto

tipico delle presunzioni alla dispensa di prova, e non alla sostituzione di prova. In ogni modo, prescindendo dall’origine storica, abbiamo preferito attribuire la “patente di originalità” alla classe che meglio corrisponde alla definizione legale contenuta nel codice civile. Il citato Autore, invece, proseguendo sulla scorta del significato letterale, ha optato per la distinzione tra preaesumptio e

postsumptio, riconducibili al più generale concetto di sumptio.

3 Come detto, infatti, la probabilità non è l’unico tipo di ratio rinvenibile alla base di una presunzione iuris tantum.

scorta della presenza di un altro fatto noto, facendo però salva la prova contraria4. In tale ottica, il procedimento decisionale avrebbe conservato il proprio fondamento – “naturalisticamente” – probatorio, poiché il collegamento tra il fatto noto e l’ignoto sarebbe stato assicurato da una massima di esperienza, sia pure consacrata in una disposizione legislativa5; e la corrispondenza tra verità materiale e comando probatorio sarebbe comunque stata salvaguardata dalla valvola di sicurezza della prova contraria, garante dei fini di ricerca della verità effettiva usualmente attribuiti al processo penale.

Pertanto, l’operare di una presunzione relativa propria comporterebbe una mera semplificazione dell’accertamento, operato in via astratta dalla norma6: laddove non si abbia per altra via la prova di un elemento, sarà sufficiente la prova di un altro, probabilmente di più agevole riscontro.

Intanto, tale valenza probatoria non potrebbe di certo estendersi anche alle presunzioni legali c.d. improprie, poiché in queste manca addirittura il fatto noto da cui dedurre l’ignoto; salva la possibilità, come per le assolute7, di individuare all’interno della categoria delle improprie quelle in cui l’elemento indiziante c’è, ma sembra non percepibile in quanto è costituito da tutto il resto o da una parte soltanto della stessa fattispecie.

Ma soprattutto, come già illustrato appare necessario intendersi sul corretto significato di “prova”: se si vuole adoperare una nozione “soggettiva”, “naturalistica”, è evidente che qualsiasi condizionamento per via normativa alla libera ricostruzione operata dal giudice appare contraddittorio e incompatibile con la premessa; se la prova è strumento di convincimento, la legge non può mai imporre una prova, perché un comando non persuade, ma costringe.

4 In questo senso B

ETTIOL,Presunzioni ed onere della prova, cit., p. 246; BRUNELLI,Delle presunzioni,

cit., p. 23;CORDERO,Procedura penale, cit., p. 597;FERRAIOLI,voce Presunzione, cit., p. 308; FLORIAN,

Delle prove penali, cit., p. 249;

5 Cass., 5 marzo 1955, in Giur. it., 1955, I, c. 324, secondo cui “la presunzione, sia essa legale o semplice,

si fonda sul presupposto che da un dato fatto noto si debba logicamente, necessariamente, certamente, e non solo probabilmente, risalire ad un fatto ignoto, con la differenza che […] nelle presunzioni legali è lo stesso legislatore che attribuisce ad alcuni fatti efficacia probatoria”.

6 B

ETTIOL,Presunzioni ed onere della prova, cit., pp. 250 e 258; BRUNELLI,Delle presunzioni, cit., p. 26;

DELITALA,Il divieto della “reformatio in peius” nel processo penale, Milano, 1927, p. 115;FERRAIOLI, voce Presunzione, cit., p. 308.

La natura lato sensu probatoria della presunzione relativa, invece, può ricavarsi solo rimodulando la nozione stessa di prova, come già tentato nel capitolo relativo alle presunzioni assolute; in quella sede si era tentato di dimostrare come la ricostruzione del fatto storico, al fine della sua eventuale sussunzione nella fattispecie astratta, risponde sempre, in misura minore o maggiore, a influenze di origine normativa.

La valutazione del giudice, infatti, non è mai del tutto libera, ma risulta costantemente soggetta alle indicazioni legislative, non sempre volte ad assicurare il più efficace raggiungimento della verità effettiva, bensì a subordinarla ad interessi di diversa natura; abbandonata dunque l’illusione del processo penale preordinato alla ricerca della verità, e l’ipocrisia della nozione di verità formale o giudiziale, non resta che prendere atto della duttilità del procedimento penale, piegato dal legislatore alla salvaguardia di interessi diversi e talora contrastanti.

L’esito del giudizio, dunque, non è né la verità effettiva né quella giudiziale, ma una fissazione formale che è la risultante della ricostruzione storica del giudice e dei vincoli posti dall’ordinamento a tutela degli interessi più disparati; e la prova, come già sostenuto, è lo strumento attraverso il quale un’ipotesi viene cristallizzata, per poi venire offerta al giudice al fine della sua qualificazione giuridica sostanziale.

Ebbene, tale strumento sarà ugualmente autentico ed efficace tanto se sorretto dalla persuasività delle massime di esperienza, tanto se imposto dalla forza della legge; pertanto, sarà prova qualsiasi comando legale, ivi compresa la presunzione relativa: potrà solo distinguersi tra prove “naturali” (o “libere”) e prove legali, e all’interno di ognuna delle due categorie differenziare le prove rappresentative da quelle critiche8; pur con l’avvertenza che, data la pervasività della legge in questa materia, anche le prove libere sono soggette ad una regolamentazione normativa che impedisce di isolare la purezza della specie; e che, riconoscendo la

8

Lo schema della classificazione delle prove in naturali e legali, e a loro volta in rappresentative e critiche, è presente anche in SARACENO,La decisione sul fatto incerto, cit., p. 80. Così pure CORDERO,

ragionevolezza del legislatore, anche le prove legali non agiscono prescindendo totalmente dall’id quod plerumque accidit: insomma, le classificazioni accennate hanno sì un fondamento, ma esso è solo tendenziale.

3. Le presunzioni legali relative come regola di giudizio – La constatazione della

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