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L’inserimento del dato processuale nella disposizione incriminatrice: riflessi d

Nel documento Le presunzioni nel diritto penale (pagine 77-85)

mostra, indirettamente, un altro pregio: quello di attirare l’attenzione su un aspetto altrimenti in ombra, capace di dipanare dubbi interpretativi e applicativi; ossia, lo stretto collegamento tra la regola di giudizio e la fattispecie sostanziale111, e conseguentemente la possibilità di estendere o meno il regime proprio della norma incriminatrice all’aspetto sostanziale della disposizione processuale da essa “inglobata”112.

Si è già fatto riferimento, infatti, ai rischi per le garanzie individuali derivanti da una lettura in chiave probatoria, e dunque processuale, delle presunzioni legali: sul piano, ad esempio, della validità nel tempo; il legislatore, invero, potrebbe imporre una presunzione legale sfavorevole al reo dopo la commissione del fatto, con il risultato di consentire retroattivamente la punibilità anche in mancanza di un reale accertamento su un fatto costitutivo che, agli effetti pratici, verrebbe in un certo qual modo espunto dalla fattispecie.

D’altra parte, però, appare poco sostenibile una ricostruzione delle presunzioni, e delle regole di giudizio in genere, quali istituti di carattere sostanziale: il ruolo delle stesse, infatti, si gioca soprattutto sul piano processuale, e non tocca i rapporti tra l’individuo, il divieto di offendere un bene giuridico e le conseguenze giuridiche derivanti dalla realizzazione della fattispecie113.

111 M.G

ALLO,Appunti di diritto penale. La legge penale, cit., p. 57. 112 In questo senso si è già visto F

LORIAN,Delle prove penali, cit., p. 20, citato supra cap. I § 6, sub nota

99.

113

Per la natura processuale delle norme sull’onere della prova, si veda AUGENTI,L’onere della prova,

cit., pp. 184 ss.. Tuttavia già RAMPONI, La teoria generale, cit., p. 11, coglie lo stretto legame tra

Il tema è assai complesso, e risulta in tempi recenti pressoché inesplorato in dottrina e in giurisprudenza; pertanto, non si pretenderà in tal sede di fornire soluzioni definitive, ma solo si tenterà di proporre alcuni spunti.

Riteniamo, innanzitutto, non si possa risolvere la questione semplicemente stabilendo in astratto la natura processuale o sostanziale delle presunzioni legali e delle regole di giudizio, e su questa base ritenergli senz’altro applicabili le rispettive direttive di sistema114.

Al contrario, stante l’intensa compenetrazione in questa materia tra l’ambito sostanziale e quello processuale, è preferibile analizzare singolarmente le possibili manifestazioni del problema, e cercare di districare il groviglio facendo emergere, di volta in volta, la prevalenza dell’aspetto materiale o di quello procedurale115.

Al riguardo, è bene distinguere preliminarmente i casi in cui la regola di giudizio dipenda dalla particolare conformazione strutturale della fattispecie astratta, da quelli in cui – ferma restando la fattispecie – la regola di giudizio intervenga dall’esterno a dettarne i criteri di accertamento.

Quanto alla prima ipotesi, un esempio può trarsi in relazione all’art. 614 c.p., che incrimina l’ingresso di un soggetto in un’abitazione altrui “contro la volontà espressa” del proprietario116; se tale articolo venisse modificato, tale per cui non venisse più richiesto il dissenso per la punibilità della violazione di domicilio, e fosse al suo posto introdotta la clausola scriminante del consenso (“a meno che il proprietario non vi consenta”), certamente muterebbe anche il regime della regola di giudizio: per la punibilità del fatto sarebbe sufficiente la prova

sostanziale, e sfugge al formale, cioè alla procedura in senso stretto” (corsivi dell’Autore). Secondo G.A.

MICHELI,L’onere della prova, cit., pp. 199 ss., sarebbe possibile considerare le presunzioni relative come

norme incidenti sulla fattispecie sostanziale, pur se indirettamente influenti sulla ripartizione degli oneri probatori. Tuttavia, la posizione assunta dagli studiosi del diritto civile non ci pare acriticamente importabile nel campo penale, dove l’inclusione di un istituto nell’ambito sostanziale presuppone e comporta specifiche implicazioni, come ad esempio evidenziato supra cap. I § 6.

114 Sconsiglia di risolvere la questione tramite un procedimento ermeneutico concettualistico-deduttivo

SACCO,Presunzione, natura costitutiva, cit., p. 419. riconosce 115 In generale, V

ERDE,voce Prova, cit., pp. 595 ss., riconosce nelle prove un profilo materiale e uno processuale, da valorizzare in alternativa caso per caso a seconda del problema concreto che si debba risolvere.

dell’accesso nell’altrui domicilio; e la prova del consenso del proprietario varrebbe dall’esterno a scriminare una condotta altrimenti sanzionabile117.

Ma non v’è chi non veda come in tal caso la regola di giudizio applicabile sia solo il riflesso della struttura della fattispecie; prima ancora che modificare le disposizioni processuali sull’onere della prova, il legislatore avrebbe mutato la fattispecie astratta, modificando il segno degli elementi costitutivi del fatto. Certamente si potrebbe parlare, a fini processuali, di “presunzione di dissenso”118 in relazione all’introduzione nell’abitazione altrui, ma solo per la stretta interazione tra fattispecie e regola di giudizio: l’attribuzione del segno positivo o negativo ad un elemento della fattispecie influenza, come già evidenziato, il segno dell’accertamento necessario per la produzione di effetti. Ma, sul piano sostanziale, può solo affermarsi che la fattispecie incriminatrice è stata modificata perché, partendo dall’originaria fattispecie A + B + C, l’elemento C (il positivo esercizio da parte del titolare dello ius excludendi) ha cambiato segno, tale che lo schema normativo è divenuto A + B – nonC (ossia l’assenza di consenso).

Pertanto, in questo caso non vi è stata (soltanto) una modifica della disciplina processuale, ma in prima battuta di quella sostanziale, con conseguente applicabilità dell’art. 2 c.p.; cagionando anche, coerentemente, una diversa calibrazione dell’elemento soggettivo del reato in questione: il dolo sarà integrato non più dalla necessaria rappresentazione del dissenso altrui, ma sarà sufficiente l’assenza di convinzione circa il consenso altrui.

Il discorso è assai più complesso qualora venisse introdotta una presunzione impropria, mutando così solo l’onere della prova circa un elemento, ferma restando la composizione sostanziale della fattispecie di reato.

117 Diverso sarebbe il discorso se l’elemento negativo fosse tale solo in apparenza: nel caso di elemento

positivo costruito negativamente, infatti, la regola di giudizio non si differenzia da quella prevista per un comune elemento positivo; il che rende di grande momento la distinzione tra elemento negativo e elemento positivo costruito negativamente non solo – come già evidenziato da attenta dottrina: si veda GALLO,voce Dolo, cit., p. 776 – in relazione all’integrazione dell’elemento soggettivo, ma anche per la ripartizione degli oneri probatori.

118 Sempre ricordando che non di vera presunzione si tratterebbe, perché il dubbio gioverebbe pur sempre

Si ipotizzi, sempre soffermandoci sulla disposizione contenuta nell’art. 614 c.p., che il legislatore non modifichi la descrizione del fatto di reato, ma si limitasse ad aggiungere, in coda all’articolo, che “il dissenso del proprietario è presunto sino a prova contraria”.

Così facendo, la fattispecie astratta parrebbe inalterata, e potrebbe ritenersi che la novità agisca sul mero piano della regola di giudizio, e dunque su un piano che istintivamente sembrerebbe solo processuale: con la conseguenza, inevitabile, dell’inapplicabilità dell’art. 2 c.p..

Tuttavia, al di là degli effetti per così dire di sistema, si può notare che le conseguenze applicative sarebbero le stesse che se fosse stato mutato il segno all’elemento costitutivo del dissenso: in entrambi i casi, infatti, l’imputato verrebbe punito solo che si provi il suo ingresso nell’abitazione altrui, valendo l’accertamento del consenso del proprietario a escludere la sanzionabilità; anzi, ad agire sul piano processuale con l’introduzione di una presunzione, il reo non potrebbe neanche giovarsi del dubbio circa la sussistenza di tale elemento.

Eppure, a fronte di tale identità di effetti119, la sola formulazione letterale120 della disposizione varrebbe a privare di importanti garanzie l’imputato, prima fra tutte l’irretroattività del nuovo disposto.

L’interprete sarebbe dunque a un bivio: o insistere sulla valenza solo processuale della regola di giudizio, riconoscendo al legislatore la piena ed insindacabile discrezionalità sulla scelta di agire sul piano della fattispecie o su quello dell’onere di prova, e quindi sulla scelta di sottoporre o meno un dato elemento alle garanzie costituzionali proprie del diritto penale sostanziale; oppure valorizzare il piano delle identiche conseguenze applicative, rifiutare ogni

119 L’unica differenza – peraltro non di grande momento – risiederebbe nel segno dell’elemento

soggettivo in relazione al dissenso: perché se resta elemento costitutivo della fattispecie oggettiva, sia pure presunto, il dolo sarà integrato solo con la positiva rappresentazione dello stesso da parte dell’agente; se invece da costitutivo che era venisse invertito in negativo, anche il segno della rappresentazione seguirebbe la stessa sorte. Tale divergenza, peraltro, risulterebbe neutralizzata qualora si ritenesse che, ogniqualvolta si presuma la sussistenza oggettiva di un dato elemento, debba parimenti presumersi al riguardo anche la ricorrenza della copertura psicologica.

120

Per una panoramica sulle convenzioni linguistiche utilizzate per introdurre elementi impeditivi, estintivi e modificativi (in una parola, negativi) si veda VERDE,voce Prova, cit., pp. 632 ss.; in tema anche FABBRINI,voce Presunzioni, cit., pp. 284 s..

possibile “truffa delle etichette” e ritenere inscindibile il legame tra fattispecie e regola di giudizio121: nel senso che, ove si modifichi l’una, sia correlativamente mutata anche l’altra; e viceversa.

Così opinando, la presunzione impropria manterrebbe la sua valenza processuale di regola di giudizio, anche in relazione allo standard probatorio necessario per l’efficacia dell’elemento negativo122; ma in un sistema, poiché è inevitabile che la modifica di un parametro incida indirettamente su altri apparentemente impregiudicati, l’introduzione di una presunzione impropria modificherebbe pure i presupposti per l’applicazione della fattispecie astratta e sarebbe dunque soggetta, per quanto riguarda l’efficacia nel tempo, alla disciplina di cui all’art. 2 c.p.; primo fra tutti, al divieto di efficacia retroattiva.

Tale soluzione, anche se senz’altro bisognevole di ulteriori approfondimenti e verifiche, ci pare allo stato la più convincente; perché se è vero che il procedimento di fissazione formale del fatto che si attua nel processo segue regole – appunto – processuali, è vero anche che le regole di valutazione, di limitazione, o di attribuzione dell’onere di prova, possono talora presentarsi – come nell’esempio prospettato – di una portata tale da risultare indistinguibili rispetto a vere e proprie regole sostanziali: ed in questo caso, tale aspetto non va ignorato, ma deve essere evidenziato come uno dei lati della medesima medaglia. Né perderebbe di rilievo il lato processuale: la presunzione, come più volte ricordato, rispetto all’elemento costitutivo negativo offre una diversa disciplina dello standard probatorio, poiché non può essere vinta da uno stato di incertezza. Ed inoltre, ad un’analoga conclusione può giungersi anche sulla scorta di altre argomentazioni, le quali più specificamente si riferiscono al caso in cui sia

121 C

ORDERO,Il giudizio d’onore, cit., p. 162, conclude in merito affermando che “la regola di giudizio, in

altri termini, modifica l’ambito della fattispecie criminosa”. Anche VERDE, voce Prova, cit., p. 631, afferma che le regole di ripartizione dell’onere probatorio – che come si vedrà infra § 9 possono considerarsi il risvolto della presunzione legale relativa impropria – “si risolvono in regole che disciplinano fatti o fattispecie impeditive, e quindi vanno ricondotte alle norme che disciplinano la sostanza del rapporto”.

122 Si è già evidenziato come la formulazione in negativo di un dato non significhi attribuire in tutto e per

tutto l’onere della prova a chi ha interesse a porlo in rilievo: sempre, infatti, il dubbio giova all’imputato, a meno che una presunzione, per l’appunto, non deroghi ai principi generali imponendo la prova certa dell’elemento negativo.

introdotta una presunzione propriamente detta.

Qui, infatti, non si potrebbe dire che l’accertamento del fatto presunto muti di segno, e con esso la posizione di tale dato nella struttura della fattispecie: infatti, viene individuato un altro elemento, ossia il fatto indiziante, da cui si trae la prova del dato costitutivo, il quale non viene accertato empiricamente, ma comunque è da considerarsi provato in senso giuridico.

L’elemento costitutivo positivo resta perciò tale; solo si aggiunge un dato processuale (il fatto noto) che serve da prova dell’ignoto. E se è vero che la prova negativa (ossia la prova dell’assenza dell’elemento positivo presunto) paralizzerà l’operatività della fattispecie, ciò avviene perché, nella dinamica processuale, anche ciò che è (o meglio pare) dimostrato può sempre essere soggetto a controprova.

Né si ritiene di poter portare alle estreme conseguenze l’opinione secondo cui la presunzione relativa inserisca un dato processuale nella fattispecie astratta, che ne esce dunque direttamente modificata: in tal caso, infatti, come già accennato non si spiegherebbe la collocazione strutturale di tale dato processuale nella fattispecie, la sua funzione in relazione all’offesa, i suoi rapporti con l’elemento soggettivo; insomma, il fatto processuale entra nella disposizione, ma non nella fattispecie incriminatrice123.

Se così è, sembrerebbe ineludibile la conclusione che l’introduzione di una presunzione relativa propria non muti la fattispecie astratta, ma solo il suo procedimento di fissazione formale: l’elemento presunto C, infatti, potrà essere provato non solo direttamente, ma anche indirettamente per mezzo dell’indizio D, sempre con salvezza della controprova: che risulta però diritto generale della parte, sia in caso di prova naturale che di prova legale.

Pertanto, non si darebbe luogo all’applicazione dell’art. 2 c.p., ma ai principi del

123 D’altra parte, atteso che la “norma reale” è quella scaturente dal coordinamento di tutte le norme

applicabili al caso concreto, non si vedrebbe perché allo stesso modo non dovrebbero ritenersi “implicite” in ogni fattispecie criminosa le regole probatorie e di giudizio valide in generale, e così conferire loro valenza sostanziale. In realtà, deve affermarsi che la collocazione di una regola processuale nella disposizione sostanziale è accidente estrinseco, riconducibile a motivazioni di tecnica legislativa; pertanto, tale collocazione non è di per sé in grado di modificare la fattispecie criminosa: ogni elemento mantiene la sua natura, a prescindere dal dato topografico.

tempus regit actum: conseguenza che potrebbe rendere di grande momento la distinzione tra presunzioni proprie e presunzioni improprie, imponendo all’interprete un’attenta verifica del fenomeno; per evitare, ad esempio, che possa surrettiziamente introdursi una presunzione propria “simulata”, dove il fatto noto indiziante sia di così scarso peso124 da lasciar intravedere in realtà una presunzione impropria: la quale, grazie all’aggiunta di una prova legale del tutto pretestuosa, guadagnerebbe l’effetto di aggirare la disciplina di cui all’art. 2 c.p.. Tuttavia, di nuovo ci si accorge che l’introduzione di una presunzione relativa propria, pur non modificando direttamente la fattispecie incriminatrice astratta, può condurre ad una forte coincidenza di effetti applicativi rispetto ad una vera e propria modifica: se infatti si agisse sul piano sostanziale, e quindi accanto all’originaria fattispecie composta da A + B + C ne venisse creata una diversa A + B + D – (non)C, il soggetto che abbia posto in essere A + B + D, in assenza di prova circa la sussistenza di C non potrebbe essere punito né per la prima, per carenza di tipicità; né per la seconda, ex art. 2 c.p..

Se però, invece che ad una modifica degli elementi costitutivi, si assistesse all’introduzione della presunzione di C sulla scorta del fatto indiziante D, fermandoci all’essenza processuale della presunzione il soggetto potrebbe venire punito, perché non si darebbe luogo alla disciplina penale sulla irretroattività; ancora una volta, dunque, concedendo al legislatore mano libera circa l’opzione sulla natura processuale o sostanziale di un elemento, lo si lascerebbe arbitro di eludere – per mezzo di una diversa formulazione letterale125 ma a fronte di una marcata identità di disciplina126 – garanzie ritenute fondamentali anche dalla

124

Di scarso peso sia nel senso che abbia debole valenza dimostrativa rispetto al fatto ignoto – nel caso in cui la norma fissi una massima di esperienza –, sia nel senso che le considerazioni di opportunità a sostegno del legame appaiano indegne rispetto a quelle di fissazione della verità effettiva – nel caso in cui il collegamento non sia dovuto all’id quod plerumque accidit.

125 Ad esempio, l’art. 575 c.p. potrebbe essere modificato aggiungendovi una modifica sostanziale

(“chiunque cagiona la morte di un uomo e fugge, è punito, a meno che l’evento cagionato non sia involontario”) oppure solo “processuale” (“chiunque cagiona la morte di un uomo è punito […], e qualora l’omicida fugga il fatto si presume doloso sino a prova contraria”).

126 Oltre alla più volte ribadita differenza attinente allo standard probatorio, vi sarebbe anche un diverso

criterio di imputazione soggettiva rispetto al nuovo elemento D: se indiziante, ne è irrilevante la copertura psicologica; se appartenente al fatto o alla fattispecie oggettiva, invece, dovrà entrare nel fuoco dell’elemento soggettivo. Tuttavia, quanto all’elemento C non vi sarebbe difformità di conseguenze.

Carta costituzionale.

Date le nostre premesse, però, ci si espone ad un’obiezione che potrebbe apparire insuperabile: se una presunzione propria è davvero una prova, seppure legale, è una contraddizione in termini asserire che, dato il fatto indiziante, la fattispecie è integrata pur in assenza di dimostrazione circa il fatto ignoto: ad essere coerenti, ciò che manca non è una prova, ma una prova “naturale”.

Tuttavia, la conclusione qui propugnata – ossia, l’applicabilità alle presunzioni proprie dei limiti sanciti dall’art. 2 c.p. e dall’art. 25 comma secondo Cost. – ha un’implicazione ben precisa, e che più avanti verrà estesa ed approfondita127; ossia, che ad alcuni fini prova legale e prova naturale non hanno pari dignità: quando il legislatore ed il costituente dettano una garanzia, in questo caso quella della irretroattività della norma penale incriminatrice, essa travalica e travolge gli escamotage giuridici del futuro legislatore; il “fatto” che l’art. 2 c.p. non vuole punito da una legge successiva alla sua realizzazione è un fatto storico concreto, e non un’astrazione giuridica; pertanto, sarebbe inconcepibile che una nuova disposizione incriminatrice possa punire un accadimento prima non sanzionabile, solo grazie ad un’accorta formulazione che, mantenendo apparentemente ferma la fattispecie sostanziale, ne snaturi i confini operando sul piano dell’accertamento: una nuova norma, processuale o sostanziale che sia, non può rendere punibile un fatto storico che, storicamente accertato, prima non costituiva reato; invero il procedimento di fissazione formale del fatto, regolato dalla legge ordinaria, non può svolgersi in contrasto con le direttive costituzionali128.

127 Si veda infra cap. IV §§ 8-9.

128 Il problema, come accennato, è ben più ampio e non limitato alle sole presunzioni legali; si pensi ad un

concusso che avesse precostituito l’unica prova della propria reale ed effettiva innocenza, rispetto ad un’attendibile contestazione di corruzione, tramite una videoregistrazione; se una nuova disposizione precludesse l’utilizzo della prova audiovisiva nel processo penale, di certo in questo caso nessuno potrebbe pensare che la novella modifichi la fattispecie sostanziale, come invece potrebbe sembrare nell’ipotesi di presunzione; tuttavia, un fatto storico prima non punibile ora potrebbe essere sanzionato, solo perché il procedimento di fissazione formale, dato il medesimo fatto, consente una ricostruzione processuale diversa; ebbene, impostando la questione come si è tentato in questa sede, l’art. 2 c.p. impedirebbe comunque che il medesimo fatto possa ricevere un trattamento più sfavorevole per l’imputato, quale che sia la fonte della modifica. Anche VINCIGUERRA,Diritto penale, vol. I, Padova,

Valga dunque quanto affermato in precedenza: la presunzione propria resta fenomeno processuale, ed il fatto indiziante non entra nella fattispecie sostanziale; però essa, in un gioco inestricabile di specchi, viene distorta dal modificarsi della regola di giudizio. E tale distorsione non può non soggiacere alla disciplina degli artt. 2 c.p. e 25 secondo comma Cost.129.

9. Considerazioni conclusive in tema di presunzioni legali relative. – Giunti a

Nel documento Le presunzioni nel diritto penale (pagine 77-85)

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