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Capitolo III La Sanità privata

3.2 In particolare: l’attività intramoenia

Il rapporto dualistico pubblico/privato non esenta maggiormente l’attività del personale medico-specialistico. La figura del medico è possibile ricondurla a due ruoli specifici: colui che svolge la sua professione esclusivamente in ambito privatistico e quello che svolge la propria attività come personale dipendente di un’Azienda Sanitaria. In riferimento alla prima figura, con i medici di medicina generale o specialistica, oltre allo svolgimento della propria individuale professione, le Asl possono instaurare rapporti convenzionali; tutto ciò è teso ad avvalersi di prestazioni diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per il paziente, nonché di prestazioni di diagnostica strumentale non complementare all’attività clinica con refertazione per terzi. La Regione, conseguentemente, appone un budget di spesa per quest’ultime. In merito, è da sottolineare che la giurisprudenza consolidata ritiene che tali accordi convenzionali esulino dall’ambito di applicazione della disciplina109 che regola il pubblico impiego dato il difetto del

108 Cassese, Diritto amministrativo speciale, Trattato di diritto amministrativo, La Sanità, ed. Giuffrè, Milano, 2000, Tomo I.

109 Cass. sez. un., 24 febbraio 1982, n.1152, in Giur.it, 1983, I, c.134, con nt. di P. Sandulli, Medici convenzionati e lavoro parasubordinato, in Trattato di diritto privato, XV, Impresa e lavoro, a cura di R. Rescigno, Utet, Torino.

presupposto della subordinazione di cui all’art. 409, n. 3 c.p.c.. Le suddette convenzioni vengono stipulate tra i sindacati di settore e una delegazione rappresentante la controparte “pubblica”, individuata dalla struttura tecnica interregionale per la disciplina dei rapporti con il personale convenzionato con il Ssn. Tale organo è composto da rappresentanti regionali nominati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e con i rappresentanti del Ministero della Salute, del Ministero dell’Economia e delle Finanze ed infine del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali110.

Il termine degli accordi convenzionali è sottoscritto nella durata di tre anni, durante i quali la Regione, o eventualmente in determinati casi la stessa Asl, attua un controllo circa il possesso di requisiti minimi di garanzia della qualità e della sicurezza dello svolgimento delle prestazioni sanitarie. Suddetto controllo è successivo al possesso dei requisiti iniziali per l ‘autorizzazione a poter esercitare attività in campo sanitario; anche in questo contesto troviamo l’operato dei Dipartimenti di Prevenzione delle Asl che monitorano e attuano una valutazione circa i requisiti richiesti.

Per quanto riguarda la seconda figura, essa è riconducibile al fenomeno dell’”intramoenia”. Tale modello si contestualizza nel

110 Gli accordi sono previsti dal d.p.r. 28 luglio 2000 n. 270 per i medici di medicina generale e dal d.p.r. 28 luglio 2000 n. 272 per i pediatri; la disciplina è poi confluita nella l. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 52, comma 27, Cassese, Diritto amministrativo speciale, Trattato di diritto amministrativo, La Sanità, ed. Giuffrè, Milano, 2000, Tomo I.

rilascio, da parte delle Asl, della facoltà di erogare prestazioni al di fuori del normale orario di lavoro da parte dei medici dipendenti dell’azienda sanitaria, i quali utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’azienda stessa, in regime di libera professione111, a fronte del

pagamento da parte del paziente di una tariffa.

Tale schema delineato trova una sua realizzazione anche sotto un profilo esterno; gli stessi medici dipendenti hanno la facoltà di esercitare la libera professione anche in strutture private e di personale proprietà. In quest’ultimo caso si parlerà di regime di extramoenia.

Nel corso degli ultimi anni il legislatore è intervenuto più volte a disciplinare l‘attività di libero professionista dei medici dipendenti del Ssn, venendo progressivamente a ridimensionare il tradizionale schema lavorativo previsto112; quest’ultimi beneficiavano infatti di una

disciplina molto distante da quella caratterizzata dal rispetto al generale obbligo di esclusività del rapporto di pubblico impiego113.

La possibilità di esercitare la libera professione nelle case di cura private risale alla promulgazione della legge 12 febbraio 1968, n. 132;

111 Si considera libero professionista è colui che avendo ottenuto l’iscrizione all’albo professionale, condizione per il legittimo esercizio della professione, fornisce a terzi in regime di autonomia e a proprio rischio e servendosi di una sua personale organizzazione di lavoro prestazione d’opera intellettuale, servendosi di una sua personale organizzazione di lavoro, V.C. Lega, Le libere professioni intellettuali nelle leggi e nella giurisprudenza, Milano, 1974, pag. 97.

112 Attraverso il D.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 2 si riconduce il rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni a schemi lavoristici privatistici; tutto ciò ritrova conferma nei successivi D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e D.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.

113 In rif. alla regola dell’unicità del rapporto di lavoro con il Ssn in base a l. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, comma 7.

successivamente con la promulgazione del d.p.r. 20 dicembre 1979, n. 761, nel definire i compiti del medico dipendente dell’unità sanitaria locale114, gli venne riconosciuta la facoltà di esercitare attività di libero

professionista al di fuori delle suddette strutture delle Usl. Il medico così facendo avrebbe avuto la possibilità di creare un autonomo centro d’interessi alternativo alla struttura pubblica115; questa però non doveva

presentarsi in contrasto con gli interessi e i fini istituzionali delle Usl116,

nonché essere inconciliabile con gli orari di lavoro. Da sottolineare che lo svolgimento di tale attività rimane sempre subordinata alle preminenti esigenze organizzative e funzionali della struttura ospedaliera. La disciplina, estesa e meglio cristallizzata con la legge di riforma del sistema sanitario del 1992, subisce mutevoli riforme d’incentivazione dell’attività intramuraria dei medici, stabilendo in particolare con la l. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 4, comma 3 che entro i successivi due anni fosse operata una trattenuta del quindici per cento sull’indennità a tempo pieno117 con l’obbiettivo di incrementare gli spazi interni per

l’esercizio dell’attività libero professionale. La ratio della previsione di un tale schema di gestione riservato ai medici potremmo dire essere

114 In rif. al d.p.r. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 35.

115 Anna Maria Princigalli, La libera professione di medici ospedalieri, Resp. Civ. e prev., fasc. 2, 2003, pag. 532.

116 Il legislatore, nel corso del tempo, è andato ad estendere al rapporto di lavoro dei medici dipendenti del Ssn l’obbligo privatistico di fedeltà ai sensi dell’art. 2105 c.c., sancendo il divieto di svolgere attività affliggenti con gli interessi dell’ente di appartenenza.

multifattoriale. Le Asl concedendo la facoltà di esercizio della professione medica in un regime ampio di libertà ottiene due vantaggi: la facoltà di avvalersi all’interno delle proprie strutture sanitarie di professionisti anche molto qualificati e di ampia specializzazione, e attuare uno stabile modello che gli permetta di ridurre le lunghe liste di attesa per i pazienti. È altrettanto vero che quest’ultimi, oltre a trovare giovamento da una più celere assistenza, possiedono la facoltà di scelta dello specialista in cui ripongono maggiore fiducia. Inoltre, su un piano più tecnico, tale meccanismo permette di istaurare un ulteriore fonte di sostentamento per le stesse Aziende sanitarie; queste infatti percepiscono una quota, precedentemente concordata, sulle tariffe che i pazienti pagano ai medici. Si pensi che dopo l’istituzione dei cosiddetti “tickets”, la compartecipazione alle prestazioni elargite in ambito dell’intramoenia rappresenta il secondo più importante fonte di reddito nel quadro dell’autosostentamento delle Aziende Sanitarie Locali.

Focalizzando lo sguardo da un'altra prospettiva, è possibile ravvisare anche un interesse da parte dei medici stessi ad intraprendere un rapporto che configuri un tale regime d’impiego; questi infatti sono agevolati dal poter svolgere la propria attività avvalendosi di strutture fornite dalle aziende sanitarie stesse, ottenendo un notevole risparmio nell’ottica di un dispendio di energie nell’allestire un’attività dal principio. Nel corso degli anni novanta venne introdotto una nuova regolamentazione con la l. 23 dicembre 1996, n. 662, dove si prevede inoltre una nuova distinzione tra la professione intramuraria ed extra-

muraria, affermando espressamente l’incompatibilità tra le due modalità di svolgimento, in relazione al principio previsto per l’attività libero professionali in rapporto al lavoro intrapreso alle dipendenze del Ssn118.

Successivamente la suddetta regolamentazione, considerata insufficiente e lontana dall’essere definitiva, fu nuovamente riformata119. Su tutta la disciplina è intervenuto il “decreto Bindi”, che

attraverso l’art. 13, in modifica dell’art. 15 quarter, quinquies e sexies del D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, ha conferito un definitivo punto di approdo nell’affermazione della regola della esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti assunti dopo il 1998; al fine di rafforzarne il vincolo gravante sui medici che hanno optato per la libera professione intramuraria è stato espressamente previsto che nei loro confronti operi il divieto di esercitare alcuna altra attività sanitaria resa a titolo non gratuito ad eccezione di quelle svolte in nome e per conto dell’Azienda Sanitaria di appartenenza. La violazione degli obblighi connessi al carattere esclusivo delle prestazioni comporta l’insorgenza di un conflitto di interessi o di situazioni che comunque implicano forme di concorrenza sleale, che comportano la risoluzione del contratto di lavoro e la restituzione dei proventi120. Inoltre si registi un rinvio della

118 In rif. a l. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, comma 7.

119 In evidenza che la l. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 72, comma 16 ha proceduta ad abrogare la l. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 7 dove si dispone l’assimilazione ai fini fiscali dell’attività libero professionale al rapporto di lavoro dipendente.

120 Il quantum dei proventi da restituire oscilla da un minimo di un’annualità di servizio ad un massimo di cinque annualità di servizio.

normativa all’emanazione di un regolamento che si preoccupi di disciplinare le modalità di attuazione del rapporto d’impiego, onde evitare possibili conflitti d’interessi. In relazione di tutto ciò, viene sancito che l’eventuale inadempimento dell’Azienda Sanitaria che non provveda a disporre le necessarie strutture interne è fonte di responsabilità contrattuale121e di conseguente obbligazione risarcitoria.

Il rapporto con l’Azienda non manca di fornire una disciplina neanche nell’ipotesi di esercizio straordinario dell’attività libero professionale intramuraria in sedi private; emerge in questa sede altrettanto chiaramente l’obbligo legale delle suddette Aziende di rendere accessibile e istituire controlli all’accesso a tale regime d’impiego122.

Attraverso il D.lgs. 28 luglio 2000, n. 254, art. 4 si è provveduto ad inserire delle disposizioni integrative al “Decreto Bindi”, volte a disciplinare invece il rapporto che intercorre tra il paziente e l’Azienda che si avvale dell’operato del dirigente in regime intramurario; si instaura infatti tra i due un rapporto per niente diverso da quello di una struttura privata, nonostante quest’ultima sia pubblica123.

Il suddetto rapporto non subisce deroghe sia che l’attività richiesta al medico avvenga in regime di ricovero o attraverso atti di

121 La responsabilità dell’Azienda, gestore di pubblico servizio sanitario, o della casa di cura privata è da ricondurre alle obbligazioni assunte con il contratto, fatta salva l’applicazione della responsabilità derivante da prestazioni d’opera intellettuale e le disposizioni generali in termini di inadempimento ai sensi dell’art. 1218 c.c. 122 In rif. a l. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 72.

123 Dottrina, Anna Maria Princigalli, Resp. Civ. e prev., La libera professione dei medici ospedalieri, fasc. 2, 2003, pag. 532.

natura ambulatoriale di diagnostica strumentale, sia all’interno di studi privati convenzionati. Trova sostegno alla figura del paziente la permanenza della garanzia di gratuità delle prestazioni sanitarie, all’interno di tale regime intramurario, che trovano corrispondenza con i livelli essenziali di assistenza prestabiliti; in merito invece alle prestazioni che prevedono una tariffa di pagamento, queste verranno semplicemente riscosse dal medico medesimo.