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Interventi in materia di anticorruzione e trasparenza

Nel documento Relazione annuale 2015 (pagine 64-68)

L’indagine sull’attuazione della l. 69/2015

Il Presidente dell’Autorità ha formulato una serie di considerazioni nel corso dell’audizione del 6 maggio 2015 innanzi alla Commissione 2a Giustizia del Senato, con specifico riferimento ai poteri dell’ANAC contenuti nel testo concernente l’esame di varie proposte di legge in materia di delitti contro la PA, associazioni di tipo mafioso e falso, confluiti poi nella nota l. 69/2015.

Nel corso dell’audizione è stato segnalato l’apprezzamento per una serie di disposizioni, successivamente confermate nel testo finale della l. 69/2015, che consentono all’Autorità di rafforzare le attività di vigilanza ad essa affidate dal legislatore. Il riferimento è, in particolare, alla possibilità ricevere notizie circa l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero (art. 7), di acquisire elementi rilevanti da parte del giudice amministrativo nell’ambito delle valutazione delle controversie di competenza (art. 8) e all’estensione (ad opera dell’introduzione della lett. f-bis), del co. 2, dell’art. 1 della l. 190/2012) delle attività di vigilanza ai contratti di cui agli artt. 17 e ss. del Codice, tra i quali sono ricompresi, ad esempio, i contratti segretati.

Altro punto segnalato nel corso dell’audizione attiene alla difficoltà riscontrata da molte PA di adempiere agli obblighi di pubblicità e trasparenza imposti dal decreto 33, dovute, in particolare, all’assenza di un periodo di adeguamento ai numerosi adempimenti imposti dalla normativa.

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L’indagine sulla disciplina delle incompatibilità degli incarichi

Si ricordano, inoltre, alcuni punti affrontati nell’audizione dell’11 marzo 2015, presso le Commissioni riunite della Camera I e XII - Affari costituzionali della Presidenza del Consiglio e degli interni e Commissione affari sociali, concernenti la disciplina delle incompatibilità degli incarichi con particolare riferimento al mandato parlamentare ed alle cariche ricoperte presso gli ordini professionali. In tale sede, con specifico riferimento al mandato di parlamentare, il Presidente dell’Autorità ha osservato che, pur sussistendo un’ambiguità normativa, l’incompatibilità sussiste con riguardo agli organi di vertice degli enti pubblici e non anche verso i consiglieri degli ordini professionali.

Il Presidente ha anche chiarito gli ambiti di competenza dell’Autorità in materia di inconferibilità e incompatibilità, evidenziando che la valutazione delle incompatibilità degli enti pubblici spetta al RPC, mentre l’attività di vigilanza è affidata all’Autorità, che non ha però poteri di accertamento e contestazione delle cause di incompatibilità per i parlamentari (tali poteri sono riservati, infatti, dalla Cost. alla Camera di appartenenza del parlamentare interessato).

Altro punto affrontato nella citata audizione riguarda la normativa sull’inconferibilità degli incarichi per la quale l’ANAC ha chiesto un intervento, come testimoniano anche diversi atti di segnalazione al Governo e al Parlamento sulla disciplina del decreto 39 illustrati nel paragrafo precedente. Come noto, tra gli aspetti più critici della norma figurano la definizione degli incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico, che fa riferimento agli incarichi di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, dalla quale deriva la difficoltà di valutare l’eventuale attività di delega gestionale diretta del presidente alla luce dei regolamenti e degli statuti dell’ente e dei poteri in concreto esercitati.

L’indagine conoscitiva nell’ambito dell’esame della proposta di legge per la protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell’interesse pubblico

Nel corso dell’audizione del 23 settembre 2015 innanzi alle Commissioni riunite Giustizia (II) e Lavoro pubblico e privato (XI) della Camera dei deputati il Presidente dell’Autorità ha segnalato in via preliminare che lo sviluppo dell’istituto del whistleblowing riveste un ruolo fondamentale nel contrasto alla corruzione poiché è uno strumento per acquisire notizie rilevanti su possibili illeciti commessi nello svolgimento del rapporto di lavoro, oltre ad essere una leva educativa e per il superamento dell’omertà.

Nel suo intervento il Presidente ha anche evidenziato il dato positivo relativo alla crescita delle segnalazioni, sottolineando, al contempo, che i contenuti delle stesse risultano molto spesso di scarsa utilità. Peraltro, sulla materia l’Autorità è intervenuta mediante apposite linee

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guida nelle quali si è anche rilevata la necessità di un intervento legislativo volto a superare alcune problematiche connesse all’applicazione dell’istituto.

Nel merito, sono state formulate diverse considerazioni sul testo oggetto di audizione.

In primo luogo, è stata manifestata l’esigenza di estendere la disciplina dell’art. 54-bis anche al settore privato e di chiarire che la stessa si applica anche alle società pubbliche, dal momento che, oggi, la normativa è prevista per il solo settore pubblico.

Sussistono poi nella normativa delle carenze attinenti alle tutele per le quali è stato richiesto un intervento correttivo. In particolare, il riferimento all’art. 2043 del Codice Civile contenuto nella norma può essere inteso quale disincentivo alla denuncia perché, come è noto, la norma civilistica punisce un’ipotesi di responsabilità civile anche per colpa; il whistleblower negligente dovrebbe, pertanto, rispondere con un risarcimento danni anche nel caso in cui non sia dedito a un’attività calunniosa. Risulta carente anche il meccanismo che riguarda l’adozione di misure discriminatorie segnalate al Dipartimento della funzione pubblica (DFP), in quanto nella norma non si ravvede una vera e propria tutela contro le discriminazioni.

Un’altra problematica muove dalla constatazione che difficilmente il whistleblower si limita a segnalare illeciti di natura amministrativa come la mancata adozione del PTPC da parte di una PA e, piuttosto, segnala quasi sempre anche fatti di rilevanza penale, per i quali tuttavia la riservatezza non è assolutamente prevista. In tal modo viene a crearsi una situazione paradossale per la quale colui che denuncia illeciti amministrativi può contare su una chiara tutela, che invece non è prevista per chi denuncia illeciti penali. Un’indicazione emersa è quella di mantenere, soprattutto nella fase delle indagini, la maggiore riservatezza possibile, svelando quindi solo al dibattimento il nominativo del denunciante.

Ulteriori profili affrontati nel corso dell’audizione attengono ai dubbi circa la possibilità di prevedere dei premi economici per chi denuncia, anche in considerazione del fatto che i dipendenti pubblici sono pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio e quindi hanno l’obbligo di denunciare illeciti penali. Il Presidente dell’Autorità ha suggerito, invece, di optare per una serie di incentivi indiretti, quali il diritto al risarcimento delle spese legali per il soggetto che sia stato ingiustamente discriminato in ragione di comportamenti virtuosi, e ha rappresentato la necessità di un raccordo con le disposizioni della legge 190 nel caso in cui si individui l’ANAC quale soggetto deputato a trattare le segnalazioni provenienti dal settore privato.

2.1.3 I protocolli di intesa

L’attività di interlocuzione dell’Autorità ha subito nel 2015 un forte impulso, oltre che per effetto del suo contributo alla qualità della legislazione come sopra descritto, per la definizione di molteplici accordi di collaborazione e protocolli promossi nel tentativo di potenziare le “logiche di sistema” nella prevenzione e nel contrasto alla corruzione.

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Al mese di maggio 2016 si contano circa 150 tra protocolli di intesa, accordi di collaborazione e tavoli tecnici tra vari organismi e istituzioni e l’Autorità. Tali collaborazioni sono volte a valorizzare le relazioni che permettono all’ANAC di perseguire la propria missione istituzionale di prevenzione della corruzione e di diffusione della cultura della legalità. Dalla trattazione fatta all’interno del presente paragrafo esulano peraltro i protocolli di azione in materia di vigilanza collaborativa, stipulati per finalità di controllo preventivo e volontario sugli atti di gara, dei quali si parlerà diffusamente nel par. 7.1 nonché i protocolli e i memorandum internazionali che verranno trattati più diffusamente nel par. 2.2.

Soltanto dall’inizio del 2015 e sino al mese di maggio 2016, sono stati stipulati quasi 60 protocolli d’intesa, nell’ambito dei quali è possibile enucleare, sostanzialmente, tre aree di intervento principali sulle quali l’Autorità ha particolarmente puntato. La prima è quella della vigilanza collaborativa, per cui si rimanda, come si è già detto, al par. 7.1. La seconda è quella della collaborazione con alte istituzioni dello Stato. Il riferimento è ai protocolli stipulati con la GdF, con il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con l’AGCM per il rilascio del rating di legalità, con gli Uffici di Procura, oltre a quelli in via di condivisione con la Polizia di Stato e il Tribunale delle Imprese di Roma.

Il comune denominatore degli accordi rientranti in questa seconda area è la volontà dell’Autorità di strutturare una forte collaborazione con le predette istituzioni al fine di massimizzare l’efficacia complessiva delle misure volte alla prevenzione della corruzione nella PA e alla trasparenza dell’azione amministrativa, nonché degli accertamenti di vigilanza e ispettivi in materia di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici.

Nella terza area rientra la collaborazione con istituzioni pubbliche e private per quella che l’Autorità considera uno dei suoi obiettivi più importanti: la diffusione della cultura della legalità e della corresponsabilità nell’agire pubblico e nella società civile. In tale ambito si devono ricordare gli importantissimi sviluppi della Carta d’intenti siglata, nel febbraio del 2015, con il Ministero dell’università, dell’istruzione e della ricerca (MIUR), la Direzione Nazionale Antimafia (DNA) e l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM).

In secondo luogo, si ricordano l’accordo-quadro siglato con la SNA per l’avvio di percorsi di alta formazione nella materia dei contratti pubblici, al quale si è affiancata l’attuazione dell’accordo già siglato nel 2014 con la stessa SNA in tema di formazione nella materia dell’anticorruzione; gli accordi con importanti università italiane per lo svolgimento di attività formativa, progetti di studio, di ricerca, organizzazione di master universitari; gli accordi con riconosciute associazioni private quali Libera-Associazioni, Nomi e Numeri Contro le Mafie e Transparency International (TI); l’accordo con la Scuola di formazione professionale per l’Ingegneria e con l’ISTAT.

Nell’ambito degli accordi siglati dall’ANAC, in aggiunta a quelli di seguito descritti, si rimanda al par. 6.1 per una breve trattazione dei protocolli finalizzati allo scambio di dati, stipulati con la Ragioneria generale dello Stato (RGS) e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica (DIPE).

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