Nel 2015 il Presidente dell’Autorità è intervenuto in più occasioni per formulare osservazioni sul disegno di legge AS n. 1678 del 2014 di recepimento delle direttive comunitarie. Si segnalano, nello specifico, l’audizione informale dell’8 gennaio 2015 dinnanzi alla VIII Commissione Permanente (Ambiente, Territorio e Lavori pubblici) della Camera e l’audizione formale del 18 febbraio 2015 presso l’8a Commissione Lavori pubblici, Comunicazioni del Senato della Repubblica. Con riferimento a quest’ultima, l’attenzione è stata posta sull’esigenza, accolta dal legislatore prima nella Legge delega e successivamente nel Nuovo Codice di sviluppare una normativa snella e flessibile, affidando all’ANAC l’adozione di regole di secondo livello, cioè misure di soft law o soft regulation, quali bandi-tipo, atti interpretativi e linee guida, anche con valore cogente, e rafforzando al contempo l’attività di precontenzioso. Un altro punto rilevate evidenziato nella stessa audizione riguarda la previsione, anch’essa accolta sia nella Legge delega che nel Nuovo Codice, inserita anche sulla spinta del legislatore comunitario, di favorire l’utilizzo dei c.d. “criteri reputazionali” nell’affidamento dei contratti pubblici, ovvero di indicatori del comportamento delle imprese finalizzati a stimolare gli OE a garantire elevati livelli di perfomance nell’esecuzione delle commesse pubbliche.
Audizione sullo schema di decreto per l’attuazione delle direttive europee sugli appalti pubblici
Il 17 marzo 2016 si è svolta un’importante audizione del Presidente dell’Autorità innanzi le Commissioni riunite Ambiente (VIII) della Camera e Lavori pubblici, Comunicazioni (8a) del Senato sullo schema di decreto per l’attuazione delle direttive europee sugli appalti pubblici.
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Nel corso dell’intervento, il Presidente ha espresso un giudizio positivo sul provvedimento, definendolo «una “piccola rivoluzione copernicana”» nella materia degli appalti in Italia, riconoscendo anche il merito della sua stesura in tempi brevissimi.
Sotto un profilo generale, sono state sottolineate le caratteristiche di “agilità” e snellezza dell’articolato, passato dai 616 articoli fra Codice e Regolamento a soli 219, di innovatività e maggiore discrezionalità conferita alla PA, conseguita anche grazie agli input provenienti dalle direttive comunitarie, e di semplificazione delle procedure, evidenziando che tali elementi sono accompagnati da livelli ancora più elevati di trasparenza e da un rafforzamento dei poteri di vigilanza e controllo attribuiti soprattutto all’ANAC. Sempre sul profilo generale, sono stati valutati positivamente l’introduzione di nuovi istituti quali il partenariato per l’innovazione e il dibattito pubblico, l’abbandono del criterio del massimo ribasso, la riduzione delle SA e la qualificazione delle medesime.
In tale quadro è stato dato risalto alla scelta di ampliare considerevolmente la regolazione di livello secondario, riconoscendo all’ANAC un ruolo centrale per l’attuazione del Nuovo Codice. Al riguardo, ferma restando l’intenzione dell’Autorità di adottare i provvedimenti di competenza in tempi brevi, è stato richiesto alle Commissioni di segnalare al Governo l’opportunità di prevedere una norma transitoria che consenta di mantenere in vigore per un brevissimo periodo il Regolamento, anche per consentire che le linee guida siano precedute da un’adeguata consultazione pubblica.
Oltre agli aspetti positivi dell’impianto normativo, l’audizione è stata l’occasione per segnalare alle Commissioni una serie di criticità e di possibili interventi correttivi su punti specifici. È stato evidenziato che nei motivi di esclusione di cui all’art. 80 non è contemplata la disciplina antimafia come requisito di accesso alla gara. Al riguardo, è stato anche suggerito di coordinare opportunamente la norma con quanto previsto al co. 12 dello stesso art. 80 in tema di false dichiarazioni/documentazioni in gara e annotazioni nel Casellario informatico delle imprese.
La previsione del soccorso istruttorio “oneroso” è sembrata in contrato con la direttive europee e con la Legge delega, che alla lett. z), prevede la riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei partecipanti, «[…] con attribuzione a questi ultimi della piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda […]».
Altra criticità segnalata ha riguardato i criteri reputazionali e il rating di legalità che, ad una prima lettura delle norme, sembravano generare possibili sovrapposizioni e difficoltà applicative. Nelle disposizioni figuravano, infatti, tre meccanismi: la realizzazione del sistema di premi/penali affidata all’ANAC (art. 83, co. 10), il sistema reputazionale attestato dalle SOA (art. 84, co. 4, lett. b)) ma basato sulle linee guida ANAC e il rating di legalità rilasciato dall’AGCM in collaborazione con l’ANAC (art. 213, co. 7).
Criticità sono state poi sollevate in merito alla nuova disciplina del subappalto contenuta nell’art. 105. Oltre a segnalare la scarsa chiarezza della disposizione, sotto un profilo
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sostanziale è stata evidenziata la problematica connessa alla fissazione del limite del 30% del ricorso al subappalto solo per le categorie c.d. “superspecialistiche” e non anche per la categoria prevalente, come previsto, invece, nella disciplina del Codice. La scelta del ricorso all’istituto del subappalto veniva quindi rimessa alla valutazione discrezionale della SA, consentendo un eccessivo ampliamento dell’istituto che è sembrato non in linea con le indicazioni della Legge delega.
Osservazioni sono state formulate anche con riferimento ai poteri dell’ANAC stabiliti dall’art. 213 e, in particolare, si è segnalata l’opportunità di prevedere: i) almeno una parziale vincolatività degli atti dell’Autorità quali bandi-tipo, linee guida, capitolati e contratti tipo; ii) il versamento all’Autorità delle somme derivanti da tutte le sanzioni da essa comminate; iii) l’attribuzione del compito di elaborare i prezzi di riferimento all’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Tra le altre numerose e rilevanti osservazioni si annoverano, infine, quella sulla definizione di partenariato pubblico-privato (PPP) contenuta nell’art. 3 - che contemplava le sole c.d. “opere fredde” e non era perfettamente coincidente con quella più precisa e completa di cui all’art. 180 - e la formulazione della norma di cui all’art. 50 sulla c.d. “clausola sociale” che lasciava alle SA un’ampia discrezionalità se inserire tali clausole o meno e non sembra dare quindi piena attuazione alle indicazioni di tutela occupazionale contenute nella Legge delega.
Come ampiamente riportato nel par. 1.1.1, molte delle osservazioni formulate dal Presidente dell’Autorità sono state recepite nel testo entrato in vigore il 19 aprile 2016.
Indagine conoscitiva sulla sostenibilità servizio sanitario nazionale
Nel corso dell’audizione presso la Commissione 12a Igiene e sanità del Senato della Repubblica, tenutasi il 3 marzo 2016, il Presidente dell’Autorità ha evidenziato la stretta connessione fra i temi dell’indagine conoscitiva e i fenomeni corruttivi, segnalando come la presenza di rilevanti investimenti pubblici nel settore sanitario attiri le logiche affaristiche e gli interessi della criminalità organizzata, soprattutto nel Mezzogiorno.
Nell’audizione è stato preliminarmente illustrato il quadro normativo di riferimento in materia di prevenzione della corruzione come definito dalla legge 190, che obbliga le PA a dotarsi di Piani triennali in linea con i contenuti del PNA, ed è stata richiamata l’importanza della collaborazione fra l’Autorità e l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) attivata al fine di elaborare apposite linee guida per le aziende sanitarie locali (ASL) e le aziende ospedaliere (AO).
Sono state, inoltre, evidenziate le iniziative di “commissariamento” di quelle realtà oggetto di accertati fenomeni di corruzione, sottolineando che lo strumento ha consentito di intervenire su singoli appalti, individuando illeciti e perseguendo responsabilità, ma garantendo al contempo la continuità nell’erogazione dei servizi ai cittadini.
Sottoponendo all’attenzione della Commissione la problematica dei costi connessi all’acquisizione dei beni e servizi nel settore sanitario, sono state rappresentate le sensibili
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differenze di costo riscontrate a livello territoriale con riferimento allo stesso bene/servizio, richiamando la necessità di elaborare dei prezzi di riferimento in grado di produrre risparmi su singole tipologie di beni e di servizi e di perseguire il più generale obiettivo di moralizzazione del sistema. In tema di prezzi di riferimento, è stato anche segnalato come nei settori dove è necessaria una personalizzazione delle terapie, un’eccessiva standardizzazione dei costi e dei prezzi possa produrre una minore efficienza dei servizi erogati, esprimendo in tal senso delle riserve sul sistema dei c.d. “percentili”.
Si è poi concordato sulla necessità di apportare alcune semplificazioni per superare talune rigidità presenti nel PNA, segnalando che l’ANAC si è già impegnata nella formazione dei RPC e nel perseguimento di una politica di condivisione e partecipazione nella programmazione anticorruzione, soprattutto nei confronti degli enti locali territoriali.
Nel condividere le valutazioni circa la diffusione del fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore delle farmacie, soprattutto nel Mezzogiorno, si sono sottolineati i rischi dell’apertura del settore a capitali di origine malavitosa connessi a una liberalizzazione senza regole. Altra osservazione ha riguardato la necessità di una riforma del settore delle attività funerarie, al fine di imporre regole precise alla luce dell’accertata infiltrazione della criminalità organizzata anche in tale ambito. Al riguardo, è stata suggerita l’opportunità che le imprese “regolari” possano essere iscritte in particolari liste dedicate (“white list”), richiamando l’opportunità della revoca delle autorizzazioni amministrative per gli operatori colpiti da misure antimafia di tipo interdittivo.
L’audizione sul sistema di identificazione e accoglienza dei migranti
Il 10 novembre 2015 si è svolta presso la Camera dei Deputati l’audizione del Presidente dell’Autorità sulle tematiche concernenti le verifiche di competenza dell’ANAC sulle procedure adottate per l’affidamento della gestione dei centri in cui si articola il sistema di accoglienza dei migranti, nonché sull’esito dei controlli condotti in tale ambito.
Nel corso dell’audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di identificazione e accoglienza dei migranti, il Presidente ha fornito elementi sulla vicenda relativa al commissariamento del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di Mineo, sull’ispezione condotta presso il CARA di Castelnuovo di Porto nonché sulle criticità riscontrate con riferimento agli appalti sul sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) e sui centri di accoglienza straordinaria (CAS), accennando anche al caso della cooperativa “Camelot”. Il Presidente è intervenuto, infine, sul nuovo schema di bando per l’affidamento della gestione dei centri per richiedenti asilo operanti sul territorio nazionale in via di predisposizione con il Ministero dell’interno.
Proprio con riferimento a quest’ultimo punto ha espresso l’auspicio che il bando-tipo venga definitivamente approvato entro la fine dell’anno perché «rappresenta uno strumento di moralizzazione fondamentale» e rappresenta altresì l’occasione per individuare con precisione il ruolo delle SA. Uno dei maggiori elementi di criticità - che risulta evidente da una analisi
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delle vicende relative al sistema di accoglienza dei migranti - risulta essere proprio l’assenza di omogeneità sul territorio nazionale nell’individuazione delle SA, dai CAS agli SPRAR fino ai centri di identificazione ed espulsione (CIE). Com’è noto, in qualche caso se ne occupano gli enti locali, in altri - come per esempio la Regione Campania - il soggetto attuatore è la regione stessa, mentre in Sicilia è stato creato un consorzio ad hoc, il consorzio Calatino, titolare della gestione del CARA di Mineo.
L’individuazione delle SA dovrà essere uno degli strumenti che nel prossimo futuro permetterà di evitare accadimenti come quelli oggetto di analisi. Si è ipotizzato di attribuire alle prefetture il compito di gestire gli appalti in modo da consentire una gestione comune e unitaria sul piano nazionale ma anche sul piano provinciale e territoriale. A riguardo il Presidente dell’Autorità ha chiarito che appare opportuno che gli SPRAR restino agli enti locali, individuando però, anche in questo caso, criteri chiari su chi debba fungere da soggetto attuatore. Ha altresì espresso il proprio favore con riferimento all’ipotesi che i bandi-tipo siano diversi per i CAS, i CARA e gli SPRAR, non ravvisando alcuna criticità nel prevedere che gli stessi riguardino anche gli SPRAR. In tale contesto, si inserisce la necessità di adottare il nuovo bando-tipo, redatto dal Ministero dell’interno, e di definire le linee guida dell’ANAC contenenti indicazioni precise su chi deve affidare gli appalti, evitando l’utilizzo di criteri diversi a seconda delle realtà territoriali.
Con riferimento al CARA di Mineo il Presidente ha ricostruito le pregresse vicende che hanno caratterizzato l’appalto, rappresentando che l’ex AVCP aveva espresso nel 2012 un parere e che anche il Ministero dell’interno si era pronunciato sulla questione.
Con il nuovo parere espresso dall’ANAC più di recente si individuava un presupposto di illegittimità del bando, che tuttavia il consorzio Calatino non ha ritenuto di revocare, giustificando la sua decisione con il rinvio al parere rilasciato da uno degli uffici del Ministero dell’interno, successivamente in parte modificato.
A seguito degli arresti, è stato chiesto di intervenire ai sensi dell’art. 32 del d.l. 90/2014, commissariando l’appalto del CARA di Mineo nella parte in cui riguardava i soli servizi affidati al consorzio “La Cascina”, per i quali erano emersi fatti di rilevanza penale.
Con riferimento alla vicenda di Castelnuovo di Porto il Presidente ha riferito che, a seguito di segnalazioni circa presunte irregolarità, è stata disposta una verifica ispettiva con il coinvolgimento del Nucleo anticorruzione della Guardia di finanza (GdF).
L’ispezione ha evidenziato irregolarità che possono essere considerate tipiche di queste strutture, quali ad esempio la difficoltà di effettuare controlli puntuali sulle effettive presenze nonché la carenza di adeguate misure igieniche. Non sono emerse tuttavia notizie di reato. Il Presidente si è soffermato anche sulla vicenda dell’Organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) “Un’ala di riserva”, chiarendo che l’indagine è stata compiuta dalla procura di Napoli e che di fatto riguardava l’affidamento dell’appalto alla predetta ONLUS, che era stata creata ad hoc.
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A seguito della descritta vicenda, si è ritenuto di avviare un’ispezione su tutti gli appalti che presentavano situazioni analoghe, affidati a ONLUS della Regione Campania e gestite in base alla delega del Ministero dell’interno come soggetto attuatore. Gli esiti dell’ispezione svolta dal Nucleo anticorruzione non erano disponibili al momento dell’audizione.
Il Presidente è intervenuto anche sulla vicenda della cooperativa “Camelot” rappresentando che l’ANAC ha ricevuto un esposto nel quale veniva denunciato che uno degli appalti per uno SPRAR del Comune di Ferrara era stato affidato alla medesima cooperativa senza una gara vera e propria, ed era gestito dallo stesso Comune. Tempestivamente si è provveduto a darne segnalazione al Comune di Ferrara che ha revocato l’affidamento ed ha effettuato la gara, all’esito della quale, la cooperativa sarebbe risultata vincitrice.
Il Presidente ha poi posto l’accento su uno dei punti di criticità del sistema, ovvero sostituire un centro di accoglienza e consentire l’avvicendamento del gestore che ne è titolare, scongiurando la creazione di meccanismi basati sulla logica della continuità dell’assistenza che rischiano di creare situazioni di monopolio da parte di chi ha ottenuto per la prima volta l’appalto. Per impedire l’insorgere di tali meccanismi si è ipotizzato di prevedere l’utilizzo di strutture pubbliche, evitando di concepire l’appalto in modo da ritenere che il soggetto che se ne occupa sia anche il titolare del centro di accoglienza.