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Non è facile dare una definizione organica di ecomuseo, ma occorre considerare che, fin dalla sua ideazione, è stato pensato come un concetto necessariamente destinato ad evolversi: gli aspetti che lo compongono - museo, territorio e comunità - infatti sono cambiati e tuttora possono modificarsi rispetto al passato.

Una prospettiva storica può essere utile, anche in questo caso, per analizzare le premesse della nascita del concetto di ecomuseo e le evoluzioni subite nel tempo o che, potenzialmente, ancora potrebbe subire. Con l’avvento dell’industrializzazione alla fine del XIX secolo nacque l’esigenza di mettere in mostra le varietà, le specialità e le diversità nazionali, nelle occasioni date dalle esposizioni nazionali o universali. L’esempio più famoso è il padiglione di Hazelius238 nell’Esposizione del 1878, che

diventerà poi parte di uno dei primi esempi di museo all’aperto, nato per riprodurre lo stile di vita rurale tipica della zona. Altra tipologia fu l’Heimatmuseum (museo della “piccola patria”): molto diffuso soprattutto nel periodo tra le due guerre, si voleva valorizzare un’attività, una storia o un personaggio famoso di un luogo lasciando alla comunità locale un ruolo più centrale e dinamico rispetto ad altri musei. Queste realtà divennero tuttavia presto oggetto di strumentalizzazione da parte del nazismo, che ne diede risalto in chiave nazionalistica e propagandistica. Dal secondo dopoguerra, nacquero i primi musei di etnografia, che acquisivano forme diverse a seconda dei contesti dove si sviluppavano: diventarono Folklife Museum negli Stati Uniti, Museo Atelier in Danimarca e musei del patrimonio industriale nei paesi anglofoni. La comunità assumendo molta importanza e veniva coinvolta direttamente nelle attività

238 L’Accampamento lappone fu presentato da Artur Hazelius all’Esposizione internazionale di Parigi del 1878 e poi trasportato e ricostruito in Svezia, dove è diventato uno dei siti all’interno del museo all’aperto di Skansen.

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di questi nuovi musei, ma dagli anni Settanta si fecero strada nuovi obiettivi e campi di azione, che diedero vita a due diversi modelli di istituzioni museali: uno puntava ad un’azione diretta sull’ambiente, rivalutandolo secondo una prospettiva rurale (fusione della tipologia di “open space museum” e di “casa del parco”), l’altro voleva valorizzare soprattutto il rapporto esistente tra la comunità e il territorio in cui vive (l’esempio è quello di Le Creusot-Montceau les Mines, in Francia). La maggiore attenzione nei confronti della comunità, dell’ambiente e del loro rapporto reciproco ha favorito lo sviluppo del modello dell’ecomuseo contemporaneo, che si poneva come obiettivi uno sviluppo locale e un turismo sostenibile. Esso ha da subito assunto diverse tipologie, che sono state divise in categorie:

- ecomusei di microstoria: le vicende individuali creano la narrativa del museo; - ombrello ecomuseale: formato da itinerari che legano, per la storia o le attività condivise, più luoghi disseminati in un contesto geografico esteso;

- villaggio-museo: ambienti contestualizzati che illustrano le attività tradizionali del luogo;

- antenna ecomuseale: parte interna ad un sistema museale più tradizionale239.

L’ecomuseo ha continuato a svilupparsi e innovarsi, manifestandosi con tipologie sempre diverse a seconda dei contesti e delle interpretazioni date al modello.

A livello teorico, il termine ecomuseo venne coniato da Hugues de Varine240 nel 1971:

egli pensava ad un patrimonio legato ad una comunità e ad un ben delineato ambiente, che deve essere valorizzato tenendo conto degli aspetti di pianificazione territoriale e delle questioni ambientali. Da questa prima riflessione, George-Henri Rivière241 sviluppò - anche a seguito della prima esperienza di ecomuseo avviata in

Francia a partire dal 1973 a Le Creusot-Montceau les Mines - la sua personale

239 MAGGI M., “L’evoluzione del patrimonio culturale” in MAGGI M., FALLETTI V., Gli ecomusei. Che cosa

sono, che cosa possono diventare, Umberto Allemandi & C., Torino, 2001, pp. 19-28

240 Hugues de Varine Bohan è uno storico, archeologo e museologo francese, esponente di spicco della Nouvelle Muséologie, è stato anche direttore dell’ICOM dal 1965 al 1976.

241 George-Henri Rivière fu uno degli esponenti del movimento francese chiamato Nouvelle Muséologie, fondata a Marsiglia nel 1982. Egli fu promotore, nel 1930, del Museo Nazionale delle Arti e delle tradizioni popolari al Bois de Boulogne di Parigi, ora a Marsiglia, e fino al 1965 ricoprì l’incarico di direttore e consigliere permanente dell’ICOM. Collaborò nel 1973 all’istituzione del primo ecomuseo, il Musée de l’Homme et de l’Industrie a Le Creusot-Montceau les Mines, in Francia.

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definizione: “Un ecomuseo è uno strumento che un potere e una popolazione concertano, costruiscono ed utilizzano insieme. Il potere con gli esperti, le agevolazioni, le risorse che mette a disposizione. La popolazione secondo le sue aspirazioni, i suoi saperi, le sue capacità di approccio”242. Negli anni, si sono cercati dei

criteri utili ad identificare un certo patrimonio e luogo nell’ambito dell’ecomuseologia. De Varine sostenne che gli aspetti che sostanziano un museo tradizionale - collezione, immobile, pubblico - si sono trasformati ora in patrimonio, territorio, popolazione, mentre nel 1992 Boylan243 estese i parametri del confronto: lo spazio di riferimento

(l’edificio), il focus dell’interpretazione (la collezione), le priorità organizzative (i disciplinari), il pubblico di riferimento (i visitatori), il controllo politico (il museo con i suoi organi) tipici del museo tradizionale, con l’ecomuseo diventano - rispettivamente - il territorio, il patrimonio in senso olistico, gli interdisciplinari, la comunità e la collettività con i suoi organi. Anche Davis244 propose cinque criteri da utilizzare per

definire un ecomuseo: il territorio esteso oltre i confini del museo; l’interpretazione “fragmented-situ” e in situ; la cooperazione e il partenariato sulla proprietà dei reperti; il coinvolgimento della comunità locale e degli abitanti nelle attività museali; l’interpretazione di tipo olistico e interdisciplinare245.

Si tratta di criteri teorici fondamentali per inquadrare la realtà, ma non completi per definire l’ecomuseo, quale negli ultimi anni si è sviluppato in contesti diversi; alcuni di essi possono essere infatti adattati anche a qualche tipologia di museo tradizionale, come ad esempio i musei archeologici e marittimi o altri musei innovativi, e non definiscono specificatamente l’ambito ecomuseale246.

L’ecomuseo infatti, rispetto ad un museo tradizionale, ha dietro di sé un processo dinamico, che lo rende anche più complesso. Esso necessita, per essere creato, di un approccio interdisciplinare, che ordini entità diverse per metterle in relazione tra loro

242 RUBINO G.E., “Per una ‘carta’ programmatica degli ecomusei industriali italiani” in MUZZILLO F. (a cura di), La progettazione degli ecomusei. Ricerche ed esperienze a confronto, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1998, pp. 17-26

243 Il museologo inglese Patrick Boylan scrisse nel 1992 un articolo intitolato “Is yours a "classic" museum or an ecomuseum/"new" museum?” per la rivista Museum International

244 L’esperto di museologia inglese Peter Davis, nel suo libro Ecomuseums: a Sense of Place nel 1999. 245 MAGGI M., “Il contesto” in MAGGI M., FALLETTI V., Gli ecomusei. Che cosa sono, che cosa possono

diventare, Umberto Allemandi & C., Torino, 2001, pp. 13-18;

246 MAGGI M., “Gli elementi distintivi dell’ecomuseo” in MAGGI M., FALLETTI V., Gli ecomusei. Che cosa

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e innescare un processo - naturale e artificiale - di comunicazione continua tra le preesistenze da valorizzare; per questo l’intervento ecomuseale è stato paragonato ad un’esperienza di progettazione ambientale. L’idea di ricostruire l’identità collettiva dei popoli, trasmettendone il patrimonio e l’esperienza di vita, è ciò che sta alla base, e collega tra loro, i diversi elementi (o sistemi) che si trovano all’interno di uno stesso macroambiente e che, ordinati assieme, possono creare gli itinerari tematici, caratteristici per un ecomuseo. Si configura così un museo a struttura territorialmente aperta, che include e integra al suo interno l’attenzione al recupero e alla valorizzazione ambientale, il forte ruolo dell’architettura preesistente e caratterizzante del territorio e il legame stretto con le tradizioni lavorative, di vita e culturali specifiche di una determinata comunità247. Da qui emergono chiaramente i

due concetti chiave dell’ecomuseo: patrimonio e territorio. Il patrimonio è da intendere nella sua dimensione materiale e immateriale solo se è riconosciuto come costituente dell’identità di una certa comunità. Il legame con il territorio è l’elemento caratterizzante forte degli ecomusei (che potrebbero chiamarsi anche musei del territorio o del patrimonio territoriale): il territorio è il luogo delle interazioni uomo- natura e dei saperi delle comunità locali. Uno spazio che non chiede soltanto di essere mostrato, ma deve acquisire - e successivamente trasmettere - quel significato che solo la popolazione locale, riappropriandosi del suo territorio e prendendo coscienza della propria storia, potrà contribuire a sviluppare e mostrare248. Dunque “la parola

‘ecomuseo’ non può non implicare un senso di collettività, di partecipazione, uno spirito di comunità. E quello che conta non è tanto il recupero del passato, ma incrementare il senso del presente”; la realtà ecomuseale non è più solo un museo, ma una scuola per la popolazione, un modo nuovo di esprimere il tempo e interpretare

247 MUZZILLO F., “L’ecomuseo come esperienza di progettazione ambientale” in MUZZILLO F. (a cura di),

La progettazione degli ecomusei. Ricerche ed esperienze a confronto, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,

1998, pp. 9-15

248 DA RE C., “La comunità e il suo paesaggio: l’azione degli ecomusei per lo sviluppo sostenibile. Le iniziative di salvaguardia del paesaggio biellese” in ZAGATO L., VECCO M. (a cura di), Citizens of Europe.

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lo spazio e un laboratorio di studio della popolazione e il suo ambiente e di formazione di esperti249.

Gli ecomusei devono prima di tutto farsi promotori dello sviluppo locale (di tipo economico, sociale, culturale) di una comunità, al punto da assumere anche un ruolo di regia nei programmi di sviluppo, in quanto presidi territoriali per la tutela dell’ambiente e del paesaggio250; tale sviluppo, che deve attraversare infatti un

cambiamento culturale, sociale ed economico, si nutre del patrimonio locale e ne crea di nuovo, ma proprio tale patrimonio si pone anche come risorsa che necessita di integrarsi con le dinamiche dello sviluppo territoriale251. Lo sviluppo territoriale viene

spesso fatto coincidere con l’idea di sviluppo turistico di un territorio; quale rapporto esiste quindi tra l’ecomuseo e il turismo? Lo sviluppo non è solo turismo, ma dipende da diverse componenti che si relazionano tra loro e se l’ecomuseo si propone di aumentare la competitività di un territorio, conservandone e promuovendone l’identità, si deve porre, per ottenerla, obiettivi di breve termine (il turismo, appunto) e di lungo periodo (la competitività sociale e territoriale). Un ecomuseo, che progetta i suoi percorsi e attività anche in luoghi ancora sconosciuti al turismo culturale, valorizzando anche delle preesistenze nella logica del museo diffuso, deve pensare secondo una logica turistica, ma seguendo una strategia settoriale, di recupero ambientale e di rete di ospitalità, favorendo il mercato di prodotti locali e nuove occasioni di occupazione252. Tuttavia, il turismo deve essere sostenibile, deve poter

essere gestito e non essere invece subìto, nel tempo, dal territorio (colonizzazione turistica)253.

249 MUZZILLO F., “L’ecomuseo come esperienza di progettazione ambientale” in MUZZILLO F. (a cura di),

La progettazione degli ecomusei. Ricerche ed esperienze a confronto, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,

1998, pp. 9-15

250 RIVA R., “Ecomusei: da strumento a processo” in Il metaprogetto dell’ecomuseo, Maggioli Editore, Milano, 2008, pp. 91-107

251 DA RE C., 2015, op. cit.

252 RIVA R., “Ecomusei: da strumento a processo” in Il metaprogetto dell’ecomuseo, Maggioli Editore, Milano, 2008, pp. 91-107

253 MAGGI M., “Il futuro degli ecomusei” in MAGGI M., FALLETTI V., Gli ecomusei. Che cosa sono, che

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