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3. Definizioni e campo di applicazione

4.2. La responsabilità nei confronti del patrimonio

Nella Terza Parte si parla della responsabilità condivisa nei confronti dell’eredità culturale e della partecipazione del pubblico, come anticipa il titolo. L’articolo 11 delinea le responsabilità delle autorità pubbliche (ritenute le principali garanti delle disposizioni normative nazionali) nella gestione del patrimonio culturale: in tutti i

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settori e a tutti i livelli - nazionale, regionale, locale - le istituzioni pubbliche dovrebbero incentivare un approccio integrato e informato a riguardo, anche grazie a quadri giuridici, finanziari e professionali che favoriscano l’azione congiunta di autorità pubbliche, esperti, investitori, imprese, organizzazioni non governative o società civile. Si dovrebbero quindi evitare o eliminare eventuali restrizioni burocratiche o normative (imposizioni fiscali, scarso riconoscimento professionale, ecc.) che potrebbero bloccare alcuni processi di collaborazione tra soggetti diversi. Si suggerisce agli Stati Parte di sviluppare sistemi innovativi per permettere alle autorità pubbliche di cooperare con altri settori, senza rimanerne gli attori principali; la Convenzione propone di sostenere amche tutte quelle iniziative volontarie che possono supportare e integrare l’operato delle autorità pubbliche e che sono state riconosciute per il loro grande potenziale dall’Europa anche dalla terza Dichiarazione di Portorož del 2001165.

Infine, si afferma l’importanza per gli Stati di incoraggiare l’azione, nell’interesse pubblico, di quelle organizzazioni non governative che nella loro missione promuovono la conservazione del patrimonio culturale: queste possono infatti avere gli strumenti - specifica ancora la Relazione - per garantire che gli interessi culturali vengano rispettati e rappresentati nei processi amministrativi o legali.

L’articolo 12 approfondisce il tema dell’accesso al patrimonio culturale e della partecipazione democratica alla sua gestione, che come accennato, è una delle portate innovative della Convenzione di Faro. Anni fa un noto storico e museologo francese proponeva un chiaro paragone tra il patrimonio culturale di una comunità e il DNA umano: il patrimonio culturale - diceva - è “l’insieme di ciò che caratterizza la comunità e i suoi membri oggi [...e], il riflesso dell’evoluzione precedente di tale comunità”166; allo stesso modo del DNA, che è la carta d’identità dell’individuo, il

patrimonio è la carta d’identità della comunità attuale. Solo riconoscendosi come eredi e detentori di questo patrimonio, gli individui saranno spinti a parteciparvi attivamente, agevolando così lo sviluppo sostenibile del patrimonio a livello locale.

165 CONSIGLIO D’EUROPA, Explanatory Report to the Council of Europe Framework Convention on the

Value of Cultural Heritage for Society, Council of Europe Treaty Series, no. 199, 2005 in

https://rm.coe.int/16800d3814

166 DE VARINE H., “Conoscenza del patrimonio” in JALLA D. (a cura di), Le radici del futuro. Il patrimonio

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All’articolo 12, lettera a, si chiede alle Parti di incoraggiare la partecipazione di ogni individuo tanto ai processi di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione del patrimonio quanto al dibattito politico sulle sfide e opportunità che offre il patrimonio culturale. Il presupposto dell’operazione di coinvolgimento è la consapevolezza, che lo Stato deve avere, sul valore che ogni comunità patrimoniale attribuisce al patrimonio culturale in cui si riconosce e ne deve tenere conto prima di prendere qualsiasi decisione a riguardo. Viene ribadita anche in questo caso l’importanza delle organizzazioni di volontariato nel supportare i rapporti tra la comunità attiva e le autorità pubbliche: possono infatti diventare partner nelle attività di gestione del patrimonio, ma anche agire a livello più istituzionale, portando punti di vista alternativi e critiche costruttive nei confronti delle politiche per il patrimonio. Infine, gli Stat i devono favorire la partecipazione democratica promuovendo e migliorando l’accesso al patrimonio culturale soprattutto tra le fasce più giovani (o quelle più svantaggiate), per aumentarne in essi la consapevolezza del valore e della necessità di preservarlo per il futuro, oltre che dei benefici che potrebbe offrire.

La conoscenza e la formazione sul patrimonio culturale è invece al centro dell’articolo 13; anche in questo caso ci torna utile una considerazione del noto studioso francese, il quale sosteneva che un forte coinvolgimento collettivo della comunità potrà essere favorito solo se gli attori della comunità verranno - seppur a grandi linee - informati sulle logiche, sulle strategie e sui programmi di sviluppo locale e se saranno formati anche a livello basilare sui sistemi di conoscenza, salvaguardia e utilizzo del patrimonio167. La Convenzione quindi propone agli Stati di includere lo studio del

patrimonio culturale in tutti i livelli della formazione, senza circoscriverlo unicamente in un corso di studi ad esso dedicato, ma includendolo in diversi percorsi scolastici: la Relazione Esplicativa identifica ad esempio non solo il settore dell’arte, dell’architettura e o dell’archeologia, ma anche quelli dell’ingegneria civile, degli studi ambientali, sociali o politici, di pianificazione territoriale o economica, il settore turistico, giuridico o quello legato all’insegnamento delle lingue. Si dovrebbe inoltre

167 DE VARINE H., “Conoscenza del patrimonio” in JALLA D. (a cura di), Le radici del futuro. Il patrimonio

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promuovere e sostenere una ricerca interdisciplinare sul patrimonio, così come sulle comunità patrimoniali, sull’ambiente e le loro continue relazioni. A questo si aggiunge la necessità di rafforzare il collegamento tra la formazione scolastica del patrimonio e quella professionale per chi si occuperà di gestirlo, conservarlo e trasmetterlo, favorendo anche un continuo scambio di conoscenze e competenze, dentro e fuori dal sistema educativo.

Infine, l’articolo 14, ultimo della Parte, è dedicato al rapporto tra il patrimonio culturale e la moderna società dell’informazione: le tecnologie digitali devono essere valorizzate per l’effetto positivo che offrono a livello di sviluppo economico e per migliorare l’accesso al patrimonio culturale (incontrando quindi due degli obiettivi della Convenzione). Gli Stati Parte possono impegnarsi quindi a garantire una buona qualità dei contenuti digitali, affinché siano tutelate la diversità linguistica e culturale anche nel grande universo della società dell’informazione; favorire inoltre la diffusione e lo scambio di standard internazionali sulle tecnologie digitali utili allo studio e alla valorizzazione del patrimonio, permetterebbe di creare delle risorse comuni a molti, qualora necessario. Allo stesso tempo, gli Stati devono cercare di garantire il migliore accesso possibile alle informazioni sul patrimonio culturale, specialmente a livello educativo, cercando di rimuovere gli ostacoli anche materiali che ne limitano l’accesso, ma ricordandosi pur sempre di proteggere i diritti di proprietà intellettuale. Inoltre, si deve essere consapevoli (e monitorare, per quanto possibile) che la creazione di contenuti digitali legati al patrimonio - siano essi i nuovi contenuti nati nell’era moderna e virtuale che si aggiungono al patrimonio culturale, o le copie digitali del patrimonio culturale fisico - non dovrebbe pregiudicare la conservazione del patrimonio culturale attuale e dell’originale che viene tramandato da secoli prima dell’avvento del digitale.

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5. Meccanismi di controllo e amministrativi