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La Sezione 1 (artt. 1-3) riguarda le Norme generali e fornisce le informazioni preliminari e le definizioni necessarie ad un’adeguata comprensione dello strumento. Si delineano da subito gli scopi della Convenzione (art.1): incoraggiare la salvaguardia e il rispetto del patrimonio culturale intangibile delle comunità, dei gruppi e degli individui interessati, ispirare a tutti i livelli della società civile la consapevolezza dell’importanza del patrimonio intangibile e promuovere la cooperazione e il sostegno internazionale tra Stati.

2.1. La definizione di patrimonio culturale immateriale

All’articolo 2 viene data la definizione ufficiale di patrimonio culturale immateriale: “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale”105. Si considera quel patrimonio che viene “trasmesso di

generazione in generazione e costantemente ricreato dalle comunità” per costruire e

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tramandare la propria identità, purché sia compatibile con il rispetto dei diritti umani e rispecchi i criteri di sviluppo sostenibile della società.

Al paragrafo 2 sono elencati i settori di interesse del patrimonio culturale immateriale: a) Tradizioni ed espressioni orali, compreso il linguaggio;

b) Arti dello spettacolo;

c) Consuetudini, eventi rituali e festivi;

d) Cognizioni e prassi relativi alla natura e all’universo; e) Artigianato tradizionale.

La prima parte della definizione è da molti considerata una delle innovazioni principali della Convenzione: è stata accolta con entusiasmo e diventata forte stimolo per molte riflessioni, perché è stato il risultato di numerosi confronti e delle continue modifiche discusse durante gli incontri governativi e di esperti di cui si è fatto cenno sopra. Uno studioso ha dato una personale lettura a questa definizione, riconoscendo in essa tre componenti del patrimonio culturale immateriale: una componente oggettiva, in quanto manifestazione all’esterno di una pratica (che può manifestarsi nei cinque settori visti), una componente soggettiva e sociale, perché fa riferimento a – e raccoglie dietro di sé – una pluralità di persone, una comunità specifica che in esso si identifica e, infine, una componente territoriale, in quanto è riferimento di un contesto territoriale, non sempre delimitabile entro i confini di un unico Stato, ma che diventa uno spazio culturale106. La nuova definizione sottolinea quindi la dimensione

evolutiva e processuale del patrimonio, che costantemente viene ricreato dai portatori dei saperi, i quali acquisiscono da questo momento un ruolo sempre più attivo all’interno del sistema. Il patrimonio è incluso nelle narrative quotidiane e nelle pratiche relative alle identità sociali; permettono identificazioni culturali sia all’interno che all’esterno del territorio. Il patrimonio fa riferimento a costruzioni riflessive simboliche (che sono rappresentazioni dell’identità sociale), incluse le negoziazioni (o il dialogo culturale), che possono essere di due tipi: quelle interne alle comunità locali e quelle esterne ad esse. Queste costruzioni hanno un significato e un valore sia

106 SCOVAZZI TULLIO, “La Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale intangibile” in SCOVAZZI T., UBERTAZZI B., ZAGATO L., Il patrimonio culturale intangibile nelle sue diverse dimensioni, Giuffré Editore, Milano, 2012, pp. 3-28

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politico che economico, che viene assegnato dalle parti coinvolte; tuttavia, i valori attribuiti dall’esterno non possono coincidere con quelli internamente riconosciuti e conferiti107.

Nella seconda parte della definizione si specificano le tipologie di espressioni considerate per delineare le forme di patrimonio culturale immateriale, ai fini degli obiettivi della Convenzione. Alla lettera a), alle tradizioni ed espressioni orali - fiabe, favole, canti epici, detti e proverbi popolari, ecc. – è stato aggiunto il linguaggio. Nella versione del 2002 si trovava solo la dicitura “espressioni orali”, ad indicare gli “aspetti del patrimonio culturale intangibile espressi attraverso il discorso, parlato o in canto”; poteva sembrare sufficiente, ma si è deciso di includere il linguaggio, riconosciuto come l’aspetto più importante attraverso cui si manifesta il patrimonio intangibile, e considerata anche la molteplicità e varietà di linguaggi esistenti nel mondo e il pericolo di scomparsa che molti di questi corrono108. Il linguaggio, del resto, è un primo

strumento di comunicazione e cooperazione tra gli esecutori e gli altri portatori di tradizioni, e tra questi e i membri della comunità, oltre che mezzo principale, accompagnato alla gestualità, della trasmissione e documentazione di questo patrimonio. Inoltre, negli strumenti giuridici internazionali precedenti (ad eccezione di quelli nazionali o bilaterali, date le diverse situazioni linguistiche da Stato a Stato) si parlava di diritti linguistici, riferendosi soprattutto ai diritti del singolo individuo, mentre si considera ora il diritto comune ad una comunità o popolazione109. Le arti

dello spettacolo – spettacoli musicali o teatrali, balli mascherati, teatro delle marionette, rappresentazioni circensi, ecc. – alla lettera b), così come le consuetudini sociali e i rituali (lettera c) – feste tradizionali popolari, rituali stagionali, processioni e cortei, palii, usanze carnevalesche, ecc. – sono facilmente riconducibili alla loro natura di beni culturali immateriali, che nascono per la volontà dell’uomo di socializzare con ritualità particolari in determinati momenti (si pensi alle feste nate per celebrare l’alternanza delle stagioni, la raccolta di prodotti naturali, la fertilità della terra, poi

107 ARANTES A. A., “Documenting and Disseminating Traditional Knowledge and Cultural Expressions in Brazil” in Brazil, volume I: Survey, WIPO, Brasile, 2009, pp. 6-10

108 VAN ZANTEM W., “Constructing New Terminology for Intangible Cultural Heritage” in Museum

International, n. 221-222, vol. 56, Blackwell Publishing, 2004, pp. 36-43

109 SMEETS R., “Language as a Vehicle of the Intangible Cultural Heritage” in Museum International, n. 221-222, vol. 56, Blackwell Publishing, 2004, pp. 156-164

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trasportatesi anche in ambito religioso)110; questi sono stati gli unici due domini a

rimanere inalterati nel testo ufficiale della Convenzione rispetto al progetto iniziale. La lettera d) invece tratta delle cognizioni e prassi relative alla natura e all’Universo – conoscenze agricole o mediche tradizionali, ecc. –; la specificazione legata all’Universo è stata aggiunta rispetto all’inizio per venire incontro alle richieste di alcuni paesi del mondo (dell’Asia, soprattutto) di tenere in considerazione anche i loro (spesso unici) saperi e tradizioni di stampo astronomico, cosmogonico, derivanti da usanze ancestrali, senza che comparisse nel testo ufficiale il termine “indigeni”. Infine, la lettera e) sull’artigianato tradizionale – conoscenze specialistiche sulla lavorazione del legno, dei metalli, del cuoio, del vetro, della ceramica, dei tessuti, degli alimenti e molto altro – è stata aggiunta in ultimo, durante i lavori della stessa Conferenza generale dell’ottobre 2003, che ha poi emanato la Convenzione. Il termine va letto e analizzato nella sua versione inglese originale, ossia “craftsmanship”: si fa riferimento quindi alle conoscenze e abilità dei creatori di prodotti, più che esclusivamente ai prodotti materiali dell’artigianato – per i quali si sarebbe parlato di “handicraft”. Queste le prime ipotesi di suddivisione in ambiti di interesse di tutte le testimonianze del patrimonio culturale immateriale; inizialmente si prevedeva che l’elenco potesse essere corretto o incrementato, ma, anche a distanza di anni, si può dire che le categorie identificate nel 2003 siano precise e complete categorizzazioni di questo aspetto del patrimonio. Un’unica aggiunta si potrebbe mettere in conto, che al momento della stesura della Convenzione non si era ancora manifestata per l’importanza che ora sta invece acquisendo: il patrimonio immateriale che è nato grazie alla rete e alle tecnologie, in un contesto virtuale, potrebbe essere la sesta ipotetica categoria.

Nello stesso articolo viene definito anche cosa si intende anche per “salvaguardia”: si tratta di misure quali “l’identificazione, la documentazione, la ricerca, la preservazione, la protezione, la promozione, la valorizzazione, la trasmissione, [...] l’educazione

110 BUONINCONTRI P., CANEVA G., MAURANO C., SIMEON M.I., “Il patrimonio culturale materiale ed immateriale” in FERRIGNI F. (a cura di), Il futuro dei territori antichi. Problemi, prospettive e questioni di

governance dei Paesaggi Culturali Evolutivi Viventi, Centro Universitario Europeo dei Beni Culturali

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formale e informale”111, che contribuiscono tutte a garantire la preservazione e la

sopravvivenza del patrimonio culturale intangibile. Secondo una dottrina antropologica, questa definizione di salvaguardia, costituita di strumenti conoscitivi (studio e documentazione) che mirano a rafforzare la “coscienza patrimoniale” identificando contesti e funzioni sociali utili a trasmettere il patrimonio, si distacca dalla nozione tradizionalmente occidentale di tutela del patrimonio ma si apre invece ad un mondo di relazioni spesso conflittuali e complesse con gli attori e gli stakeholders, che si è chiamati a correggere112.

I paragrafi 4 e 5 invece ricordano che la presente Convenzione si applica mutatis

mutandis a tutti quei territori (denominati “Stati contraenti”) che decidono di

vincolarsi e prendere parte alla Convenzione, secondo le condizioni dettate nell’art. 33 della stessa.

L’articolo 3 dichiara che le direttive della presente Convenzione non devono in alcun modo alterare lo status o diminuire il livello di protezione assicurato ai beni culturali riconosciuti e salvaguardati dalla Convenzione per la protezione del patrimonio

mondiale culturale e naturale del 1972 (ribadendo il collegamento comunque

presente tra i beni culturali intangibili e beni tangibili), né tantomeno interferire con gli obblighi degli Stati contraenti contenuti in qualsiasi strumento di diritto internazionale e riferiti al diritto d’autore o all’uso di risorse biologiche ed ecologiche.