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1. L’artigianato artistico e tradizionale: in generale

1.2. Uno sviluppo storico

Senza presentare una dettagliata analisi storica, si vogliono ripercorre alcune tappe dello sviluppo dell’artigianato, per comprendere quale percorso è stato fatto per giungere al concetto di artigianato contemporaneo.

206 Voce “Artigianato” in Dizionario di Economia e Finanzia, Treccani, 2012

207 SENNETT R., “Le tribolazioni dell’artigiano” in L’uomo artigiano, Feltrinelli Editore, Milano, 2008, pp. 27-58

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Inizialmente, tutto ciò che era prodotto – che fosse per scopi utilitari, rituali o decorativi – derivava da processi di fabbricazione di tipo unicamente manuale208; si

pensi all’attività artigianale praticata nelle comunità cristiane dei monasteri nell’Alto Medioevo o ai primi laboratori artigianali che nacquero nelle città nel XII e XIII secolo, riunite in “gilde” (o corporazioni), dotate di statuti pubblici209. Secondo autorevoli

letterati210, nel periodo rinascimentale si potevano chiaramente distinguere gli artisti

rinascimentali dagli artigiani medievali: i primi, rivolti a sé stessi e alla loro soggettività, rivendicavano l’originalità delle proprie opere e per questo godevano di una posizione più autonoma nella società, dalla quale si volevano isolare (seppure non vi furono mai casi di artisti che vissero lontani dal mondo esterno); si differenziavano in ciò dagli artigiani, dediti invece solo all’esterno, alla loro comunità. Il lavoro fatto nelle botteghe artigiane manteneva quindi un carattere collettivo e di socialità, ma nemmeno tali realtà sono sempre state garanzia di trasmissione di conoscenze e di saperi artigiani, così come succedeva per un’artista, che alla morte, portava con sè i suoi segreti nella tomba211. L’introduzione delle macchine nel processo produttivo,

per quanto avvenuta gradualmente, e la diffusione di oggetti fabbricati anche industrialmente in grande quantità mise a rischio l’artigianato. La macchina fu vista come una minaccia per il lavoro artigianale, ma il lavoro di Diderot sull’Encyclopédie

ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers contribuì a riaffermare

l’importanza del lavoro manuale e della figura dell’artigiano, mettendo sullo stesso piano di dignità le “arti liberali e le arti meccaniche”; dove il corpo umano è più fragile, può e deve essere aiutato dalla macchina, la quale dovrebbe essere un modello per l’uomo: egli dovrebbe imitare ciò che essa può fare 212 . Nell’Ottocento, il

Romanticismo riaffermò la superiorità dell’artista come genio individuale, rispetto all’artigiano e il pensiero di ispirazione marxista elogiò la divisione del lavoro come

208 LUCIE-SMITH E., “Che cos’è l’artigianato?” in Storia dell’artigianato, Editori Laterza, Bari, 1984, pp. 3- 11

209 SENNETT R., “Il laboratorio” in SENNET R., L’uomo artigiano, Feltrinelli Editore, Milano, 2008, pp. 59- 84

210 Gli storici dell’arte Margot e Rudolf Wittkower, che scrissero, su questo tema, il libro Nati sotto

Saturno. La figura dell’artista dall’antichità alla Rivoluzione francese, Einaudi, 2005

211 SENNETT R., “Il laboratorio” in L’uomo artigiano, Feltrinelli Editore, Milano, 2008, pp. 59-84 212 SENNETT R., “Le macchine” in L’uomo artigiano, Feltrinelli Editore, Milano, 2008, pp. 85-118

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una grande portata innovativa dell’industrializzazione213, ma non fu sufficiente a

frenare chi cercava di ridare dignità all’artigianato, quale era prima della meccanizzazione. John Ruskin, uno dei fondatori del movimento inglese “Arts and Crafts”, voleva rintracciare l’umanità dell’uomo nei manufatti e fissò alcune regole per l’artigianato: bisognava produrre solo oggetti necessari, non esigere mai una finitura perfetta e non incoraggiare copie o imitazioni. Ponendosi in contrapposizione con le belle arti, i seguaci del movimento vollero sottolineare l’importanza del ruolo educativo e formativo dell’artigianato per l’individuo; non si opposero in modo assoluto alla macchina, ma criticarono l’uso improprio che ne veniva fatto. La “Guild and School of Handicraft”, fondata nel 1888 da un gruppo di artigiani inglesi, voleva rilanciare uno stile capace di guardare al passato e alle tradizioni creative e manuali che ancora si riscoprivano nelle campagne inglesi, ma finì per essere tagliata fuori dal mercato che, al tempo, era urbano e di lusso. Nel frattempo, l’artigianato ispirato dall’Arts and Crafts non ottenne un monopolio ma venne affiancato dai lavori di altre ditte artigianali, che permisero di mantenere vive alcune tecniche artigianali tradizionali, evitando così che venissero sopraffatte dalla logica industriale214. Qualche

anno dopo, anche il Bauhaus del 1919, come si deduce dal suo manifesto, riteneva l’artigianato essenziale per ogni artista (“Architetti, scultori e pittori dobbiamo tutti rivolgerci all’artigianato”215) e si auspicava che non vi fosse più alcuna “differenza

sostanziale fra artista e artigiano”216. E fu da quel momento che iniziarono ad

emergere le testimonianze di artigianato tradizionale che hanno continuato a sopravvivere nelle comunità rurali, rimanendo totalmente esterne alla struttura industriale e all’ombra dei - più diffusi - artigianato di design e di lusso tradizionale. L’artigianato rurale venne quindi studiato e protetto come una reliquia, come un bacino di raccolta di capacità e tecniche di lavorazione dei materiali tradizionali che rischiavano di essere perse, o ancora come modelli ritenuti attuali217. Nel periodo tra

213 RANISIO G., “Artisti/artigiani. L’artigianato artistico nel napoletano” in EtnoAntropologia, 1/2007, pp. 207-214

214 LUCIE-SMITH E., “Il movimento Arts and Crafts britannico” in Storia dell’artigianato, Editori Laterza, Bari, 1984, pp. 217-244

215 GROPIUS W., Manifesto Bauhaus, Weimar, 1919

216 LUCIE-SMITH E., “Art Déco contro Bauhaus” in Storia dell’artigianato, Editori Laterza, Bari, 1984, pp. 261-272

217 LUCIE-SMITH E., “La sopravvivenza dell’artigianato” in Storia dell’artigianato, Editori Laterza, Bari, 1984, pp. 273-279

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le due guerre, seppure l’artigianato assunse un gusto borghese che gli permise di sopravvivere, nello stesso tempo, era apprezzato qualora veniva praticato come un rifiuto della volgarità generale dettata dal consumismo di massa. E mentre alcuni prodotti artigianali erano orientati ad un settore più commerciale e turistico, si acquisiva nel frattempo una nuova consapevolezza dell’artigiano come individuo capace di esprimere l’individualità, l’identità e l’unicità della sua esistenza attraverso un profondo spostamento psicologico e del suo ruolo di fabbricante di simboli e di portatore di un approccio alternativo da quello della società industriale218.

Oggi si parla anche di “artigianato industriale”, ossia di una modalità produttiva basata su un lavoro in serie, ma manuale e che punta comunque al controllo della qualità, per il quale è richiesto l’intervento diretto del lavoratore sul manufatto (azione questa prettamente artigianale), che ne rilevi i difetti di fabbricazione e constati la qualità.219

Sono infatti chiamati artigiani anche gli operai che sanno guidare modelli e macchine e che, per l’alto livello di specializzazione che hanno acquisito all’interno della fabbrica, spesso chiedono che vengano loro riconosciute le maggiori capacità che possiedono rispetto ad altri lavoratori. Senza entrare nel merito, questa considerazione fa capire che occorre specificare meglio le categorie con cui oggi viene definita la figura dell’artigiano.

Non potendo delineare nettamente un confine tra chi è artista e chi è artigiano, si può tuttavia riconoscere, all’interno dell’artigianato, un insieme di tradizioni, apparentemente meno legate all’ambiente economico e industriale, ma più attinenti con l’aspetto intangibile del patrimonio culturale: il settore dell’“artigianato tradizionale e artistico”. Si cercherà ora di definire questo settore, a cui va riconosciuta l’unicità e l’importanza, in quanto frutto di una tradizione culturale, artistica e produttiva in molti casi secolari; esso include le imprese artigiane e i piccoli laboratori ancora esistenti e operanti che hanno conservato e tramandato di generazione in generazione nel tempo le regole e i trucchi del mestiere, salvandoli spesso dall’estinzione.

218 LUCIE-SMITH E., “L’artigianato oggi” in Storia dell’artigianato, Editori Laterza, Bari, 1984, pp. 280-295 219 CAROSSO M., GHEZZI S., “Introduzione. Artigiani fra bottega e artigianato industriale” in Antropologia, Vol.2 n. 2 n.s., ottobre 2015, pp. 7-17

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