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Non potendo fornire una definizione di ecomuseo, unica e riconosciuta a livello internazionale, è difficile anche identificare un modello ideale di ecomuseo o delle linee guida progettuali; ogni volta che si vuole istituire un ecomuseo, occorre perciò ridefinirne il metodo, il progetto e la procedura. Un tentativo fu fatto proponendo otto schede pratiche257 utili per le strutture intenzionate ad adottare una logica

ecomuseale, e che vertevano su: il concetto di sviluppo locale e di patrimonio culturale, la conoscenza del patrimonio culturale, la creazione di nuove forme d’uso del patrimonio, l’organizzazione di attività sul patrimonio, il bilancio di un ecomuseo, le pratiche delle attività a favore del patrimonio culturale, il museo come strumento di sviluppo locale e, infine, l’economia del patrimonio culturale258.

Su queste premesse, un’attività di ricerca universitaria259 ha tentato di delineare uno

strumento di supporto al processo ecomuseale, raccogliendo e studiando le diverse definizioni, riflessioni e sperimentazioni pratiche nell’ambito ecomuseale e delineando un insieme di azioni e indicazioni operative utili a guidare l’elaborazione di un progetto di questo tipo. È un quadro di riferimento, che non va seguito passo passo, ma deve essere riadattato e innovato di volta in volta, a seconda del contesto, dei limiti, delle caratteristiche e delle diversità tra le comunità o i contesti che ne sono promotori. Due le fasi che sono state identificate: la fase di definizione e istituzione

257 La proposta è stata fatta da Hugues de Varine in un saggio sul patrimonio culturale e lo sviluppo locale, che ha suddiviso secondo questi criteri: DE VARINE H., Le radici del futuro. Il patrimonio culturale

al servizio dello sviluppo locale, CLEUB, Bologna, 2005.

258 RIVA R., “Verso un modello condiviso: il metaprogetto” in Il metaprogetto dell’ecomuseo, Maggioli Editore, Milano, 2008, pp. 275-346

259 Si tratta della tesi di dottorato dell’architetto Raffaella Riva scritta nel 2008 nell’ambito del Dottorato in Design e tecnologie per la valorizzazione dei beni culturali del Politecnico di Milano, coordinato dal prof. Fabrizio Schiaffonati.

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dell’ecomuseo e quella di sviluppo e gestione; in esse le attività sono correlate tra loro e possono ripresentarsi prima o dopo con modalità diverse.

Nella prima fase, occorre definire il territorio e caratterizzare l’ecomuseo, individuandone le caratteristiche proprie e l’identità territoriale, le reti di relazioni presenti, il valore riconosciuto al patrimonio, attivando forme di partecipazione, mappando e valutando le iniziative culturali già presenti, determinare la missione e gli obiettivi generali e redigere un progetto culturale con un piano di sviluppo pluriennale (con attività culturali, economiche, beni da valorizzare, partenariati, piano finanziario, risorse umane e non solo, programmi di formazione). Si può quindi istituire l’ecomuseo, riconoscendolo a livello giuridico, identificando il soggetto gestore, individuando nome, sede e regolamento, stipulando forme di collaborazione con istituzioni di formazione, Enti pubblici o privati, Enti locali e accreditandosi presso reti di ecomusei già attive.

All’inizio della seconda fase si deve definire l’assetto organizzativo interno dell’ecomuseo, individuandone i soggetti e relativi ruoli e le procedure decisionali interne e l’acquisizione di risorse organizzative, umane e finanziarie necessarie alla gestione. Contemporaneamente si dovrebbero intraprendere attività di catalogazione, censimento e ricognizione del patrimonio attraverso sopralluoghi, mostre e inventari partecipati, istituendo ricerche e progetti in collaborazione con università e centri di ricerca260; tra queste attività si colloca l’elaborazione della

“mappa di comunità”: è uno strumento di mappatura del territorio, creato grazie all’intervento in prima persona degli abitanti del luogo cui viene chiesto di delineare i luoghi nei quali riconoscono la loro storia, identità e memoria. Il prodotto non è solo un inventario di beni materiali e immateriali caratterizzanti di un territorio, ma una sorta di “archivio” permanente, e sempre aggiornabile, di persone e luoghi, di memorie, valori, relazioni e azioni, spesso collettive, che vengono raccolte con il contributo della gente e di diverse generazioni261. Si deve pensare poi di conservare il

patrimonio attraverso il recupero di ambienti di vita tradizionale (riadattandoli anche per fini sociali, fruitivi e turistico-ricettivi), la tutela del paesaggio e il recupero, lo

260 ibidem;

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studio e la successiva trasmissione delle tecniche costruttive e degli antichi saperi artigianali tradizionali o delle tradizioni orali. Le azioni mirate alla valorizzazione del patrimonio e del territorio devono basarsi sull’interpretazione del paesaggio e del patrimonio e si esplicano in sentieri autoguidati, itinerari e percorsi di visita, concorsi, eventi, esposizioni temporanee, pacchetti didattici, pubblicazioni e divulgazioni o altre tecniche innovative e la produzione di beni e servizi che, garantendo la vendita di prodotti locali, favorisce nuovi posti di lavoro e promuove attività di svago e turismo sostenibile. Altro aspetto importante è quello legato alla formazione e comunicazione: occorre curare soprattutto la didattica, nelle attività con le scuole, e formulando convenzioni e collaborazioni con gli istituti universitari e specializzati, prevedere una formazione specialistica per gli operatori museali e predisporre un efficace piano di comunicazione. Infine, ultimi accorgimenti saranno il monitoraggio e la verifica del coinvolgimento, delle presenze, della partecipazione ad attività esterne della comunità e l’autovalutazione e verifica di idoneità della struttura262.

Elemento quasi imprescindibile per la buona riuscita di quanto appena presentato è una forte azione di promozione della partecipazione e il coinvolgimento attivo della comunità locale; senza il suo supporto e contributo, il senso stesso di ecomuseo perde significato. Del resto, per un museo, in senso tradizionale, favorire il dialogo, l’interazione, la condivisione di contenuti e di conoscenze tra il pubblico è uno degli obiettivi principali; in un ecomuseo, quindi, che opera con obiettivi di sviluppo locale, la comunità deve essere messa nelle condizioni di partecipare anche con la decisione, non solo con la consultazione e concertazione, al processo ecomuseale, essendo questa la premessa principale per lo sviluppo. Occorre programmare adeguatamente in termini di tempi, competenze e di risorse umane e finanziarie il piano di partecipazione, che dovrà accompagnare tanto la fase di definizione, quanto quella di gestione e sviluppo dell’ecomuseo. Si dovranno prima di tutto individuare gli attori locali esistenti (gruppo fondatore, abitanti, amministrazioni locali, istituzioni, associazioni, enti non-profit, produttori, organizzazioni di altra natura, ecc.) e attribuirne i ruoli nel processo; fondamentale anche sensibilizzare la comunità locale

262 RIVA R., “Verso un modello condiviso: il metaprogetto” in Il metaprogetto dell’ecomuseo, Maggioli Editore, Milano, 2008, pp. 275-346

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sulla tutela del paesaggio, dell’ambiente e del patrimonio culturale e informare e condividere il progetto generale e gli obiettivi dell’ecomuseo. Solo allora si possono impostare e promuovere forme partecipative stabili: si possono sperimentare metodologie, innovative o tradizionali, che garantiscono il coinvolgimento attraverso l’organizzazione di workshop guidati, eventi, dibattiti e occasioni di confronto tematici oppure con metodi più strettamente di stampo “ecomuseale”, come la mappa di comunità, di cui si è detto, o ancora attraverso forme di collaborazione, convenzioni o tavoli di lavoro permanenti263.