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Nell’ipotesi in cui la Corte costituzionale decida di non estendere il

SULLA (IL)LEGITTIMITÀ DELL’ERGASTOLO OSTATIVO

3. Nell’ipotesi in cui la Corte costituzionale decida di non estendere il

thema decidendum anche al parametro implicito ex art. 117, primo comma,

20S. PANIZZA, Il parametro, cit., 466.

21Parla di dinamicità del thema decidendum, in ragione della dinamicità dell’ordinamento stesso, E. CATELANI, La determinazione, cit., 104-117.

22Caso Vinter e altri c. Regno Unito.

23 Per completezza, si sottolinea che la decisione della prima sezione Corte EDU non è stata assunta all’unanimità: il Giudice Wojtyczek ha espresso una dissenting opinion, sostenendo l’innovatività della pronuncia rispetto ai precedenti orientamenti di Strasburgo. Sulla continuità tra il caso Vinter e il caso Viola vedi infra.

Il possibile dialogo tra Corte costituzionale e Corte EDU 87

Cost., non è comunque da escludersi che essa possa optare per un richiamo al caso Viola c. Italia, nelle argomentazioni a sostegno dell’illegittimità costituzionale dell’impugnata previsione. D’altronde non si tratta di una prassi sconosciuta: il caso Vinter c. Regno Unito è stato di recente evocato dalla Corte per rafforzare l’impianto argomentativo eretto in una decisione in cui si riconosceva l’illegittimità di una disciplina preclusiva, rispetto ai condannati per sequestro di persona con scopo di estorsione a cui conseguiva la morte della vittima (art. 630 c.p.), dell’accesso ai benefici penitenziari per un lasso di tempo molto elevato24. Tale richiamo, peraltro, non solo è avvenuto in assenza di una esplicita eccezione di costituzionalità ex art. 117, primo comma, Cost.25, ma soprattutto nel totale silenzio sul punto dell’ordinanza di rimessione26. La Corte costituzionale ha, dunque, mostrato una certa attenzione alla giurisprudenza convenzionale, servendosene anche solo per arricchire le motivazioni addotte a sostegno delle sue decisioni, tutte le volte in cui tale giurisprudenza si rivela conferente con la “situazione normativa” sottoposta alla sua cognizione.

Sembra allora senz’altro opportuno (se non doveroso, vista la sua definitività) che la Corte, nel pronunciarsi sull’ergastolo ostativo, quantomeno tenga in considerazione e richiami il caso Viola c. Italia. Si è al cospetto di una pronuncia convenzionale che ha come specifico oggetto la medesima disposizione di cui si dubita la costituzionalità. Peraltro, la decisione della Corte EDU sull’art. 4-bis ord. pen. non è nient’altro che la logica conseguenza dell’applicazione dei principi sanciti nella sua precedente giurisprudenza. Nel caso Vinter c. Regno Unito, infatti, si era stabilito che devono sussistere

penological grounds affinché un detenuto possa continuare a scontare la sua

pena. Tali finalità sono quella: retributiva, deterrente, di protezione dell’incolumità pubblica e di risocializzazione del condannato; e se queste si compongono in un dato equilibrio al momento d’irrogazione della sanzione, tale equilibrio non resta statico, ma può variare nel corso dell’esecuzione della pena e ciò rende necessaria la rivalutazione delle ragioni che giustificano la detenzione27.

Nella decisione sull’ergastolo ostativo la Corte di Strasburgo ha fatto applicazione del precedente orientamento, accertando una violazione dell’art. 3 CEDU da parte della normativa italiana, dal momento che questa, creando un “tipo pericoloso” (presunzione assoluta di pericolosità), impedisce a qualsiasi autorità (nel caso di specie giudiziaria) di esaminare, nel corso dell’esecuzione, la sussistenza delle ragioni che giustificano la pena, contestualmente impedendo ai condannati l’accesso ai benefici penitenziari28. Sebbene abbia riconosciuto un

24Corte cost. n. 149/2018, par. 7 cons. in dir. dove si afferma «Tutto ciò in piena coerenza con gli approdi interpretativi cui è recentemente pervenuta la Corte europea dei diritti dell’uomo» (corsivo dell’autore). La disposizione censurata è l’art. 58-quater ord. pen.

25 V. ZAGREBELSKY, La pena detentiva «fino alla fine» e la Convenzione europea dei

diritti umani e delle libertà fondamentali, in questo volume.

26Tribunale di Sorveglianza di Venezia, ord. 28 aprile 2017, n. 119.

27Caso Vinter e altri c. Regno Unito, §111.

certo margine di apprezzamento agli Stati membri sulle modalità (amministrative o giudiziarie) e sulle scadenze temporali per la revisione dei presupposti della pena, la Corte EDU ha del pari stabilito che la mancanza di tale possibilità comporta la violazione dell’art. 3 CEDU29. Mancanza che, come accertato dalla prima sezione, sussiste nella disciplina italiana dell’ergastolo ostativo proprio in quanto essa stabilisce una presunzione assoluta di non risocializzazione del condannato per mafia (sub species di non interruzione del vincolo sodale mafioso), impedendo a qualsiasi autorità di verificarlo in concreto.

Né può dubitarsi che il caso Viola c. Italia sia espressione di un orientamento interpretativo “consolidato”, secondo quanto richiesto dalla Corte costituzionale affinché i giudici comuni interpretino la normativa interna conformemente alla CEDU30. Circostanza che trova conferma nel rigetto della richiesta di ricorso avanzata dal Governo italiano. Nel sistema convenzionale, infatti, la Grand chambre non serve da avallo alle decisioni delle singole sezioni, ma interviene quando si pongono contrasti interpretativi o ci si trovi di fronte ad una importante questione di carattere generale31 e anche in tali circostanze, pur avendo il potere di modificare la precedente giurisprudenza, essa lo fa quando rileva un mutato quadro normativo ovvero un cambiamento sociale (tutte condizioni qui evidentemente non riscontrabili)32.

In conclusione, anche nell’ipotesi in cui la Corte costituzionale non dovesse ritenere di estendere il thema decidendum all’art. 117, primo comma, Cost. così come integrato dalla giurisprudenza convenzionale sull’ergastolo ostativo, potrebbe del pari rafforzare una eventuale declaratoria di illegittimità dell’art. 4-bis, primo comma, ord. pen. (come in Corte cost. n. 149/2018) richiamando la decisione assunta dalla Corte EDU, prima sezione, nel caso Viola c. Italia, continuando nel solco del “dialogo” con Strasburgo. In entrambi i casi, e persino in assenza di un richiamo alla giurisprudenza convenzionale, l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale dell’ergastolo ostativo -nella sua attuale conformazione normativa - realizzerebbe il già richiamato dovere dell’ordinamento di rimuovere la violazione strutturale dell’art. 3 CEDU accertata in via oramai definitiva.

29Caso Vinter e altri c. Regno Unito, §§ 120-121.

30 Si rammenta che, come noto, la Corte costituzionale nella sentenza n. 49/2015 ha imposto ai giudici comuni di interpretare il diritto italiano conformemente alla giurisprudenza di Strasburgo consolidata, dando anche alcuni indici per “misurare” tale consolidamento. Considerato il “dialogo” tra Corti avviato con le sentenze gemelle, Corte cost. nn. 348 e 349/2007, la convergenza verso gli orientamenti convenzionali consolidati deve guidare anche l’attività della Corte costituzionale.

31 D. TEGA, La sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2015 sulla confisca: «il

predominio assiologico della Costituzione sulla CEDU», in Quad. cost., n. 2 del 2015, 400-404.

32V. ZAGREBELSKY, Corte cost. n. 49 del 2015, giurisprudenza della Corte europea dei

diritti umani, art. 117 Cost., obblighi derivanti dalla ratifica della Convenzione, in Osservatorio

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