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L’ACCULTURAZIONE GIURIDICA – I PRIMI MODELL

Nel documento Il diritto marittimo nei paesi arabi (pagine 60-64)

CAPITOLO 2 – IL PROCESSO DI CODIFICAZIONE

2.1 L’ACCULTURAZIONE GIURIDICA – I PRIMI MODELL

Con l’opera di colonizzazione e con la successiva opera di statalizzazione del diritto con la nascita degli stati moderni, secondo l’accezione occidentale, gli stati arabi hanno potuto e saputo sviluppare una codificazione (nei paesi di civil law) o un sistema giuridico (nei paesi di common law) che si avvicinasse quanto più possibile al diritto dei paesi occidentali che avevano influenzato la loro cultura giuridica. Importanti punti di riferimento, come abbiamo accennato e come si vedrà, sono stati la Francia e l’Inghilterra oltre ad alcuni giuristi come Santillana ed al-Sanhuri che avendo studiato nei paesi occidentali hanno fortemente contribuito a tale evoluzione349.

All’interno dell’opera di codificazione che si è svolta hanno avuto una notevole influenza tre elementi:

a- sviluppo di una regolamentazione giuridica (qanun) fino a quel momento secondaria;

b- recezione del diritto di un paese occidentale;

c- eliminazione delle forme tipiche del diritto musulmano ed una spinta verso un diritto laico (superamento del divieto di riba e di garar, eliminazione delle giurisdizioni speciali)350.

Questo è avvenuto senza rinunciare all’attaccamento ai principi dell’Islam che sono proclamati nella Costituzione di alcuni stati come la Tunisia, il Marocco, la Siria, l’Iran, il Pakistan; oppure nei codici civili di Egitto ed Irak come sistema per colmare le lacune della legge351.

Oggi si assiste al fenomeno giuridico quasi inverso, in molti stati vi è la tendenza a re- islamizzare il diritto ad introdurre quegli elementi di diritto musulmano che sono spesso troppo limitativi rispetto alle esigenze economico- giuridiche che gli stati e le loro economie hanno, si pensi nel diritto contrattuale al recupero del divieto di riba e garar. Si sta proponendo un ritorno alla shari’a pervasa di formalismo che richiede che sia rispettata la lettera della legge piuttosto che lo spirito; anche in aperto contrasto con lo spirito di fondo che ha caratterizzato l’Islam352.

Ma il diritto musulmano pur essendo immutabile, è anche e soprattutto pieno di risorse; infatti attraverso stratagemmi giuridici (hiyal) ed a finzioni, attraverso la riapertura di quella “porta dell’interpretazione” che per secoli è rimasta chiusa, i giuristi musulmani riescono ad elaborare in materia di diritto dei contratti commerciale delle interessanti opere di ammodernamento del diritto353 che permettono all’economia araba di rimanere al seguito

349F. CASTRO “ Sistema sciaraitico e modelli normativi europei nel processo di formazione degli

ordinamenti giuridici dei paesi del Vicino Oriente” in Il mondo Islamico tra interazione ed acculturazione Roma, 1981, p. 165 ss.;

350 J. SCHACHT “Introduzione al diritto musulmano” Edizioni Fondazione G. Agnelli, Torino, 1995, p.107

ss.;

351 H. DOWIDAR «Les constitution des pays arabes» BRUYLANT, Bruxelles, 1999 p. 12 ss.; 352 Y. B. ALCHOUR «Pol. rel. et droit dans le monde arabe» CERES Prod., Tunis, 1992 p. 53;

353 C. MALLAT “Commercial law in the M. E.” in The American journal of comparative law, 2000 p. 287

di una modernità che è da sempre oggetto di sentimenti diversissimi nel mondo musulmano; da un lato è vista come punto di riferimento e tentativo di avvicinamento nel rispetto di quelli che sono i valori ed i principi dell’Islam, dall’altra (nella visione formalistica) come avversità dalla quale esulare e alla quale opporsi con il ritorno alla shari’a.

In alcuni stati tale contraddizione è più evidente in altri lo è meno. Esempio di un processo di re- islamizzazione del diritto sui generis è il Marocco, dove tale ritorno al diritto musulmano non ha comportato una chiusura del diritto e della società alle esigenze del mondo moderno; si è trattato di una forte opera interpretativa al limite della legittimità mirata a non abbandonare la tradizione in un ottica concreta e non formalistica354.

Questi sistemi giuridici portano alla realizzazione del disegno sanhuriano di porre la shari’a come elemento di rifondazione dei moderni ordinamenti giuridici musulmani. Attraverso questa dinamica attività ermeneutica sia islamica sia laica si deve ridefinire il contemporaneo rapporto tra shari’a a qanun nei sistemi giuridici islamici i quali, muovendo dalle arcaiche fondamenta del diritto musulmano, non possono ignorare (ma neppure accogliere ciecamente) né i risultati raggiunti dagli ordinamenti occidentali, né le prospettive che l’evoluzione del diritto uniforme va disegnando355.

Il diritto musulmano ha sempre riconosciuto all’autorità il potere di prendere misure per mantenere l’ordine della società. Ma questo potere è stato esercitato per secoli con moderazione, senza dare ombra ai teologi dell’Islam. Dal XIX sec. e soprattutto dal XX sec., in numerosi paesi musulmani, non è più così. Si è fatto un uso intenso di questo potere regolamentare, giungendo a sviluppare nel diritto branche interamente nuove. Essendo, generalmente, riconosciuta la necessità di adattarsi ad un nuovo mondo, si sono accettati questi sviluppi soprattutto nel diritto dei contratti e più in generale nel diritto commerciale356.

Il primo fatto rivoluzionario fu quello delle Tanzimat cioè il periodo delle riforme benefiche che ebbe inizio nel 1839 subito dopo la morte di Mahmud II con l’opera del giovane sovrano Gulhane357.

Tale periodo ebbe come sua naturale conseguenza l’adozione dei codici civili e di commercio modellati su quello francese. Per codice si deve intendere, in senso moderno, una raccolta di leggi che contiene, sistematicamente disposte, tutte o la maggior parte delle norme giuridiche disciplinanti una determinata materia. Infatti vengono adottati due codici: il codice civile (il codice delle classi fondiarie) che concerneva la proprietà e tutti i contratti e le obbligazioni che da questa nascevano; ed il codice di commercio (il codice della borghesia) che disciplinava il commercio e gli scambi commerciali, le società e prevedeva una specifica regolamentazione di quei contratti e di quelle obbligazioni che sono tipiche di tali attività358.

354 O. AZZIMAN “La tradizionalisation du droit au Maroc» in Saggi e conferenze, n^ 11, 1993;

355 G. M. PICCINELLI “La dimensione etica del diritto musulmano nei contratti classico e contemporaneo”

in Roma e America Latina 1999 p.171;

356 J. SCHACHT “Introduzione al diritto musulmano” Edizioni Fondazione G. Agnelli, Torino, 1995 p. 100

ss.;

357 F. CASTRO “Sistema sciaraitico e modelli normativi europei nel processo di formazione degli

ordinamenti giuridici dei paesi del Vicino Oriente” in Il mondo Islamico tra interazione ed acculturazione, Roma, 1981, p. 165 ss.;

358 B. BOTIVEAU «Loi islamique et droit dans la société arabe- l’ adaptation d’ un modèle français (école

Mentre in Egitto si ebbe la redazione di due codici (civile e di commercio) nell’impero ottomano tale duplicazione venne snaturata, adattandola ai propri fini. Infatti, venne accolto il sistema del codice di commercio svuotato della sua parte più caratteristica: la disciplina delle obbligazioni e dei contratti. Per regolare tutti i contratti e tutte le obbligazioni venne redatta una condensazione di norme di fiqh hanafita, la Ma’galla che erroneamente è stata considerata il codice civile ottomano359.

Mentre il suddetto modello ottomano è caratterizzato da una contrapposizione tra il codice di commercio e una condensazione di norme di diritto musulmano in materia di obbligazioni e contratti, il già citato modello egiziano riproduce la duplicazione napoleonica delle fonti di diritto privato che si realizza in due distinti codici con una sorta di appendice costituita dal codice di commercio marittimo. Una ulteriore peculiarità fu quella della redazione di due distinti codici civili: quello misto del 1875 e quello nazionale del 1883; tale divisione viene superata con la redazione di un codice civile unico nel 1948 grazie all’opera di al- Sanhuri360.

Verso tale modello si sono orientati numerosi stati arabi, perché viene considerato un vero e proprio codice arabo, con delle sue peculiarità e dei suoi elementi distintivi molto evidenti segno di un forte attaccamento al diritto musulmano, secondo l’insegnamento sanhuriano. Seguiranno tale modello la Libia nel 1953, l’Algeria nel 1975, la Siria nel 1949, l’Iraq nel 1951 e la Giordania nel 1976361.

Per quanto concerne il codice di commercio esso non è stato alterato rispetto al modello del code de commerce napoleonico bensì è stato solo recepito in forma dimidiata. Infatti fanno parte del codice egiziano i soli libri primo e terzo mentre il libro secondo costituisce il codice di commercio marittimo, del tutto assente in Francia come abbiamo sottolineato. Il codice di commercio egiziano nazionale del 1883 è stato, in vigore seppur con numerose integrazioni e tantissimi emendamenti362 nel 1999 si è reso, però, necessario un nuovo codice di commercio che recepisse in modo sistemico la legislazione confusa che si era sviluppata negli anni.

Il titolo primo dell’originale codice di commercio riguarda le disposizioni generali, il secondo i contratti commerciali tra cui viene analizzato la figura degli spedizionieri e dei vettori, ed il titolo terzo riguardante il fallimento.

Naturalmente finché perdurò l’ordinamento giudiziario misto, questo codice di commercio ebbe vigenza nei soli tribunali c.d. nazionali, e di fatto, quindi, il codice di commercio misto (che aveva poche differenze rispetto a questo) veniva maggiormente applicato soprattutto in materia fallimentare dove almeno uno dei creditori era appartenete ad una delle potenze capitolari363.

I codici di commercio marittimo egiziani sia misto sia nazionale recepiscono quello che è il modello ottomano. Ancora oggi il codice nazionale è in vigore seppure le molte

359 M. Z. GARRANA H. A. BOGHDADI “Notizie storiche e sistematiche sul Diritto Civile Egiziano” in

Annuario di diritto comparato e di studi legislativi 1935 p. 17 ss.;

360 M. EL SAYED ARAFA «La circulation du model juridique français – Egypte» Letec, Paris, 1993 p. 47

ss.;

361 F. CASTRO “La Codificazione del diritto privato negli stati arabi contemporanei” in RIVISTA DI

DIRITTO CIVILE, 1985, p. 387 ss.;

362 F. CASTRO “Sistema sciaraitico e modelli normativi europei nel processo di formazione degli

ordinamenti giuridici dei paesi del Vicino Oriente” in Il mondo Islamico tra interazione ed acculturazione, Roma, 1981, p. 165 ss.;

363 E. LAMBERT “Le droit musulman comme élément de refonte du code civile égyptien” Paris, 1938, p. 621-

convenzioni internazionali alle quali ha aderito ne hanno tacitamente abrogato non poche parti.

Importante sottolineare come tale codice non si rifacesse solo al code de commerce francese ma anche ai codici di commercio di Olanda, Portogallo e dal codice di commercio Albertino.

Nel codice di commercio marittimo egiziano la regolamentazione di istituti tipici del diritto marittimo come l’assicurazione ed il prestito a cambio marittimo rappresentavano una rottura con la tradizione sciaraitica, in relazione ad divieto di ribà e ‘garar364.

Contrariamente a quanto si vedrà rispetto alla formazione del nuovo codice civile, in Egitto è mancata la volontà di sostituire i vecchi codici di commercio con nuovi e più aggiornati testi, possibile frutto di una scienza commercialistica egiziana. Va detto, tuttavia, che in materia di commercio marittimo si giunse all’elaborazione di un novo codice di commercio marittimo che fu la fonte principale del codice di commercio marittimo libanese (di cui ampiamente parleremo nei prossimi paragrafi); giunto alle soglie della pubblicazione, tale progetto, nel 1952 non fu mai promulgato.

Così, ancora oggi, resta in vigore il vecchio codice di commercio marittimo modellato sul modello ottomano; naturalmente la normativa è integrata dalle norme uniformi delle varie convenzioni alle quali l’Egitto ha aderito365.

Uguale è il discorso per quanto riguarda il codice di commercio generale, infatti una miriade di leggi hanno modificato ed integrato la normativa.

Come si è accennato l’evoluzione del modello egiziano è legata ed un nuovo codice civile univoche è entrato in vigore nel 1949 con l’abolizione completa dell’ordinamento misto366. Di questo si dirà nei prossimi paragrafi.

In alcuni paesi come la Siria e la Libia la codificazione del codice di commercio sia terrestre sia marittimo, pur seguendo il modello egiziano, è stata da essi superata perché considerata arcaica e si è avvicinata al modello libanese e, per quanto riguarda il codice di commercio libico, al sistema commercialistico italiano367.

In Libia la situazione ha avuto un totale cambiamento in seguito al colpo di stato del colonnello al-Gheddafi nel 1969. questo ha comportato una riforma organica di tutti i codici in vigore; si è prevista la sostituzione del codice civile e del codice di commercio con la redazione di un unico codice civile basato sulle ideologie socialiste (infatti l’iniziativa economica è prerogativa dello stato) e sul codice sovietico e non più su quello egiziano.

Una ulteriore diffusione del modello egiziano si ebbe in Algeria. Difficile è stato il processo di acculturazione giuridica in questo paese poiché la dominazione coloniale è stata ancora più lunga che in altri stati, infatti l’indipendenza avvenne solo nel 1962.

Anche la scelta di recepire in modo aderente al modello il codice civile egiziano dimostra la volontà algerina di riscattarsi dal passato coloniale. Sono presenti gli elementi tipici del diritto musulmano che erano in accordo con gli ideali socialisti, divieto di contratti aleatori e di interessi. Ma nonostante questo non si può parlare di un codice “reazionario” in quanto

364 F CASTRO “La Codificazione del diritto privato negli stati arabi contemporanei” in RIVISTA DI

DIRITTO CIVILE, 1985, p.387 s

365 W. KNAUT «Egyptian Maritime Code» in American Journal of Commercial Law 1952 p. 256-257; 366 D’EMILIA “Il diritto musulmano ed il nuovo codice civile egiziano” in Annuario di diritto comparato

1995 p1-12;

367 F CASTRO “La Codificazione del diritto privato negli stati arabi contemporanei” in RIVISTA DI

tali elementi erano esclusivamente posti ad accentuare alcuni aspetti della ideologia che si voleva fossero evidenti368.

Il codice di commercio algerino del 1975 è derivato, per buona parte dal modello tunisino. Il codice di commercio marittimo venne promulgato nel 1976 ed è di gran lunga il più ampio tra i codici di commercio marittimo dei paesi arabi. Con gli ovvi riferimenti alle idee socialiste (infatti l’armatore è sempre lo stato), esso si presenta come un codice tradizionale che, sostanzialmente, rinuncia a portare avanti le nuove formulazioni degli istituti di diritto marittimo in quanto la struttura dell’attività di commercio marittimo è rimasta legata ad una costruzione tradizionale369.

Nel documento Il diritto marittimo nei paesi arabi (pagine 60-64)