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LE LIMITAZIONI – LE BAIE STORICHE

Nel documento Il diritto marittimo nei paesi arabi (pagine 147-151)

CAPITOLO 5- MARE TERRITORIALE, ZONA CONTIGUA, PIATTAFORMA CONTINENTALE E ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA – interpretazioni ed

5.2 LE LIMITAZIONI – LE BAIE STORICHE

Con riguardo alle disposizioni relative alla determinazione delle linee di base del mare territoriale, che costituiscono un'altra eccezione alla regola della linea di bassa marea, particolare importanza assumono quelle relative alla chiusura delle baie.

La condizione giuridica delle baie è sempre stata oggetto di particolare interesse, poiché gli Stati costieri hanno sempre applicato come linea di base del proprio mare territoriale nelle baie una linea artificiale tracciata all'interno o all'esterno della baia stessa, collegando tra loro i punti contrapposti delle due rive e considerando come acque interne e non come mare territoriale tutte le acque al di qua di tale linea, facendo venir meno quindi il principio della linea di bassa marea.

Le baie sono definite come insenature che penetrano in profondità nella costa e più precisamente le insenature la cui superficie sia almeno uguale o superiore a quella di un semicerchio avente per diametro la linea tirata tra i due punti estremi dell'imboccatura della baia; la distanza tra i due punti non deve superare le ventiquattro miglia. Se la distanza tra i due punti eccede le ventiquattro miglia marine, si può tracciare all'interno della baia una linea retta sempre di ventiquattro miglia, così da lasciare come acque interne la maggior superficie di mare possibile591.

Fanno eccezione ai limiti sopra indicati, in particolare al limite delle ventiquattro miglia, le così dette baie storiche, cioè baie sovente assai ampie che sono ritenute far parte delle acque interne degli Stati costieri, su cui lo Stato stesso esercita di conseguenza la propria sovranità per effetto di determinati presupposti di fatto, quali l'esercizio effettivo di un'autorità, la continuità di tale esercizio e l'acquiescenza da parte degli altri Stati.

589 Plateau continental (Tunisia/Jamahiriya Arabe Libyenne), Arret, C.I.J.Recueil 1982, parr.106-107, pag.77 ss.

590 Cfr. Umberto Leanza “Nuovi saggi di diritto del mare” , 1987 , pag. 27 ss. 591 B.Conforti, “Diritto Internazionale”, 2002, Cedam, pag 267

Varie chiusure sono state giustificate qualificando la baia come storica, ma senza offrire prove serie a riguardo, come nei casi del Golfo della Sirte e del Golfo di Gabès, rispettivamente da parte della Libia e della Tunisia. Vere e proprie rivendicazioni dell'appartenenza di golfi e baie sono state spesso originate da controversie o incidenti in materia di pesca, come nel caso del Golfo do Gabès592.

É da ricordare inoltre che le baie storiche non possono sorgere ipso iure; infatti anche se il fattore tempo dovesse essere considerato un elemento importante, una pretesa di natura storica per produrre effetti riguardo agli Stati terzi, deve essere fondata su una dichiarazione o manifestazione di volontà ufficiale dello Stato costiero.

La Tunisia infatti con legge 73-527 del 1973 ha determinato la chiusura del Golfo di Tunisi(vedi cartina pag. 75), largo 38 miglia con tre segmenti che uniscono le estremità dell'insenatura, Capo Sidi Ali Mekki e Capo Bon, con due isolotti posti al suo ingresso, l'isola di Plane e quella di Zembra, e del Golfo di Gabès (vedi cartina fogli delimitazione), largo 46 miglia, con vari segmenti che partono da Ras Kapudia ed appoggiandosi a punti individuati da boe su bassi fondali giungono sino all'isola di Djerba593. Entrambi questi golfi erano peraltro citati, in precedenza, nella letteratura sulle “baie storiche”in quanto: -la Tunisia aveva esercitato fin dal XIX sec. Forme di giurisdizione esclusiva sulle due aree in materia di sfruttamento delle specie marine sedentarie e sul controllo della relativa attività di pesca;

-entrambi erano compresi tra le baie storiche nello studio previsto dalla Segreteria delle Nazioni Unite per la prima Conferenza del diritto del Mare del 1958594.

Ma gli Stati Uniti avevano più volte dichiarato il loro dissenso difronte alla decisione della Tunisia su golfi (come nel 1988 e nel 1991), individuando la causa principale nel mancato rispetto dei limiti previsti dal Diritto Internazionale per la chiusura delle baie.

La chiusura del Golfo di Sirte invece è stata ottenuta dalla Libia con Dichiarazione del 10 Ottobre 1973, prevedendo il tracciamento di una linea di base di 360 miglia di lunghezza tra le città di Bengasi e Misurata, alla latitudine di 32°30' Nord, così la Sirte ha una profondità massima, nel punto di maggior concavità della costa, di sole 125 miglia; questa circostanza, cui è collegato il fatto che la superficie dell'area è nettamente inferiore a quella del semicerchio avente come diametro la linea di chiusura, fa si che l'insenatura essendo priva delle caratteristiche di mancata indentazione nella terra ferma, non può definirsi una “baia” né da un punto di vista storico né giuridico595.

Nonostante nella Dichiarazione la Libia indichi come causa che gli permette di considerare tale Golfo come baia storica l'aver esercitato diritti di sovranità ”senza alcun contrasto”, durante lunghi periodi della storia, non sono note circostanze, prese di posizione, ufficiali o ufficiose, della Libia dirette a documentare fatti e circostanze si cui si basa il titolo storico acquisitivo della sovranità.

Per tal motivo gli Stati Uniti si sono opposti a tale decisione sin dal primo momento; infatti nel 1974 questi hanno fatto pubblicare una protesta in cui il Governo americano dichiarava inaccettabile la dichiarazione libica, poiché essa costituiva una violazione alle regole del diritto Internazionale, in quanto il Golfo non adempiva alle condizioni necessarie previste dalla Convenzione di Ginevra del 1958. Dichiarando inoltre che non vi era continuità dell'effettivo esercizio della giurisdizione libica sulle acque del Golfo senza opposizione di

592 Umberto Leanza, “Il diritto degli spazi internazionali”,Parte I, Le Tradizioni, 1999, pag. 84 ss. 593 G.Francalanci and T. Scovazzi, “Lines in the sea”, 1994,Pag.74

594 Dal sito <www.marina.difesa.it>, in Glossario di Diritto del Mare, “Baie storiche (Mediterraneo)” 595 Cfr. ibidem

terzi, condizione essenziale affinché il Golfo possa definirsi come “storico”596. Per poi, passare nel 1986 alla fase di confronto armato.

Tra l'altro il dissenso degli Stati Uniti nei confronti delle pretese marittime della Libia è di antica data ed è documentato. Fin dal 1801 gli Stati Uniti rifiutarono di concludere un accordo con il Pashà di Tripoli per ottenere la libertà di transito, nelle acque costiere della Libia, dei mercantili statunitensi in cambio del pagamento di un tributo; successivamente ne derivò un conflitto che portò nel periodo dal 1803 al 1805, al blocco statunitense di Tripoli, alla cattura da parte libica della fregata “Philadelphia” e ad una azione di forza dei Marines in territorio libico.

In assenza di concreti riferimenti documentali è stata avanzata la tesi che l'esercizio della giurisdizione sull'area possa farsi risalire al periodo della dominazione italiana, quando con il Regio Decreto n°312 del 27 Marzo 1913 sulla pesca marittima nella Tripolitania e nella Cirenaica, furono emanate disposizioni intese a regolare la pesca delle spugne al di là del limite delle tre miglia delle acque territoriali. Tale possibilità è stata tuttavia esclusa poiché non è ben chiaro se i banchi spongiferi, su cui venivano esercitati diritti esclusivi di sfruttamento, si trovavano proprio all'interno della Sirte.

É ugualmente considerata priva di fondamento l'opinione che ritiene che l'appropriazione dell'area possa giustificarsi facendo ricorso alla teoria delle così dette “baie vitali”, cioè baie la cui chiusura sia consentita da esigenze economiche e di difesa di una Nazione. In base a tali premesse si ritiene quasi unanimamente, in campo internazionale, che la chiusura del Golfo di Sirte sia illegittima (l'iniziativa libica risulta essere stata riconosciuta esclusivamente da Siria e Sudan). Tutti i Paesi Europei hanno espresso riserve in merito; infatti una nota di protesta è stata formulata nel 1986 dalla Comunità Europea597.

Altra situazione che merita di essere considerata è quella relativa allo stretto di Gibilterra che collega il Mar Mediterraneo all'Oceano Atlantico. Esso prende il nome dalla rocca di Gibilterra, che è tutt'ora possedimento della Corona britannica dopo essere stata occupata dalla Gran Bretagna nel 1704 e acquisita dal Regno di Spagna, al termine della guerra di secessione spagnola, con il trattato di Utrecht del 13 Luglio 1713.

Tale stretto costituisce la principale e la più importante entrata nel Mar Mediterraneo separando la costa marocchina dalla costa spagnola. Il suo punto più stretto non oltrepassa 14.300metri e la sua profondità raggiunge 365metri. Esso è la più importante via d'accesso che permette il rinnovamento delle acque e delle specie marine del Mar Mediterraneo e per ciò si trova anche in una posizione strategica per quel che riguarda la pesca.

Situato a ovest, il mare di Alboràn, in riferimento all'isola di Alboràn che si trova tra il Marocco e la Spagna, costituisce una zona di passaggio transitorio.

La sua lunghezza è di 36miglia e il punto più stretto della sua lunghezza è di 8 miglia tra Capo Marroqui in Spagna e Capo Puntacires in Marocco. A Ovest raggiunge all'estremità delle sue due coste 27 miglia tra Capo Trafalgar in Spagna e Capo Sportel in Marocco, mentre la sua lunghezza non oltrepassa 14 miglia a Est sulla riva europea e Ceuta sulla riva africana (Vedi cart. n° 22 pag.305..libro)598. Quindi lo stretto è costituito essenzialmente da mari territoriali (*). La nozione attualmente vigente di stretto internazionale si basa su di un elemento funzionale ed uno geografico.

596 Driss Dahak, “Les Etats arabes et le droit de la mer”,1986, pag. 87 ss.

597 Dal sito <www.marina.difesa.it> in Glossario di Diritto del Mare, “Baie storiche (Mediterraneo)” 598 Cfr. Driss Dahak, “Les Etats arabes et le droit de la mer“,1986, pag.303 ss.

(*) Per il Marocco le acque interne si trovano tra la costa e la linea di base che congiunge i punti geografici seguenti, in base a quanto previsto dal Decreto del 21 Luglio 1975:

Sono infatti considerati tali le vie d'acqua usate per la navigazione internazionale che mettono in comunicazione due parti dell'alto mare o una parte dell'alto mare con le acque territoriali di un altro Stato straniero.

Rientrano in questa categoria anche gli stretti che collegano, tra di loro o con l'alto mare o il mare territoriale, parti di zone economiche esclusive (UNCLOS 37).

Le modalità con cui viene regolata la navigazione sullo stretto di Gibilterra risale a tempi molto remoti; possiamo menzionare la Dichiarazione franco-britannica del 8 Aprile 1904, a cui aderì successivamente la Spagna con la Dichiarazione di Parigi del 3 Ottobre 1904, e il Trattato franco-spagnolo del 27 Novembre 1912, con i quali gli Stati Parte dichiaravano la libertà di transito attraverso lo stretto599.

Il Marocco in quanto Stato protetto, non solo non aveva partecipato a tali accordi, ma non vi aveva nemmeno aderito. Così l'Accordo di Rabat del 20 Maggio 1956 tra Francia e Marocco, divenuto indipendente, assunse gli obblighi che risultavano dai trattati internazionali conclusi precedentemente dalla Francia in suo nome.

In seguito la Convenzione di Ginevra del 1958 intervenne nel regolare gli stretti, stabilendo che vi fosse applicato il regime del transito inoffensivo non sospendibile (Ginevra I,16,4), conformemente a quanto stabilito dalla Corte Internazionale di Giustizia nel caso dello stretto di Corfù (5 Aprile 1949) e a quanto proposto dalla Commissione di diritto internazionale nel 1956600.

Ma successivamente in virtù della Convenzione di Montego Bay del 1982, essendo stato ampliato il mare territoriale a dodici miglia marine, si sono visti moltiplicare il numero degli stretti in senso giuridico, facendo rientrare in questa categoria molti tratti di mare che fino a quel momento venivano considerati rotte d'alto mare, portando quindi a riconsiderare il regime giuridico del passaggio nell'ambito di essi601.

Il regime degli stretti previsto dalla Convenzione di Montego Bay non si applica nei casi in cui nello stretto vi sia un passaggio d'alto mare, cioè nel caso in cui lo stretto sia più ampio della somma delle estensioni dei mari territoriali degli Stati costieri. Per i rimanenti stretti sono stati istituiti i due seguenti regimi differenti:

-”passaggio in transito”, ossia un passaggio che non può essere impedito e sospeso, valevole per gli stretti che mettono in comunicazione aree di mare internazionale o di zona economica esclusiva con un'altra zona di mare internazionale o di zona economica esclusiva; inoltre tali stretti possono essere sorvolati, a differenza di quanto avviene per il mare territoriale, e attraversati da sottomarini anche senza l'obbligo di navigare in superficie.

-”passaggio inoffensivo”, che si differenzia da quello previsto per il mare territoriale, poiché non può essere in alcun modo sospeso, applicabile agli stretti che uniscono il mare

• Punta Frailicito Lat. N. 35° -47,8 Long. W. 05° -54,6 • Punta Lanchunes Lat. N. 35° -55,6 Long. W. 05° -27,8 • Punta Leona Lat N. 35° -55,2 Long. W. 05° -24,2

Per la Spagna sono considerate come acque interne, quelle che si trovano tra il litorale e la linea di base che congiunge i seguenti punti, secondo quanto stabilito dal Decreto del 5 Agosto 1977:

• Capo Trafalgar Lat. N. 36° -11,03 Long. W. 06° -02,0 • L'isola di Tarifa Lat. N. 36° -00,15 Long. W. 05° -36,50

• Dall'isola di Tarifa al Punto di Acebuche Lat. N. 36° -03,06 Long. W. 05°-27,85.

599 Cfr. ibidem pag.326

600 Driss Dahak, “Les Etats Arabes et le droit de la mer”,1986,pag.332

territoriale di uno Stato a una parte di mare internazionale o alla zona economica esclusiva di un altro Stato; e lo stesso vale nel caso di stretti situati tra le coste continentali ed un'isola di un sol Stato (es. stretto di Messina), sempre che esista una comoda rotta di mare non territoriale percorribile al largo dell'isola. In questo caso inoltre i sommergibili devono navigare in emersione mostrando la loro bandiera e non è previsto il diritto di sorvolo602. Lo stretto di Gibilterra rientra nella categoria degli stretti internazionali ove vige il principio del passaggio in transito.

In questi stretti gli Stati costieri possono adottare, ai fini della sicurezza della navigazione, percorsi obbligatori e schemi di separazione del traffico, nonché regolamenti nazionali di pesca, doganali, sanitari e d'immigrazione.

Infatti l' OMI (Organizzazione Internazionale Marittima), in virtù della sua risoluzione del 20 Novembre 1973, ha istituito in tale stretto uno schema di separazione del traffico, prevedendo una via marittima a Nord, riservata alle navi che si dirigono verso l'Oceano Atlantico e una a Sud riservata alle navi che si dirigono verso il Mar Mediterraneo, la cui larghezza rispettiva è di 2 miglia603.

Il Marocco aderì ben presto alla Convenzione di Montego Bay, mentre per quel che riguarda la Spagna bisognerà aspettare la ratifica del 20 Dicembre 1996 per veder applicato il regime del passaggio in transito.

Inoltre esiste tutt'ora un contenzioso tra Spagna e Gran Bretagna sia per quel che riguarda la restituzione del possedimento, sia per la pretesa britannica di attribuire alla propria colonia uno spazio di acque territoriali.

A riguardo la Spagna al momento della ratifica della Convenzione del diritto del Mare del 1982 ha formulato le seguente dichiarazione:

-la propria ratifica non può essere interpretata in alcun modo come riconoscimento di qualsiasi diritto o situazione relativa agli spazi marittimi di Gibilterra che non sono compresi nell'art.10 del Trattato di Utrecht del 1713 (quest'articolo stabilisce che “Gibilterra spetta all'Inghilterra senza nessuna giurisdizione territoriale e senza comunicazione aperta con la regione attigua dalla parte di terra”)604.

Nel documento Il diritto marittimo nei paesi arabi (pagine 147-151)