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L’IPO discount e il fenomeno dell’underpricing

Diventare un’impresa quotata: le IPO

6. L’IPO discount e il fenomeno dell’underpricing

I criteri di valutazione esaminati all’interno del precedente paragrafo, come abbiamo appena visto, conducono all’identificazione di un valore rappresentativo del fair value e, di conseguenza, alla determinazione di un prezzo di offerta al pubblico.

Tuttavia, in termini operativi, accade spesso che a tale valore, in sede di offerta pubblica iniziale, venga applicato volontariamente un certo ammontare di sconto prestabilito, denominato IPO discount. L’operazione viene logicamente attuata, sulla base delle indicazioni stabilite da parte degli intermediari addetti al collocamento

azionario, con l’intento di invogliare gli investitori all’acquisto dei titoli della società quotanda e, dal punto di vista concettuale, essa trova origine nella consapevolezza dell’esistenza di asimmetria informativa tra le parti. Gli investitori, infatti, potrebbero trovare assai più conveniente investire le proprie risorse in società già presenti sul mercato borsistico piuttosto che assumersi i rischi connessi all’ingresso di una nuova impresa all’interno del mercato regolamentato, e con essa tutte le incertezze derivanti, ad esempio, dalla mancata conoscenza della sua equity story o del management in carica a capo della governance.

Il livello di sconto da apportare sarà stabilito sulla base dei fattori che vanno ad influenzare la capacità dell’impresa di generare risultati nel breve e nel medio-lungo termine, le previsioni di fatturato e le ipotetiche distribuzioni reddituali prospettiche, come i dividendi. Non solo, anche il profilo di rischio, i livelli del flottante ed il contesto strategico-ambientale di riferimento rivestiranno un ruolo primario nell’analisi e nell’individuazione della misura e dell’intensità del discount, così come il track record manageriale e l’andamento a livello generale dei mercati borsistici26.

Quest’ultimo elemento riveste spesso un ruolo primario nella valutazione del capitale societario: l’euforia legata all’andamento dei mercati porta infatti, tendenzialmente, ad una minor prudenza nell’individuazione del valore delle società quotande, e con esse il livello di sconto connesso. Chiaramente gli effetti derivanti da una errata valutazione in sede di IPO si ripercuotono immediatamente nelle fasi successive, a partire dall’aftermarket, attraverso una progressiva svalutazione del titolo.

In termini matematici, il concetto appena visto, può essere così riassunto: IPO-value = Stand alone Value x (1 – IPO-discount)27

L’IPO discount ha in definitiva

la funzione di massimizzare il livello di domanda e aumentare, per coloro che durante il collocamento hanno deciso di investire nell’azienda, la probabilità di ottenere un buon rendimento dall’investimento. In tal modo, si giunge a definire un range indicativo di prezzo e un ‘prezzo massimo’, quest’ultimo da

26 F. Palmucci, IPO Underpricing: un problema di liquidità, Dipartimento di Scienze Aziendali, Università di Bologna, Bologna 2008.

pubblicare entro il giorno antecedente l’inizio dell’offerta pubblica. Il prezzo di “offerta” è infine determinato in base ai risultati dell’offerta istituzionale28.

Così facendo si cerca di individuare una forchetta di prezzo che risulti attrattiva per il maggior numero di investitori che partecipano al road show. Un intervallo di prezzo troppo alto può limitare infatti il numero di investitori potenziali, riducendo l’ammontare di risorse ottenibili durante il processo.

Storicamente, in presenza di IPO ‘standard’, allineate alle imprese comparabili già presenti sul mercato e caratterizzate da un grado di rischio (percepito) contenuto, si sono segnalati discount compresi tra il 10% ed il 30% del valore societario stabilito (solitamente l’intervallo di sconto più ricorrente è del 15-20%). Diversamente, in presenza di IPO con un grado di rischio rilevante, si è notato un aumento del livello di sconto concesso agli investitori, tendenzialmente uguale o superiore al 30%29.

In conclusione, l’IPO discount rappresenta la differenza di valore tra il fair value dell’impresa ed il prezzo di emissione dell’IPO e, secondo una certa dottrina, di cui l’autore Daily è uno dei maggiori esponenti, esso identifica un trasferimento diretto di ricchezza dagli azionisti iniziali ai nuovi investitori che decideranno di impiegare le proprie risorse per concorrere alle esigenze di fabbisogno finanziario manifestatesi.

Concettualmente molto simile all’IPO discount risulta essere il fenomeno dell’underpricing. Esso viene identificato come la differenza di valore tra il prezzo di collocamento delle azioni e la quotazione rilevata nel primo giorno di contrattazioni, ovverosia l’intervallo di tempo immediatamente successivo all’offerta, al netto della variazione dell’indice della borsa di riferimento30.

Storicamente, specialmente negli Stati Uniti, tale strumento ha rappresentato una vera e propria regola operativa ampiamente seguita dagli addetti ai lavori, divenendo quasi necessario apportare una iniziale svalutazione sistematica dei titoli azionari in funzione dell’ammissione al listing. In realtà, si può osservare che l’underpricing non si è diffuso soltanto all’interno del mercato azionario americano, bensì in molti Paesi, con il medesimo scopo di assicurare al titolo della società quotanda performance positive nell’immediato periodo post-quotazione. Con il passare degli anni questa pratica è indubbiamente diminuita, in alcuni contesti è addirittura scomparsa, tuttavia le ragioni 28 Borsa Italiana, Guida alla valutazione, 2004, in

http://www.borsaitaliana.it/borsaitaliana/pubblicazioni/pubblicazioni/guidaallavalutazione.pdf, pp. 49-50. 29 PWC, TS Insights: Key considerations in preparing and executing an IPO – A summary of a recent

IPO Conference in Silicon Valley, January 2010.

ed i principi di fondo che la guidano possono sicuramente, con intensità e modalità diverse, riproporsi in futuro.

Beatty e Ritter hanno dimostrato che il livello di sottovalutazione iniziale in oggetto aumenta al crescere della rischiosità delle IPO, mentre viene mitigato dalla reputazione degli auditor coinvolti31. Ciò evidenzia la possibilità di fornire una più ampia informativa agli stakeholders coinvolti in modo da renderli partecipi e consapevoli del grado di rischio connesso all’operazione così da poter scongiurare o ridurre il livello di underpricing iniziale. Inoltre, secondo Carter e Manaster, il conferire l’incarico relativo al collocamento dei titoli azionari a intermediari di maggior prestigio e reputazione può essere interpretato dagli investitori come un segnale di qualità, una sorta di certificazione dell’operazione che può ridurre il livello di underpricing richiesto32.

Del resto, la presenza di asimmetria informativa può comportare underpricing. Si tratta di tutti quei casi in cui l’emittente risulta maggiormente informato rispetto all’investitore, il quale richiede pertanto uno sconto in funzione dell’incertezza cui va incontro. È possibile spiegare il risultato al ribasso che si genera attraverso la teoria del winner’s curse: i vincitori dell’asta, ovvero gli investitori che per primi riescono ad aggiudicarsi i titoli, sono soggetti tendenzialmente disposti a pagare un prezzo più alto per entrare in possesso delle azioni; tuttavia, dal momento che essi sono a conoscenza del rischio connesso alla possibilità di una errata sopravalutazione del prezzo rispetto al valore reale del titolo, risultano maggiormente propensi a sottoscrivere le azioni ad un prezzo inferiore, stimolando così il fenomeno dell’underpricing appena descritto.

Leite, poi, sostiene che tutti gli investitori soffrono indistintamente di asimmetria informativa e che pertanto la divulgazione di informazioni al pubblico può ridurre la problematica del winner’s curse e quindi il livello di underpricing richiesto33.

Boehamer e Fishe ritengono, invece, che quest’ultimo fenomeno sia incentivato dagli intermediari incaricati del collocamento azionario, i quali solleciterebbero l’offerta di titoli ad un prezzo inferiore con lo scopo di aumentare i propri guadagni attraverso

31 R.P. Beatty, J.R. Ritter, Investment Banking, Reputation, and the Underpricing of Initial Public

Offerings, «Journal of Financial Economics», XV, 1986, pp. 213-232.

32 R.B. Carter, S. Manaster, Initial Public Offerings and Underwriter Reputation, «Journal of Finance», XLV, 1990, pp. 1045-1067.

33 T. Leite, Adverse selection, public information, and underpricing in IPOs, «Journal of Corporate Finance», XIII (5), 2007, pp. 813-828.

l’attività di flipping34. In tal modo si garantirebbero un maggior volume di transazioni e, di conseguenza, maggiori commissioni sulle stesse.

A livello generale, indipendentemente dagli studi e dalle teorie specifiche affermate dagli autori, il fenomeno dell’underpricing, secondo la letteratura economico-aziendale, può essere spiegato e riassunto attraverso la teoria dell’adverse selection e dell’asimmetria informativa. Si ritiene, inoltre, che la decisione di fissare un prezzo inferiore rispetto al valore intrinseco della società sia spesso indotta dalla necessità di collocare sul mercato tutti i titoli a disposizione. Anche l’euforia del mercato riveste un ruolo primario dal momento che essa può influenzare le aspettative dell’azionariato pre- IPO di realizzare ingenti ritorni finanziari nei primi giorni di quotazione e, pertanto, agevolare l’esito positivo della medesima IPO. La divulgazione di notizie che evidenzino l’andamento positivo del mercato possono quindi, a loro volta, supportare decisamente lo stesso fenomeno di underpricing qui descritto.

Per concludere, come affermano gli autori Angiola e Taliento, «tra le altre definizioni date del fenomeno in discorso, emerge un’espressione efficace, icastica, che piace qui ricordare, secondo cui la politica dell’underpricing serve semplicemente to leave a good taste agli investor»35.