2. L’azione tecnico-operativa dell’OMS nelle emergenze sanitarie
3.8 Il terzo caso di “public health emergency of international concern” (PHEIC):
3.8.1 La cronistoria dell’epidemia e le sue conseguenze socio-economiche
ai nostri fini, che hanno scandito l’evolversi dell’epidemia di Ebola tra il 2014 e il 2016507. Il paziente-zero dell’epidemia si ritiene sia stato un bambino di due anni, Emile Oumnouno, morto in un villaggio della Guinea nel dicembre 2013, pochi
(La descrizione è tratta dalla scheda informativa sull’Ebola elaborata dall’OMS, cfr. WHO, Ebola
Disease Virus, Fact Sheet 103, Updated June 2017, disponibile su:
http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs103/en/).
Un vaccino sperimentale, distribuito in un trial in Guinea nel 2015, guidato dall’OMS in collaborazione col Ministero della Salute della Guinea, Medici senza Frontiere, l’Istituto Norvegese di Sanità Pubblica ed altri partners internazionali, è risultato estremamente protettivo contro la malattia. Il vaccino, chiamato rVSV-ZEBOV, è stato somministrato a 5837 persone su un totale di 11841 soggetti coinvolti nel trial. In nessuna delle persone vaccinate si è riscontrata la malattia dieci o più giorni dopo la vaccinazione, mentre sono stati registrati 23 casi in coloro che non erano stati vaccinati (per maggiori informazioni sul trial e il vaccino si veda A.M. HENAO-RESTREPO et al.,
Efficacy and Effectiveness of an rVSV-vectored Vaccine in Preventing Ebola Virus Disease: Final Results from the Guinea Ring Vaccination, Open-label, Cluster-randomised Trial (Ebola Ça Suffit!),
The Lancet , vol. 389 , issue 10068, pp. 505-518).
506 Cfr. WHO, Ebola Disease Virus, Fact Sheet 103 cit e WHO, Ebola Situation Report - 30 march 2016, disponibile su: http://apps.who.int/ebola/current-situation/ebola-situation-report-30-march- 2016.
507 Per la ricostruzione della timeline dell’epidemia si è fatto riferimento principalmente ai vari Situation Reports presenti sul sito web dell’OMS e a A. AGNEW, A Combative Disease: the Ebola Epidemic in International Law, Boston College International and Comparative Law Review, vol.
39, issue 1, 2016, pp. 100-102 e 107-114; A. BINDENAGEL ŠEHOVIĆ., Coordinating Global
Health Policy Responses, From HIV/AIDS to Ebola and Beyond, Basingstoke, 2017, pp. 70-75; M.
DUBOIS et al., The Ebola Response in West Africa, Exposing the Politics and Culture of
International Aid, London, 2015, pp. 6-7; S. ROACHE et al., Lessons from the West African Ebola Epidemic: Towards a Legacy of Strong Health Systems, O’Neill Institute, Briefing Paper n. 10, pp.
giorni dopo essersi ammalato. In Guinea non si sono mai registrati casi di Ebola prima d’ora, per cui il personale sanitario non si rende conto di trovarsi di fronte a tale malattia, e il bambino viene dichiarato morto per una non identificata febbre emorragica. I familiari del bambino contraggono la malattia durante la cerimonia funebre ed insieme ad altri partecipanti la diffondono nei villaggi vicini.
Dopo quasi tre mesi, il 14 marzo 2014, il Ministro della Salute della Guinea pubblica un’allerta per una malattia non identificata, e, poiché in Guinea non sono presenti laboratori capaci di analizzare il virus, invia dei campioni in Francia, lasciando trascorrere ulteriore tempo prezioso. L’incapacità della Guinea di identificare il virus per vari mesi risulta dunque un fattore chiave per la propagazione dell’epidemia di Ebola, che così inizia a circolare, fino ad arrivare oltre confine, in Liberia e Sierra Leone. In questo primo periodo inoltre, privi di adeguate protezioni e una sufficiente conoscenza della malattia, moltissimi operatori sanitari contraggono il virus e muoiono. Il 21 marzo il Ministro riceve la conferma che si tratta di Ebola e il giorno dopo emana una nuova allerta. Il 23 marzo il primo rapporto ufficiale sui casi di Ebola in Guinea viene pubblicato sul sito web del Regional Office for Africa (AFRO) dell’OMS508. L’OMS mobilita un team del GOARN, che cinque giorni dopo viene inviato in loco per assistere le autorità locali. Il team appura che la situazione è molto più grave di quanto inizialmente creduto, e condivide i risultati della sua attività in una conferenza stampa a Ginevra l’8 aprile, definendo l’epidemia «one of the most challenging Ebola outbreaks that we have ever faced»509. Nel frattempo anche la Liberia conferma un’epidemia di Ebola nel Paese.
Il 31 marzo Medici Senza Frontiere, che in assenza di un’assistenza internazionale significativa si è assunta il compito di curare la maggior parte dei pazienti e ha creato un programma specificamente dedicato all’Ebola, impiegando staff internazionale e locale, dichiara che l’epidemia è senza precedenti in termini di
508 Cfr. WHO, Ebola Virus Disease in Guinea, 23 March 2014, disponibile su: http://www.who.int/csr/don/2014_03_23_ebola/en/.
509 Cfr. WHO, Key Events in the WHO Response to the Ebola Outbreak, gennaio 2015, disponibile
diffusione a livello geografico510. Il giorno dopo invece un ufficiale dell’OMS descrive l’epidemia come «relatively small»511.
Il 16 aprile, in una riunione tra l’OMS e l’Unione Africana in Angola, il Direttore dell’AFRO, Dr. Luis Sambo, sintetizza la situazione nei seguenti termini: «Although the epidemic is still rife, we are hopeful that it will be contained and overcome shortly and that we will be able to mitigate its adverse impact on human lives, travel, economies and international trade»512.
A fine maggio anche la Sierra Leone dichiara all’OMS che una vera e propria epidemia di Ebola è in corso nel Paese. Ad inizio giugno è chiaro che i movimenti della popolazione attraverso i confini estremamente labili stanno interferendo con le misure di controllo poste in atto, per cui l’OMS introduce un sistema di sorveglianza dei confini nella c.d. “hot zone”, un’area forestale a forma di triangolo in cui convergono i confini dei tre Paesi coinvolti. La situazione però continua a peggiorare, tanto che il 27 giugno lo Steering Committee del GOARN invia un messaggio alla D-G dell’OMS in cui richiede all’Organizzazione «a more forceful leadership», essendo l’OMS l’unica agenzia con le risorse e lo staff sufficienti per guidare la risposta internazionale513.
Il 20 luglio un cittadino liberiano malato di Ebola viaggia in aereo fino a Lagos, in Nigeria, propagando per la prima volta il virus in un nuovo Paese attraverso il trasporto aereo internazionale. Tale evento scuote profondamente l’opinione pubblica mondiale e dà finalmente il via a piani urgenti per organizzare un
Emergency Committee dell’OMS per valutare la situazione dell’Ebola ai sensi delle International Health Regulations. Il Comitato, convocato dalla D-G a norma
dell’art. 12 delle IHR, si riunisce via teleconferenza il 6 e 7 agosto e raggiunge la conclusione unanime che l’epidemia di Ebola attualmente in corso (che in questo momento conta 1711 casi riportati e 932 morti, rappresentando la più vasta
510 Cfr. MSF, Guinea: Mobilization against Ebola Epidemic, 31 marzo 2014, disponibile su: http://www.doctorswithoutborders.org/news-stories/press-release/guinea-mobilization-against- ebola-epidemic.
511 Cfr. S. SAMB, WHO Says Guinea Ebola Outbreak Small as MSF Slams International Response,
disponibile su: http://www.reuters.com/article/us-guinea-ebola/who-says-guinea-ebola-outbreak- small-as-msf-slams-international-response-idUSBREA301X120140401.
512 Cfr. WHO, Key Events in the WHO Response to the Ebola Outbreak cit. 513 Ibidem.
epidemia di EVD mai registrata), soddisfi tutti i requisiti per essere qualificata come un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale. Il Comitato dunque trasmette le proprie conclusioni, corredate dalle relative temporary
recommendations alla D-G, che l’8 agosto dichiara ufficialmente, per la terza volta
nella storia, l’esistenza di una “public health emergency of international concern” (PHEIC)514. Si segnala che il Comitato raccomanda ai Paesi colpiti, tra le altre cose, di eseguire controlli sui passeggeri in uscita diretti verso mete internazionali, ma assume una forte posizione contraria all’imposizione, da parte di Paesi terzi, di divieti di viaggio e commercio, non essendoci alcuna prova scientifica della loro efficacia nel prevenire l’ulteriore diffusione della malattia a livello internazionale. Il 28 agosto l’OMS lancia una “Roadmap”515 per rispondere all’epidemia, che prevede strategie e obiettivi temporali, ma, di fatto, ai primi di settembre ancora non è stata messa in piedi una risposta a livello internazionale che possa dirsi efficace e coordinata. Così varie organizzazioni tra cui Medici senza Frontiere e l’OMS, insieme a rappresentanti dei Paesi più colpiti dall’epidemia vengono invitati a New York per aggiornare le Nazioni Unite e i leaders mondiali sulla crisi in atto. In un esplicito tentativo di sottolineare la gravità dell’emergenza, Medici senza Frontiere lancia un inedito appello ad un urgente intervento militare, dichiarando che la risposta internazionale al momento è «totally and lethally inadequate»516, mentre il Ministro della Difesa della Liberia sostiene che il virus si stia diffondendo come «wild fire, devouring everything in its path»517.
514 Cfr. WHO, Statement on the 1st Meeting of the IHR Emergency Committee on the 2014 Ebola
Outbreak in West Africa, 8 agosto 2014, disponibile su:
http://www.who.int/mediacentre/news/statements/2014/ebola-20140808/en/.
515 Cfr. WHO, WHO Issues Roadmap for Up-scaled Response to the Ebola Outbreak, 28 august
2014, disponibile su: http://www.who.int/csr/disease/ebola/response-roadmap/en/. Il testo della
Roadmap è invece consultabile su:
http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/131596/1/EbolaResponseRoadmap.pdf?ua=1&ua=1.
516 Cfr. il discorso tenuto dal Presidente di Medici Senza Frontiere International, Dr. Joanne Liu,
alle Nazioni Unite, settembre 2014, il cui testo completo è disponibile su:
https://www.msf.org.uk/article/ebola-un-speech-response-remains-totally-and-lethally-inadequate.
517 Si tratta del discorso tenuto dal Ministro della Difesa della Liberia, Brownie Samukai, al
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, su cui cfr. M. NICHOLS, Ebola Seriously Threathens
Liberia’s National Existence, 9 settembre 2014, disponibile su:
http://www.reuters.com/article/health-ebola-un/ebola-seriously-threatens-liberias-national- existence-minister-idUSL1N0RA1NA20140909.
Il 16 settembre il Presidente degli Stati Uniti Obama annuncia l’invio di 3000 soldati e medici in Liberia per fornire aiuto logistico e medico; seguono nei giorni successivi gli annunci dell’invio di 750 soldati in Sierra Leone da parte della Gran Bretagna, e di 300 dottori e infermieri e 480 militari sanitari in Africa Occidentale da parte di Cuba e della Cina.
Il 18 settembre viene convocata una sessione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per valutare le implicazioni internazionali dell’epidemia di Ebola: si tratta della prima volta in assoluto che il Consiglio si riunisce d’urgenza per discutere di una malattia. Al termine della sessione viene emanata una storica Risoluzione518, che qualifica l’epidemia di Ebola come “threath to international peace and security”. Il 19 settembre il Segretario Generale delle Nazioni Unite crea ufficialmente la UN Mission for Ebola Emergency
Response (UNMEER), la prima missione delle Nazioni Unite in risposta ad
un’emergenza sanitaria, a seguito dell’adozione unanime della Risoluzione 69/1 da parte dell’Assemblea Generale. La creazione dell’UNMEER rappresenta il punto di svolta della risposta internazionale: i fondi promessi e effettivamente raccolti aumentano enormemente e nuovi programmi iniziano ad essere lanciati. Questa risposta vigorosa, seppur ritardata, dimostra come volontà politica e ampi finanziamenti riescano a riportare sotto controllo anche le minacce alla salute apparentemente più incontrollabili.
L’epidemia continua, in costante diminuzione, per tutto l’anno successivo, finché il 31 luglio 2015 l’UNMEER cessa le attività, dopo aver raggiunto i propri obiettivi, di fatto dissipando quasi del tutto anche l’attenzione internazionale sull’epidemia. L’obiettivo dell’OMS diventa allora “getting to zero – no new cases”.
Finalmente, il 29 marzo 2016, l’Emergency Committee, durante la sua nona riunione, conclude che “the Ebola situation in West Africa no longer constitutes a
public health emergency of international concern and the temporary recommendations adopted in response should now be terminated”519.
518 Cfr. SC/RES/2177 (2014).
519 Cfr. WHO, Statement on the 9th meeting of the IHR Emergency Committee regarding the Ebola
outbreak in West Africa, 29 march 2016, disponibile su:
Conseguentemente la D-G dichiara ufficialmente conclusa la PHEIC, terminando anche, in accordo con quanto previsto dall’art. 15 delle IHR, la validità delle raccomandazioni temporanee emanate, sottolineando anche l’urgente necessità che gli Stati eliminino immediatamente ogni restrizione ai viaggi e al commercio in relazione agli Stati colpiti dall’epidemia.
Per comprendere appieno la devastazione creata dall’epidemia di Ebola non basta fermarsi al numero di contagi e di morti, ma è necessario considerare anche le conseguenze socio-economiche da essa causate, che hanno messo ulteriormente in ginocchio tre Stati che solo recentemente erano usciti da un lungo periodo di guerre civili e instabilità, e i cui servizi e infrastrutture sanitari erano estremamente limitati e non in grado di affrontare una crisi di tali proporzioni520. A livello economico infatti la Banca Mondiale ha stimato per i tre Paesi una perdita della crescita economica di circa 1.6 miliardi di dollari nel 2015521 e la disoccupazione è salita a livelli altissimi.
Inoltre, nonostante la diffusione della malattia a Paesi terzi sia stata estremamente limitata522, e nonostante l’OMS avesse emanato raccomandazioni in senso
contrario, il panico per una propagazione incontrollata si è diffuso in tutto il mondo, portando circa 40 Stati ad elevare barriere come la restrizione dell’ingresso ai cittadini dei Paesi colpiti o la sospensione dei voli commerciali verso questi ultimi, tutte misure che hanno influito negativamente su sistemi economici già fortemente provati.
Da un punto di vista sociale merita segnalare che durante l’epidemia le popolazioni locali hanno vissuto nel terrore, non solo dell’Ebola, ma anche di quella che può essere considerata una vera e propria militarizzazione della malattia: per tentare di
520 Per un’analisi dettagliata dei sistemi sanitari in Sierra Leone, Libera e Guinea, e di come le
precarie condizioni iniziali abbiano influito negativamente sull’epidemia, si veda M. DUBOIS et
al., op. cit., pp. 9-13.
521 Cfr. WORLD BANK, The Economic Impact of Ebola on Sub-Saharan Africa: Updated Estimates
for 2015, January 2015, disponibile su:
http://documents.worldbank.org/curated/en/541991468001792719/pdf/937210REVISED000Jan02 002015000FINAL.pdf.
522 Stando ai dati dell’OMS in totale si sono avuti solo 36 fuori da Guinea, Liberia e Sierra Leone:
1 caso in Italia, 8 casi in Mali (di cui 6 morti), 20 casi in Nigeria (di cui 8 morti), 1 caso in Senegal, 1 caso in Spagna, 1 caso in Gran Bretagna, e 4 casi negli USA (di cui 1 morto) (Cfr. WHO, Ebola
contenere l’epidemia infatti Sierra Leone, Guinea e Liberia sono state tutte costrette a dichiarare lo stato di emergenza e ad applicare varie misure anti-contagio, come la chiusura di scuole, restrizioni ai viaggi e in generale alla libertà di circolazione, il divieto di manifestazioni pubbliche, comprese quelle sportive e ricreative e l’imposizione di dure misure di quarantena, che potevano arrivare anche ad un vero proprio confinamento sotto scorta militare. La Sierra Leone ad esempio ha introdotto blocchi stradali, lockdowns, e coprifuoco, reagendo anche a livello legislativo e qualificando come reati la negazione dell’Ebola, le violazioni alle restrizioni alla libertà di circolazione e alcuni tipi di sepolture. Altrove sono stati inviati militari per effettuare perquisizioni casa per casa e sono stati istituiti
checkpoints o cordoni sanitari che hanno separato famiglie e regioni intere. La
popolazione ha dunque spesso temuto anche l’isolamento e la fame, perché da un lato la produzione agricola è fortemente diminuita per mancanza di manodopera (in quanto molti dei lavoratori erano malati o dovevano occuparsi di membri della propria famiglia ammalati), dall’altro le restrizioni ai viaggi e la quarantena hanno impedito o limitato fortemente l’importazione di cibo, facendo salire esponenzialmente i prezzi. Numerose sono state le proteste da parte delle popolazioni: ad esempio il Governo liberiano è stato costretto a interrompere, nel quartiere di West Point di Monrovia, una quarantena che durava da 10 giorni, durante la quale il prezzo del cibo e dei beni di prima necessità era duplicato, dopo che un adolescente di soli 15 anni era rimasto ucciso durante uno scontro tra la popolazione e i militari523. Si segnala che alcune ONG hanno criticato questa eccessiva militarizzazione dell’Ebola; ad esempio Human Rights Watch524 ha ritenuto che le misure adottate dai Governi siano state spesso eccessive, non basate su evidenze scientifiche, applicate in maniera arbitraria e non adeguatamente monitorate, rivelandosi dunque «ineffective from a public health perspective and disproportionately impacting people»525.
523 Cfr. S. ROACHE et al. op. cit., p. 5.
524 Human Rights Watch (HRW) è una ONG internazionale, fondata 1978 e con sede a New York,
che si occupa della tutela dei diritti umani. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito di HRW: www.hrw.org.
525 Cfr. HUMAN RIGHTS WATCH, West Africa: Respect Rights in Ebola Response Protect Health Workers, Limit Quarantines, Promote Transparency, 15 settembre 2014, disponibile su: www.hrw.org/news/2014/09/15/west-africa-respect-rights-ebola-response.
Uno dei problemi fondamentali dell’epidemia è stata quindi la grossa resistenza che si è verificata nelle comunità, che si è sommata alle inadeguate strutture e alle insufficienti risorse umane, rendendo gli sforzi di contenimento estremamente difficili: l’eccessiva militarizzazione, unita alle barriere linguistiche e all'aspetto inquietante dei team medici internazionali, avvolti nelle loro tute protettive, ha talvolta comportato un timore esagerato della propagazione del virus e una generale mancanza di fiducia nel personale sanitario, tanto che molti abitanti del luogo erano convinti che la malattia fosse causata da pratiche di stregoneria o, addirittura, che i medici uccidessero i pazienti, e frequenti sono state le pratiche di “liberazione” dei malati messi in quarantena. È stato dunque necessario innanzitutto diffondere maggiore consapevolezza sul virus e le sue modalità di trasmissione, e, anche grazie alle autorità religiose, promuovere nuove tecniche di sepoltura che prevenissero la trasmissione della malattia.