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La difficoltà di preservare l’identità nazionale tatara

2.5 Amministrazione russa della Crimea nel XIX secolo

2.5.3 La difficoltà di preservare l’identità nazionale tatara

Ovviamente non può stupire che anche la situazione in quelle che erano state una volta le maggiori città fosse ora mutata. Fatta eccezione per Bahčisaraj e Karazubazar, molte delle città un tempo fiorenti erano adesso per lo più in mano russa e divennero centri slavi o greci ed armeni. Città quali Caffa ed Eupatoria, da sempre importanti centri economici, persero d’importanza poiché rimpiazzate dalle nuove città portuali fondate dai russi, quali Balaklava, Kherson ed Odessa.194 Sebastopoli in particolare acquisì una certa rilevanza. Fondata nel 1780 da Potёmkin, questa città ospitava la flotta navale, importantissima per l’affermazione della potenza russa all’interno del Mar Nero e, di conseguenza, Mediterraneo.195 In centri quali Eupatoria, Militopoli e Perekop, inoltre, non c’era più traccia di nessun esponente tataro al governo; solo Bahčisaraj ne ospitava ancora qualche rappresentante nell’ambito burocratico, mentre a Kerč', nel 1847 una piccola comunità aveva ricevuto il permesso di stanziarsi.

L’evolversi delle cose in questa direzione ebbe un effetto catastrofico per la cultura tatara.

Nel XIX secolo, venendo meno la funzione principale delle città, quella di essere cioè centri di comunicazione e luoghi di diffusione della cultura, per la classe tatara appartenente ad un ceto medio-alto fu assolutamente complicato mantenere la propria identità. Nonostante, infatti, il grado di istruzione posseduto dai Tatari fosse relativamente alto e anche una gran percentuale di donne fosse alfabetizzata, nella seconda metà dell’ottocento questo non fu sufficiente a serbare l’identità di questa minoranza.196 Una nuova classe tatara emerse grazie al risveglio di una cultura nazionale solo alla fine del secolo, e fu comunque caratterizzata da tratti differenti rispetto a quella esistente prima dell’annessione della penisola.197

E se questa fu la sorte cui furono sottoposte le classi di alto rango, migliore non fu quella che toccò agli abitanti dei villaggi. Anzi, la classe contadina fu quella che soffrì maggiormente anche nel periodo immediatamente precedente all’annessione, tra il 1768 e il 1783. A partire dagli ultimi anni di vita del khanato, compresi quelli di indipendenza della Crimea, i contadini non furono resi

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Ibidem, p. 89.

194 Ibidem, p. 90.

195 P. R. Magocsi, This blessed land: Crimea and the Crimean Tatars, cit., p. 59. 196 A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit., p. 285.

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partecipi neanche in minima parte delle decisioni politiche riguardanti questa terra. Da sempre libera, l’unico obbligo cui la classe contadina tatara era stata sottoposta negli anni precedenti era il pagamento di una somma ai mirza, i padroni delle terre che lavorava; pagamento che, molto spesso, non consisteva in denaro ma veniva effettuato donando parte del raccolto. Quando la commissione, istituita dal governatore di Tauride Miloradovič, decise che i doveri e gli obblighi che i contadini avevano avuto fino a quel momento nei confronti dei mirza, ora li avevano verso i pomeščik, i proprietari terrieri russi, ribadì anche che a questi ultimi non era consentito impossessarsi di quelle terre. La commissione, inoltre, sottolineò anche lo stato dei contadini tatari, i quali rimasero espressamente individui liberi, non sottoposti a nessuna forma di schiavitù o sottomissione, nonostante le pressioni dei pomeščik che spesse volte premettero per diventare padroni non soltanto delle terre ma anche dei contadini stessi. Senza tenere troppo in considerazione le dichiarazioni della commissione, gli abitanti dei villaggi vennero sottoposti ad una pressione tale che li costrinse a scegliere cosa fare del loro futuro. Le prospettive non erano rosee in ogni caso: quelli che decisero di abbandonare le terre e spostarsi verso il centro si insediarono in luoghi in cui non erano riconosciuti legalmente; coloro i quali optarono per la rimanenza, furono invece sottoposti ad un pagamento verso i pomeščik che venne quantificato con le proporzioni esagerate di metà del raccolto prodotto.198 Nemmeno opporsi a questo sistema di cose sembrò l’opzione migliore, poiché a coloro i quali fecero qualche tentativo il governo rese la vita piuttosto complicata. Durante lo svolgimento della Guerra di Crimea poi, quando numerosi contadini furono rimossi dalle coste, i

pomeščik approfittarono della situazione facendo qualsiasi cosa per impedirne il ritorno. Agendo da

padroni, essi imposero una tassazione elevata sulle terre e privarono i villaggi dei rifornimenti d’acqua, elemento essenziale per la buona riuscita della coltivazione; adottando queste misure, i

pomeščik costrinsero i contadini a rimanere nell’entroterra o a scegliere, comunque non in libertà, di

emigrare sotto l’Impero Ottomano. Se fino al 1789, infatti, il numero coloni russi che si erano spostati in Crimea non era cospicuo, a partire dalle riforme di Caterina e Igel’strom crebbe di molto. Numerosi Tatari in quel periodo interpretarono l’emigrazione come ultima possibilità di poter vivere una vita migliore nei territori ottomani, e lo stesso accadde per la classe sociale dei mirza, cha accoglieva una nobiltà di basso rango.199

Quando il governo imperiale russo tentò di riparare la situazione almeno in parte, adottando una politica difensiva nei riguardi dei mirza, era ormai evidente che l’autorità di quest’ultimi stava disgregandosi e lasciando il posto alla crescente forza degli immigrati slavi. Questo contesto aprì una parentesi poco piacevole nella storia dei Tatari di Crimea, difficile da spiegare

198 P. R. Magocsi, This blessed land: Crimea and the Crimean Tatars, cit., p. 57. 199

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approfonditamente poiché non esistono studi concentrati che ci raccontino quali fossero le condizioni reali dei contadini che lavorarono la terra a partire dal 1860.200 Ciò che invece è possibile affermare con certezza è che la grande pressione effettuata sulla comunità tatara fu il risultato della politica governativa, la quale programmò l’insediamento dei coloni slavi nei territori della penisola.

Considerando il fatto che l’annessione venne attuata anche in vista dei potenziali vantaggi economici che l’impero avrebbe tratto dalla penisola, ci si aspetterebbe che lo stato avesse intrapreso un’immediata politica di ripresa economica e sviluppo. Nella realtà ciò non accadde. Nel 1793, secondo Pallas, la popolazione della penisola di Crimea era composta come segue:

Composizione della Crimea nel 1793 201

Uomini Donne Nobiltà tatara 570 465 Clero tataro 4.519 4.105 Classe urbana e contadina tatara 48.484 99.280 Servi musulmani 343 405 Tatari Nogai 4.331 3.593 Nomadi 1.664 1.561 Mercanti tatari 1.780 1.500 Cristiani non Russi 6.220 5.346 Personale domestico 1.185 247 Personale domestico russo 110 116 Coloni russi 4.861 3.397 Coloni di altre etnie da poco stabilitisi in Crimea 1.987 586 Cosacchi 5.803 0 Clero cristiano 89 33 Servi e ufficiali al servizio della corona 382 270

Il numero di coloni in Crimea, come si nota dallo schema, non fu fino a questo momento poi così cospicuo.

200 Ibidem, p. 90. 201

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A partire dal XIX secolo, con la politica illuminata di Caterina, influenzata dai programmi del Barone Igel’strom, la situazione subì un drastico cambio di direzione.202

Non è un segreto oggi che, dai tempi di Caterina II, venne riconosciuto non solo il grande potenziale economico della Crimea ma anche il fatto che rappresentasse un luogo ideale per vivere. Molte terre appartenute al khan tataro o ai contadini emigrati dopo l’annessione della penisola, una volta confiscate, vennero quindi regalate dalla zarina ai suoi prescelti come concessioni. Altre ancora vennero invece assegnate contrattualmente ad imprenditori stranieri: al francese Josef Blanc, per esempio, venne permesso di utilizzare un territorio vicino la città di Sudak per la produzione di vino.203 Altri territori vennero conferiti a coloro i quali avevano prestato servizio allo stato: Mikhail Vorontsov, eroe della guerra napoleonica ed altre famiglie, quali Potocki e Naryshkin, acquisirono proprietà in Crimea.204

Un’ultima osservazione sull’argomento mette in evidenza che, il fatto che la campagna di colonizzazione promossa dal governo ebbe successo, non significa che per le autorità russe fu semplice riuscire a riempire i territori rimasti vuoti, i quali il più delle volte erano ormai improduttivi. Una prima ondata di Greci, Armeni, Bulgari e Tedeschi, circa 11.000,205 arrivò verso la fine del XVIII secolo: perché essi si insediassero vennero però loro concesse vaste estensioni di terreno e privilegi finanziari.206 La politica di colonizzazione intrapresa dal governo si intensificò tuttavia negli anni compresi tra il 1820 ed il 1860. Nel 1854, infatti, sul totale della popolazione che constava di 250.000 abitanti, i Tatari erano 150.000, con una percentuale in calo dal 90 al 60 per cento,207 i Russi più di 70.000 e la rimanenza era formata da Tedeschi, Greci, Armeni ed Ebrei.208