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Nel 1800 sorsero i primi movimenti nazionali che portarono scompiglio all’interno degli imperi multietnici. Questo avvenne perché, per la prima volta, nacque l’idea di un nazionalismo etnico, che metteva in primo piano il concetto di “popolo”.244

Anche la Russia fu tra gli imperi che videro al loro interno la formazione di movimenti per la rinascita di una specifica nazione. I precetti su cui si

239 M. Kozelsky, Casualties of Conflict: Crimean Tatars during the Crimean War, cit., p. 871. 240

P. R. Magocsi, This blessed land: Crimea and the Crimean Tatars, cit., p. 70.

241 Ibidem, p. 70.

242 P. R. Magocsi, This blessed land: Crimea and the Crimean Tatars, cit., p. 71. 243 Ibidem, p. 72.

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basava l’impero, e cioè concezione dinastica e autocrazia zarista, vennero un poco alla volta messi a repentaglio dalle nuove idee che si stavano propagando.245 Alla base delle insurrezioni c’era il desiderio, inizialmente implicito, di autodeterminazione, il quale mirava ad un’emancipazione che risultò però essere pericolosa per i meccanismi su cui poggiava il funzionamento della struttura zarista.246

Nell’ultima metà del XIX secolo anche i Tatari di Crimea sentirono l’esigenza di essere rappresentati da un movimento esponente della loro nazionalità che si battesse per il raggiungimento di obiettivi politici. Il movimento nazionale tataro nacque dalla presenza di due conflitti contemporanei: quello tra la popolazione musulmana e il governo russo e quello tra il clero tradizionale ed una nuova intellighenzia tatara che mirava ad una modernizzazione dell’identità tatara, appunto. L’incompatibilità presente alla base di questi conflitti promosse l’insurrezione di un movimento di rinascita. L’obiettivo principale era quello di riuscire ad affermarsi, tramite il miglioramento dello status culturale, educativo e socioeconomico, senza venire soggiogati dalla cultura russa in parte occidentalizzata.

Nella pratica, secondo le testimonianze pervenute, i Russi non ebbero particolare riguardo nei confronti dell’eredità tatara. Nessun trattamento a fini conservativi venne riservato ai monumenti e alle opere culturali, fatta eccezione per qualche opera architettonica a Bahčisaraj.

«In Kaffa, the soldiers were allowed to overthrow the beautiful mosques, or to convert them into magazines […] »247

«In Karazubazar, the Tatar cemeteries have been divested of their tombstones [...] »248 «In Gözleve, its trade is annihilated; its houses in ruins; its streets desolated [...] »249

Questo scrisse Edward Clarke attraversando la Crimea nel 1809.

E lo stesso degrado si poteva osservare, secondo quanto riportato da Seymour che viaggiò in Crimea negli anni 50 del XIX secolo, nella città di Simferopoli.

Ancora una volta risulta interessante comparare la visione che viene data, dei medesimi eventi, da parte di uno studioso sovietico della storia della Crimea. Gli stessi atti di distruzione vengono invece interpretati come l’inizio di un periodo di civilizzazione. Scrisse P. N. Nadisnkii all’inizio del XIX secolo:

«The Crimeans were still nomadic or semi-nomadic […] Only Bahčisaraj and Karazubazar retained their medieval characteristics […] In this century Crimea was introduced to Russian culture […] By the mid- nineteenth century, the Crimea had stepped forward on the path of progress and civilization.»250

245

A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit., p. 193.

246 Ibidem, p. 223.

247 Cit. in A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 95. 248 Cit. in A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 95. 249

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Appare quasi innaturale, agli occhi di un lettore, credere che le descrizioni sopra riportate facciano riferimento alla stessa circostanza. Probabilmente, come spesso accade, la veridicità degli eventi deve essere collocata nel mezzo delle fonti; in questo caso, quindi, tutte le narrazioni citate devono forse essere considerate esagerate dal punto di vista di un osservatore oggettivo. Verosimilmente, sentendosi oppressi dai vari tentativi di russificazione, i Tatari svilupparono una visione tanto negativa dell’azione russa. Dal canto opposto i Russi, a giustificazione delle loro campagne di conquista in Crimea, si convinsero di dover relazionarsi con un popolo che necessitava di rientrare negli schemi educativi imperiali, e da ciò scaturì la loro percezione oltremodo negativa verso questo gruppo etnico.

E’ stato già detto in precedenza come il ruolo del clero venne tenuto in alta considerazione dalla politica zarista. Seguendo la volontà della zarina Caterina II nessuna persecuzione religiosa venne intrapresa. Nel 1831, riprendendo il manifesto del 1783, venne emanato un secondo editto in cui venne dichiarato che il Comitato Religioso dei Musulmani di Crimea aveva competenza sulle che questioni riguardanti la vita religiosa musulmana.251 Il clero fu inoltre esonerato da qualsiasi tassazione, questo nonostante si stesse cercando di adottare una politica russificata uniforme che eliminasse le peculiarità. Per questo l’editto fu considerato un documento inusuale, poiché promosse il mantenimento di particolarismi locali rispetto ad una politica che cercava invece di omogeneizzare. Una delle conseguenze che seguì la pubblicazione dell’editto fu però la creazione di un dislivello tra il clero ed i mirza tatari, oggetto di un’intensa russificazione, descritta in precedenza e durata fino agli inizi del XX secolo.252

Al clero musulmano venne concesso anche il mantenimento del monopolio sull’educazione tatara. La struttura secolare della società tatara era ormai pressoché inesistente e la comunità non possedeva nessuno strumento per opporsi ai metodi d’insegnamento occidentali cui veniva sottoposta. Dopo il 1860, infatti, il numero degli iscritti alle scuole russe, appartenenti ad una classe medio bassa tatara, incrementò grazie agli sforzi effettuati dal governo imperiale.

In Crimea, tra il 1877 e il 1898, furono le zemstvo ad organizzare il sistema, la maggior parte delle quali era gestita da personale musulmano. La scelta di applicare il sistema delle zemstvo nella penisola, controllate appunto dal Comitato Musulmano a Simferopoli, trascinò con sé importanti cambiamenti: in questi ambiti nacque, infatti, la nuova intellighenzia tatara. Fu proprio all’interno di questo ambiente che fece capolino un’intellighenzia libera dalle strutture sociali precedenti ma

250 Cit. in A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 96. 251 A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 97. 252

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comunque cosciente di rappresentare la popolazione tatara.253 In pochi anni i nuovi Tatari occuparono le posizioni più diverse, dall’ambito scolastico a quello sanitario ed un po’ alla volta queste figure sostituirono la vecchia ed indebolita élite. Le scuole continuarono ad essere gestite esclusivamente dal clero musulmano fino al 1867 e di conseguenza le prime posizioni innovative nacquero al di fuori della penisola.254 Per la precisione, queste idee rivolte ad un cambiamento nella gestione dell’educazione dei Tatari musulmani iniziarono a diffondersi tra i Tatari di Kazan: fu uno di loro, Shihabeddin Mejani, ad iniziare il movimento per la riforma tatara.255 Convinto sostenitore dell’islam e del fatto che per la sopravvivenza di quest’ultimo fosse necessario adattarsi al mondo moderno, egli ritenne che la lingua araba e la lingua turca non fossero un mezzo valido per la diffusione delle idee moderne che si opponevano all’occidentalizzazione. I suoi principi vennero ripresi da Ismail Gaspirali, punto di riferimento del movimento conosciuto col nome di giadidismo,256 da usul-i-jadid, cioè “nuovo metodo”.257