I nove anni di indipendenza rappresentarono per la Crimea un periodo difficile e tumultuoso. Non esistevano linee guida da seguire per la riorganizzazione della società tatara perché nessun trattato le aveva previste ed il fatto che entrambi gli imperi, russo e ottomano, avessero voce in capitolo in determinate questioni rendeva tutto ancora più complicato. Ad aggravare ulteriormente la situazione si aggiunse il fatto che i Tatari non trovarono, nel corso di questi anni, un leader capace di preservare le loro tradizioni e che riuscisse allo stesso tempo a costruire un’amministrazione politica indipendente e funzionante.127
Nemmeno Şahin Giray, tanto caro alla zarina, riuscì a fornire alla Crimea delle nuove istituzioni a sostituzione di quelle che aveva distrutto dal 1778 al 1783.128
La finale annessione della Crimea alla Russia, avvenuta nel 1783, fu la risposta definitiva che fece terminare questo periodo di disordini.
2.2.1 Il periodo di indipendenza
Nel periodo in cui regnò Şahin Giray, Caterina II non fu impegnata soltanto nella questione concernente la Crimea, ma anche in altre faccende politiche. Nel 1775 essa dovette dedicare parte delle sue energie a reprimere la rivolta cosacca capitanata da Pugačёv, spirito ribelle che si oppose alla sua autorità autoproclamandosi imperatore col nome di Pietro III.129 Una volta repressa l’insurrezione, però, la zarina poté concentrare tutte le sue forze nella conquista della penisola. Nel 1776 Alexandr Bezborodko, segretario di Caterina,130 scrisse all’imperatrice per riportarle alla memoria la ferocia con cui Tatari avevano da secoli, e per secoli, praticato incursioni a discapito della popolazione russa:
«Tsar Ivan Vasil’evich knew well the customs of these treacherous and changeable Tatars […] He knew that the only means of ridding himself of the dangers of the Kazan Tatars had been to take their kingdom under his control.»131
Nello stesso anno la Crimea subì una seconda invasione. Questa volta, sostenuto dai Tatari Nogai, l’esercito russo espugnò la città di Perekop e si diresse verso Bahčisaraj e Caffa. Fatto abdicare Khan Devlet, che trovò rifugio all’interno dei confini dell’Impero Ottomano, Şahin Giray venne eletto khan. Se i Tatari di Crimea possedevano la reale speranza di raggiungere la pace in uno stato indipendente, gli Ottomani invece credevano fermamente che il supporto russo a Khan Şahin fosse
127 Ibidem, p. 59. 128
A. W. Fisher, Şahin Girey, the Reformer Khan, and the Russian Annexation of the Crimea, cit., p. 347.
129 G. Lenzi Castoldi, I Tatari di Crimea, i Tedeschi del Volga, le minoranze scomparse del Caucaso, cit., p. 21.
130 Aleksandr Andreevič Bezborodko (1747-1799) è stato Gran Cancelliere di Russia e, alla morte di Nikita Panin,
Consigliere della politica estera dell’imperatrice Caterina II, della quale ha condiviso ogni progetto.
131
26
dato solo in vista dell’obiettivo finale: la conquista della Crimea.132
Nel frattempo, un’ondata di nobili se ne andò dalla penisola, cercando protezione nell’Impero Ottomano con la speranza che lì venisse rispettato e riconosciuto il loro status sociale.133
Nei suoi anni di regno, Şahin Giray provò a riformare il sistema in Crimea. Egli scelse di non collaborare con i clan che non avevano appoggiato la sua salita al trono, sostenuta da parte russa, e mantenne vicino a sé solo coloro che riteneva essergli fedeli. Caterina, dal canto suo, non ebbe modo di dubitare dell’azione del khan o di aver paura che questo intrattenesse relazioni segrete con i Turchi perché Şahin fu fautore di una politica inflessibile. Per quanto riguarda l’amministrazione provinciale, egli mantenne quella che aveva ereditato: sei province, ognuna delle quali era sotto l’autorità di un bey semi indipendente.134
Durante il suo governo, una pesante tassazione gravò in maniera eguale sulla totalità della popolazione, cosa che sdegnò i Tatari musulmani i quali, ritenendo che il khan appartenesse alla loro stessa religione, attendevano di ricevere un trattamento di favore.135 Questo, tuttavia, fu soltanto uno dei motivi per cui Şahin Giray non fu un khan particolarmente amato; al contrario, la sua politica molto rigida causò un generale malcontento.136 Nel 1777 Caterina II diede l’ordine di preparare il necessario per lo stanziamento nella penisola di immigranti greci e slavi, al fine di “rafforzare la posizione russa in Crimea”.137 Khan Şahin Giray, il potere del quale stava declinando, non poté opporsi ad una terza invasione russa, nella quale le truppe imperiali sconfissero senza difficoltà quelle ottomane, impegnate a loro volta in una sfida contro il governo tataro, sostenuto dall’imperatrice. La figura di Şahin, infatti, riconquistò la sua posizione grazie al completo sostegno russo. In questi anni la zarina nutriva ancora forti speranze nello Stato Indipendente di Crimea, auspicandosi realmente che la situazione si sarebbe assestata.138 Il contesto non era comunque dei più facili; da una parte Khan Şahin procedeva velocemente alla russificazione delle zone andando contro il volere degli abitanti nativi, e dall’altra cresceva l’impazienza dei funzionari russi in Crimea che avrebbero voluto agire contro i Tatari e procedere alla conquista e annessione della penisola.139 Ristabilita la sua posizione, a Şahin risultò tuttavia molto difficile attuare una politica conforme a quella di Caterina II. Durante il suo secondo regno, il khan reputava ancora, nella sua visione forse ingenua, di poter divenire il salvatore della comunità tatara completando la politica di russificazione iniziata in precedenza; ecco un altro, e più importante motivo, per il quale i Tatari presero sempre di più le distanze dalla sua figura. La
132 A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 62.
133 A. W. Fisher, Şahin Girey, the Reformer Khan, and the Russian Annexation of the Crimea, cit., p. 348. 134 Ibidem, p. 350.
135
A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., pp. 64-65.
136 A. W. Fisher, Şahin Girey, the Reformer Khan, and the Russian Annexation of the Crimea, cit., pp. 351-352. 137 A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 65.
138 Ibidem, pp. 65-66. 139
27
situazione in Crimea era, ormai, tale per cui l’esistenza dello stesso khan dipendeva completamente dalla forza russa che gli camminava a fianco, mentre unica altra fonte di supporto era quella della comunità cristiana. Nonostante la posizione instabile, Şahin Giray non si sentiva ancora in pericolo, poiché i cristiani, componente importante della società, avevano assunto un atteggiamento di entusiasmo verso le sue riforme. La comunità cristiana, composta da Greci e Armeni, aveva infatti supportato il regime russo anche tramite attività di spionaggio condotte nelle città di Kefe e Bahčisaraj, nonché aiutato il khan a riconquistare il proprio posto in Crimea. Ora però, la comunità temeva che per le azioni commesse le fosse inflitta una punizione da parte tatara se l’esercito russo avesse abbandonato la penisola. Intervenendo, la zarina decise invece che dovesse essere esattamente la minoranza cristiana a dover evacuare, e la persuase a ristabilirsi in una delle più sicure province russe meridionali, evitando così che i Tatari le si potessero rivoltare contro.140 Fu l’Arcivescovo Ignatij, capo della Comunità Ortodossa in Crimea, assieme ai capi della chiesa armena e cattolica, in rappresentanza delle comunità greche, ad inviare una petizione chiedendo ospitalità in Russia, la quale ovviamente venne concessa. A proposito di quanto accadde, esiste oggi il fondato sospetto che la petizione sia stata scritta solo dall’Arcivescovo della chiesa ortodossa, in quanto si dubita che molti cristiani, in particolare i poveri Greci ed Armeni, si sentissero a tal punto in pericolo vicino ai Tatari da essere ansiosi di lasciare le loro case alla volta di un luogo sconosciuto.141 Al contrario, essi avrebbero avuto anche validi motivi per ritenere che il khan si sarebbe comportato nei loro confronti assumendo sempre un atteggiamento di rispetto. La conseguenza negativa della decisione presa dalla zarina nacque dal fatto che la maggior parte dei cristiani svolgeva la professione di mercante o artigiano e costituiva una variabile fondamentale per l’andamento positivo del commercio. Per il trend economico del regno la loro perdita fu un grave danno, perché né Şahin né la popolazione tatara furono capaci di sostituirli. Questa fu la ragione per cui il khan espresse il proprio dissenso verso le misure adottate, e non perché temesse un attacco ottomano, poiché sotto questo punto di vista rimaneva ancora protetto dalla permanenza russa nel territorio, che in particolare nelle città di Yalta, Aktiar e Caffa impediva un attacco via mare, quanto piuttosto perché preoccupato dalla perdita di circa 32.000 cristiani che lasciarono la penisola.
La situazione, mantenutasi nel complesso pacifica fino a quel momento, esplose definitivamente nel 1781.
Şahin Giray, spinto da una sete di grandezza incolmabile, giunse al punto di mettere l’occhio addirittura sui territori ottomani. Infatti, in cambio del riconoscimento dello stesso khan, gli Ottomani stipularono un accordo con i Russi in base al quale venne loro concessa la porzione di
140 Ibidem, p. 355. 141
28
territorio compresa tra i fiumi Dnestr e Bug, assegnata in precedenza ai Tatari dal Trattato di Kűçűk-Kaynarca. Şahin non soltanto non riconobbe questa concessione, ma si rivolse all’Impero Ottomano reclamando diritti anche sui territori della Moldavia e della Bessarabia, terre tra l’altro mai appartenute al Khanato di Crimea. A seguito di alcune scelte poco sagge e non capaci di dare stabilità al regno, i Tatari reputarono la sua figura sempre più insopportabile, ma la novità fu che la stessa zarina iniziò a rivalutarla, resasi conto che le sue decisioni sprovvedute si facevano sempre più frequenti. Ci volle poco tempo perché la presenza di Şahin Giray fosse ritenuta a detta di ognuno intollerabile, e la sua difficoltà ad ottenere consenso nella penisola aumentò dopo l’emigrazione dei cristiani e la rimozione di molte truppe russe presenti in loco dal 1777. Le relazioni tra la Crimea e la Russia non erano floride già dal 1776, anno in cui il commercio tra i due paesi si arrestò quasi totalmente, senza contare poi che il governo che avrebbe dovuto guidare la penisola in quegli anni non rappresentò un modello capace di risollevare la situazione. Il secondo regno di Şahin Giray, che non riuscì a restaurare i rapporti né con i Russi né con gli Ottomani, si concluse infatti nella stessa maniera del primo: con un fallimento. La sommossa contro le strutture imposte dal khan partì dai Tatari Nogai, i primi, tra l’altro, ad averlo sostenuto nel 1775 e che ora però non si trovavano più sotto la sua guida. Velocemente la ribellione si espanse ed un gruppo di ribelli tatari, stanchi delle ingerenze russe nei loro affari, si scagliò contro lo stesso khan. Le rivolte dilagarono in tutto il regno e la situazione precipitò, tanto che ben presto si percepì il fatto che l’indipendenza della Crimea non avrebbe avuto lunga speranza di vita, nemmeno quando, per la terza volta, Şahin risalì al trono nel 1782.142
Nel 1783, soltanto un anno dopo e guidata dal generale Potёmkin ebbe infatti luogo la terza e definitiva invasione della Crimea. Fu proprio il generale a convincere la zarina che fosse giunto il momento di annettere la penisola ai territori dell’impero. Nel corso di questa terza invasione i toni usati dalla Russia furono diversi da quelli mantenuti negli anni precedenti, poiché la sola cosa che importava era la raggiunta dell’obiettivo. A conquista avvenuta, nel mese di aprile Caterina issò un manifesto che proclamava l’annessione di quella che considerava “la perla nelle conquiste dell’impero zarista” e nel quale prometteva di difendere e preservare le proprietà, i templi e la fede ancestrale musulmana degli abitanti di Crimea.143 L’annessione, inoltre, si caricò di un ulteriore significato; considerato che i Russi sostenevano di non aver ancora riscosso quanto a loro parere si meritavano per la guerra combattuta tra il 1768 e il 1774, la penisola sembrò proprio la giusta ricompensa.
142 Ibidem, p. 361. 143
29 «Facciamo sacra e indefettibile promessa, a nome nostro e dei nostri successori al trono, di trattarli come i nostri sudditi nativi, di rispettare e difendere le loro persone, i beni, i templi e la loro religione naturale […]»144
Queste furono le parole trascritte nel manifesto dell’otto aprile.
A giustificazione dell’annessione si sostenne che la Crimea non avesse saputo trarre beneficio dalla possibilità concessale di essere indipendente. Indipendenza che, forse, fu soltanto una grande finta portata avanti e sostenuta dall’Impero Russo che mirava già al traguardo finale.145 Dal canto suo, all’epoca, la Crimea si sentiva talmente stremata dalle vicissitudini che l’avevano coinvolta nei dieci anni precedenti che non era più completamente avversa all’idea di entrare a far parte dell’impero.
Rimane da capire perché la zarina non abbia proceduto subito all’annessione. La politica adottata dal 1774 al 1782 è complicata da interpretare. Secondo le considerazioni dell’autore A. Fisher, il comportamento di Caterina è comprensibile sulla base del fatto che essa si fosse davvero infatuata del khan tataro e che per questo l’abbia supportato fino alla fine, anche quando le scelte di Şahin furono negligenti.146 Essa infatti credette seriamente che la Crimea sarebbe stata in grado, col tempo, di rimanere una terra autonoma e sopravvivere indipendentemente. Tuttavia, influenzata dalla pressione dei collaboratori che lavoravano al suo servizio e di fronte agli atteggiamenti incoscienti del khan, maturò anch’essa la convinzione che l’annessione fosse, a quel punto, l’unica via d’uscita. Spesso si è fatto riferimento all’annessione della Crimea come parte del Progetto Greco di Caterina, così come parte del progetto sarebbe stata la decisione di muovere la comunità cristiana nella regione di Azov in modo da ricreare “a part of the patrimony of the Gran Prince Constantine”.147
Sostenitore di questa tesi è Zinkeisen, anche se nessun documento che attesti la volontà della zarina è stato nella realtà mai ritrovato.
In ogni caso, quando la situazione fu lampante e l’assimilazione non più evitabile, molti Tatari scapparono volontariamente dalla penisola, non volendo giurare fedeltà ad un sovrano cristiano e temendo di finire sottomessi.148
144
Cit. in A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit., p. 47.
145 A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 69.
146 A. W. Fisher, Şahin Girey, the Reformer Khan, and the Russian Annexation of the Crimea, cit., p. 363. 147 Cit. in A. W. Fisher, Şahin Girey, the Reformer Khan, and the Russian Annexation of the Crimea, cit., p. 364. 148
30