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Poche righe vanno dedicate anche alla figura di Mustafa Cemilev, più volte citato in precedenza e considerato l’eroe nazionale dei Tatari di Crimea.576

Nato nella penisola, precisamente nei pressi della città di Sudak il 13 novembre, nel 1944 all’epoca della deportazione egli aveva un solo anno di età. Ovviamente non ricorda oggi gli orrori che visse, ma nel tempo sviluppò una sensibilità particolare verso la propria etnia. Mustafa Cemilev fu la figura principale del movimento tataro combattente per il ritorno in patria: questa battaglia segnò l’intero corso della sua vita. Sfruttando il permesso dato dall’editto del 28 aprile 1956, il quale non riabilitava i Tatari a tornare in Crimea ma li autorizzava a spostarsi dagli insediamenti, egli si spostò a Taškent, capitale dell’Uzbekistan, dove venne a contatto con la cultura dei suoi antenati.577 Cominciò a scrivere delle brevi letture sulla storia di questo gruppo etnico da presentare di fronte ad un pubblico, tra cui quella del 1962 inviata a P. Grigorenko. Le sue idee presto si espansero e vennero condivise da un numero sempre più alto di Tatari che le fece proprie. In sostanza Cemilev pensava che i Tatari fossero i discendenti dei Mongoli stanziatisi nelle pianure attorno al Mar Nero, e di conseguenza i proprietari legittimi dei territori della Crimea. I Russi, dal canto loro, per primi avevano fatto incursione nel territorio durante le Guerre Russo-Turche del 1736-1739 e 1768-1774 quando vennero uccisi migliaia di Tatari. Una volta conquistata la penisola, i Russi cedettero come regalo molte porzioni di terra; terre che, tuttavia, appartenevano formalmente ai Tatari di Crimea. Questa situazione generò delle emigrazioni di massa, molte delle quali videro nella Turchia la loro meta finale. In 136 anni di unione della Crimea alla Russia una popolazione di 4.000.000 di Tatari di Crimea venne ridotta a 150.000 individui.578

Mustafa Cemilev ed i suoi seguaci considerarono la politica dell’Unione una continuazione della politica imperiale zarista, culminata nel 1944 con la volontà di creare una nuova Crimea paradossalmente senza i Tatari di Crimea. Diffondendo queste idee egli diventò la figura più prominente dell’ondata che promosse un sentimento anti russo misto ad una condanna inflessibile della politica sovietica, la quale a partire dal 1968 venne identificata con il termine di genocidio.579 Inoltre, lavorando a stretto contatto i già citati A. Kosterin, P. Grigorenko ed I. Gabay, il movimento per l’ottenimento dei diritti civili tatari si sviluppò in tempi brevi aiutando Tatari ad emergere da quella situazione di isolamento in cui si trovavano. Dal 1969 venne puntato il dito anche contro la

576 L. Alexeyeva, Mustafa Jemilev, His Character and Convinctions, in E. A. Allworth (a cura di), Tatars of the Crimea.

Their Struggle for Survival, Duke University Press, Durham and London, 1988, p. 51.

577

Ibidem, p. 55.

578 I. Gasprinskij, Documents about Forming a Modern Identity, in E. A. Allworth (a cura di), The Tatars of Crimea.

Return to the Homeland, cit., pp. 121-123.

579 L. Alexeyeva, Mustafa Jemilev, His Character and Convinctions, in E. A. Allworth (a cura di), Tatars of the Crimea.

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leadership post staliniana che nulla aveva fatto per correggere le conseguenze della deportazione. La grandezza di questo esponente risiede nel fatto che egli, parlando della pericolosità cui si incorreva sottomettendosi ai crimini e alle ingiustizie, fece riferimento non solo ai Tatari ma a tutte le etnie vittime di atti crudeli durante il terrore staliniano. Dal 1976, grazie alla formazione da parte di Jurij Orlov dell’Helsinki Group, le autorità sovietiche furono monitorate per controllare se rispettassero o meno i diritti degli individui come stabilito nell’atto finale di Helsinki.580

Nell’analizzare le cause della tragedia dei Tatari egli indicò in primis l’assenza di democrazia nell’Unione Sovietica, governo caratterizzato invece da un atteggiamento di culto smodato nei confronti della personalità del despote. Perciò egli collaborò con gli attivisti dei diritti umani e le sue idee vennero condivise dalla maggior parte di coloro i quali combatterono per tornare in patria. La speranza di un regime democratico e la scelta di cooperare con altri movimenti nazionalisti dell’Unione furono tutte novità introdotte da Mustafa stesso per la prima volta. Anche in questa ideologia risiede il carattere assolutamente pacifico con il quale egli si è sempre contraddistinto, indice di grande risolutezza.

Coscienza civica, pazienza e rispetto delle opinioni e considerazione verso gli interessi altrui sono le qualità che appartengono all’essere tataro ribadite dallo stesso Cemilev durante il suo processo in Taškent nel 1969 e riprese nel 1984 in una corte:

«I swore that no one would ever, under any circumstances, force me to refuse to fulfill my obligation and the duties laid on me by honor, conscience, and national dignity.»581

Questi furono i valori che contraddistinsero l’atteggiamento della comunità tatara.

I Tatari di Crimea non considerarono mai l’ipotesi dell’emigrazione come permanente, nemmeno se si fosse trattato di stabilirsi in Turchia, poiché la questione dell’identità nazionale non si sarebbe in questo modo risolta. Essi rimasero uniti nella loro volontà di rimpatriare: in un sondaggio condotto nel 1968 tra 18.000 Tatari viventi nell’Oblast’ del Taškent, eccetto nove che dichiararono di voler rimanere e undici che si astennero, il resto della comunità espresse il desiderio di voler tornare in Crimea.582

580 P. Reddaway, The Crimean Tatar Drive for Repatriation: Some Comparisons with Other Movements of Dissent in

the Soviet Union, in E. A. Allworth (a cura di), The Tatars of Crimea. Return to the Homeland, Duke University Press,

Durham and London, 1998, p. 228.

581 Cit. in E. A Allworth, The Elusive Homeland, in E. A. Allworth (a cura di), The Tatars of Crimea. Return to the

Homeland, Duke University Press, Durham and London, 1998, p. 273.

582

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CAPITOLO QUARTO - I TATARI DI CRIMEA NELLA SOCIETA’

CONTEMPORANEA

Il crollo dell’Unione Sovietica ha fatto sorgere una serie di conflitti tra la Russia e l’Ucraina concernenti diverse questioni: territoriali, economiche, politiche ed etniche. Per la Russia è stato molto difficile accettare la separazione dall’Ucraina, poiché abituata a detenere rapporti molto stretti con questa Repubblica durante il regime sovietico. Dopo la caduta dell’Unione, Kiev ha invece cercato di intraprendere la propria strada e sviluppare la propria identità di nazione separatamente ed in modo autonomo.583