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3.3 Il governo bolscevico e la questione nazionale

3.3.1 La politica di korenizacija

L’azione che il governo compì prima delle altre fu l’assegnazione, ad ogni gruppo etnico, di un territorio che potesse considerare come appartenente a sé. Già a metà del 1923, per le nazionalità principali che costituivano la popolazione dell’Unione Sovietica era stato delineato il territorio all’interno del quale avrebbero dovuto vivere. Tuttavia, rimanevano da sistemare una moltitudine di etnie minori, le quali erano disperse da un punto di vista territoriale. Per esse il governo rigettò l’opzione dell’assimilazione, poiché unire differenti minoranze avrebbe potuto creare un aumento delle tendenze nazionaliste. Nel piano di organizzazione territoriale bolscevico venne quindi creato un sistema che si sviluppava verso il basso. Il sistema piramidale, strutturato in modo da sciogliersi

370 T. Martin, The Affirmative Action Empire: Nations and Nationalism in the Soviet Union 1923-1939, cit., pp. 9-10. 371 Ibidem, p. 126.

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in unità sempre minori, non escludeva nessuno e si estendeva fino a comprendere ogni singola personalità.

Secondo quanto stabilito dalle risoluzioni del 1923, il secondo passo del governo doveva essere, una volta tracciati i confini delle varie aree, dichiarare lingua ufficiale quella parlata dalla nazionalità dominante. Sempre sulla base di quanto scritto, venne intrapresa una politica di korenizacija, per la quale le élite vennero incorporate ed assunsero posizioni di prestigio all’interno del governo, delle industrie e delle scuole. Meglio ancora, il termine in uso allora da Stalin non era korenizacija ma

nacionalizacija, ad enfatizzare il processo di nation-building messo in atto.373 Nella mente del leader bolscevico era questo l’obiettivo primario da raggiungere. Solo perseguendo una politica di questo tipo il governo sarebbe riuscito a far svanire quella percezione negativa che le popolazioni avevano di una dominazione straniera; inoltre, l’uso della lingua madre avrebbe permesso a chiunque di comprendere la politica sovietica.374 La medesima posizione Stalin la ribadì nel 1929 in un discorso non pubblicato ad una delegazione di scrittori ucraini, in cui sottolineò l’importanza di ricevere un’educazione primaria in lingua nativa: soltanto così le masse si sarebbero innalzate ad un livello culturalmente superiore. Al discorso seguì l’appello ad una rinascita della cultura nazionale durante il Sedicesimo Congresso del Partito, tenutosi nel 1930, dal quale venne prodotta una risoluzione che chiamava a “to assist in all ways the development of national culture and native languages”.375

L’ultima questione, la libera espressione della cultura nazionale come forma identificativa di ogni minoranza, risultò più problematica da affrontare rispetto alle altre. La definizione che diede Stalin delle culture nazionali quando disse che erano “nazionali nelle forme, socialiste nel contenuto” fu volontariamente ambigua. Come riporta l’autore Martin, l’espressione nacional’naja kul’tura esterna meglio il suo significato in italiano se tradotta come “identità nazionale”. Fu esattamente l’identità nazionale che il regime sovietico si adoperò per forgiare, rendendola marcatrice d’identità. Ciò non cambiò il fatto che lo scopo ultimo rimase comunque la creazione di un’unica identità comune, quella socialista, la quale si sarebbe realizzata con un rispetto ostentato nei confronti delle etnie non russe, le quali solo allora non avrebbero più avuto modo di reclamare altri bisogni.376

L’evoluzione della politica di korenizacija risulta un fenomeno complicato da spiegare, soprattutto se considerato che si sovrappose alla rivoluzione culturale ed alla scelta del governo bolscevico di adottare una Nuova Politica Economica. La diversità del trattamento subito dalle regioni orientali ed

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Ibidem, p. 12.

374 Ibidem, p. 12.

375 Cit. in T. Martin, The Affirmative Action Empire: Nations and Nationalism in the Soviet Union 1923-1939, cit., p.

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occidentali mette poi in luce un ulteriore aspetto: viene, infatti, da chiedersi se non sarebbe forse più corretto parlare al plurale, quindi di “politiche delle nazionalità”. In realtà, la risposta a questo punto è contenuta nelle risoluzioni del 1923, che definiscono la politica adottata dal governo una unica ed indivisibile, la quale si poneva come obiettivo la promozione dell’autonomia territoriale, linguistica e culturale di ogni minoranza facente parte dell’Unione Sovietica. Successivamente però, una volta iniziato il processo, la strada si ramificò a seconda delle aree che percorreva. Mentre nelle repubbliche occidentali la creazione di un élite autoctona risultò un processo naturale, e di conseguenza le forze si concentrarono nello sviluppo della lingua propria della minoranza in questione, nelle repubbliche orientali avvenne esattamente l’inverso e ci si preoccupò maggiormente di inserire e formare un élite locale. Va a tal proposito sottolineato che ogni decisione concernente questi aspetti veniva presa a livello locale sulla base di quanto riportato dalla leadership del luogo, e solo in un secondo momento veniva sottoposta all’approvazione del governo centrale.377 A seconda della zona, quindi, le condizioni locali furono decisive per la scelta della politica da perseguire. Ne consegue che, i quattro ambiti espressione dell’identità nazionale esaminati, territorio, linguaggio, élite e cultura, non si svilupparono mai parallelamente, ma assunsero gradi di approfondimento vari.

Non è nemmeno del tutto corretto, tuttavia, ritenere che le categorie di east and west emersero solo con l’implemento della politica di korenizacija. Già nel 1923, prima che il metodo governativo procedesse, il governo giustificò le sue azioni come atti volti all’emancipazione di quelle aree ritenute “arretrate” ed alla creazione di un sentimento di appartenenza ad un determinato gruppo. Spiegando così l’applicazione della politica si capisce come il governo già suddividesse in qualche modo le aree comprese all’interno del suo territorio.

Anche la politica della NEP favorì il processo di indigenousness, di appartenenza ad una comunità, e si intensificò in particolare tra il 1925 e il 1928 in Ucraina e Bielorussia. La centralizzazione dell’offensiva socialista ed il conflitto di classe come parte della rivoluzione culturale minarono la

korenizacija linguistica. Dall’altro lato, però, il potere centralizzato e l’utopia della rivoluzione

culturale favorirono il processo di superamento della condizione di arretratezza, così la politica nell’est si intensificò tra il 1928 e 1932. Nella sostanza, l’offensiva socialista assieme alla rivoluzione culturale rappresentarono un intensificarsi della politica governativa, la quale prevedeva un progetto di costruzione di un’economia centralizzata così come di un sistema di governo ed un piano per minimizzare la cultura nazionale russa e far emergere le identità non russe. Questo favorì ancora l’east rispetto al west. Infatti le zone “sottosviluppate” accolsero questa politica che portava

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con sé assistenza finanziaria e che le supportava nella lotta contro l’identità russa, la quale aveva assunto la forma di una battaglia contro lo sciovinismo grande russo.378

Altra conclusione che emerge dalla politica governativa è che questa fu orientata soltanto alla creazione di un élite nazionale ad un livello però regionale o sottostante; nulla venne fatto per promuovere la partecipazione dell’élite non russa nelle istituzioni centrali. Questo punto è di vitale importanza in quanto ogni teoria nazionalista si è focalizzata sulla mobilità sempre condizionata delle élite non russe nello generare movimenti nazionali.379 Lo scopo della korenizacija fu quello di far passare le varie entità dall’essere colonie all’essere parte integrante dell’Unione, obiettivo pienamente raggiunto nel 1932.

Le personalità non russe non furono comunque completamente escluse dall’élite centrale, in particolar modo negli anni tra il 1920 e il 1930, anno in cui iniziarono i primi movimenti di diaspora e queste iniziarono ad essere considerate come traditrici ed infedeli. Altra spiegazione per cui il numero di esponenti non russi nell’apparato governativo centrale rimase limitato derivò dal fatto che i leader più capaci occuparono ruoli importanti nelle proprie repubbliche e non a Mosca.380 La korenizacija fu più che altro una strategia che per essere efficiente dovette però essere presentata come un obiettivo. Essa mirava alla riduzione della cultura nazionale in identità nazionale e perché fosse possibile bisognava reclutare sostenitori di queste culture.381