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La politica imperiale ed i Tatari di Crimea

2.5 Amministrazione russa della Crimea nel XIX secolo

2.5.2 La politica imperiale ed i Tatari di Crimea

La politica sociale condotta nei confronti dei Tatari di Crimea da parte russa fu abbastanza complicata. Innanzitutto, essa fu differente a seconda dello strato sociale cui i Tatari appartenevano: i mirza, la classe urbana ed i contadini dei villaggi.

All’epoca del Khanato di Crimea, i mirza, che possedevano il controllo di buona parte delle terre, non privarono mai i contadini delle loro libertà, nonostante questi dovessero certamente adempiere ad alcune responsabilità nei confronti dei padroni dei territori nei quali lavoravano. La classe sociale dei mirza, inoltre, aveva un ruolo attivo nella vita politica del paese e condivideva le sue posizioni con alcune minoranze cristiane che vivevano nei centri cittadini.

Come in precedenza meglio ribadito, l’Impero Russo pretese che i mirza si trasformassero in figure ad immagine e somiglianza dei nobili russi. Cooptando i mirza all’interno della classe sociale nobile russa, Potёmkin e Caterina II speravano di facilitare il passaggio dell’intera società sotto il loro potere. Nella realtà però, fu subito chiaro che la concessione dei medesimi diritti di cui godevano i nobili russi ai Tatari non era in ogni caso semplice, ma soprattutto non era richiesta e tantomeno apprezzata dalla stessa nobiltà tatara. Le categorie in cui era suddivisa la nobiltà tatara non corrispondevano a quelle russe e capire chi fosse nobile e chi no fu una reale impresa. In aggiunta, i

mirza molto spesso non si trovarono d’accordo con i precetti applicati dai nobili russi ed opposero

resistenza ai tentativi di questi ultimi quando cercarono di modellarli a loro piacimento. In più, le continue modifiche alle forme amministrative non definirono mai con chiarezza in quali zone di influenza i mirza fossero autorizzati ad esercitare il loro potere.

La situazione rimase incerta fino al 1802, anno in cui Tauride venne finalmente riorganizzata. Allora, il nuovo governatore Miloradovič riuscì a stabilire una commissione composta sia da mirza tatari che da burocrati russi, la quale si pose l’obiettivo di dare una definizione chiara di nobiltà tatara e di diffondere le leggi della dvorianstvo russa tra la società. In pochi mesi la commissione giunse a stabilire che la maggior parte della nobiltà tatara era idonea all’acquisizione del titolo di nobile, dvorjane,184 e che tutte le terre, non importa fossero esse al tempo occupate meno,

182 Cit. in A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 83. 183 A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 84. 184

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appartenenti al patrimonio familiare sarebbero state registrate come pomest’e, cioè proprietà dei

mirza. Non vennero invece ridate loro le terre confiscate dopo l’annessione del 1783 ed i Tatari

senza possedimenti terreni vennero esclusi da qualsiasi ramo nobiliare. Nel 1810, dopo essere giunta a queste conclusioni, la commissione venne sciolta.185

Nella pratica la situazione non fu così semplice da risolvere. Nonostante gli esiti della commissione, i problemi a proposito della nobiltà tatara persistettero. Con la colonizzazione delle terre da parte di popolazioni slave, la continua diffidenza nei confronti dei funzionari russi e la perdita di buona parte del loro potere dopo il 1783, l’autorità dei mirza iniziò a declinare. Alla base di questo processo ci fu una grande contraddizione: nonostante, infatti, le leggi russe dessero l’impressione di voler mantenere i privilegi che spettavano ai mirza anche dopo il 1783, i tentativi di inglobare questa classe all’interno della nobiltà russa rappresentarono un chiaro segnale di come non si volesse nella realtà mantenere diversificata la loro posizione. Le manovre dello stato furono molteplici; con l’editto del 1835, per esempio, per la prima volta venne permesso ai mirza di candidarsi alle elezioni della dvorianstvo, così come nel 1839 venne concesso loro il diritto di registrare i loro figli come nobili anche prima che questi avessero condotto qualsiasi servizio pubblico.186 In questo contesto e nonostante l’élite tatara si stesse visibilmente impoverendo, ci fu anche chi scelse di adattarsi ai precetti russi, servendo lo stato militarmente e civilmente. Alla fine del XVIII secolo le personalità tatare al servizio dell’impero furono, per citarne alcune, Mehmetşa Bey con il ruolo di presidente della nobiltà tatara della Tavričesckaja Oblast’, Kazindar Mehmetağa, membro della corte distrettuale.187

Militarmente, i Tatari di Crimea si distinsero tra le varie minoranze dell’impero per la loro abilità. I regimenti tatari parteciparono alla Guerra Russo-Ottomana e alle ostilità russo francesi scoppiate nel 1806, dove pare siano stati tra i migliori combattenti.188 Ciò a dimostrazione del fatto che, nonostante la pesante emigrazione della nobiltà tatara avvenuta dopo il 1815 e l’opposizione di questa classe sociale alla cooptazione all’interno della dvorianstvo russa, in più occasioni i Tatari di Crimea servirono comunque fedelmente l’impero. Di infedeltà e inaffidabilità si parla invece nelle fonti sovietiche quando si menziona la Guerra di Crimea. Combattuta nella loro terra e contro alleati religiosi ed etnici, fu in quest’occasione chiaramente più complicato per i Tatari prestare servizio all’impero, nonostante pare che anche in questa battaglia il loro contributo sia stato decisivo. I regimenti al servizio in Crimea, così come quelli che stazionarono a San Pietroburgo, compirono il

185 Ibidem, p. 86. 186 Ibidem, p. 86. 187 Ibidem, p. 86. 188 Ibidem, p. 87.

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loro dovere con una tale serietà che lo stesso zar, riconoscendo le abilità belliche di questa minoranza, volle che la scorta personale al suo servizio fosse composta da una cavalleria tatara. La Guerra di Crimea assunse però un significato particolare per migliaia di mirza: risultò, infatti, essere la goccia che fece traboccare il vaso, poiché essi non tollerarono più di dover sottostare alle regole dettate dai Russi. Così, al termine della guerra e stanchi di dover sopportare una tale limitazione alle loro libertà, molti di loro decisero di emigrare nei territori dell’Impero Ottomano. Proprio qui risiede uno degli episodi più tristi della storia tatara del XIX secolo; secolo in cui, in particolare dopo l’assassinio di Alessandro II nel 1881, la politica repressiva nei confronti delle minoranze si inasprì ulteriormente.189 Il numero di Tatari che avevano scelto di emigrare alla fine del XVIII secolo era di 80.000 e si stima che altri 30.000 Tatari siano scappati tra il 1796 e il 1802, periodo di gran confusione in cui si stava cercando di riorganizzare il territorio. La fine della Guerra di Crimea segnò, purtroppo, l’inizio di un’altra grande emigrazione tatara dalla penisola. Prima dello scoppio della Guerra di Crimea, il governo imperiale aveva adottato una politica che mirava a scoraggiare l’esodo tataro. Il governatore della Novorossija disse addirittura che: « […] exodus of the Tatars would have ruinous consequences for the area.»190 Ma al termine della guerra, la politica imperiale assunse la direzione inversa, perché la presenza tatara in Crimea venne percepita come un pericolo. Addirittura fu lo zar dell’epoca, Alessandro II, che cercò di facilitare l’esodo tataro nel 1859, dopo aver ricevuto informazioni a proposito di una possibile collaborazione tra Tatari ed Inglesi e Francesi durante la Guerra di Crimea.

In generale, comunque, la politica di russificazione che mirava ad un’integrazione completa di ogni minoranza, raggiunse il picco alla fine dell’Ottocento.191

« […] This voluntary emigration should be considered as a beneficial action calculated to free the territory from this unwanted population.»192

Stando così le cose, e percependo l’ostilità nei loro riguardi, non stupisce che alla fine del 1860 circa 100.000 Tatari avessero lasciato la penisola. Le stesse fonti ottomane registrarono in quegli anni un alto numero di Tatari di Crimea nelle città del loro impero. La popolazione della Crimea diminuì da 275.000 individui nel 1850 a 194.000 nel 1860. Dei rimanenti, meno di 100.000 erano Tatari di Crimea.

Quando il governo si scontrò con i dati reali, si rese conto della gravità che stava assumendo la situazione e soprattutto del fatto che tutto ciò non rappresentasse di certo il modo migliore per incrementare la produzione agricola ed economica della Crimea, e decise allora di invertire la rotta

189 A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit., p. XII. 190 Cit. in A. W. Fisher, The Crimean Tatars, cit., p. 88.

191 A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit., p. 226. 192

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della politica. Di punto in bianco nessun passaporto venne più rilasciato e le autorità si adoperarono per sottolineare che chiunque fosse uscito dalla zona poi non avrebbe più potuto rientrarvici. Numerosi sforzi vennero attuati anche al fine di migliorare il trattamento riservato a questa minoranza, ma il danno fatto era oramai troppo grave per poter essere sanato e lo stato d’animo dei Tatari rimasti era di desolazione e di continua apprensione per il loro futuro.193