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La situazione dei Tatari non si sviluppò significativamente se non nel mese di marzo 1985 con la presa di potere da parte di Michail Gorbačëv. Egli rivoluzionò il sistema con la politica conosciuta come perestroika, caratterizzata dalla glasnost’, trasparenza, che incoraggiò la partecipazione di tutti i cittadini alla trasformazione della società, mobilizzando l’opinione pubblica. Tuttavia, la credenza che una maggiore libertà fosse compatibile con un governo altrettanto stabile gli fece perdere il potere di molti aspetti da sempre controllati dal governo centrale e dal suo apparato,564 il che portò alla fine del monopolio di potere bolscevico e ad una liberalizzazione rispetto alle molte imposizioni di Stalin e dei suoi successori.565 La sua riforma dall’alto che inglobò la partecipazione delle masse, considerate fondamentali per il successo della perestroika, e alle quali concesse maggiore libertà civile, produsse una sfida all’integrità dello stato sovietico.566 Nel complesso la politica di Gorbačëv seguì la posizione contraria alla politica di fusione bolscevica poiché concentrata piuttosto a salvaguardare il diritto di ogni nazione a svilupparsi culturalmente. L’atteggiamento in generale incoraggiante del Segretario del Partito Comunista però, ignorò completamente alcuni punti cruciali a proposito delle minoranze non russe.567

Certo che il governo si aspettava di trovare qualche intoppo e lamentela, ma non pensava che il risentimento nei suoi confronti fosse tale. L’arresto di Mosca fu causato dalla passata negazione delle nazionalità. Il nazionalismo scaturito si dimostrò una minaccia per le riforme di stampo democratico, poiché la domanda di una maggiore libertà civile assunse la forma di un attacco al cuore stesso dello stato.568

Nemmeno la commissione creata da Gorbačëv, presieduta da Andrej Gromyko per studiare i problemi della minoranza tatara, riuscì a condannare ufficialmente la deportazione del 1944 e a ripristinare la denominazione di “Tataro di Crimea”.

Simbolo di un’era che stava cambiando fu la risposta che diede il governo alla dimostrazione avvenuta nella Piazza Rossa da parte dei Tatari nel 1987. In quell’occasione, invece di reprimere la

563 Cit. in E. A. Allworth, Mass Exile, Ethnocide, Group Derogation: Anomaly or Norm in Soviet Nationality Policies?,

in E. A. Allworth (a cura di), The Tatars of Crimea. Return to the Homeland, cit., p. 202.

564 P. Cockburn, Dateline USSR: Ethnic Tremors, in “Foreign Policy”, No. 74, Washingtonpost.Newsweek Interactive,

LLC, 1989, p. 168.

565 P. R. Magocsi, This blessed land: Crimea and the Crimean Tatars, cit., p. 133. 566 P. Cockburn, Dateline USSR: Ethnic Tremors, cit., p. 169.

567 G. Bensi, Nazionalità in URSS. Le Radici del Conflitto, cit., p. 61. 568

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rivolta con la forza, il governo decise di ascoltare le loro ragioni. Due anni dopo, nel 1989, venne emanato un decreto in base al quale si concesse finalmente ai Tatari di ritornare in Crimea e nel quale il governo sovietico riconobbe l’ingiustizia della deportazione. Iniziò un’ondata immigratoria impressionante: nel 1989 la Crimea ospitava circa 20.000 Tatari e nel 1991 135.000.569

Nel 1988 si assistette ad una vera e propria esplosione dei conflitti nazionali, che vide in prima linea Armeni, Azeri e Georgiani. Nel giro di due anni tutte le Repubbliche dell’Unione dichiararono la propria sovranità, cosa che implicava autonomia politica ed economica nonché una rinascita culturale. Di importanza fondamentale fu il fatto che la stessa Repubblica Russa dichiarò la propria sovranità, non identificandosi più con lo stato centrale e possedendo, alla guida del movimento nazionale, non un bolscevico ma un democratico, Boris El’cin.570 Da qui al momento in cui le Repubbliche si dichiararono indipendenti non passò molto. Nel 1991, dopo il fallimento del colpo di stato delle forze reazionarie e con il crollo definitivo del regime sovietico, quasi tutte le repubbliche proclamarono la loro indipendenza.

Anche il ruolo dei Tatari fu molto attivo. A partire dal 1989 iniziò un altro grande dibattito: quello riguardante l’indipendenza della Crimea. Ci fu chi optò per l’autonomia, convinto che avrebbe potuto trarre ricchezza da una zona economica libera e chi si chiese se la penisola, una volta acquisita l’indipendenza, avesse dovuto rimanere con l’Ucraina Sovietica o tornare con la Russia. Nel 1991 per ovviare la questione venne indetto nella penisola un referendum: il 93 % votò a favore di una ricostruzione della Repubblica Socialista Sovietica di Crimea. Nel frattempo l’Ucraina, che stava ridefinendo la sua posizione con l’Unione, si proclamò stato sovrano nel luglio del 1990. Il parlamento di Kiev riconobbe quindi la neonata Repubblica di Crimea ma come parte dell’Ucraina. Ancora una volta i Tatari non trovarono pace e vennero catapultati nel corso degli eventi. A giugno del 1991 alcuni delegati delle varie comunità tatare ristabilitesi in Crimea si riunirono a Simferopoli e formarono il Kurultay per dire la propria a proposito del futuro della loro terra. Adottarono una dichiarazione di sovranità nazionale e annunciarono la loro intenzione di ristabilire uno Stato Tataro di Crimea sovrano, con un organo rappresentativo, il Mejlis, che ospitava trentatré membri, diciassette dei quali appartenevano all’ OKND, partito radicale tataro. Tra l’altro i primi due leader di questo partito, Cemilev e Refat Chubarov, vennero eletti capo e vice capo del Mejlis. Nell’estate del 1991 tre forze si scontravano per rappresentare gli interessi politici della Crimea: lo Stato Sovrano di Ucraina, del quale la Repubblica era formalmente parte, il Soviet Supremo della Repubblica di Crimea, dominato in particolare da bolscevichi e il Mejlis, determinato a far della

569 P. R. Magocsi, This blessed land: Crimea and the Crimean Tatars, cit., p. 133. 570

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Crimea una Repubblica Tatara.571 Questa era la situazione quando gli eventi a Mosca evolvettero tanto velocemente da creare un grande impatto non solo in Crimea ma in tutta l’Unione Sovietica.

La situazione in cui vissero i Tatari durante gli anni ottanta continuò ad essere ostica. Molti atti distruttivi colpirono la loro comunità prima del 1990 e una volta tornati in Crimea la situazione che li accolse non fu migliore. Quando ricevettero il permesso regolare di ristabilirsi in quella che era ora la loro terra si scontrarono con ben altri problemi, come testimoniano le lettere scritte dagli stessi tornati in patria, che definirono il ritorno “exchanging relative prosperity (in Central Asia) for poverty”, tanto arretrata era la penisola. Le condizioni delle strutture in cui risiedevano erano pessime: senza gas per cucinare o per riscaldarsi, condizioni igieniche inesistenti e affitti altissimi per vivere in stanze sovraffollate.572

Dopo il 1989 anche l’NDKT, il Movimento Nazionale dei Tatari di Crimea, in russo Natsional’noe

Dvizhenie Krymskich Tatar, continuò ad esistere e ad avere un atteggiamento sempre più ostile nei

confronti dell’OKND, leader del quale Jurij Osmanov venne assassinato nel 1993.573 L’Organizzazione del Movimento Nazionale dei Tatari di Crimea, OKND, partito più radicale, rimase sempre il partito più forte tra i due. Mai violento utilizzò però metodi più diretti. Il suo principio guida era “The return of all the Crimean Tatar people to their historic homeland and the restoration of their national statehood.”574

L’ottimismo e la risolutezza caratterizzanti questo gruppo etnico spiccarono anche in questa occasione, in cui un sentimento di estraneità alla loro terra non prese il sopravvento sulla loro volontà di riappropriarsi dei loro diritti. Essi per anni si erano sentiti senza casa, estranei in Uzbekistan ed ora estranei in Crimea. Mustafa Cemilev, presidente del Mejlis, utilizzò queste parole per descrivere l’atteggiamento dei Tatari di Crimea: «We can be optimistic in these difficult times, because we have survived much more dismal periods in the past […].»575

La fede, unita ai tratti personali dei Tatari, un grande senso morale e dei diritti umani, di giustizia e onore, contribuì alla formazione di un’autostima e di una chiara identità che permise a questa minoranza di combattere negli anni avendo un quadro chiaro del loro essere.

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P. R. Magocsi, This blessed land: Crimea and the Crimean Tatars, cit., pp. 134-135.

572 E. A. Allworth, Renewing Self-Awareness, in E. A. Allworth (a cura di), The Tatars of Crimea. Return to the

Homeland, cit., p. 22.

573 A. Wilson, Politics in and around Crimea: A Difficult Homecoming, in E. A. Allworth (a cura di), The Tatars of

Crimea. Return to the Homeland, cit., p. 283.

574 Cit. in A. Wilson, Politics in and around Crimea: A Difficult Homecoming, in E. A. Allworth (a cura di), The Tatars

of Crimea. Return to the Homeland, cit., p. 285.

575 Cit. in E. A. Allworth, Renewing Self-Awareness, in E. A. Allworth (a cura di), The Tatars of Crimea. Return to the

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