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LA FORESTA COME DESERTUM: FORESTA E DESERTO BIBLICO

CAP. 3 – LA FORESTA NELLA LETTERATURA TARDOLATINA E ALTOMEDIEVALE

3.2 LA FORESTA COME DESERTUM: FORESTA E DESERTO BIBLICO

Con la fine delle persecuzioni anti-cristiane prima207, e l'adozione del Cristianesimo come religione ufficiale dell'Impero Romano poi208, la Bibbia e le numerose agiografie dei santi cristiani divennero i testi più influenti nella cultura occidentale tra età tardo-romana ed alto-medievale. L'importanza assunta da queste opere, e dalla religione cristiana, a partire da quest'epoca è fondamentale per comprendere qualsiasi aspetto della cultura e della letteratura medievale. Corinne Saunders scrive:

The definition of the forest as uncultivated landscape, rather than simply as woodland, allowed the writers of the Middle Ages to equate easily the forest of their own times and the desert of the Bible. This desert landscape carried with it specific associations of solitude and divine inspiration which were to be appropriated as part of the forest's symbolism in the romances. Such associations fitted in well with the idea of the forest as a separate landscape governed by its own laws and defined by its wildness.209

Che il deserto nei testi sacri (le cui vicende sono ambientate prevalentemente nei territori del vicino e medio Oriente) assuma lo stesso ruolo di spazio selvaggio assunto dalle foreste nella tradizione letteraria occidentale è comprovato anche dalla contrapposizione con lo spazio della città: nella Bibbia, sin dal libro della Genesi, sono narrate le vicende di varie città, a partire dalla prima ad essere fondata da Caino, la città di Enoch (che porta lo stesso nome del figlio del suo fondatore)210. Come Enoch, altre città (su tutte Sodoma, Gomorra e Babele) vengono raccontate nell'Antico Testamento, e tutte quante si connotano come corrotte da vizi e peccati invisi a Dio (il quale non

207Attorno al 313 d.C., con l'Editto di Milano promulgato dall'Imperatore Costantino I. 208A partire dal 380 d.C., quando Teodosio I promulgò l'Editto di Tessalonica.

209Saunders, p. 10.

esita a distruggerle, con tutti i loro abitanti, per punirle di tali peccati); in contrapposizione a queste città, fondate e abitate da uomini malvagi o viziosi, il popolo prescelto da Dio, il popolo ebraico, dopo la fuga dall'Egitto, compie il proprio esodo nel deserto tra Egitto e Palestina, alla ricerca della Terra Promessa211. Quella del popolo di Mosè è una vita nomade, trascorsa tra gli spazi selvaggi del

desertum, sede di prove spirituali. Come scrive Le Goff:

Di fronte alla città, creazione di Caino, il deserto conserva a lungo la sua buona reputazione nell'antico Israele. Malgrado le difficoltà della traversata del deserto al momento dell'Esodo, il ricordo del mondo del deserto doveva rimanere nella memoria degli ebrei.212

Solamente una volta raggiunta la Terra Promessa anche il popolo ebraico può convertirsi alla vita sedentaria, in una città non più "malvagia", bensì voluta da Dio: Gerusalemme. Dopo la conversione alla vita sedentaria, per il popolo d'Israele il deserto assume un nuovo significato, con un'evoluzione da luogo di peregrinazione e messa alla prova da parte del divino a luogo di non-attaccamento213. Sempre citando Le Goff:

Oltre che un luogo, il deserto nell'Antico Testamento era un'epoca, un periodo della storia santa, durante il quale Dio ha educato il suo popolo.214

Nel Nuovo Testamento l'immagine del deserto assume un significato diverso: per Gesù il deserto è il luogo delle tentazioni, dimora degli spiriti maligni (Mt. 12, 43), dove Satana cerca di tentare Cristo (Mt. 4, 1). Il deserto ha dunque prevalentemente una valenza negativa, anche se in alcuni frangenti Gesù vi si rifugia per cercare la solitudine, la riflessione e la preghiera (Mc. 1, 35). Il popolo ebraico ai tempi di Gesù è divenuto pienamente sedentario, e il deserto incarna ormai il luogo della selvatichezza, contrapposto alla città: con questa connotazione esso passa alla cultura occidentale, con la diffusione del Cristianesimo.

Uno dei fenomeni che presero maggiormente piede con la diffusione del Cristianesimo nell'Europa occidentale fu quello dell'eremitismo: molti testi agiografici narravano le vicende di uomini che, abbandonate le ricchezze terrene, si dedicavano ad una vita di preghiera e meditazione

211Tali vicende sono in gran parte narrate nel Libro dell'Esodo.

212Le Goff, Il Meraviglioso e il Quotidiano nell'Occidente Medievale, p. 28. 213Le Goff, Il Meraviglioso e il Quotidiano nell'Occidente Medievale, p. 28. 214Le Goff, Il Meraviglioso e il Quotidiano nell'Occidente Medievale, p. 29.

in luoghi deserti215. Questi loci deserti venivano spesso descritti come delle vere e proprie solitudini, connotandosi più per il loro essere disabitati ed inospitali che per un'effettiva deserticità geografica. Nella Vita Sancti Pauli Primi Eremitae, opera scritta nel 376 da San Girolamo, viene così descritto il luogo in cui trova rifugio l'eremita Paolo:

Tandem reperit saxeum montem, ad cujus radices haud grandis spelunca lapide claudebatur... animadvertit intus grande vestibulum, quod aperto desuper caelo, patulis diffusa ramis vetus palma contexerat, fontem lucidissimum ostendens.216

La spelonca nella quale si ritira l'eremita risponde ai canoni del locus amoenus, pur trovandosi nel mezzo del deserto; a riguardo, Saunders scrive:

The deserts of the Bible and of saints' lives, the works which most frequently present the desert as a complex literary topos as well as a landscape necessary to the construction of the narrative, contain mountains, rocks, trees, springs, plants, and caves, and harbour a variety of wild beasts. The "desert fathers" such as Paul and Anthony, inhabit not a Sahara-like landscape, but a surprisingly variegated one, defined by solitude and isolation, and thus interchangeable with the concept of wilderness.217

Il ruolo topografico svolto nella Bibbia dal deserto del mondo mediorientale non può che essere associato dai credenti del mondo cristiano alle foreste che in quei secoli coprono gran parte del territorio europeo: così, mentre i testi agiografici sulle vite dei primissimi santi eremiti (i quali provenivano dal mondo mediorientale), ambientano i loro esili spirituali in loci deserti (oltre all'esempio citato della Vita Sancti Pauli, vanno ricordati la Vita Antonii scritta attorno al 360 da Atanasio e le Conlationes di Giovanni Cassiano, risalenti all'inizio del V secolo), i primi eremiti del monachesimo occidentale cercano la solitudo nelle foreste. Due esempi vengono citati da Le Goff: Colombano e Ronan, entrambi monaci irlandesi.

L'itinerario del più celebre di questi monaci irlandesi, Colombano (540-615), è esemplare. Nel 575 prende il mare, ma diretto verso il continente. Dall'Armorica passa in Gallia. Il re di Borgogna, Gontrano, gli offre di stabilirsi a Annegray, nei Vosgi. Il posto gli piace, scriverà il suo biografo Giona di Bobbio verso il 640, perché è in mezzo a una foresta: è "un vasto deserto, un'aspra solitudine, una terra pietrosa"... Dopo una lunga peregrinazione, il vecchio arriva in Italia settentrionale e vi sceglie, nel 613, un luogo isolato in una foresta: 215Il desertum biblico ha un significato diverso dal "deserto" inteso come luogo geografico; il desertum è definito dalla sua estraneità alla città, dalla sua inabitabilità e dalla sua selvatichezza. Come nota la Saunders: "The emptiness which the term implies refers not to physical but cultural emptiness" (p. 11).

216San Girolamo, "Vita Sancti Pauli Primi Eremitae", 5, in Patrologia Latina, 73, a cura di J.P. Migne, Parigi: 1860. Traduzione in: Opere Scelte di San Girolamo – Vol. I, a cura di E. Camisani, Torino: UTET, 1971, p. 224. "S'imbatté finalmente in un monte roccioso, ai piedi del quale si apriva una caverna non molto vasta, ostruita da una pietra... Perlustrando l'interno con avida cura, vi scorse un ampio vestibolo, aperto verso l'alto; tuttavia lo riparava, a guisa di tetto, una vecchia palma dai lunghissimi rami, che lasciava filtrare tanta luce da mettere in mostra una sorgente cristallina."

Bobbio. Per costruire il monastero, il vecchio abate si fa ancora una volta monaco taglialegna.218

La storia, la leggenda, di un altro santo irlandese, Ronan, venutosi a stabilire nella Bretagna continentale, ritrova i temi del deserto-foresta. "Si addentra nel... deserto e arriva alla foresta di Nemet (o Nevet) in Cornovaglia". A suon di miracoli protegge il vicinato dai lupi. Ma suscita la collera di Satana che, servendosi di una contadina, la diabolica Kéban, finisce con il mandarlo via.219

L'assimilazione tra deserto e foresta diviene quindi frequente: assumono valenza significativa la vuotezza dei luoghi boschivi e la loro aridità. I boschi non sono visti come luoghi ricchi di risorse, bensì come luoghi privi di vita in quanto lontani dalla civiltà, nonostante l'ampio uso che ne viene fatto dal punto di vista economico:

L'epiteto quasi naturale per la foresta è "gaste", vuota, arida e, vicini alla foresta, sono i sostativi "gast" e "gastine", luoghi incolti, lande boschive... Tutte queste parole derivano da vastum, "vuoto".220

Il fenomeno dell'eremitismo forestale può essere ricollegato al desiderio, da parte della civiltà, di "colonizzare" gli spazi selvatici: i monaci eremiti escono dalle città, abbandonando tutti i propri averi, per fondare un nuovo monastero nel mezzo della foresta. Attraverso questi monasteri, nuovi semi di civiltà vengono sparsi nei territori che ad essa sono sempre stati estranei. Come Gilgamesh, Romolo e Beowulf, anche i monaci eremiti escono dalle città per tentare la conquista del desertum forestale, mossi dal loro fervore religioso: mentre nell'Antico Testamento il deserto non è luogo colonizzabile, in quanto privo di risorse e dunque di interesse per la civiltà, il deserto-foresta del Cristianesimo medievale offre la possibilità agli ordini eremiti di fondare delle vere e proprie micro-città, i monasteri. Come scrive Le Goff:

Una espressione della Vita di Antonio nella sua traduzione latina divenne un topos della letteratura monastica: desertum civitas, il deserto-città... Nell'Occidente latino dell'alto Medioevo i modelli urbani della tarda antichità, ancora così vivi, si imposero ai monaci.221

E infatti il desertum dell'Europa occidentale verrà pian piano conquistato dagli ordini monastici nel corso del Medioevo, permettendo un progressivo allargamento della civiltà verso i territori abbandonati durante la crisi economica e culturale che aveva caratterizzato l'età post-imperiale.

218Le Goff, Il Meraviglioso e il Quotidiano nell'Occidente Medievale, p. 33. 219Le Goff, Il Meraviglioso e il Quotidiano nell'Occidente Medievale, p. 33. 220Le Goff, Il Meraviglioso e il Quotidiano nell'Occidente Medievale, p. 37. 221Le Goff, Il Meraviglioso e il Quotidiano nell'Occidente Medievale, p. 32.