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Le prospettive future per l’interprofessione

L’interprofessione, se utilizzata nel modo corretto, incoraggia, facilita e rende sistematico il dialogo fra i diversi soggetti della filiera e il confronto sui rispettivi obiettivi, esigenze e problemi. In questo modo, la filiera è continuamente stimolata alla riflessione, all’analisi e alla ricerca e alla negoziazione di soluzioni e strategie comuni.

Le proposte e le iniziative concordate nell’interprofessione hanno enormi vantaggi rispetto a quelle provenienti solamente da una singola organizzazione o categoria. Sul piano politico, in virtù della loro ampia rappresentatività, esse acquisiscono una notevole forza e credibilità nei confronti dei decisori pubblici nazionali ed europei, i quali, di conseguenza, sono più inclini ad ascoltare ed eventualmente concedere un adeguato sostegno normativo o/e finanziario.

381 Edizioni L'informatore Agrario dell’11 aprile 2019 www.informatoreagrario.it/filiere-

163 Sul piano economico, la concentrazione degli sforzi e delle risorse della maggioranza degli operatori di una filiera aumenta l’incidenza delle misure concordate sugli obiettivi desiderati e rafforza l’efficienza delle risorse impiegate. Per esempio, nei campi della promozione, della comunicazione, della ricerca applicata e della sperimentazione, si potrebbero conseguire notevoli risparmi eliminando o riducendo sovrapposizioni e frammentazioni di competenze e di attività e delle dispersioni eccessive di risorse.

Un altro vantaggio dell’interprofessione è rappresentato dai suoi effetti di responsabilizzazione dei rappresentanti della filiera nel progettare e contribuire al futuro dei propri membri. La condivisione di obiettivi comuni e il disegno di strategie mirate consentono di orientare la filiera a livello nazionale verso l’evoluzione futura della domanda e le emergenti richieste dei consumatori, nonché di preparare gli operatori ad affrontare al meglio gli eventi e a saper cogliere le opportunità delle sfide che si prospettano all’orizzonte.

Lo strumento dell’organizzazione interprofessionale, tuttavia, se da un lato può contribuire a fronteggiare le problematiche che scaturiscono dai rapporti di filiera, dall’altro, però, potrebbe comportare il sorgere di ulteriori criticità. La partecipazione all’interprofessione della grande distribuzione potrebbe, infatti, presumibilmente costituire un mezzo per questa di raccogliere ulteriori dati per esercitare pressioni sui prezzi. Di conseguenza, i produttori, qualora le loro associazioni non fossero correttamente sviluppate a livello nazionale o non fossero messe comunque in condizione dalla normativa di svolgere il compito principale per il quale sono state ideate, potrebbero subire ulteriori pregiudizi.

L’analisi comparativa tra l’interprofessione francese e italiana ha fatto emergere profonde differenze tra i due Paesi. Il dato più intuitivo riguarda il numero delle Oi riconosciute, ma gli elementi di distinzione sono molteplici e hanno radici più profonde da ricercarsi sia in una maggiore sensibilità del legislatore francese nei confronti di tali temi sia in un differente retaggio di matrice culturale.

A differenza di quanto accaduto nel panorama giuridico italiano il legislatore francese, infatti, sin dalla legge del 6 luglio 1964 n. 678 sui contratti di integrazione, ha sempre incentivato e promosso le associazioni tra i produttori agricoli con normative che miravano ad accrescere il potere contrattuale dei

164 produttori agricoli sia all’interno delle organizzazioni di produttori che in un secondo momento nella contrattazione collettiva interprofessionale.

Il successo dell’interprofessione francese scaturisce non solo dalla lunga storia che ha permesso di acquisire un’esperienza nel settore decisamente più strutturata che in Italia, ma anche dalla forte condivisione tra i diversi operatori degli obiettivi della filiera agroalimentare. A ciò si aggiunge una certa abilità, stimolata e incentivata dallo Stato, nell’individuazione di specifiche aree di collaborazione. In Italia, la prevalenza dei momenti di contrapposizione, piuttosto che di collaborazione, accentuati da un forte individualismo e da una scarsa attitudine a coniugare i vantaggi dei singoli con quello dell’intera filiera e la tendenza a confondere il piano economico con quello politico delle scelte da effettuare, sono alcune delle ragioni principali che ha comportato un minore successo per l’interprofessione382

.

In altre parole, la Francia ha saputo riconoscere l’importanza di perseguire gli obiettivi comuni lungo la filiera, contrariamente all’Italia, dove a tali obiettivi vengono anteposti gli interessi politici e commerciali delle singole componenti della filiera.

A tali differenze di natura socioeconomica, si affiancano quelle di tipo normativo. La legislazione nazionale francese e la prassi operativa sono, nel settore, sicuramente più avanzate di quella italiana. Le Oi d’oltralpe possono chiedere ai poteri pubblici di estendere l’efficacia degli accordi a tutte le organizzazioni e i soggetti anche non facenti parte dell’Oi. Questo è uno strumento importante per elaborare strategie di lungo periodo. Anche in Italia esiste la possibilità di estendere l’efficacia degli accordi, ma in considerazione delle limitate esperienze delle Oi, il sistema è ancora debole e regolato in modo frammentato ed insufficiente.

In definitiva, l’interprofessione francese gode del forte sostegno dell’autorità pubblica, dovuto anche all’esperienza e al consolidamento del ruolo delle Oi lungo la filiera.

382 Nello specifico è opportuno ricordare il ruolo che, In Italia, hanno rivestito anche le

associazioni di categoria le quali si sono sempre opposte allo sviluppo di tale strumento. Di tale opinione: Gli accordi interprofessionali in agricoltura 2000, op.cit., pag. 241 e ss..

165 Ancora oggi, nonostante la situazione sia in costante evoluzione l’interprofessione italiana incontra una grande difficoltà nell’esercitare con efficacia il proprio ruolo, a causa delle numerose problematicità che in Italia caratterizzano le relazioni nelle filiere agroalimentari e che generano ostacoli nell’individuazione di obiettivi e strategie condivise. Anche se lo stallo dei primi anni 2000 risulta oggi superato, lo strumento dell’interprofessione non risulta ad oggi completamente potenziato.

Le ragioni sono di molteplice natura, sicuramente, tra queste, vi è, come si è avuto modo di verificare, l’esistenza di un quadro giuridico frammentato, la scarsa presenza o efficacia delle organizzazioni di produttori nelle quali i fornitori delle materie prime dovrebbero attuare una iniziale concentrazione dell’offerta per poi, solo allora, iniziare un dialogo con gli altri operatori della filiera. Questa carenza aggrava la debolezza strutturale delle filiere agroalimentari italiane e contribuisce ad ampliare le inefficienze, le distorsioni e la scarsa trasparenza del mercato. A ciò si aggiungono i timori degli attori della filiera nel condividere le strategie economiche e politiche di marketing, limitando lo sviluppo e l’ammodernamento delle filiere.

Alla luce del rinnovato interesse che il legislatore europeo ha mostrato per lo sviluppo dell’interprofessione e visto il ruolo che questa presumibilmente svolgerà nelle prossime programmazioni della Pac383 è prevedibile che nel breve periodo ci sarà un ulteriore aumento delle Oi riconosciute a livello nazionale. Tuttavia, solo con il tempo si potrà costatare la concretezza e l’efficacia di questo strumento nel migliorare il funzionamento delle filiere agroalimentari.

L’esperienza francese, non ha certamente risolto tutti i problemi e si prepara ad affrontarne altri alla luce anche del mutato assetto normativo che ha sottolineato l’emergere di alcuni rischi nell’uso non oculato dell’interprofessione, consistenti nella possibilità di conferire sempre più potere ai distributori o alle industrie laddove non ci sia una adeguata concentrazione dei produttori che possa porre rimedio allo squilibrio contrattuale e strutturale che caratterizza le relazioni lungo

383 Per un punto di vista economico sul ruolo delle Oi nella Pac: G.M

ARTINO,D.TOCCACELI,A. PACCIANI, M. ASCANI, The Interbranch organizations in the CAP reform: Institutional nature,

opportunities and limits, in Economia Agroalimentare, vol. 21, 2019, pag.315 e ss. Per un

approfondimento giuridico: C. DEL CONT, L. BODIGUEL, A. JANNARELLI: EU Competition Framework: Specific rules for the food chain in the new Cap, Report per il Parlamento europeo, 2012, www.europarl,europa.eu.

166 la filiera384, può costituire un esempio al quale guardare al fine di migliorare lo strumento delle Oi anche nella realtà italiana.

384 La Commissione europea nel novembre 2019 ha avviato un’inchiesta formale, a seguito di una

richiesta dell’Europarlamento, per determinare se la Gdo francese (in particolare Casino

Guichard-Perrachon e Les Mousquetaires) abbia concluso accordi sui prezzi in violazione delle

regole di concorrenza europea. Tale inchiesta dovrebbe contribuire a chiarire le dinamiche che regolano i rapporti e il funzionamento economico della filiera agroalimentare francese, in particolare il potere che le grandi centrali di acquisto esercitano nei rapporti interprofessionali tra i vari operatori.

167

C

APITOLO QUINTO

Spreco alimentare e filiera: il ruolo della

contrattazione per un’economia più sostenibile e

circolare.

SOMMARIO: 5.1. I contratti agroalimentari e alcune ulteriori tematiche connesse 5.2. Le politiche europee tra lotta agli sprechi e sicurezza alimentare 5.3. Il problema degli sprechi lungo la filiera agroalimentare nell’evoluzione della Pac 5.3.1 Dalle eccedenze produttive alla gestione dello spreco nell’ordinamento europeo:una breve analisi degli strumenti utilizzati nel tempo 5.4. Il ruolo dell’associazionismo nella lotta allo spreco alimentare 5.5. Verso un modello di economia circolare 5.6. Il ruolo degli organismi interprofessionali e delle organizzazioni di produttori nella diffusione del modello di economia circolare .

5.1. I contratti agroalimentari e alcune ulteriori tematiche connesse

Accanto alle criticità di matrice economico-giuridica che caratterizzano la filiera agroalimentare, delle quali si è finora discorso, oggi, emergono, sia a livello internazionale che locale, problematiche concernenti aspetti che vanno oltre le dinamiche economiche e di mercato.

La filiera agroalimentare e le relazioni che vengono intrecciate tra gli operatori dei vari settori produttivi possono, quindi, assumere una ulteriore valenza con riguardo al perseguimento di obiettivi che spaziano dai profili sociali a quelli ambientali.

È così che si delineano nuovi scenari e nuove prospettive anche grazie all’utilizzo di strumenti e modelli contrattuali nei quali trovano sempre più spazio disposizioni volte a regolare, oltre agli aspetti squisitamente economici, anche quelli riguardanti fondamentali temi indirettamente connessi alle relazioni negoziali intrecciate lungo la catena di approvvigionamento. Ne costituiscono alcuni esempi le disposizioni riguardanti: il diritto al cibo, il benessere dei lavoratori, quello degli animali impiegati nella produzione, l’attenzione all’ambiente, la promozione di scelte imprenditoriali più sostenibili ed etiche. Già nei Trattati istitutivi della Comunità europea del 1957, del resto, nel formulare gli articoli dedicati alla politica agricola, si possono rinvenire i primissimi barlumi dell’interesse mostrato dal legislatore in merito all’accesso al cibo. Interesse questo che può trovare una giustificazione, a parere di chi scrive, nella specificità del settore agroalimentare che si esplica anche nell’impossibilità di applicare a

168 questo gli schemi economici abitualmente utilizzati in altri comparti. L’assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori, che figura tra gli obiettivi della politica agricola comune elencati all’art.39 del Tfue, non sarebbe, infatti, concepibile in un sistema economico c.d. “puro” nel quale, invece, i consumatori avrebbero diritto ai “prezzi più bassi possibili”. Ciò non può trovare applicazione nel settore agroalimentare per due motivi che possono essere anche essi ricavati tra gli obiettivi della Pac: il garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e lo stabilizzare i mercati385.

L’importanza ricoperta dal tema della food security negli ultimi anni, a partire dalla crisi emersa nel 2008, traspare sia dalla sua presenza costante nell’agenda della FAO, delle altre Istituzioni che operano a livello mondiale e dei singoli Paesi, sia dall’attenzione riservata al tema da parte degli studiosi di molteplici discipline interessate386.

La crescita esponenziale, in molti casi ingiustificata, dei prezzi dei prodotti agricoli; i ritmi con i quali si sfruttano le risorse energetiche e minerali, molto più veloci di quelli riguardanti la loro stessa ricarica naturale; il mutamento climatico dovuto in gran parte alle emissioni nocive di gas nell’atmosfera; le crescenti migrazioni umane; sono alcuni dei fattori che, se da un punto di vista socio- politico-economico hanno indotto a riscoprire una rinnovata food insecurity387, da un punto di vista regolatorio e giuridico hanno comportato una progressiva attività volta a tentare di disciplinarli e a incidere su di essi sia a livello normativo che attraverso le funzioni svolte dagli strumenti di contrattazione individuale e collettiva utilizzati lungo la food chain.

385 Il criterio del prezzo ragionevole utilizzato dal legislatore europeo è uno strumento di

stabilizzazione del mercato agroalimentare, fine che non potrebbe essere raggiunto adottando un modello di c.d. “concorrenza perfetta”. Quanto appena detto dà vita ad un mercato regolamentato in cui la food security, intesa come accesso al cibo, giustifica anche la deroga alle norme generali sulla concorrenza della quale si è discorso nel corso del presente lavoro.

386

Si spazia dal diritto, all’economia, passando per la sociologia. A partire dal 2009 è stata pubblicata la Rivista economico-giuridica Food Security, specializzata nella materia.

387 La quale «va al di là del mero riferimento all’inadeguatezza della produzione agricola, che è

alla base dell’alimentazione umana, rispetto alla domanda di cibo». In questi termini: A.

JANNARELLI, La nuova Food in security: una prima lettura sistematica, in Rivista di Diritto

Agrario, fasc. 4, 2010, pag. 569. Una definizione di food security è, invece, stata coniata dalla

FAO: Food security exists when all people, at all times, have physical and economic access to

sufficient, safe and nutritious food that meets their dietary needs and food preferences for an active and healthy life (World Food Summit, 1996).

169 C’è chi sostiene che un’ottica di filiera corta, cioè una catena produttiva costituita da pochi passaggi e soggetti coinvolti, possa essere utile sia da impedire il lievitare del prezzo finale del prodotto sia da incoraggiare i consumatori ad acquistare alimenti locali388.

Secondo un altro punto di vista, la filiera corta potrebbe servire solo a lenire certe problematiche in alcuni contesti territoriali, ma né essa né rimedi analoghi sarebbero sufficienti, in quanto il processo di urbanizzazione, in molti casi selvaggia, ha ridotto o annullato le capacità di auto-approvvigionamento di molte popolazioni un tempo rurali389.

Entrambi gli orientamenti appaiono condivisibili, ma la domanda che in tale sede ci si pone è se anche gli strumenti che operano in un sistema di c.d. filiera lunga, ai quali il legislatore europeo concede sempre più rilievo nelle ultime programmazioni della Pac, possano costituire una ulteriore risposta alla risoluzione, o almeno all’attenuazione, delle problematiche elencate.

L’Unione europea individua nella sicurezza dell’approvvigionamento alimentare, nel rispetto dell’ambiente, nella lotta al cambiamento climatico, nella promozione dell’equilibrio territoriale e nella tutela del consumatore (inteso come tale ma in primis come cittadino), le sfide da affrontare nei prossimi anni.

L’importanza della contrattualizzazione nel settore agroalimentare risulta essere centrale attualmente al fine di regolare diversi aspetti del rapporto tra produttori e impresa alimentare; aspetti che non sono più esclusivamente di ordine economico ma che possono riguardare tematiche sociali, ambientali ed etiche che divengono sempre più direttamente connesse a quelle che riguardano gli aspetti produttivi della filiera.

Le considerazioni esposte in questo capitolo sono il frutto della commistione e della contaminazione delle conoscenze acquisite durante la partecipazione ad iniziative scientifiche aventi ad oggetto lo spreco alimentare e l’economia circolare390 in un’ottica non solo giuridica ma interdisciplinare.

388 In argomento sulla filiera corta o direct marketing contracts: M.G

IUFFRIDA, I contratti di filiera

nel mercato agroalimentare, in Rivista di diritto alimentare, 2012, fasc. 1, pag. 3 e ss.

389

Di tale opinione:L.COSTATO, Dalla food security alla food insecurity, in Rivista di Diritto

Agrario, fasc. 1, 2011, pag. 14 e ss..

390 Alle quali si è avuto modo di partecipare sia nella dimensione internazionale, grazie alla

170 Il particolare interesse su tali argomenti apparentemente lontani da quelli oggetto della ricerca di dottorato, hanno generato delle prime e parziali riflessioni circa il modo in cui le relazioni, i contratti, l’associazionismo orizzontale e verticale possano essere utilizzati al fine di orientare in un’ottica di maggiore sostenibilità le scelte degli operatori coinvolti.

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