2.5. Il ruolo delle organizzazioni di produttori e delle loro associazioni nella regolazione de
2.5.5. Il ruolo di una Op in una dimensione imprenditoriale limitata: l’esperienza molisana
Oltre agli ostacoli normativi, presi in considerazione nel paragrafo precedente, ne persistono altri di diverso genere, come, ad esempio, quello consistente nel timore dei produttori di dover sostenere costi elevati per la costituzione di una Op (che possano essere maggiori dei vantaggi che potrebbero derivarne) e quello di perdere la loro libertà imprenditoriale.
I fattori di successo di una Op possono variare a seconda del territorio di riferimento e un ruolo importante è sicuramente rivestito dall'esistenza di una tradizione consolidata nella cooperazione agricola nei singoli Stati membri. Questo fattore interno può senz’altro costituire una base solida per alcune aree italiane con una radicata tradizione cooperativistica anche se i sistemi cooperativi nazionali non sempre in passato sono riusciti a minimizzare gli effetti della volatilità di mercato170.
Nonostante quella molisana sia una piccola realtà economica, molteplici sono negli ultimi anni i casi virtuosi che si riscontrano in relazione all’associazionismo agricolo in alcuni comparti dell’agroalimentare, quali quello ortofrutticolo e cerealicolo.
Con l’evoluzione delle politiche dei mercati e con il superamento della politica di sostegno dell’Ue un fitto tessuto di imprese agricole regionali è entrato in crisi. A
169 Occorre sinteticamente ricordare i dubbi interpretativi suscitati nel 2015 dal d.l. n. 51 del 5
maggio 2015 (in G.U. n. 103 del 6 maggio 2015), convertito nella l. n. 91 del 2 luglio 2015 (in G.U. n. 152 del 3 luglio 2015) contenente interventi di rilancio e sostegno di settori colpiti da eventi di carattere eccezionale. Attraverso un decreto legge emanato per aiutare i settori agricoli in crisi, sono stati apportati dal legislatore importanti cambiamenti nella disciplina delle organizzazioni dei produttori e degli organismi interprofessionali potenzialmente estendibili a settori ben diversi da quelli oggetto della normativa in questione. Per le sole ragioni concernenti l’impossibilità di trattare la tematica in questione in tale sede, sia consentito il rinvio a M.GIOIA,
La legge 2 luglio 2015, n. 91 e la riforma del settore lattiero-caseario: un ennesimo tentativo fallito?, in Agricoltura, Istituzioni, Mercati, 2015, fasc.1, pag.104 e ss.
170
Ciò è quanto accaduto nel corso della crisi del mercato del latte dopo la fine del regime delle quote avvenuta il 31 marzo 2015. Le cooperative del settore, per quanto non esattamente sovrapponibili in tutto e per tutto alle Op, non sono riuscite ad assicurare ai produttori dei prezzi adeguati ai loro aderenti.
69 risentirne è stato, ad esempio, il comparto conserviero del pomodoro che ha da sempre rappresentato per il Molise un presidio nel processo di modernizzazione dell’agricoltura regionale. Negli ultimi anni, grazie anche alla costituzione in Op dell’unico conservificio regionale171
sembravano esserci notevoli segnali di ripresa attraverso pratiche strategiche che avevano permesso alla stessa di recuperare alcune quote di mercato172. Nel 2014 il conservificio era entrato a far parte del polo distrettuale del pomodoro del centro e del sud Italia173 e grazie a tale adesione era riuscito a stipulare un contratto con la Muller174 riuscendo a penetrare nel mercato tedesco. Purtroppo, a partire dalla campagna agricola del 2018, anche a seguito di una ristrutturazione aziendale del conservificio, il settore è ritornato ad essere avvolto nell’incertezza. L’organizzazione dei produttori non è stata in grado di fronteggiare la crisi che ha colpito il settore a livello regionale. Il prezzo del pomodoro ha, infatti, subìto una inflazione a causa della chiusura dello Zuccherificio Molisano. Il nesso tra questi eventi è dato dal fatto che, per sopperire alla mancata coltivazione e produzione della barbabietola, molti produttori molisani, che conferivano la materia prima al salsificio, hanno iniziato a ripiegare sul pomodoro, provocando un surplus di produzione e il conseguente abbassamento del costo di vendita. Successivamente, per ragioni concernenti le carenze igieniche e strutturali il conservificio è stato chiuso facendo ripiombare nel baratro il mercato del pomodoro da industria molisano. Si registrano tuttavia alcuni segnali di ripresa nel comparto del pomodoro da industria grazie alla crescita di interessanti forme associative di carattere spontaneo, sviluppatesi ad esempio intorno ad un’eccellenza conosciuta inizialmente solo a livello territoriale del pomodoro di Montagano175 che, in virtù di un lento e inizialmente conflittuale processo organizzativo su base locale, ha progressivamente sviluppato una filiera
171 Di cui è proprietaria l’associazione ortofrutticola molisana (AOM).
172 Le strategie attuate hanno riguardato principalmente lo spostamento verso l’interno e nella
vicina Puglia del bacino di approvvigionamento della materia prima e l’imposizione ai fornitori di una riconversione a standard di produzione maggiormente sostenibili, quali l’agricoltura integrata e, soprattutto, l’agricoltura biologica che hanno permesso di stringere accordi di subfornitura con industrie conserviere del nord Italia.
173 Insieme ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia, Toscana, Sicilia e
Sardegna.
174 Multinazionale dello yogurt e dei latticini altoatesina.
175 Questa tipologia di pomodoro viene coltivata su terreni sabbio-argillosi e costituisce uno dei
70 corta di successo, con significativi impatti anche sul turismo per la comunità di riferimento.
Un ulteriore caso più fortunato è rappresentato sul territorio molisano dall’esperienza nel comparto cerealicolo. Nel 2016, il pastificio campobassano La Molisana, che rappresenta, nel comparto agroalimentare regionale, l’esperienza imprenditoriale di punta sia per le capacità organizzative dimostrate che per le scelte qualitative effettuate con riguardo ai grani utilizzati per la trasformazione, ha siglato un contratto triennale con gli operatori e le cooperative agricole dell’Op Cereali Centro Sud176. Anche grazie al lavoro svolto dalle organizzazioni di produttori operanti nel settore, i prezzi all'ingrosso del grano “duro fino” nazionale al Sud, secondo i dati rilevati a novembre 2019, si confermano stabili intorno ai 290 euro alla tonnellata rispetto ai valori massimi del comparto presi in considerazione dalla Borsa merci di Foggia. Anche l’Ismea ha registrato sui mercati all'origine il ritorno di prezzi stabili su tutte le piazze del Sud monitorate più di recente: Bari, Matera, Foggia, Catania, Palermo e Napoli. Solo a Campobasso si è assistito a un lieve rialzo (+ 0,10 euro sui minimi e +0,20 euro sui massimi)177.
Le esperienze regionali fin qui analizzate, nonostante si siano evolute in modo diverso, presentano comunque un dato positivo in comune consistente nell’apertura all’utilizzo del modello associativo dell’organizzazione di produttori che, seppur in una fase iniziale e in pochi settori produttivi, ha dimostrato una certa efficacia ma sempre in una dimensione molto circoscritta e specifica.
176 Che raccoglie con quattro cooperative, ben 600 soci produttori, specializzati nella coltivazione
di cereali e stanziati nei territori del Basso Molise (Guglionesi, Montenero di Bisaccia e Palata). Le cooperative agricole “Colle dell’Ulivo” di Palata, “Colline Verdi” di Montenero di Bisaccia, “Le Macchie” di Guglionesi e “Fortore” di Jelsi, come risulta dal contratto stipulato, hanno garantito a La Molisana oltre 11mila tonnellate di grano duro, delle cultivar Maestà e Don Matteo. Il prezzo minimo risulta fissato a 28,5 euro al quintale franco pastificio, una cifra soddisfacente se paragonata ai prezzi di quello stesso anno sugli altri mercati (24 euro sul mercato di Bologna, in riferimento al nord Italia e 19 euro su quello di Foggia).
177 A Campobasso il 4 novembre 2019 Ismea ha rilevato il prezzo del grano duro fino alle
condizioni "franco azienda" a 236,30 euro alla tonnellata sui minimi e 242,70 sui massimi, valori in crescita: sui minimi di 0,10 euro alla tonnellata e di 0,20 euro sui massimi rispetto alla precedente rilevazione del 28 ottobre scorso. I prezzi del 4 novembre appaiono minori di euro 0,20 sui minimi rispetto al 29 luglio - quando Ismea rilevava 236,50 euro la tonnellata - ed in rialzo di euro 1,20 sui massimi raggiunti in quella data, pari a 241,50 euro. Dati accessibili sul sito Ismea e su Agronotizie del 14 novembre 2019.
71
2.6. Gli organismi interprofessionali nella disciplina europea e nazionale
A differenza delle organizzazioni dei produttori, quelle interprofessionali raggruppano rappresentanti dei produttori, dei trasformatori e dei distributori. Analogamente alla normativa relativa alle Op, anche quella degli organismi interprofessionali è stata rinnovata dal regolamento Omnibus. La disciplina a livello europeo è regolata dall’art. 157 e ss. del reg. n. 1308/13 che riconoscono alle Oi lo scopo di riunire i soggetti attivi dell’intera catena produttiva, facilitando il dialogo tra gli attori della filiera, promuovendo le buone pratiche e la trasparenza del mercato.
Tale strumento, molto diffuso nell’esperienza francese178
e in altri Paesi dell’Unione179
, è stato dotato di maggiore forza nelle più recenti modifiche della Pac e si prospetta un ulteriore ampliamento delle sue funzioni nelle successive programmazioni.
178
In Francia, tuttavia, esse si sono sviluppate nella forma più compiuta e significativa tanto da rappresentare, ancora oggi, un modello di riferimento sia per il legislatore comunitario che per quello nazionale. Sul tema si rinvia per una puntuale e dettagliata ricostruzione anche storica dell’istituto a L.PAOLONI, 2000, op.cit.; ID. Organizzazioni interprofessionali, in Digesto civ., Agg., Torino, 2003, pag. 982. Molti sono gli esempi pratici del buon funzionamento di un organismo interprofessionale provenienti dall’esperienza francese. Emblematico risulta essere quello riguardante la filiera della “patata da consumo” che ha dimostrato di conseguire i principali vantaggi che possono scaturire dall’interprofessione: il miglioramento delle comunicazioni lungo la filiera con la conseguente riduzione dei problemi di informazione asimmetrica, la crescita del livello di fiducia tra gli operatori, la realizzazione di strategie competitive concertate. Nell’ordinamento francese si riscontra la presenza, inoltre, di altri organismi, per certi versi, simili alle organizzazioni interprofessionali: i Syndicats interprofessionnels (ossia i consorzi di tutela dei prodotti a denominazione controllata corrispondenti ai nostri Consorzi per la tutela dei prodotti Dop ed Igp e ai Consejos reguladores spagnoli) sono organizzazioni volontarie tra i produttori e i trasformatori con delega pubblica a gestire le denominazioni d’origine dei prodotti agroalimentari. L’ampia letteratura in proposito, conferma che anche nel caso di questi organismi, non di governo ma di armonizzazione e regolazione delle transazioni, possono avere un ruolo decisivo e positivo non tanto nella riduzione di specifici costi di transazione quanto nello stimolare e realizzare strategie comuni riguardanti lo sviluppo e l’adozione di innovazioni di prodotto e processo, la diffusione dei codici di buone pratiche e dei programmi di promozione collettiva. In argomento su tali organismi nell’esperienza spagnola relativa al settore dell’olio d’oliva: J.SANZ-CAÑADA e A. MACÍAS-VÁZQUEZ, Quality certification, institutions and innovation in local agro-food systems:
protected designations of origin of olive oil in Spain, in Journal of Rural Studies, 2005, pag. 475 e
ss.
179
Tra gli esempi di maggiore spicco nell’esperienza europea riguardante le organizzazioni interprofessionali vi sono gli uffici di prodotto olandesi. Questi ultimi sono organismi di diritto privato, rappresentativi di tutta la filiera, che possono svolgere anche alcune funzioni istituzionali per conto della pubblica amministrazione. Essi rappresentano, infatti, produttori agricoli, cooperative, l’impresa di trasformazione, di distribuzione all’ingrosso e al dettaglio e, in alcuni casi i sindacati dei lavoratori ed i consumatori. Finanziati dagli associati, questi organismi diffondono informazioni tecniche e di mercato, pongono in essere strategie allo scopo di migliorare gli sbocchi di mercato, realizzano accordi interprofessionali.
72 L’art. 157 del reg. n. 1308/13 è stato, infatti, modificato nel suo contenuto nel 2017. Da una prima analisi della disposizione, risultano ampliati gli obiettivi e le attività delle Oi. In primo luogo, viene conferita loro la possibilità di definire le clausole di condivisione del valore lungo la filiera, tramite la creazione di regole che consentano la redistribuzione di utili o di perdite che derivano dalle condizioni di mercato per specifici prodotti. La seconda novità concerne il riferimento all’ampliamento delle misure preventive e gestionali in relazione alla salute animale, alla protezione delle piante e ai rischi ambientali. Modifica, quest’ultima, che inserisce per la prima volta, in un regolamento dedicato all’organizzazione comune di mercato, un riferimento esplicito, sia per le Op quanto per le Oi, ai temi del rischio ambientale e della salute e benessere degli animali180, creando un collegamento con le recenti riforme attuate in altri ambiti181 e riconoscendo alla disciplina delle organizzazioni interprofessionali anche un ruolo decisivo in un’ottica di mercato non soltanto economica ma finalizzata al raggiungimento di altri obiettivi connessi ed inscindibili. Inoltre, viene prevista per gli Stati membri la facoltà di concedere più di un riconoscimento ad una Oi operante in più settori, purché vengano soddisfatte le condizioni previste dal regolamento per ottenere il suddetto riconoscimento.
L’utilizzo dello strumento delle organizzazioni interprofessionali costituisce un secondo livello della strutturazione delle relazioni lungo la filiera agroalimentare. La necessità di adottare tali strutture è nata per semplificare le relazioni che precedentemente prevedevano la stipula di accordi tipo interprofessionali sottoscritti anno dopo anno dalle strutture organizzative rappresentative dei produttori e gli altri soggetti della catena dell’approvvigionamento. Tuttavia sul
180 La notevole importanza riconosciuta a tale aspetto traspare dal dettato del considerando 54 del
regolamento: «Tenuto conto del ruolo che le organizzazioni interprofessionali possono svolgere
per migliorare il funzionamento della filiera alimentare, l'elenco dei possibili obiettivi che tali organizzazioni interprofessionali possono perseguire dovrebbe essere esteso per contemplare anche le misure volte a prevenire e gestire i rischi per la salute degli animali, nonché di ordine fitosanitario e ambientale».
181 Si pensi, ad esempio, al reg. n. 625/2017 relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali
effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari (in G.U.U.E. L. 95/1 del 7.04.2017), integrato dal regolamento delegato (Ue) n. 2019/625 della Commissione del 4 marzo 2019 per quanto riguarda le prescrizioni per l'ingresso nell'Unione di partite di determinati animali e merci destinati al consumo umano (in G.U.U.E. L. 131/18 del 17 maggio 2019).
73 piano giuridico si è proceduto in modo più cauto all’introduzione di questi organismi in quanto a differenza delle Op che incidendo sull’attività dei soli produttori rispondono all’obiettivo di fornire un rimedio alla loro debolezza, le Oi avendo tra i loro partecipanti operatori economici differenti potrebbero favorire pratiche lesive della concorrenza a danno dei contraenti più deboli e conseguentemente anche dei consumatori. Ciò giustifica il ritardo con cui a livello europeo è stato disciplinato il fenomeno delle Oi nonostante la loro presenza radicata in alcuni Stati europei quale la Francia che da sempre è stata incline a incentivare uno strumento associativo in cui potessero partecipare portatori di interessi differenti. Con il reg. n. 1308/13 per la prima volta è stata concessa la possibilità di costituire le Oi in tutti i settori oggetto della normativa stessa, precedentemente ciò era possibile solo in alcuni comparti. Alle Oi sono riconosciuti solo compiti di tipo normativo.
Le organizzazioni interprofessionali sono entità viste, ancora, con maggior diffidenza rispetto alle Op sotto il profilo della tutela della concorrenza perché mentre queste ultime raggruppano offerenti di prodotti agricoli, le Oi coinvolgono tendenzialmente tutti gli operatori della filiera di ogni singolo prodotto, ed il rischio di una lesione della concorrenza posta in essere da una organizzazione interprofessionale è sicuramente maggiore rispetto a quello collegato alla presenza di una organizzazione di produttori. Questo spiega perché le Oi possono svolgere essenzialmente attività di ricerca, di conoscenza del mercato, attività informative, ma non attività imprenditoriali, cioè non possono svolgere attività di commercializzazione che possono essere svolte invece dalle Op e che rientrano in quella funzione c.d. operativa182.
Nel quarto capitolo si analizzeranno gli ulteriori aspetti e le ricadute pratiche concernenti gli organismi interprofessionali anche attraverso un’analisi delle realtà esistenti sul territorio nazionale italiano e su quello francese.
182 Una deroga a tale divieto generale è sancita agli artt. 162 e 163 del reg. 1308: per i settori
dell’olio, delle olive, del tabacco e del latte le organizzazioni interprofessionali possono commercializzare le produzioni degli aderenti.
74
2.7. Il contratto di rete: dalla disciplina generale a quella specifica dettata