Anche se non mancano nella normativa che disciplina il settore agroalimentare riferimenti ad uno sviluppo sostenibile425, alla luce di quanto appena detto, con riguardo agli obiettivi enunciati, si cerca di comprendere se le organizzazioni di produttori, quelle interprofessionali e in modo più generale lo strumento della contrattualizzazione possono contribuire ed in quali termini giuridici ad uno sviluppo della strategia di economia circolare. Al pacchetto normativo sull’economia circolare del 2018426
, al momento in cui si scrive, non ha fatto seguito una specifica disciplina sul tema per il settore agroalimentare, tantomeno
424 Accanto all’interessamento mostrato a livello europeo verso un modello di economia circolare,
si pone quello espresso dai legislatori dei singoli Stati membri. Ne costituisce un esempio, per quanto concerne l’esperienza francese, la Loi n. 2014-1170 du 13 octobre 2014 d'avenir pour l'agriculture, l'alimentation et la forêt (JORF n. 0238 du 14 octobre 2014) nella quale è stato introdotto, all’art. 1, un primo riferimento ad un sistema di economia circolare. Da questa legge hanno avuto origine diverse iniziative normative locali volte ad incentivare modelli economici più sostenibili. Per quanto riguarda l’esperienza italiana, invece, il 2 febbraio del 2016, con la legge di stabilità, è entrato in vigore il Collegato Ambientale (legge n. 221 del 28 dicembre 2015, disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (in G.U. n.13 del 18 gennaio 2016) che agisce con ampio raggio su tutto ciò che riguarda l’ambiente, dalla gestione dei rifiuti fino alla mobilità sostenibile. Tale intervento ha permesso che i principi dell’economia circolare entrassero a far parte del nostro ordinamento nazionale. Inoltre, alcune delle Regioni più virtuose, si sono dotate in questi anni di leggi regionali in merito. Ne costituiscono degli esempi la legge Regione Toscana n.48 del 7 agosto 2018 e la legge Regione Marche n. 25 del 17 luglio 2018.
425 Ne costituisce un esempio il regolamento relativo ai controlli ufficiali n. 625/2017. 426
Direttiva (Ue) n. 2018/849 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica le direttive n. 2000/53/Ce relativa ai veicoli fuori uso, n. 2006/66/ce relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e n. 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; direttiva (Ue) n. 2018/850 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva n. 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti ; direttiva (Ue) n. 2018/851 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti; direttiva (Ue) n. 2018/852 del Parlamento e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva n. 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (tutte in G.U.U.E. L. 100 del 14 giugno 2018).
185 una disciplina che spieghi il ruolo che strumenti quali le organizzazioni di produttori, le loro associazioni e gli organismi interprofessionali possono rivestire nell’incentivare tale sistema economico. Tuttavia è possibile rintracciare nel contesto normativo attuale una serie di disposizioni contenute in regolamenti e direttive che, collegandosi direttamente o indirettamente ai temi della circular economy, potrebbero giuridicamente giustificare il ruolo che le Op le Aop e le Oi, attraverso i rapporti contrattuali che intrattengono con i propri aderenti, indirizzando a delle scelte organizzative e produttive diverse da quelle reputate tradizionali, sarebbero in grado di svolgere nella diffusione di tale sistema economico.
Ne è un esempio, ancora una volta, la nuova formulazione delle disposizioni riguardanti le organizzazioni di produttori e gli organismi interprofessionali contenute nel reg. n. 1308/2013 così come modificato dall’art. 5 del reg. n. 2017/2393.
Il nuovo regolamento, di cui si è discorso nei capitoli precedenti, ha modificato, tra gli altri, l’art. 152, dedicato alle organizzazioni di produttori riconosciute, che, al primo paragrafo tra le attività che possono essere svolte dalle Op, enuncia la gestione comune dei rifiuti direttamente connessi alla produzione427. Tale gestione comune potrebbe essere svolta, ad esempio, mirando ad un riutilizzo sostenibile dei rifiuti e degli scarti di produzione. In questo modo si potrebbe estensivamente far rientrare tra le funzioni affidate dalla nuova regolamentazione alle Op quella di indirizzare i propri aderenti verso un modello produttivo affine al sistema circolare.
Inoltre, un riferimento implicito alla possibilità concessa alle Op di promuovere un modello di economia circolare può essere rintracciato tra gli obiettivi che sempre all’art. 152 sono riconosciuti alle organizzazioni di produttori stesse e alle loro associazioni quali: ottimizzare i costi di produzione e la redditività dell'investimento in risposta alle norme applicabili in campo ambientale; svolgere ricerche e sviluppare iniziative su metodi di produzione sostenibili, pratiche innovative; promuovere e fornire assistenza tecnica per il ricorso a pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose; provvedere alla gestione dei
186 sottoprodotti e dei rifiuti; contribuire a un uso sostenibile delle risorse naturali e mitigare i cambiamenti climatici.
Il richiamo frequente ai concetti di sostenibilità, tutela ambientale, pratiche di produzione innovative e rispettose può legittimare, ad avviso chi scrive, tali organizzazioni a porre in essere strategie di economia circolare essendo questa mirata ad una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva, utilizzando le risorse in modo più efficiente.
Quanto appena detto vale anche per le organizzazioni interprofessionali poiché, in base alle modifiche apportate dal progetto Omnibus all’art. 157 del regolamento sulla Ocm unica, rientra, tra le funzioni riconosciute alle Oi, il contributo alla gestione dei sottoprodotti e alla riduzione e gestione dei rifiuti. Inoltre, al terzo paragrafo della stessa disposizione, tra gli obiettivi degli organismi interprofessionali figura la promozione della produzione integrata o altri metodi di produzione rispettosi dell'ambiente.
Questi riferimenti ad un modello economico più sostenibile sottolineano la volontà del legislatore europeo di riconoscere l’esigenza e la necessità di un cambiamento nei sistemi produttivi, dando attenzione all’impatto sull’ambiente, alle politiche antispreco correlate ai temi dell’agroalimentare e possono fungere come impianto normativo di partenza che potrebbe fornire le linee guida per l’emanazione di una normativa europea specifica.
Si riscontrano riferimenti impliciti al ruolo che le Op e le Oi possono svolgere nella promozione del modello di economia circolare anche nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali riguardanti la filiera agroalimentare nella parte in cui si evidenzia che, tra le gravi conseguenze che le pratiche commerciali sleali hanno sugli agricoltori, tra i profitti più bassi, i costi più elevati del previsto, la sovrapproduzione, le difficoltà nella programmazione finanziaria, si citano anche gli sprechi. Riconoscere e ammettere, tra le problematiche, quella legata agli sprechi alimentari può essere un ulteriore punto di partenza che contribuisce a ribadire l’interesse a tematiche ed aspetti che travalicano quelli esclusivamente economici e di mercato.
Inoltre, tale riferimento svolto all’interno di una normativa strettamente legata alla politica economica e antitrust europea, potrebbe delineare il perimetro entro il
187 quale, attraverso lo strumento della contrattazione, le Op e le Oi possono operare al fine di diminuire gli sprechi e orientare, nel medio-lungo periodo, scelte produttive più sostenibili.
Ciò, tuttavia, andrà bilanciato con le scelte di politica economica e con le politiche di concorrenza tra le imprese che rivestono un ruolo fondamentale da non sottovalutare, in quanto l’antieconomicità di certe scelte è il più delle volte la causa della preferenza di un sistema di economia lineare, sicuramente non improntato alla sostenibilità ambientale, ma considerato economicamente meno dispendioso.
Nei sistemi di economia circolare i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e non ci sono rifiuti. Quando un prodotto raggiunge la fine del ciclo di vita, le risorse restano all'interno del sistema economico, in modo da poter essere riutilizzate più volte a fini produttivi e creare così nuovo valore. Per attuare il passaggio a tale sistema, occorre apportare, tuttavia, mutamenti nell'insieme delle catene di valore, dalla progettazione dei prodotti ai modelli di mercato e di impresa, dai metodi di trasformazione dei rifiuti in risorse alle modalità di consumo. Questo implica un vero e proprio cambiamento sistemico e un forte impulso innovativo, non solo sul piano della tecnologia, ma anche dell'organizzazione, della società, dell’impianto giuridico, dei metodi di finanziamento, delle politiche, nonché, inevitabilmente un conseguente adeguamento del contesto normativo.
Nei regolamenti europei attualmente vigenti è possibile rintracciare dei primi riferimenti e delle prime aperture verso un modello di economia circolare, ma ciò può costituire solo un punto di partenza per orientare i futuri passi del legislatore europeo.
Gli attuali mutamenti legislativi e le future decisioni che saranno attuate nei futuri periodi di programmazioni della Pac forniranno sicuramente spunti di riflessione ulteriori che, si spera, potranno costituire l’oggetto di una seconda analisi più mirata e approfondita di tali aspetti.
Un modello di economia circolare si può prestare ad essere applicato al settore agroalimentare e gli strumenti ai quali nelle ultime programmazioni della politica agricola si è dato risalto sono legittimati a contribuire alla diffusione di tale
188 modello, ma sarebbe auspicabile, a parere di chi scrive, una normativa autonoma in proposito che possa agire in sinergia con le altre normative e modelli di governance europei al momento vigenti.
189
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