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5 5 La Lista: criteri di iscrizione, limiti e problematiche

5. 5. 1. La forma a Lista

La Lista del Patrimonio mondiale è composta da proprietà culturali e naturali del tipo definito dagli articoli I e II della WHC. Come già spiegato nel paragrafo 2. 1 l’iscrizione nella Lista di un bene patrimoniale è l’esito di un iter che parte con l’individuazione da parte di uno stato di un luogo che ha delle proprietà e dei tratti meritevoli della qualifica di “outstanding universal value” e si conclude con la decisione favorevole del Comitato che esamina tutte le richieste di iscrizione.

La World Heritage List è dunque il punto centrale e più importante di tutte le attività legate alla WHC e come tale serve a sanzionare un passaggio di status la cui natura è ovviamente simbolica. Un bene patrimoniale che prima dell’iscrizione è riferimento semplicemente per una comunità locale o nazionale, diventa attraverso l’atto di iscrizione patrimonio della più vasta comunità internazionale, o in termini di retorica della WHC patrimonio dell’umanità intera. L’atto di iscrizione è dunque un processo sanzionatorio di approvazione o convalida del valore di un bene che può trovarsi in qualsiasi punto del pianeta, ma è sempre un giudizio e una selezione di qualcosa che è già stato selezionato a un livello inferiore, da uno stato membro che lo ha riconosciuto come patrimonio nazionale. È come un gioco di bambole russe o di scatole cinesi: il contenitore o confezione più grande cela all’interno un contenitore più piccolo.

Cosa comporta questa sanzione che avviene ad un livello gerarchicamente più elevato rispetto alla prima? E su quali basi l’UNESCO e il Comitato che prende la decisione possono assurgere al ruolo di Destinanti sanzionatori ritenuti da tutti giudici inappellabili? Per quanto riguarda la prima domanda si deve ricordare come l’intero processo di patrimonializzazione non sia altro che un’attribuzione di valore che una determinata comunità riconosce a parti, prodotti di se stessa. Quindi la Lista, in quanto processo di costruzione di un patrimonio, non differisce in nulla rispetto ai processi che logicamente ingloba: costituirà un canone, un elenco di siti naturali e culturali giudicati meritevoli di un riconoscimento non più solo a livello locale ma a livello mondiale: serve come catalizzatore di status. Tale strategia di attribuzione di valore da parte di un Destinante nei confronti di un oggetto specifico non ha altro scopo che l’accrescimento delle risorse simboliche, economiche e di conoscenze da impiegare nel sistema di protezione del bene stesso.

Per quanto riguarda le basi dell’autorevolezza dell’UNESCO come Destinante manipolatore e sanzionatore di questo processo possiamo individuare due aspetti: il primo riguarda il capitale di consenso e fiducia del quale gode l’organizzazione come rappresentante di tutti i paesi del mondo per la sua missione di “combattere la guerra nella mente degli esseri umani”; il secondo aspetto riguarda invece la continua rinegoziazione e messa in discussione

della sua autorevolezza che si trasforma in uno sforzo continuo di costruzione della legittimità e credibilità, su diversi livelli.

La legittimità del giudizio del Comitato non è semplicemente garantita dal processo democratico di elezione dello stesso Comitato da parte di tutti gli stati membri in Assemblea Generale (quindi formalmente espressione di una votazione rappresentativa della totalità degli stati del mondo), ma poggia saldamente sull’intervento e la performance di un ‘aiutante’ illustre dei membri del Comitato: quella della valutazione nel merito dei siti naturali e culturali espressa dai rappresentanti e delegati della categoria degli “esperti”. Gli organi di consulenza (ICOMOS, ICCROM e IUCN) composti da specialisti dei vari domini accademici interessati dagli heritage studies sono appunto una chiave di volta dell’intero processo: al loro parere è unanimemente riconosciuto un carattere di “scientificità” e “neutralità” che sembra fugare ogni dubbio di parzialità o assenza di competenza.

Per sintetizzare potremmo dire, in termini landowskiani54, che la costruzione di

autorevolezza e fiducia nell’intero progetto della WHC sembra articolarsi su tre piani analiticamente distinti ma molto integrati nelle attività che attorno ad essa gravitano:

- si basa sul sistema di valori comuni, che rivestono il ruolo di istanza destinatrice impersonale e astratta ma capace di garantire la “regolarità” delle azioni delle parti che vi si riconoscono;

- fa appello alla “credibilità” di soggetti come gli appartenenti alle organizzazioni internazionali di esperti in campo culturale e naturale: questi detengono una competenza tecnica ed una padronanza che si collocano a livello delle modalità attualizzanti: un sapere (in termini di conoscenze) ed un potere (come capacità di intervento);

- fa altresì appello alla “affidabilità” di soggetti come i componenti del Comitato che possono vantare una competenza etica, che deriva loro dall’elezione rappresentativa che li costringe ad agire a nome dell’intera comunità internazionale: si tratta dunque dell’esito della manipolazione che le ha dotate di un preciso dover fare.

Quanto questi tre aspetti della costruzione della credibilità appartengano ad un livello di “messa in discorso” che non necessariamente si rivela sufficiente (e che può ottenere la sanzione negativa dei destinatori ai quali la messa in discorso è rivolta) è dimostrato dal fatto che l’intera Global Strategy del 1994 (illustrata in 2.4.3) è, proprio nelle sue intenzioni una strategia di contrattare nuovamente la legittimità stessa del progetto a partire da una revisione radicale. E non è un caso che l’aspetto maggiormente interessato da questa revisione sia stato quello del sapere e del quadro teorico circa le definizioni stesse dei beni interessati.

Tornando agli effetti dell’inclusione di un bene nella Lista si è detto come questo non subisca in realtà alcuna trasformazione sostanziale sia nella propria natura culturale o naturale sia a livello di politiche conservative ad esso applicate (già con l’adesione alla WHC lo stato si impegna nella protezione). Un effetto apparentemente secondario ma invece fondamentale

54 Facciamo qui riferimento al saggio “Sincerità, fiducia, intersoggettività” contenuto in Landowski 1989 (trad. it.

dell’inclusione di un bene nella Lista è quello di avvicinarlo simbolicamente ad altri beni elencati nella stessa e giudicati altrettanto eccezionali. È così che ad esempio un sito archeologico arriva ad essere giustapposto in questo “luogo immaginario” ad altri beni come il centro di una città moderna che condivide con il primo il carattere di straordinarietà ma possiede caratteristiche intrinseche, problematiche di gestione completamente differenti. Sempre a livello simbolico è interessante notare come scorrendo la Lista si possa aver l’impressione che il riconoscimento del valore del bene comporti uno sradicamento rispetto al suo contesto spaziale e temporale di provenienza: tutti i siti sono allo stesso modo tracce, immagini dell’attore collettivo Umanità più ancora della comunità locale di riferimento.

In realtà proprio il carattere di immobilità e la concezione di ‘cultura spazializzata’ che domina in questo tipo di progetto patrimoniale non portano in nessun caso ad un isolamento del bene dalla propria collocazione ma ancor più significativo è il fatto che i beni sono inclusi nella lista non tanto e non solo per la loro proprietà di elementi unici, capolavori (questo era un approccio diffuso nella prima fase di ideazione della WHC, ma presto abbandonato) ma in qualità di exempla e concreta che pur nella loro straordinarietà si facevano rappresentanti di una categoria di beni patrimoniali, di un periodo storico o di una zona geografica specifica.

In realtà se questo è il proposito dichiarato esiste un’ambiguità di fondo riguardante i motivi che devono portare all’inclusione: nell’applicazione della WHC non è chiarito in modo ultimativo se debba prevalere nella scelta il criterio di unicità ed eccezionalità di un bene o la sua capacità di rappresentare un insieme più vasto. L’esame della riformulazione dei criteri di selezione presentati nelle Linee Guida di applicazione della WHC in questo senso può chiarire alcuni dubbi ma per il momento occorre precisare due aspetti esplicitati nei preamboli e quindi già fissati nel testo della WHC dall’istanza di enunciazione responsabile: il carattere sistematico della Lista la rende un insieme di differenze in cui veramente la totalità è più rilevante della somma dei singoli elementi e il fatto che il Patrimonio dell’Umanità non è presentato come un fine ultimo ma come un mezzo.

Quel che attribuisce valore al progetto e di conseguenza al bene incluso nella Lista non è tanto la sacralizzazione o feticizzazione del singolo bene patrimoniale ma la coopresenza e l’insieme delle diversità contenute nella Lista stessa: lo dimostra il fatto che se quest’ultima fosse costituita da una sola categoria di beni o da beni provenienti da un solo paese non avrebbe alcun senso ed alcun motivo di esistere. Ecco perché la rappresentatività tra aree del mondo e tipologie di patrimonio diverse è così essenziale per la credibilità e il successo del progetto. Da queste considerazioni deriva quindi come accanto alle preoccupazioni per le sorti della conservazione del patrimonio esplicitate e ribadite nella convenzione, esista un valore implicito al quale l’intera WHC è ancorata e del quale non può fare a meno.

Questo valore è quello della cosiddetta “tolleranza interculturale” e la conoscenza di elementi di culture altre: selezionare un insieme di siti è solo il primo passo, un PN necessario ma non sufficiente per l’ottenimento del successo del programma. Anche se nel corso degli anni questa fase di selezione ha ottenuto maggior attenzione da parte dei soggetti coinvolti, perché il

Patrimonio dell’Umanità sia tale occorre che ciascuna comunità locale senta come propri non solo i beni della propria nazione di appartenenza ma anche quelli degli altri paesi.

E il primo passo per costruire questo “senso del possesso diffuso”, questa “socialità” e messa in comune delle risorse simboliche passa attraverso la conoscenza anche delle altre culture e degli altri beni naturali. In questo senso i due strumenti che si propongono come necessario complemento alla pratica di selezione dei beni sono l’informazione e l’educazione riguardante il patrimonio. Il rinnovato sforzo comunicativo che l’UNESCO ha impresso alle attività del WHC attraverso l’utilizzo di una varietà di media e format (Internet, educational kit, mappe, riviste, CD rom, documentari, pubblicazioni) è dunque non un mero accessorio rispetto al cuore del progetto, una risposta alla domanda di trasparenza della sfera pubblica, quanto una piena consapevolezza della rilevanza della comunicazione per la riuscita del progetto. I media diventano veri e propri spazi di rappresentazione che avvicinano il progetto e la conoscenza dei diversi siti dispersi nel mondo alle popolazioni appartenenti a culture diverse.

Questo appare un ritorno alla concezione patrimoniale di ispirazione francese secondo la quale il patrimonio era un “bene di tutti e nessuno" applicata questa volta su scala mondiale anziché nazionale. La Lista in sé è semplicemente un elenco di siti, la cosa più semplice (e meno faticosa) che si può fare quando ci si vuole impegnare in qualche attività concreta. Per renderla uno strumento efficace occorre fare qualche passo ulteriore: presa singolarmente l’azione di selezione di elementi di una cultura privati del loro contesto e valorizzati attraverso una “messa in cornice” per il loro carattere straordinario può sembrare un processo di canonizzazione statico e inutile. Da questa Lista occorre partire per portare a termine il progetto di diffusione di un senso di appartenenza allargato.

La catalogazione e l’identificazione di un patrimonio comune organizzato in Lista è solo una forma di sistematizzazione della conoscenza sulle culture mondiali, un po’ come il dizionario è una forma di sistematizzazione del lessico di una lingua. Né la Lista né il dizionario hanno la pretesa di fornire conoscenze definitive sugli usi e sul carattere vivo della cultura e della lingua: entrambe non esistono che nella loro pratica ed anzi l’uso e il carattere dinamico di entrambe spinge a manipolare e modificare continuamente anche i modelli più stabili. Come un dizionario può essere allargato dall’introduzione di neologismi così la Lista è stata modificata, ampliata e rivista a partire dall’introduzione di nuove categorie di beni (come quello di paesaggio culturale) oltre che nuovi beni introdotti annualmente.

Dunque la Lista è criticabile, migliorabile ma non giudicabile in modo isolato come meccanismo autosufficiente, privato del suo contesto ideologico e del suo valore altamente simbolico. Se il valore sottostante ancor più importante della conservazione di un singolo bene è il riconoscimento delle diversità culturali ed il suo scopo è la costruzione di un attore collettivo come quello dell’Umanità, perché non rendere espliciti questi valori o piuttosto procedere a salvaguardare tutte le manifestazioni della diversità culturale? Il motivo sta tutto nella struttura fondamentale che differenzia la WHC rispetto alla Convenzione per la protezione della diversità culturale del 2005 che invece non pone limiti di categorie o manifestazioni espressive.

Il carattere selettivo della forma a Lista (che pur essendo aggiornata annualmente, crea un dentro e un fuori, un confine tra i beni dell’Umanità e quelli che non lo sono), è il punto di forza del progetto di valorizzazione. Il fatto di scegliere un gruppo limitato di beni aiuta il progetto di costruzione di un consenso e una conoscenza reciproca tra le culture: come per il patrimonio a livello nazionale, meno sono i punti di riferimento e le reliquie, maggior valore vedranno riconosciuto dalla comunità. È quasi il paradigma economico del valore e il pregio di una sostanza, un oggetto, una proprietà: meno è diffusa, più è rara, più il suo valore aumenta. Nel caso del patrimonio è indubbio che una limitatezza di elementi derivata da criteri selettivi forti o come si è avuta alle origini del progetto, comporta una possibilità di focalizzare gli sforzi economici e comunicativi in modo concentrato. Nelle condizioni odierne della Lista l’elevato numero di siti rischia di rendere vano il progetto di valorizzazione di secondo livello: quando è difficile tenere a mente anche solo una piccola parte dei siti iscritti nella Lista, la situazione è tale che l’aggiunta di un bene o la sua sottrazione non comporta un cambiamento essenziale.

5. 5. 2. I criteri di inclusione

Al momento non è stata neppure presa in considerazione la possibilità di chiudere la Lista per concentrarsi sui beni iscritti: tale misura correttiva scontenterebbe tutti gli stati membri che ambiscono ad introdurre nella Lista siti giudicati di straordinario valore e costringerebbe a dover passare in esame i siti già presenti per motivarne ancor più a fondo le proprietà universali. Interessante è allora passare rapidamente in rassegna quelli che sono i criteri di selezione presenti nelle Linee Guida per l’implementazione della WHC, ovvero le caratteristiche che un sito deve soddisfare per essere riconosciuto bene di straordinario valore universale. Tali indicazioni fino alla fine del 2004 erano suddivise in sei criteri per i beni culturali e 4 per quelli naturali; con l’adozione delle Linee Guida rivedute e corrette dopo l’implementazione della Global Strategy nel 2005 esiste un unico insieme di dieci criteri che non sono la semplice riproposizione dei vecchi.

I criteri validi per l’iscrizione dei siti culturali fino al 2004 sono i seguenti: i) represent a unique artistic achievement, a masterpiece of the creative genius;

ii) have exerted great influence, over a span of time or within a cultural area of the world, on developments in architecture, monumental arts or town-planning and landscaping;

iii) bear a unique or at least exceptional testimony to a civilization which has disappeared;

iv) be an outstanding example of the type of building or architectural ensemble which illustrates a significant stage in history;

v) be an outstanding example of a traditional human settlement which is representative of a culture and which has become vulnerable under the impact of irreversible change;

vi) be directly or tangibly associated with events or with ideas or beliefs of outstanding universal significance (sottolineatura mia).

I criteri qui esposti rimandano il loro valore ad altri canoni. Come si può facilmente rilevare i criteri riflettono ancora una volta un’idea di beni e siti completamente forgiata su valori archeologici, estetici e storici che hanno avvantaggiato l’iscrizione di beni collocati in aree

geografiche limitate e non disperse in tutto il mondo. In particolare l’evidente enfasi concessa alla dimensione architettonica ha finito per penalizzare quei paesi in particolare dell’Africa subsahariana e dell’Oceania, in cui le tracce architettoniche non avevano né l’imponenza visiva né la varietà stilistica degli edifici europei e asiatici. I criteri v e vi, i meno usati per l’iscrizione di beni, in realtà saranno quelli che nella nuova rielaborazione usciranno più valorizzati e all’avanguardia soprattutto perché contengono i semi della riflessione sul paesaggio culturale (categoria che calza perfettamente nel ruolo di ‘traditional human settlement’) e sulla dimensione immateriale dei beni materiali (la genericità di ‘ideas or beliefs’ permette un utilizzo ampio e variegato). Oltre a questi criteri tutti i beni culturali devono necessariamente sottostare ad un criterio di ordine più alto: quello della autenticità del sito, ovvero di originalità delle sue singole parti materiali, di setting e di design.

Per quanto riguarda i beni naturali i criteri predisposti dall’organizzazione IUCN hanno riscontrato un consenso non raggiunto con quelli culturali, facendo ricorso più che altro a parametri scientifici e schede di valutazione quantitative (ad esempio sulla presenza di specie viventi in via di estinzione o rilevamenti tecnologici di fenomeni geologici):

i) be outstanding examples representing the major stages of the earth’s evolutionary history;

ii) be outstanding examples representing significant ongoing geological processes, biological evolution and man’s interaction with his natural environment;

iii) contain superlative natural phenomena, formations or features;

iv) contain the most important and significant natural habitats where threatened species of animals or plants of outstanding universal value still survive;

Come per i siti culturali anche quelli naturali possiedono il vincolo della ‘integrità’ ovvero di una esclusione del carattere artificioso e costruito da parte degli esseri umani. Questo più di altri era un riconoscimento della netta separazione tra elementi della natura e intervento antropico.

Il quadro che emerge dalla rielaborazione delle Linee Guida dopo il 2005 è completamente di segno opposto: non solo l’unificazione in un unico elenco dei criteri fornisce l’immagine della maggiore integrazione degli stessi lungo il continuum umano-naturale, ma anche nei contenuti si assiste ad un ripensamento che dà il segno dell’avvenuto cambiamento.

i) represent a masterpiece of human creative genius;

ii) exhibit an important interchange of human values, over a span of time or within a cultural area of the world, on developments in architecture or technology, monumental arts, town-planning or landscape design;

iii) bear a unique or at least exceptional testimony to a cultural tradition or to a civilization which is living or which has disappeared;

iv) be an outstanding example of the type of building, architectural or technological ensemble or landscape which illustrates (a) significant stage(s) in human history; v) be an outstanding example of a traditional human settlement, land-use, or sea-use

which is representative of a culture (or cultures) or human interaction with the environment especially when it become vulnerable under the impact of irreversible change;

vi) be directly or tangibly associated with events or living traditions, with ideas or beliefs, with artistic and literary works of outstanding universal significance;

vii) contain superlative natural phenomena or areas of exceptional natural beauty and aesthetic importance;

viii) be outstanding examples representing the major stages of the earth’s history, including the record of life, on going geological process in the development of landforms;

ix) be outstanding examples representing significant ongoing ecological and biological processes in the evolution and development of terrestrial, fresh water and coastal ecosystems;

x) contain the most important and significant natural habitats for in-situ conservation of biological diversity including those containing threatened species of outstanding universal value;

La sottolineatura segnala le parti che sono state aggiunte e, nel confronto rispetto alle precedenti elaborazioni dei criteri, si noterà il diverso valore concesso allo scambio, alla comunicazione piuttosto che ai tratti intrinseci di un bene. Un altro aspetto fondamentale è la diversa focalizzazione temporale: non si parla più solo di civiltà e culture del passato ma anche di tradizioni culturali e comunità viventi. Oltre alla rinnovata attenzione per l’interazione tra