Nell’illustrare la raison d’être della Convenzione, i preamboli presentano una molteplicità di riferimenti intertestuali che non si limitano a documenti la cui istanza di enunciazione è l’UNESCO ma risalgono anche a documenti fondativi dell’ONU. Tale ancoraggio a testi gerarchicamente superiori per importanza viene specificato dal primo capoverso dei preamboli ed è un significativo ancoraggio agli strumenti internazionali che proteggono i “diritti umani”, in particolar modo Universal Declaration of Human Rights, International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights e International Covenant on Civil and Political Rights.
Il primo documento, The Universal Declaration of Human Rights, venne adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre del 1948 ed è la Magna Charta dell’organizzazione: definisce in forma dichiarativa i valori supremi e la bussola di orientamento per tutte le attività dei vari organi delle Nazioni Unite. Il principio di base contenuto nella Dichiarazione è il riconoscimento legale dei diritti di protezione dalle discriminazioni per ogni essere umano ma in particolare per quei gruppi che hanno subito nel corso della storia soprusi e violenze. Come recitano i preamboli della Dichiarazione il riconoscimento “of the inherent dignity and of the equal and inalienable rights of all members of the human family is the foundation of freedom, justice and peace in the world”: i diritti inalienabili riguardanti la dignità e l’eguaglianza degli uomini non sono che uno strumento logicamente legato alla sfera individuale e intima del soggetto che si propone degli obiettivi più ampi di portata sociale, ovvero la libertà e la pace nel mondo.
Interessante come il nesso tra sfera privata/individuale e pubblica/sociale sia reso ancor più esplicito attraverso la metafora degli esseri umani come membri di una “grande famiglia” sia nei preamboli che nell’articolo I della Dichiarazione, dove si parla di necessario “spirit of brotherhood”. L’isotopia dell’affinità o comunanza è figurativizzata in termini di consanguineità e legami parentali ed è dunque presente in questo testo fondativo sui diritti umani che spesso viene criticato per il suo tenore paternalista (appunto, un’altra figura familiare) e giudicato con sospetto perché ritenuto un progetto di imperialismo culturale dell’Occidente nei confronti del mondo.
Gli altri due testi sono patti, ovvero trattati multilaterali dal carattere maggiormente applicativo, entrambi adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 Dicembre 1966 ed entrati in vigore solo dieci anni più tardi. Il primo è International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights e rappresenta l’impegno di tutti gli stati membri a garantire nel loro territorio specifici diritti individuali di natura economica, sociale e culturale. Il secondo,
International Covenant on Civil and Political Rights, oltre a contenere strumenti di protezione per i diritti umani “di seconda generazione”, include riferimenti a quelli “di prima generazione” (diritto positivo alla vita, libertà e sicurezza personali), gerarchicamente sovraordinati nel diritto internazionale.
Dunque il riferimento, il legame stabilito dalla Convenzione sul patrimonio culturale intangibile a questi testi significa un’adesione completa e una dichiarazione di discendenza logico-filosofica da questi testi che sono una vera e propria pietra miliare o meglio una soglia nella storia mondiale. Il loro carattere peculiare e rivoluzionario è quello di vantare un’applicabilità che non conosce limiti di spazio e di categoria sociale. In questo senso la IHC si dimostra un passo ulteriore e più deciso rispetto alla WHC nella costruzione dell’attore collettivo Umanità. Il carattere universale delle decisioni riguardanti il patrimonio viene dedotto dall’applicazione a tutta l’umanità, il genere umano dei diritti inalienabili.
Gli altri riferimenti intertestuali riguardano invece strumenti più prossimi al campo di applicazione della Convenzione: Convention for the Protection of the World Cultural and Natural Heritage (1972), la Recommendation on the Safeguarding of Traditional Culture and Folklore (1989), la Universal Declaration on Cultural Diversity (2001), la Istanbul Declaration (2002) e il programma specifico dell’UNESCO, Proclamation of Masterpieces of the Oral and Intangible Heritage of Humanity. I legami logici e il perché dei riferimenti ai vari documenti sono tuttavia differenti. Rispetto alla Convenzione “gemella” del 1972, la citazione nel testo è presentata come exemplum eccellente, modello teorico da perseguire in virtù del riconoscimento del “far-reaching impact”: nei preamboli è contenuta una sanzione positiva dell’efficacia e delle conseguenze di un altro strumento.
I testi del 1989, 2001 e 2002 indicano tre tappe storiche di introduzione del concetto di patrimonio immateriale e del valore in esso contenuto di promotore e garante di differenza culturale da preservare: “the importance of the intangible cultural heritage as a mainspring of cultural diversity and a guarantee of sustainable development”. Il rilievo del patrimonio intangibile è figurativizzato in termini naturali come sorgente (in fr. diventa invece creuset, crogiolo) del rispetto dell’alterità culturale e delle esigenze di sviluppo sostenibile. Infine il richiamo al programma dei Capolavori costituisce un’indicazione della forma e delle modalità più concrete di applicazione della Convenzione.
In altri termini la peculiarità del ruolo di Destinante garante attribuito al patrimonio intangibile è richiamata nell’ultima microsequenza nella quale si legge:
Considering the invaluable role of the intangible cultural heritage as a factor in bringing
human beings closer together and ensuring exchange and understanding among them,
In modo meno ispirato dal punto di vista della poeticità ma più conforme agli scopi del trattato si ribadisce quindi il ruolo, la funzione che in qualche modo giustifica e dovrebbe motivare alla protezione del patrimonio intangibile: non più sorgente ma fattore, agente, attante in grado di operare una trasformazione che potremmo definire di avvicinamento-conoscenza (in fr. reso nominalmente come rapprochement, échange et compréhension). La trasformazione si
rivela un movimento simbolico e immaginario che porta degli attori sociali che non sono nazioni ma tutti gli esseri umani senza distinzioni o precisazioni di sorta a pervenire ad un grado di prossimità che idealmente aiuta i rapporti favorendo le relazioni sociali e facilitando la comprensione. Articolando meglio l’ideologia di questa breve dichiarazione di intenti troveremmo che la condizione di isolamento spaziale e cognitivo è vista come causa della incomunicabilità, assenza di rapporti e quindi di conoscenza dell’Altro.
E una precisazione relativa al contesto di riferimento si ritrova anche nella microsequenza immediatamente successiva all’indicazione delle fonti ONU e UNESCO alle quali la Convenzione si ispira:
Recognizing that the processes of globalization and social transformation, alongside the
conditions they create for renewed dialogue among communities, also give rise, as does the phenomenon of intolerance, to grave threats of deterioration, disappearance and destruction of the intangible cultural heritage, in particular owing to a lack of resources for safeguarding such heritage,
Come già nei preamboli della WHC i mutamenti economici e sociali sono visti come cause dell’aggravarsi del fenomeno di deterioramento del patrimonio ma in questo passaggio appare in modo più lampante come la difesa della dimensione intangibile del patrimonio non sia che un PN d’uso per il vero PN di base dell’UNESCO che consiste nella difesa delle diversità e della tolleranza minacciate. Ai fenomeni di trasformazione della situazione sociale ed economica (ai quali è data l’etichetta di globalization/mondialisation, in conformità alla riflessione dell’epoca) non è però riconosciuto più un valore esclusivamente disforico. La globalizzazione è vista come agente trasformatore che attiva fenomeni di scontro, intolleranza tra culture ma che riesce anche a rinnovare possibilità di dialogo e rapporti tra comunità diverse. Dunque non solo valorizzata disforicamente all’interno del testo ma anche in modo euforico, il che la rende un fenomeno complesso che mette in atto percorsi tematici e figurativi di tipo contraddittorio e contrario.
Difficile articolare in un quadrato due termini come dialogo e intolleranza perché non esattamente contrari dal punto di vista semantico; tuttavia si potrebbe vedere la tolleranza, la capacità di adattamento come termine in qualche modo logicamente necessario per il confronto dialettico mentre il vero contrario del dialogo, il monologo come forma di espressione legata all’intolleranza e alla chiusura.
L’isotopia della mancanza legata al tema del patrimonio intangibile, lessicalizzata molto chiaramente nell’espressione lack of resources/manque de moyens, ricorre in altre microsequenze dei preamboli e fornisce un quadro contestuale in cui si avverte l’assenza di strumenti, mezzi per la difesa del patrimonio.
Noting further that no binding multilateral instrument as yet exists for the safeguarding of
the intangible cultural heritage,
Considering that existing international agreements, recommendations and resolutions
concerning the cultural and natural heritage need to be effectively enriched and supplemented by means of new provisions relating to the intangible cultural heritage,
La mancanza è tematizzata in modi differenti nelle due microsequenze: nella prima come assenza, inesistenza di strumenti multilaterali vincolanti, obbligatori (in fr. si legge à caractère contraignant) per i paesi mentre nella seconda è tematizzata l’insufficienza e la necessità di miglioramento degli strumenti esistenti. L’entità del vuoto normativo da colmare nel primo caso configura due programmi narrativi differenti per il soggetto: da un lato riempire totalmente la mancanza diciamo partendo da zero; dall’altro incrementare le risorse esistenti (in fr. l’aggettivo plurale è identico enrichis) e aggiungere elementi per l’integrazione o il completamento (in fr. viene usato complétés). Quali sono gli strumenti esistenti su cui si poggia tale PN di integrazione? Accordi, Raccomandazioni e Risoluzioni riguardanti il patrimonio culturale e naturale. In questo senso rileviamo una ambiguità del progetto che viene presentato come un’elaborazione originale ed autonoma perché basata su riflessioni patrimoniali più mature ma che prende corpo come completamento ed è giustapposta al lavoro di protezione su beni tangibili sia culturali che naturali.
Come è chiarito in un’altra microsequenza il rapporto tra il patrimonio intangibile e intangibile è quello di una interdipendenza deep-seated/profonde: è una prima importantissima (per quanto vaga) allusione alla natura olistica del patrimonio, rispetto alla quale tangibilità e intangibilità non sono che dimensioni, due aspetti che dipendono e si basano l’uno sull’altro.
A fronte di questo quadro d’insieme la Convezione si rivela come soluzione che giunge a seguito di una modalizzazione ed uno stato passionale riferiti ad un comune soggetto non precisato con esattezza: the universal will and the common concern/la volonté universelle et la préoccupation partagée. Il PN, come è esplicitato nella stessa microsequenza, consiste nel “to safeguard the intangible cultural heritage of humanity” ed il soggetto che deve compiere quest’azione è modalizzato secondo un voler-fare ma è anche presentato come soggetto appassionato, in stato di apprensione e “pre-occupazione” ovvero prossimo all’azione e quindi doppiamente volto alla performanza.
Due scopi principali di questa performanza e della Convenzione stessa sono: allargare la consapevolezza dell’importanza del patrimonio in particolare fra i giovani e favorire uno spirito collaborativo non solo tra gli stati membri ma anche all’interno della comunità internazionale.
Considering the need to build greater awareness, especially among the younger generations,
of the importance of the intangible cultural heritage and of its safeguarding,
Considering that the international community should contribute, together with the States Parties to this Convention, to the safeguarding of such heritage in a spirit of cooperation and mutual assistance,
Questo enfatizzare la necessità di costruire, cementare un sapere circa il patrimonio vedremo che darà luogo a un’importante differenza rispetto alla WHC, che già riconosceva l’importanza della diffusione della conoscenza ma che si concentra maggiormente sugli imperativi della conservazione materiale. Citare poi nei preamboli la centralità dei giovani nella salvaguardia dei beni immateriali immediatamente è un riconoscimento della funzione dell’educazione e dell’istruzione come punto chiave del passaggio di competenze, saperi, valori.
E rappresenta un inedito ingresso nel testo della Convenzione di figure concrete e specifiche dell’umanità, astrazione quest’ultima che al contrario si pone su un livello di genericità massima. Non solo nel secondo passaggio citato la comunità internazionale si smarca chiaramente e senza possibilità di ricomposizione dall’idea della somma degli stati membri (in quanto si parla di contributo di questa comunità “insieme” agli stati membri), ma in un'altra microsequenza appare ancor più marcato il carattere soggettale57 della Convenzione.
Recognizing that communities, in particular indigenous communities, groups and, in some
cases, individuals, play an important role in the production, safeguarding, maintenance and recreation of the intangible cultural heritage, thus helping to enrich cultural diversity and human creativity,
Già a partire dai preamboli la IHC dimostra tutto il suo carattere innovativo di strumento non centrato sulla nazione come agente unico nel processo di selezione e mantenimento del patrimonio ma in questa microsequenza c’è una sanzione del ruolo, della capacità e dello status centrali di altri attori quali le comunità indigene, i gruppi sociali e gli individui. Questo processo di focalizzazione sempre più diretto verso la dimensione micro riesce a dar conto in modo più deciso di come avvenga la protezione della memoria collettiva: non si parla più di conservazione ma c’è un rinnovamento delle pratiche di patrimonializzazione che fa appello alle azioni di produzione, salvaguardia, mantenimento e ricreazione dell’Oggetto di valore (in fr. ritroviamo la production, la sauveguarde, l’entretien et la recreation).
Nell’ultima lessicalizzazione in particolare c’è tutto il peso e la portata del passaggio: dalla vecchia nozione di conservazione dell’autenticità del bene che prevedeva la sterilizzazione e la difesa da agenti esterni, nel nuovo testo la salvaguardia della memoria culturale si traduce in costante ri-costituzione, intervento e mantenimento attuato dalla comunità più che da esperti.