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5 2 La presentazione del progetto: i preamboli alla Convenzione

I preamboli della WHC costituiscono una parte molto interessante del testo in quanto offrono un inquadramento teorico, un elenco di motivazioni che hanno condotto all’elaborazione della Convenzione e la spiegazione degli obiettivi che l’UNESCO individua come prioritari.

La prima notazione che si legge è di ordine generale e si propone come chiarimento del senso della Convenzione esattamente in quel momento storico:

Noting that the cultural heritage and the natural heritage are increasingly threatened with destruction not only by the traditional causes of decay, but also by changing social and economic conditions which aggravate the situation with even more formidable phenomena of damage or destruction,47

47 Salvo diversa indicazione, le citazioni in questa Parte II provengono dai testi ufficiali delle Convenzioni in analisi.

In Appendice I riportiamo i primi articoli in esame, tralasciando quelli successivi più pratici-operativi. I testi nella loro interezza sono consultabili all’indirizzo web: www.unesco.org.

L’isotopia tematica dell’urgenza (e di conseguenza la necessità estrema della WHC) è enfatizzata da tre espressioni che forniscono un quadro della situazione come in movimento verso un esito dal carattere disforico. In questo primo passaggio il soggetto che verrà citato nelle parti successive, ovvero l’UNESCO, è un soggetto cognitivo modalizzato secondo il sapere data il primo lessema: to note infatti può essere tradotto come “fare attenzione, osservare, rilevare” e presuppone quindi un lavoro interpretativo e di sintesi rispetto al panorama internazionale.

Increasingly (de plus en plus in fr.) è avverbio che porta in sé sia semi qualitativi che temporali in quanto indica un aumento, una crescita di dimensioni colti nel loro aspetto durativo: è riferito alla minaccia di distruzione quindi serve a rafforzarne l’entità. La seconda lessicalizzazione è aggravate (aggrave in fr.) che descrive un peggioramento delle condizioni: lo fa attraverso attraverso i semi di aumento della gravità nel duplice senso di pesantezza e in senso figurato di drammaticità e pericolosità. La terza espressione è l’attribuzione riferita ai fenomeni di distruzione, descritti come even more formidable (encore plus redoutables) che ne sanziona un accrescimento di intensità portando con sé i semi di timore e paura.

Tale cambiamento di situazione è imputato a due agenti entrambi segnalati dal by: il primo è rappresentato da un generico riferimento a traditional causes of decay, il cui aggettivo serve a marcarne il carattere di consuetudine, prevedibilità e ovvietà; mentre il secondo, vero e proprio anti-soggetto e nemico principale nell’intera narrativizzazione della situazione è lo sviluppo lessicalizzato come changing social and economic conditions (évolution de la vie sociale et économique).

L’immagine del patrimonio che si ricava da questa prima micro-sequenza iniziale dei preamboli è quella di una entità sottoposta ad una continua trasformazione in senso negativo, definita come un decadimento fisiologico (decay/dégradation). Tale decadimento viene figurativizzato come un procedere lineare, perenne e inalterabile come la forza di gravità; ad esso si aggiunge l’azione che accelera irrimediabilmente e fa precipitare il consueto corso delle cose: è quella indotta dal progresso sociale e in particolare del settore della società che si occupa dello sfruttamento delle risorse (l’utilizzo tutto sommato neutro del lessema changing è chiarito dal contesto frastico decisamente disforico).

Il secondo passaggio è molto interessante perché una volta confrontato con la sesta micro-sequenza, in cui si parla di conservazione del patrimonio come ricchezza di tutta l’umanità, rivelerà a pieno il carattere di residuo della tipica retorica dell’UNESCO in merito ai diritti umani ed alla comunità internazionale come terreno di applicazione delle politiche patrimoniali concrete.

Considering that deterioration or disappearance of any item of the cultural or natural heritage constitutes a harmful impoverishment of the heritage of all the nations of the world,

Gli effetti della distruzione di un singolo componente del patrimonio sono tematizzati come una sottrazione, una diminuzione della risorsa, una menomazione del tesoro, cioè, a livello semantico profondo potremmo dire una “spoliazione di valore”. Chi subisce tale spoliazione, tale perdita o diminuzione dell’Oggetto di valore non è la singola unità nazionale ma la totalità delle

nazioni del mondo. In questa sequenza non si parla ancora di Umanità come totalità integrale che agisce come un solo corpo senza distinzioni interne, ma si parla di “tutte le nazioni del mondo” nella versione inglese e “tutti i popoli del mondo” in quella francese, espressioni che invece di enfatizzare il carattere comune dei vari attori ne richiamano la distinzione e la differenziazione reciproca. Più che un melange di colori, un arcobaleno in cui tutti i colori sono giustapposti e coesi ma rimangono ben distinguibili.

Il passaggio logico mancante tra il riferimento ad una somma di nazioni e quello successivo all’Umanità, necessita ancora di chiarimenti e considerazioni che vengono forniti nella terza microsequenza:

Considering that protection of this heritage at the national level often remains incomplete because of the scale of the resources which it requires and of the insufficient economic, scientific, and technological resources of the country where the property to be protected is situated,

Nella protezione del patrimonio culturale e naturale si deve spostare il riferimento dal livello nazionale a un livello superiore poiché le politiche necessarie alla salvaguardia di molti beni culturali spesso vanno oltre le risorse e il poter-fare, la capacità di intervento di un singolo stato nazionale. Le strategie, le capacità e i mezzi pratici (ovvero il complesso saper-fare e poter-fare assicurato da conoscenze tecnologiche, scientifiche e anche finanziarie) per il conseguimento dell’obiettivo della salvaguardia possono essere ricercati solo guardando oltre i confini dello stato nazione, anche se ancora non viene specificato in che modo.

Per questi fenomeni variabili in scala e distribuzione che però relativizzano l’importanza degli attori istituzionali statali, Ulf Hannerz (1996) parla di “fenomeni transnazionali”, che non sono direttamente omologabili ma quasi una premessa del fenomeno vero e proprio della globalizazione che definisce come

un’interconnessione più generale, crescente ma internamente molto varia, così come una crescente consapevolezza dell’umanità e del mondo come qualcosa di unico. È un processo che si svolge in modo irregolare e neppure del tutto nuovo, ma senz’altro i mutamenti della fine del secolo XX nell’ambito economico e politico, e non ultimo in quello delle tecnologie delle comunicazioni e dei trasporti, gli hanno impresso un’accelerazione decisiva, con grandi quantità di persone ormai in grado di ricevere suoni, idee e immagini grazie a radio, televisione e posta elettronica (Hannerz 1996; trad. it. 2001: 8-9).

Per compiere il passo successivo, propositivo e progettuale, vengono richiamati prima gli scopi e le funzioni che l’UNESCO si è dato nella sua Costituzione e poi il panorama di trattati internazionali riguardanti questo campo allora assai sguarnito.

Recalling that the Constitution of the Organization provides that it will maintain, increase,

and diffuse knowledge by assuring the conservation and protection of the world's heritage, and recommending to the nations concerned the necessary international conventions,

Considering that the existing international conventions, recommendations and resolutions

concerning cultural and natural property demonstrate the importance, for all the peoples of the world, of safeguarding this unique and irreplaceable property, to whatever people it may belong,

Nel primo passaggio si fa esplicito richiamo al primo articolo della Costituzione dell’UNESCO (firmata a Londra il 16 novembre 1945) in cui l’organizzazione alla voce “Obiettivi e funzioni” riporta appunto come terzo proposito quello di mantenere, aumentare e diffondere il sapere. E uno dei modi indicati per conseguire questo PN accanto alla cooperazione intellettuale è proprio quello di conservare e proteggere “the world’s inheritance of books, works of art and monuments of history and science, and recommending to the nations concerned the necessary international conventions”, formula leggermente riadattata nella WHC con una formula generica che esclude le tipologie di patrimonio ‘movable’ (ovvero trasportabili) quali i libri e le opere d’arte non monumentali.

Nel secondo passaggio viene rinforzata l’importanza del processo di salvaguardia come previsto da tutti gli strumenti giuridici dell’UNESCO e unico aspetto interessante è il ricorrere della forte isotopia del possesso che passa per la ripetizione del termine property (bien in fr. rimane semanticamente più neutro) e per l’ultimo predicato verbale belong: in particolare quest’ultimo lessema è interessante perché to belong è un verbo che oltre al senso del possesso (“essere di qualcuno, qualcosa”) assomma quello dell’appartenenza ma soprattutto dei legami e dei rapporti con un luogo preciso (“risiedere”, “avere legami con”). Quel whatever people che regge è soggetto del verbo in questo caso relativizza e rende poco pertinente questo senso di appartenenza particolare, specifico di un territorio, un luogo per preparare un ulteriore, un senso di appartenenza e identitario non geograficamente determinato.

La sesta microsequenza è quella maggiormente importante, il cuore non solo dei preamboli ma uno degli esempi più espressivi ed efficaci della retorica e dell’intero spirito della WHC. La riportiamo sia nella versione inglese che in quella francese.

Considering that parts of the cultural or natural heritage are of outstanding interest and therefore need to be preserved as part of the world heritage of mankind as a whole,

Considérant que certains bien du patrimoine culturel et naturel présentent un intérêt exceptionnel qui nécessite leur préservation en tant qu'élément du patrimoine mondial de l'humanité tout entière;

Ad essa dedicheremo un’analisi più articolata nel prossimo paragrafo (infra, § 3): ci concentreremo infatti sulla conclusione di questo passaggio ovvero l’appello all’Umanità come soggetto significativo per l’azione di protezione di alcuni componenti del patrimonio mondiale. Questa sequenza è molto interessante perché esplicita i valori di base, lo scopo che l’UNESCO si propone attraverso l’impegno in questa Convenzione, ed è per questo che lo troviamo citato e riportato con altre parole in una pluralità di documenti ufficiali ma non solo. Nel paragrafo sui criteri di inclusione nella Lista (infra, § 5) ci concentreremo invece su quel passaggio molto problematico e discusso che fa ricorso al concetto di “outstanding interest” (e che più avanti verrà precisato come “outstanding universal value”) per vedere cosa si intenda e cosa giustifichi l’azione responsabile dell’umanità al completo.

In questo testo, come diremo di seguito, l’Umanità ci sembra colta senz’altro come meta- Destinante del lavoro dell’UNESCO, perché giustifica il suo lavoro e il suo intervento come valore di base, ma più ancora che soggetto operativo è il destinatario e beneficiario

dell’intervento dell’organizzazione internazionale. Il testo autorizza a inferire che l’intero progetto del Patrimonio mondiale è fatto, messo in piedi, gestito e fatto progredire dall’UNESCO come soggetto d’azione “a beneficio dell’Umanità”, più che grazie al suo aiuto. Questa concezione ovviamente non sottolinea l’importanza di un coinvolgimento di tutte le popolazioni del mondo (come faranno invece le due convenzioni del 2003 e 2005) e possiamo definirla come l’espressione più evidente della visione asimmetrica della politica internazionale. È un progetto di intervento dall’alto, che certamente è strutturato e pensato a beneficio di tutti ma a partire da un nucleo ristretto di attori sociali.

Le restanti due microsequenze non fanno altro che trarre le logiche conseguenze da quanto indicato in precedenza con un richiamo alla gravità dei nuovi rischi e la necessità di creare uno strumento giuridico utile per superare questo stato.

Considering that, in view of the magnitude and gravity of the new dangers threatening them,

it is incumbent on the international community as a whole to participate in the protection of the cultural and natural heritage of outstanding universal value, by the granting of collective assistance which, although not taking the place of action by the State concerned, will serve as an efficient complement thereto,

Considering that it is essential for this purpose to adopt new provisions in the form of a convention establishing an effective system of collective protection of the cultural and natural heritage of outstanding universal value, organized on a permanent basis and in accordance with modern scientific methods, Having decided, at its sixteenth session, that this question should be made the subject of an international convention,

Adopts this sixteenth day of November 1972 this Convention.

In quest’ultima parte più formale e riepilogativa, dopo aver richiamato l’attenzione sulla grandezza e drammaticità dei pericoli e minacce al patrimonio naturale e culturale mondiale, viene evocata una formula intermedia per indicare l’attore responsabile della protezione: quella di comunità internazionale. Si tratta di un compito che possiede la forza stringente di un’espressione come its is incumbent (il incombe in fr.) in cui il dover-fare sovrasta ed è più alto, più elevato del soggetto sul quale ricade. Perché gli deriva come obbligo, come esito della manipolazione di un Destinante che rimane in questo caso implicito grazie alla forma impersonale in terza persona.

Il richiamo a una comunità internazionale come soggetto operatore piuttosto che all’Umanità, ancora da riempire di significati e costruire, è una sorta di retromarcia poiché segna un passo indietro rispetto alla portata storica della sesta microsequenza: tuttavia va riconosciuto che non si parla più di nazioni del mondo come semplice somma di attori distinti ma di una comunità e come tale un unico attore, un corpo sociale che va ad affiancarsi, a fare da complemento all’azione del singolo stato attraverso una forma di assistenza collettiva. A livello di aspettualizzazione attoriale l’insieme delle nazioni non è più colto come una somma di nazioni slegate ed indipendenti ma come una totalità partitiva.

La comunità è esattamente un insieme, un complesso “di persone o ceti organizzati per il conseguimento di vantaggi comuni dal punto di vista pratico, politico, economico” (Devoto – Oli 1995, voce comunità). Non si tratta quindi di una massa amorfa e indifferenziata ma di un primo caso di “massa aperta” (i termini derivano dall’uso di Alonso 1998, riprenderemo questi concetti nelle Conclusioni, capitolo 13), formata di una pluralità di attori individuali che condividono un

tenore passionale o uno scopo generico. In questa come in altre sequenze si riscontra maggiore aderenza dell’UNESCO alla realtà politica internazionale: pur nella complessiva visione utopistica del progetto culturale c’è un riconoscimento del posto da protagonista nella conservazione allo stato; questo ancora più dell’Umanità sembra beneficiare dell’istituzione di un sistema di protezione collettiva organizzato in modo permanente.