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Tornando indietro di alcuni anni, a partire dal 2005, in parallelo al rilancio dell’attuazione della Strategia di Lisbona105

aumentò l’interesse delle istituzioni dell’Unione europea in generale e della Commissione

europea in particolare verso il microcredito.106

Nel 2007 si giunse ad una comunicazione della Commissione incentrata sull’“Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno

della crescita e dell’occupazione”107

. In tale documento veniva sottolineato il ruolo del microcredito ‹come mezzo per incoraggiare la

crescita del lavoro autonomo e la formazione e lo sviluppo di microimprese, in molti casi in congiunzione con gli sforzi volti a promuovere il passaggio dalla disoccupazione al lavoro autonomo ›108. Fra i vari punti esposti, si rimarcavano l’esigenza di un’iniziativa

103 Ivi, art. 9, par. 2. 104 Ibidem.

105

Il Consiglio europeo straordinario di Lisbona, tenutosi nei giorni 23 e 24 marzo del 2000, diede inizio alla Strategia di Lisbona, un programma decennale di riforme economiche e sociali che, rilanciato nel 2005 con il documento della Commissione europea “Lavoriamo insieme per la

crescita e l’occupazione. Un nuovo slancio per la strategia di Lisbona” (Commissione europea

(2005)), è stato poi seguito dall’attuale strategia Europa 2020.

106 Si riporta ad esempio: Commissione europea (2007 b).

In tale atto il microcredito viene menzionato riguardo l’accesso delle imprese ai finanziamenti attraverso fonti differenti rispetto alle sovvenzioni, come i prestiti ed i capitali di rischio.

107

Commissione europea (2007 a).

europea sul tema, la parallela necessità che gli Stati membri migliorassero il quadro istituzionale atto a regolare e supportare il microcredito, l’utilità di avere un ente centrale che potesse coordinare e monitorare a livello comunitario gli interventi a sostegno del microcredito, l’opportunità di trovare le modalità (anche tramite un marchio) che connotassero i fondi d’investimento che investono sul microcredito e, infine, la necessità di adottare un codice di condotta per gli istituti microfinanziari (IMf) e microcreditizi (IMc).109 In sintesi, le quattro linee d’azione tracciate furono:110

 migliorare il quadro giuridico e istituzionale negli Stati membri;

 rendere il contesto presente più favorevole all’imprenditorialità;

 promuovere la diffusione delle migliori pratiche, compres e quelle annesse alle attività di formazione;

 aumentare il capitale a disposizione degli istituti di microcred ito. Dopo poco più di un anno senza rilevanti svilupp i, nuovo impulso lo diede il Parlamento europeo con la Risoluzione del 24 marzo 2009111 che sottolineò, fra i vari temi, la necessità a livello comunitario di:112

 porre azioni atte a sensibilizzare ulteriormente sul tema del microcredito, raccogliendo dati e strutturando un sistema organico di “buone pratiche”;

 utilizzare fondi nazionali e comunitari per agevolare le attività di Mc a beneficio delle persone e delle imprese che non abbiano diretto accesso al credito, fornire garanzie agli erogatori di Mc e supportare economicamente le attività di supporto e consulenza che questi ultimi prestano ai beneficiari nella fase successiva alla concessione del prestito;

 armonizzare il quadro legislativo a livello europeo, suddivide ndo le realtà di microfinanza e microcred ito in bancarie e non bancarie;

109 Ivi, pp. 8-12. 110 Ivi, p. 6. 111

Parlamento europeo (2009).

 riconoscere il ruolo degli IMf e IMc non bancari, definirne i requisiti di base e stabilire che essi non possono accettare depositi di denaro dal pubblico ma solo concedere credito, anche ripetutamente; ciò al fine di non considerarli istituzioni finanziarie ai sensi della Direttiva 2006/48/CE (ora abrogata e sostituita dalla

Direttiva 2013/36/UE) e di conseguenza escluderli dalla disciplina e

dai requisiti stringenti che essa prevede;

 determinare un sistema specifico e armonizzato di autorizzazione, registrazione, vigilanza e gestione del rischio prudenziale per quest i istituti di Mc non bancari, consentendo fra le altre cose a coloro che non dispongano di un indirizzo permanente o di documenti d'identità personali di accedere al microcredito ;

poter differenziare i limiti fissati per gli aiuti de minimis113 fra uno Stato membro e l'altro, allorquando questi aiuti riguardino il supporto finanziario agli erogatori di microcredito ;

poter ridurre gli oneri amministrativi connessi agli aiuti de minimis, allorché questi vengano concessi attraverso il Mc;

abolire la discriminazione esistente nella concessione di aiuti de

minimis alle imprese del settore agricolo,114 nel caso l'aiuto sia concesso tramite microcredito ;

113

Gli aiuti de minimis sono aiuti pubblici eventualmente conferiti da autorità, amministrazioni od enti pubblici di ciascun Stato membro alle proprie imprese. L’importo poco elevato di tali aiuti non è considerato tale ‹da falsare o da minacciare di falsare in modo sensibile la concorrenza e da

incidere sugli scambi tra gli Stati membri› dell’Unione europea. Citazione da: Bankpedia, Aiuti de minimis, [vedasi in sitografia].

Per approfondire, si indica il Regolamento (CE) N. 1998/2006 (Commissione europea (2006 b)). Quest’ultimo è stato di recente sostituito dal nuovo Regolamento (UE) N. 1407/2013 (Commissione europea (2013 f)).

Di norma, l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro ad un’impresa unica non può superare gli € 200.000 nell’arco di tre esercizi finanziari. Tale valore scende a € 100.000 nell’arco di tre esercizi finanziari per un’impresa unica che opera nel settore del trasporto di merci su strada per conto terzi. Si legga: Commissione europea (2013 f), art. 3, par. 1-2.

La disciplina generale sugli aiuti de minimis contenuta nel Regolamento (UE) N. 1407/2013 è completata da altri due regolamenti settoriali, rispettivamente per il settore agricolo (Regolamento

(UE) N. 1408/2013) e per la pesca e l’acquacoltura (Regolamento (UE) N. 707/2014). Si visionino:

 Commissione europea (2013 g);

 affermare il principio secondo cui il ruolo svolto dagli erogatori di microcredito non bancari e, se presente, il sostegno pubblico che tali istituti ricevono, sono in linea con le regole di concorrenza sancite dall’Unione europea;

 consentire il trattamento preferenziale ai beni e servizi forniti dai beneficiari di microcredito, nelle procedure pubbliche di appalto . Volendo sottolineare alcuni punti, è interessante come il Parlamento

europeo veda l’attività delle realtà di microfinanza non bancarie

essenzialmente come sole attività di microcredito, puntando a impedire espressamente che tali realtà possano accettare depositi di risparmio dall’utenza, e contestualmente ritenga molto importante agevolare e sostenere con fondi pubblici sia il sistema di garanzie di cui gli erogatori di Mc possono disporre , sia l’attività di assistenza e formazione solitamente connessa e susseguente alla concessione del credito al beneficiario. Inoltre, il Parlamento europeo sembra porre particolare attenzione all’ambito agricolo e rurale, sia auspicando la fine delle discriminazioni alle imprese agricole dovute ai particolari vincoli posti al settore da parte degli aiuti de minimis, nel caso questi aiuti vengano erogati attraverso lo strumento del microcredito, sia citando espressamente le persone che vivono in aree rurali svantaggiate tra i target di potenziali destinatari del Mc che in generale hanno difficoltà di accesso al credito.

114 Infatti, l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro a

un’impresa unica che opera nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli non può superare € 15.000 nell’arco di tre esercizi finanziari. Si veda: Commissione europea (2013 g), art. 1, par. 1 e art. 3, par. 1-2.

Tuttavia, ‹se un’impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli opera

anche in uno o più dei settori o svolge anche altre attività che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (UE) n. 1407/2013› (ossia essenzialmente opera in settori e svolge attività anche

all’infuori della produzione primaria di prodotti agricoli), ‹agli aiuti concessi in relazione a questi

ultimi settori e attività si applica il suddetto regolamento, a condizione che lo Stato membro interessato garantisca, con mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi, che la produzione primaria di prodotti agricoli non beneficia di aiuti «de minimis» concessi a norma dello stesso regolamento›. I due incisi ora riportati sono tratti da: Commissione europea

Riguardo una maggior flessibilità nel consentire forme di supporto pubblico da parte di ciascun Stato membro verso le attività imprenditoriali, in particolare verso le micro, piccole e medie imprese (PMI)115, l’Unione europea si è in seguito effettivamente mossa in tal senso ed ha allargato la gamma di aiuti (dettagliandone beneficiari, modalità, scopi) che non rientrano nella rigida disciplina degli aiuti de

minimis, sia in generale verso le imprese di gran parte dei settori

produttivi,116 sia verso quelle che operano specificatamente nei settori agricolo e/o forestale e nelle aree rurali.117 Inoltre, di recente il limite massimo agli aiuti de minimis per le imprese operanti nella produzione primaria di prodotti agricoli è stato raddoppiato, passando da i precedenti € 7.500 a € 15.000 nell’arco di tre esercizi finanziari.118 Tornando ad analizzare lo status degli operatori di microcredito, e quindi la disciplina da applicare loro, a fine 2012 la Commissione

europea attraverso una propria relazione119 ha specificato che, ‹in

generale, soltanto i microfinanziatori che operano in base al diritto bancario europeo devono rispettare i requisiti della direttiva 2006/48/CE›120. Tale direttiva è stata sostituita, come già detto, dalla più recente Direttiva 2013/36/UE; tuttavia, la ratio rimane identica: i due requisiti per rientrare nell’ambito del diritto bancario europeo sono quello di concedere crediti per proprio conto e, contestualmente, di ricevere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico .121 Ergo, gli IMf e gli IMc che non raccolgano depositi non necessitano di ottenere una licenza bancaria e, quindi, di soddisfare i requisiti prudenziali contenuti

115 Sulla definizione comunitaria di micro, piccole e medie imprese (PMI), si indica il riferimento

normativo: Commissione europea (2003), art. 2.

116

Commissione europea (2014 d).

Si indicano in particolare: Ivi, artt. 13 ss., artt. 17 ss.

117 Commissione europea (2014 e). Si indicano in particolare: Ivi, artt. 14 ss. 118

Si rinvia a:

 Commissione europea (2013 g), art. 3, par. 2.

 Tedde A. (2014), [vedasi in sitografia].

119 Si rimanda a: Commissione europea (2012 d). 120

Ivi, p. 7.

nella predetta direttiva, eccetto se le singole discipline azionali prevedano autonomamente requisiti più stringenti al fine di erogare microprestiti.122 Ciò circoscrive notevolmente e di conseguenza limita l’impatto che la normativa bancaria comunitaria ha sul Mc. La relazione della Commissione afferma infatti che non esiste una condivisa definizione europea di microcredito e che tra i molteplici IMc vi sono, appunto, enti bancari ed enti non bancari.

Gli enti bancari svolgono un ruolo importante, seppur l’attività di Mc ricopra di norma un’importanza secondaria e il loro coinvolgimento possa avvenire sia attraverso attività diretta, sia attraverso proprie fondazioni separate, sia in partenariato o in via indire tta con istituzioni pubbliche od altri enti non bancari, privati o no-profit. Per essi, seppur la Direttiva 2006/48/CE (ora abrogata dalla Direttiva 2013/36/UE, ma l’analisi seguente persiste) non tenga conto delle peculiarità che il microcredito possiede, la Commissione ha confermato l’applicazione delle norme prudenziali sulla gestione, tra gli altri, dei rischi di credito, di concentrazione e di liquidità, ritenendo che esse nel complesso, pur comportando vantaggi e svantaggi rispetto al condu rre attività di Mf e Mc, non inficino sull’operatività e la funzionalità globali de gli IMf e IMc bancari. Inoltre, ‹il fatto che la direttiva limiti la probabilità di

fallimento delle imprese in questione dovrebbe essere accolta con favore›123, poiché tali norme ‹possono contribuire ad aumentare la

fiducia degli investitori finanziari nei fornitori di microcredito, considerandoli una destinazione sicura per i fondi d’investimento ›124

, e consentendo a quest’ultimi di ‹attirare finanziamenti a lungo termine,

in modo tale da raggiungere così dimensioni più significative e offrire una vasta gamma di servizi ai propri clienti ›125.

122 Commissione europea (2012 d), pp. 7-8. 123 Commissione europea (2012 d), p. 11. 124 Ibidem. 125 Ibidem.

Il ruolo degli operatori non bancari risulta fondamentale e, se in alcuni Stati si applica la disciplina societaria general e, in altri - tra cui l’Italia, come si vedrà - è stata legiferata un’apposita normativa specifica. Quindi, al momento, la medesim a attività di erogazione di micro credito è soggetta a discipline differenti nei diversi Stati membri e, se per gli enti bancari vi è un’armonizzazione generale data dalle norme di settore precedentemente citate, per quelli non bancari la situazione è assolutamente variegata. Allargando il focus della presente analisi , si vede che il solco delineato ora viene sostanzialmente percorso anche dal Comitato di Basilea126 il quale, in un recente documento del 2010 incentrato sui temi del Mc e della Mf ,127 ha riaffermato la sostanziale differenza fra attività di microfinanza nelle quali si accettino depositi dai clienti e attività di microcredito nelle quali non vi sia raccolta di pubblico risparmio. Secondo il presente Comitato, solo i primi dovrebbero essere posti sotto un regime di vigilanza prudenziale, tipico degli istituti creditizi, che dovrebbe comunque essere “proporzionale” e prevedere delle deroghe in relazione agli scopi sociali del Mc, al fine di incentivare l’operatività degli attori di settore.

Riguardo agli enti di Mc che non raccolgono pubblico risparmio dai depositanti ma si limitano ad erogare prestiti, il presente documento evidenzia come nella maggior parte dei paesi non sia loro richiesta un’autorizzazione preventiva ad operare; inoltre, tra i “Basel Core

Principles to depository microfinance ” previsti per tutti gli operatori di

microcredito, bancari e non, il solo che sia di grande importanza anche per i suddetti IMc non bancari è il principio n. 18 “Abuse of financial

services”, relativo all’adozione di un approccio operativo orientato al

rischio - seppur tarato sul tipo di rischi connessi con le operazioni a

126 Il Comitato di Basilea è un'organizzazione internazionale volta a coordinare la vigilanza

bancaria ed a fissare gli standard per la regolamentazione prudenziale degli istituti di credito. Per approfondire, si cita la Bank for international settlements (BIS): Banca dei regolamenti internazionali (BRI) About the Basel Committee, [vedasi in sitografia].

basso valore proprie della microfinanza - allo scopo di ottimizzare la prevenzione dei crimini, razionalizzare i sistemi di vigila nza e meglio perseguire gli obiettivi di inclusione sociale e riduzione dell’economia informale (Basso, Capone, 2014).