• Non ci sono risultati.

Tra i più ricorrenti elementi morfologico-ornamentali dell’architettura classica vi erano senza dubbio le ‘mensole’, nate per ‘reggere’ gli sporti, ma poi divenute anche componente puramente decorativo. Ne esistevano di natura estremamente varia e, dunque, era la funzione (vera o allusa), più che una specifica morfologia (tipo quella dei modiglioni) a suggerire l’aspetto denominativo. Ricordava Vasari come vi fossero ‘mensole’, ‘istituzionalizzate’, nella cornice dell’ordine Ionico (che «si adorna di

mensole e di dentelli»: Introduzione all’opera, III);

nella trabeazione Corinzia («siano tutte intagliate

con le mensole et uovoli et altre sorte d’intagli sotto il gocciolatoio»: Introduzione all’opera, III). Tra gli Architetti moderni si era distinto Bramante: «le modanature delle cornici, i fusi delle colonne, la grazia de’ capitegli, le base, le mensole et i cantoni, le volte, le scale, i risalti et gli ordini d’architettura tirati per consiglio o modello di questo artefice riuscirono sempre maravigliosi a chiunque li vide» (Vita di Bramante). Mentre Benedetto da Maiano, per inventare nuove soluzioni, aveva invece cercato, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie ad Arezzo, proprio «{che il tetto sportasse tanto in fuori senza modiglioni o mensole che lo reggessino} (Vita di Benedetto da Maiano). Restano sempre all’interno dello stesso campo semantico sia il diminutivo ‘mensolina’ («nei lavori Tedeschi facevano tanti risalti, rotture, mensoline e viticci che sproporzionavano quelle opere che facevano»:

Introduzione all’opera, III); sia l’accrescitivo

‘mensolone’, nell’edizione del 1568 («Cristoforo e Stefano fratelli e pittori bresciani hanno ... in Vinezia, nel palco piano di Santa Maria dell’Orto, finto di pittura un corridore di colonne doppie atorte e simili a quelle della Porta Santa di Roma le quali, posando sopra certi mensoloni che sportano in fuori, vanno facendo un superbo corridore»: {Vita di Garofalo e

altri}). Condizioni che Vasari considera, rispetto alle

dimensioni, normali, sicuramente da valutatare con grande attenzione, ma a seconda del risultato finale. attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’’ordine

Ionico’; Introduzione all’opera, III, l’ordine Corinzio’;

Vita di Bramante e la maestria nella strutturazione

dei componenti dell’Ordine; Vita di Benedetto da

Maiano, e la copertura della chiesa della Madonna

delle Grazie ad Arezzo; Introduzione all’opera, III, la ‘maniera Tedesca’; {Vita di Garofalo e altri}, il corridore di Santa Maria dell’Orto a Venezia. riferimentilessicaligenerali: modiglioni. anche in: Alb./ Bart., pp.226-227; Ser., IV,6,p.146v.

MENSOLA ROVESCIA

Probabilmente facendo riferimento ad un “modiglione”, ma considerando soprattutto la sua funzionale strutturale (appunto di “mensola”), ricordava Vasari, nella sola edizione del 1568, come tra le “licenze” di Michelangelo vi fosse stata anche quella di impiegare come piedistallo una ‘mensola rovescia’ nell’ambito di un “ordine di Termini”. Infatti «[per la sepoltura di Giulio II ... in San Pietro in Vincoli a Roma] ... {Michelagnolo messe su il primo imbasamento intagliato con quattro piedistalli che risaltavano in fuori tanto quanto prima vi doveva stare un Prigione per ciascuno, che in quel cambio vi restava una figura di un Termine; e perché da basso veniva povero aveva per ciascun Termine messo a piedi una mensola che posava a rovescio in su}». attestazioni: Vita di Michelagnolo, l’ordine di

Termini. riferimenti lessicali generali: licenza,

modiglione. MENSOLINA Cfr. MENSOLA

MENSOLONE

Il ‘mensolone’ è per Vasari sicuramente un elemento morfologico accrescitivo del concetto di “mensola”, se non che il termine acquista una propria autonomia semantica in rapporto alla traduzione che del “De Re Aedificatoria” aveva fatto Cosimo Bartoli (1550); Bartoli che sia relativamente alla cornice del trabeazione Ionica (Alb.,VII,IX,[11] per «mutuli»), sia in riferimento a quella Corinzia (Alb.,VII,IX,[12] per «mutulos»), aveva tradotto appunto con «mensoloni» (mentre Lauro [p.154v] con «modioni») l’albertiano «mutuli». Più generico era invece il significato per Vasari, nell’edizione del 1568 («Cristoforo e Stefano fratelli e pittori bresciani hanno ... in Vinezia, nel palco piano di Santa Maria dell’Orto, finto di pittura un corridore di colonne doppie atorte e simili a quelle della Porta Santa di Roma le quali, posando sopra certi mensoloni che sportano in fuori, vanno facendo un superbo corridore»), laddove il riferimento terminologico alla sintassi vitruviana e anche albertiana (forse indicato con «modiglione»?) era certamente più blando (con un uso del termine più ‘di Bottega’?).

attestazioni: {Vita di Garofalo e altri}, il corridore

di Santa Maria dell’Orto a Venezia. riferimenti lessicaligenerali: mensola, modiglione. anchein:

Alb./ Bart.,pp.229-230. alla MESCOLATA

Rispetto alla giusta capacità di ottenere Ordini ‘misti’ come il Composito, le architetture gotiche si erano distinte, secondo Vasari, per il loro disordine, imperfezione e confusione. I componenti, infatti, erano stati montati nel “lavoro Tedesco” probabilmente con una loro «regola senza regola»: «vegghinsi le fabbriche di que’ tempi [gotici], i pilastri, le colonne, le base, i capitegli e tutte le cornici con i membri difformi ... e gli ornamenti loro furono confusi e molto imperfetti, e per dirla così, non con grande ornamento; perché nelle colonne non osservarono quella misura e proporzione che richiedeva l’arte, né distinsero ordine che fusse più Dorico che Corinto o Ionico o Toscano, ma alla

mescolata con una loro regola senza regola».

attestazioni: Proemio alla Parte Seconda, le

invenzioni Tedesche ovvero il lavoro cioè l’’ordine Gotico’. riferimentilessicaligenerali: confusione,

proporzione, misto, misura. *METOPA

cfr. QUADRO MISTO

La mescolanza era la caratteristica predominante delle forme dell’ordine Composito, del quale non parlava Vitruvio ma che era stato ampiamente impiegato dai Romani, per cui sottolineava anche Vasari come «chi vorrà far canali in questa colonna, può fargli simili alla Ionica, o come la Corinta, o come sarà l’animo di chi farà l’architettura di questo corpo, ch’è misto con tutti gli ordini». Una mescolanza che però si estendeva per l’Aretino non solo allo Ionico e al Corinzio, ma che interessava «tutti gli ordini».

attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine

Composito’. riferimentilessicaligenerali: ordine

Composito. MISURA

Per Vasari, il termine ‘misura’ sembra avere differenti significati che si diversificano a seconda della specificità dell’uso. [1.] Nel senso generale di aspetti ‘dimensionali’ secondo l’Aretino per la buona riuscita di un’architettura, dovevano venir rispettati quattro assunti fondamentali - «grazia, misura, proporzione e convenienza» - tra i quali, appunto con «misura» venivano intesi tutto quegli aspetti sia dimensionali, sia proporzionali insiti in una buona Progettazione. Infatti, nella sola edizione del 1568, si sottolineava come, nel rapporto con gli esempi antichi, «{il fatto sta non in aver solamente ritratti e disegni di cose belle, ma di saperle accomodare secondo che è quello a che hanno a servire, con grazia, misura, proporzione e convenienza}» (Vita

di Simone Pollaiolo detto il Cronaca). [2.] Nel senso

di proporzionamento. Vasari si rifà alla trattazione vitruviana per rimandare al proporzionamento fornito dall’antico Trattatista in merito alla trabeazione Corinzia. Infatti, «l’architrave, fregio e cornice siano con le misure descritte da lui [Vitruvio]» (Introduzione all’opera,III). Ma tra gli errori degli Architetti moderni, si sottolineava nell’edizione del 1568, vi erano anche quelli di aver appunto «sproporzionato le misure», come nel caso di «Giuliano di Baccio d’Agnolo che per il coro ottagono di Santa Maria del Fiore [a Firenze] fu di fare nelle cantonate di tutte le otto facce pilastri che piegavano in su gli angoli, e l’opera tutta di componimento Ionico; e questi pilastri, perché nella pianta venivano insieme con tutta l’opera a diminuire verso il centro del coro e non erano uguali, venivano necessariamente a essere larghi dalla parte di fuora e stretti di dentro. Il che è sproporzione di misura» ({Vita di Baccio Bandinelli}).

attestazioni: 1. Vas.,Vita di Simone Pollaiolo detto

il Cronaca, la cornice ‘Corinzia’ di Palazzo Strozzi

a Firenze. 2. Nel senso di proporzionamento:

Introduzione all’opera, III, l’‘ordine Corinzio’; {Vita di Baccio Bandinelli}, i pilastri triangolari.

riferimenti lessicali generali: cavare, misurare.

anchein: Alb./Lauro, p.146v; Alb./ Bart., p.212; Ser.

IV,5,p.126v; Vign., Tav.XXVI; Cat.,V,I,p.110; Barb., pp.108-109; Pall.,I,13,pp.15-16; Scam.II,VI,2,p.4. MISURARE

Il rapporto tra forme moderne, classicistiche, e mo- delli antichi forniti dalle rovine (oltre che dalla trat- tatistica vitruviana) si realizzava, anche secondo Vasari, in gran parte grazie alle ‘misurazioni’ che gli Architetti del Rinascimento avevano compiuto sul- le vestigia classiche; tanto che poi, proprio grazie a quelle misurazioni effettuate, si era trattato non solo di riprodurre le morfologie, ma addirittura di ripro- porre gli stessi costrutti, anche dal punto di vista di- mensionale (oltre che proporzionale). Con risultati a volte riusciti, a volte no. [1.] Una tale riproposizione era avvenuta a livello di ‘parti principali come nel caso di intere trabeazioni, ma con tutti i rischi di ‘ag-

giustamento’ che ciò comportava. Infatti, nella sola edizione del 1568, Vasari sottolineava come «{questa cornice [per palazzo Strozzi a Firenze] fu ritratta dal Cronaca e tolta e misurata appunto in Roma da una antica ... Ma quanto fu e sarà sempre lodata questa cornice del Cronaca, tanto fu biasimata quella che fece nella medesima città al palazzo de’ Bartolini [Bartolini-Salimbeni] Baccio d’Agnolo, il quale pose sopra una facciata piccola e gentile di membra, per imitare il Cronaca, una gran cornice antica misura-

ta appunto dal frontespizio di Monte Cavallo, ma

tornò tanto male, per non aver saputo con giudi- zio accomodarla} (Vita di Simone Pollaiolo detto il

Cronaca). [2.] Ma tale riproduzione poteva avvenire

anche in relazione a più minuti costrutti dell’Ordine, come, ad esempio, nel fusto della colonna Corinzia, dove «sono i canali a numero ventisei, benché n’è di manco ancora; et è la quarta parte del canale fra l’u- no e l’altro che resta piano, come benissimo appare in molte opere antiche e moderne misurate da quelle» (Introduzione all’opera, III).

attestazioni: 1. Le ‘parti principali, come un’intera

trabeazione, tratte dagli esempi antichi: Vita di

Simone Pollaiolo detto il Cronaca, la trabeazione

‘Corinzia’ di Palazzo Strozzi a Firenze e quella di palazzo Bartolini Salimbeni. 2. Nelle morfologie dell’Ordine: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine Corinzio’. riferimentilessicali generali: cavare,

misura, ritrarre, togliere. anche in: Vitr./ Ces.,

p.LXI; Vitr./ Barb., p.163; Alb./ Lauro, p.148v; Alb./ Bart.,p.215; Ser.IV,7,p.161; Cat.,V,I,p.110; Pall.,I,13,pp.15-16.

MODANATURA

Nel “Vocabolario degli Accademici della Crusca” del 1612 per ‘modanatura’ si rimandava ad un doppio significato tecnico: «da “Modano” che si dice anche a quel legnetto, col quale si dà forma alle maglie delle reti. Da “Modano” è “Modanatura” termine degli architettori, e vale foggia, e componimento di membretti, come di cornici, base, e simili mem- bri». La denominazione era tipica della Toscana settentrionale (ma ne avrebbe fatto uso pressoché il solo Vincenzo Scamozzi, in ambito veneto, alla fine del secolo [II,VI,13,p.47], mentre neppure Pietro Cataneo, a Siena, l’aveva impiegato) e indicava, nella strutturazione dell’Ordine, i componenti di- mensionali anche minimi, forniti però di un preci- so sviluppo lineare e con un profilo definito (quali erano i listelli, gli astragali, gli echini ...). [1.] Come componente lineare minimo dell’Ordine. Vasari, che impiegava ‘modanatura’ in vari passaggi, ne suggeri- va il valore di ‘componente minimo’ nella sola edi- zione del 1550: «/le modanature delle cornici e d’ogni cosa, di somma bellezza e grazia furono dallo spirito del Cronaca consideratamente condotte/» (Vita di

Simone Pollaiolo detto il Cronaca). Anche nel caso

di Bramante «le modanature delle cornici, i fusi delle colonne, la grazia de’ capitegli ... tirati per consiglio o modello di questo Artefice riuscirono sempre ma- ravigliosi a chiunque li vide» (Vita di Bramante). Una modanatura costituiva anche il basamento del mo- numento a Giovanni dalle Bande Nere: «per la sepol- tura del signor Giovanni de Medici in San Lorenzo

a Firenze, Baccio murò tutto l’imbasamento, il quale è un dado isolato di braccia quattro incirca per ogni verso, et ha dapiè un zoccolo con una modanatura a uso di basa che gira intorno intorno» ({Vita di Baccio

Bandinelli}). [2.] Con una sineddoche, come spesso

avveniva nelle “Vite”, Vasari impiegava il riferimento alla modanatura (il tutto) per indicare il profilo di essa (la parte). Così, «{fu poi Antonio a Loreto dove ... continuando un medesimo ordine nelle crociere e nelle navate della chiesa, con superbe modanature d’architravi sopra gl’archi, fregi e cornicioni}» (Vita

di Antonio da Sangallo il Giovane).

attestazioni: 1. Come componente lineare minimo

dell’Ordine: Vita di Simone Pollaiolo detto il Cronaca, l’ornamentazione architettonica della cornice di palazzo Strozzi a Firenze; Vita di Bramante, l’ordine di San Pietro a Roma; {Vita di Baccio Bandinelli}, il monumento a Giovanni dalla Bande Nere a Firenze. 2. Ad indicare il profilo della modanatura: Vita di

Antonio da Sangallo il Giovane, l’ornamentazione

basilica della Santa Casa di Loreto.

riferimentilessicaligenerali: modello. anchein:

Scam.II,VI,30,31,pp.139-140,147. MODELLO

La trasposizione dell’idea architettonica passava, nell’attività dell’Architetto prima della realizzazione, attraverso la redazione di “disegni” e di ‘modelli’, cioè plastici o maquettes che mostravano, tridimen- sionalmente, l’effetto finale dei costrutti (cui si po- teva addivenire, con un intervento ‘a latere’, anche attraverso «consigli»). Era una prassi antichissima, che in Età moderna veniva sistematicamente appli- cata in relazione, però, alla presentazione anche del “disegno”, in una sorta di endiadi compendiaria che riassumeva i ‘nuovi’ obblighi per il Progettista. E su quei modelli, esattamente come sull’architettura re- alizzata, si appuntavano critiche e adesioni, soprat- tutto quando il modello scendeva estremamente nel dettaglio. Così «{per la cupola di San Pietro a Roma ... Michelagnolo fece un modello con tutti i membri di colonne, base, capitegli, porte, finestre e cornici e risalti}» (Vita di Michelagnolo). E sempre giudican- do un modello lo stesso Michelangelo aveva dura- mente attaccato la proposta dei Sangallo per San Pietro, poiché «{[riguardo al modello del San Pietro a Roma eseguito da Antonio Sangallo il Giovane, Michelangelo] usò dire pubblicamente che il San Gallo l’aveva condotto ... con tanti risalti, aguglie e tritumi di membri che teneva molto più dell’opera Todesca che del buon ‘modo antico’ o della vaga e bella ‘maniera moderna’}» (Vita di Michelagnolo). I modelli permettevano, dunque, di ‘controllare’ effica- cemente gli effetti dell’Architettura e infatti, «le mo- danature delle cornici, i fusi delle colonne, la grazia de’ capitegli, le base, le mensole et i cantoni, le volte, le scale, i risalti et gli ordini d’architettura tirati per consiglio o modello di Bramante riuscirono sempre maravigliosi a chiunque li vide (Vita di Bramante). Cosicché «all’entratta del Palazzo del principe Doria a Genova è una porta di marmo, di componimento et ordine Dorico, fatta secondo i disegni et modelli di man di Perino» (Vita di Perin del Vaga).

cupola di San Pietro a Roma; Vita di Bramante, l’ordine di San Pietro a Roma; Vita di Perin del

Vaga, le porte del palazzo Doria a Genova.

riferimentilessicaligenerali: consiglio, disegno.

anchein: Alb./Bart., p.216; Vign., Tav.XXI; Scam.

II,VI,30,pp.140,141,144. MODIGLIONE

All’interno della categoria funzionale delle “mensole” si stagliavano, fin dall’Antichità, i ‘modiglioni’, formalizzazione eccelsa dell’elemento, istituzionalizzata dalla pratica come una voluta ad ‘esse’ con un attorcimento sommitale ed uno inferiore. In particolare già Vitruvio nella descrizione della trabeazione Dorica e Ionica (De Arch., IV,V) aveva fatto riferimento ai «mutuli» (travi) che sportavano, solo alludendo alla presenza di modiglioni in quella Corinzia (sottolineava Cataneo «egli mette la derivatione de i modiglioni»: V,XII,p.129), poi invece istituiti dalla trattazione moderna di Vignola nel 1562 (Tav.XXVI). Per Vasari, quell’elemento invece tanto problematico, poteva però essere ‘normalmente’ alluso nel 1568, tanto che Benedetto da Maiano, nella chiesa delle Grazie di Arezzo «{volendo che il tetto sportasse tanto in fuori senza modiglioni o mensole che lo reggessino, fece que’ lastroni, dove sono i rosoni intagliati}».

attestazioni: Vita di Benedetto da Maiano, la

copertura della chiesa della Madonna delle Grazie ad Arezzo. riferimenti lessicaligenerali: mensola.

anche in: Vign., Tav.XXVI; Cat.,V,XII,p.129;

Pall.,I,17,pp.37,42; Scam.II,VI,33,p.153. MODO

Il termine è ovviamente generico e omnicompren- sivo e riguarda tutte le ‘modalità’ con le quali può ottenersi un costrutto, non solo dal punto di vista realizzativo, ma anche progettuale (proporzionale, morfologico, ornamentale). Dunque Vasari impiega ‘modo’ con significati variabili, ma che assumono va- lore particolare in alcune espressioni. Ad esempio dal punto di vista ornamentale: «la base Corinzia sarà la metà di detta grossezza [della colonna], la quale usarono gli Antichi intagliare in diversi modi» (Introduzione all’opera, III). Ma anche in relazione ai singoli elementi dei paramenti: «l’ordine Rustico [è poi utilizzato in edifici forti] dove si fa cantonate a ‘punte di diamanti’ et a più faccie, bellissime. {E queste si fanno spartite in vari modi, cioè a bozze piane ... a punte di diamante e di palle schiacciate}» (Introduzione all’opera, III).

attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine

Corinzio’; Introduzione all’opera,III, le bozze dell’ordine Rustico ovvero Toscano. riferimenti lessicali generali: maniera. anche in: Alb./

Bart.,p.215; Ces., p.XLVII-XLVIIv [ma LVII]; Ser. IV,6,p.139; Vign., Tav.XXVIII; Pall.,I,18,p.49. MODO ANTICO

La paradigmaticità delle rovine e degli esempi antichi veniva racchiusa da Vasari nella indicazione di ‘modo antico’, al quale dovevano rifarsi gli Architetti moderni al contrario di quelli del Medioevo. Così «{[riguardo al modello del San

Pietro a Roma eseguito dal Sangallo, Michelangelo] usò dire pubblicamente che il San Gallo l’aveva condotto ... con tanti risalti, aguglie e tritumi di membri che teneva molto più dell’opera Todesca che del buon ‘modo antico’ o della vaga e bella ‘maniera moderna’}».

attestazioni: Vita di Michelagnolo, la ‘maniera

Tedesca’ e il modello di Antonio da Sangallo il Giovane per San Pietro a Roma.

riferimentilessicaligenerali: maniera moderna,

modo buono di fare. MODO NUOVO

Accanto al “modo antico” e dunque al “modo buono di fare”, si poneva il ‘modo nuovo’, come capacità degli Architetti moderni non solo di comprendere le Leggi e le Regole degli usi degli Antichi, ma anche di saperli integrare e migliorare. Massimo artefice di quel ‘modo nuovo’ era stato, secondo Vasari, Michelangelo, che «[nella Sagrestia Nuova in Firenze] la volle fare ad imitazione della Sagrestia Vecchia, che Filippo Brunelleschi aveva fatto, ma con altro ordine di ornamenti, vi fece dentro uno ornamento Composito, nel più vario e

‘nuovo modo’ che per tempo alcuno gli Antichi et i

moderni Maestri abbino potuto operare».

attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine

Cormposito’.

riferimentilessicaligenerali: maniera moderna,

modo antico, modo buono di fare. MODO BUONO DI FARE

Sulla base dell’insegnamento degli Antichi (sia attraverso la Trattatistica vitruviana, sia attraverso lo studio delle rovine), i Moderni potevano desumere una serie di Leggi e di Regole applicative che, nel loro complesso, venivano a costituire per Vasari «il modo buono di fare». I montaggi sintattici degli Ordini devono sottostare a leggi prima di tutto strutturali che impongono, ad esempio, che le arcate spicchino da pilastri; e gli architravi «spianino» (siano posti in orizzontale») sulle colonne, anche se per tutto il Medioevo (e anche per molti Maestri dell’Umanesimo a partire da Brunelleschi) non si era seguita quella Legge fondamentale. Nonostante ciò il giudizio di Vasari su Brunelleschi restava positivo (imputando ai suoi continuatori i difetti riscontrabili nelle sue fabbrtiche), mentre più decisa si poneva la riflessione nei confronti di Leon Battista Alberti, che nel suo “De Re Aedificatoria” (VII,XV,1) aveva sintetizzato quella Legge compositiva, ma nell’applicazione, invece, l’aveva contraddetta. Infatti, nella sola edizione del 1568, Vasari faceva riferimento all’’errore’ dell’albertiana Loggia Rucellai nella quale viene impiegata una tale associazione colonne/arcate, contraria «al buon modo di fare»: «a Cosimo Rucellai [Alberti] fece anche il disegno della casa e orto nella via della Scala [a Firenze] ... {ma gl’architravi, che sono posti sopra i capitegli delle colonne, spianano, là dove non può una cosa quadra, come sono gl’archi che girano, posare sopra una colonna tonda, che non posino i canti in falso. Adunque il buon modo di fare vuole che sopra le colonne si posino gl’architravi, e che

quando si vuol girare archi, si facciano pilastri e non colonne}». In verità le associazioni albertiane erano state in quel caso molto più complesse, impiegando i grandi pilastri cantonali a libretto e il «latastrum» sulle colonne, ma Vasari non intendeva o non sapeva spingersi nei ‘dettagli’ della filologia albertiana. Ma restava per l’Aretino più importante la ‘Legge generale’, trattatisticamente più compatibile con il «modo buono di fare». Non a caso Vasari sottolineava di aver operato nel loggiato degli Uffizi «per ritornare in uso il ‘vero modo’ di fabricare,