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Tra quelli che Leon Battista Alberti definiva “columnae” erano comprese sia le «columnae

rotundae», sia le «columnae rectangulae» cioè i

pilastri appunto con sezione quadrata o rettangolare (De Re, I,X,2-6) – quello che anche Vitruvio chiamava «columnae Attigurgae» (De Arch., IV,VI,1) - e le «pilae», cioè i piedritti di grande sviluppo, molto larghi rispetto alla loro altezza. Anche Vasari, sulla base di una tradizione tanto ricca prevedeva, dunque, anche la tipologia dei pilastri. [1.] Come elemento puntiforme, a sezione rettangolare o quadrata, assimilabile ad una «columna rectangula»: «{adunque il buon modo di fare vuole che sopra le colonne si posino gl’architravi, e che quando si vuol girare archi, si facciano pilastri e non colonne}» (Vita

di Leon Battista Alberti). [2.] Nel senso di «pila»

(cioè con un rapporto molto più ridotto larghezza/ altezza di quanto non avvenisse per i pilastri), nell’edizione del 1568 Vasari sottolineava: «{fu poi Antonio a Loreto dove ... rigrossando le mura e i pilastri fuori e dentro, gli diede bella forma del tutto e nella proporzione de’ membri ... continuando un medesimo ordine nelle crociere e nelle navate della chiesa, con superbe modanature d’architravi sopra gl’archi, fregi e cornicioni. E rendé sopramodo bello e ben fatto l’imbasamento de’ quattro pilastri grandi che vanno intorno all’otto facce della tribuna}» (Vita

di Antonio da Sangallo il Giovane). [3.] Come ‘pilastri

sghembi’. I pilastri avevano, in genere andamento lineare in pianta (erano cioè rettangolari o quadrati), come anche le ‘pile’, ma, nel caso di costrutti particolari – come in presenza di angoli – venivano ‘ripiegati’ (o ‘aperti’), assumendo forme particolari (a 90° cioè ‘a libretto’; ad ‘angolo ottuso come nelle planimetrie ottagone, a forma triangolare, a forma trapezia ...). Infatti «[nel coro di Santa Maria del Fiore a Firenze] ... ripiegando il pilastro secondo l’angolo delle otto facce di dentro, le linee del centro lo diminuivano tanto, che le due colonne, le quali mettevono in mezzo il pilastro da’ canti, lo facevano parer sottile e accompagnavano con disgrazia» {Vita

di Baccio Bandinelli}.

attestazioni: 1. Come piedritti puntiformi con un

alto rapporto tra larghezza e lunghezza: Vita di Leon

Battista Alberti, colonne/trabeazioni e non colonne

archi, come “modo vero” degli antichi. 2. Vita di

Antonio da Sangallo il Giovane, le pilae nella basilica

di Loreto. 3. Come pilastri ‘sghembi, cioè con forme non riconducibili al rettangolo o al quadrato: {Vita

di Baccio Bandinelli} i pilastri del coro ottagono

di Santa Maria del Fiore. riferimenti lessicali generali: colonna, colonna mezza, colonna quadra,

ordine, ripiegare. anche in: Vitr./ Barb., p.166;

Ser., IV,5,p.128; Vign., Tav.V; Cat.,III,I,pp.65-66; Pall.,I,20,p.51; Scam.II,VI,2,11,pp.5,18.

PILASTRO PIANO

Senza impiegare un riferimento linguistico univo- co quale ad esempio «lesena» o «parasta», Vasari, probabilmente per sottolineare una stessa identità strutturale e morfologica con il pilastro – fosse esso ‘libero’ e ‘inglobato’ – impiega dunque la locuzione «pilastro piano» per indicare quei piedritti puntifor-

mi a sezione non circolare (i pilastri appunto) ‘ad- dossati’ o ‘annegati’ rispetto ad una superficie mura- ria, tanto da ridursi ad una sezione di essa (lesene o paraste). Così, infatti, aveva fatto Michelangelo nella ribattitura delle colonne sulle pareti per il modello della cupola di San Pietro a Roma: «{i pilastri piani, rispondono di altezza alle colonne di fuori, tal che vengono a essere 36 colonne di fuori e 36 pilastri di dentro; sopra a quali pilastri di drento è [la trabeazio- ne]}» (Vita di Michelagnolo). Già in precedenza, ma sempre nella sola edizione del 1568 (evidentemente più ‘attenta’ a questo genere di costrutti ‘comples- si’), Vasari aveva alluso allo stesso costrutto, anche senza nominarlo esplicitamente: «{[nel Belvedere in Vaticano] Bramante, che aveva grandissimo giudizio et ingegno capriccioso in tal cose, spartì nel più basso (Corridore) con duoi ordini d’altezze prima una log- gia dorica bellissima simile al Coliseo de’ Savegli, ma in cambio di ‘mezze colonne’ misse pilastri}» (Vita

di Bramante).

attestazioni: Vita di Bramante, le lesene che ornano

i pilastri nel Belvedere in Vaticano come ‘pilastri addossati’; Vita di Michelagnolo, le lesene che ornano i pilastroni nella cupola di San Pietro a Roma come il ‘pilastro addossato’. riferimentilessicali generali: cantone, pilastro.

*PILASTRO ‘TRIANGOLARE’ (o SGHEMBO) Tra le varie forme e tipologie di pilastri, Vasari ne ricorda anche una caratterizzazione particolare a sezione planimetrica triangolare, anche se un tale forma si evince dalla descrizione e non ne viene fornita una univoca determinazione lessicale. Si tratta infatti di una morfologia che però per l’Aretino rientra negli «abusi» tanto da meritare biasimo. Infatti: «il disegno di Giuliano di Baccio d’Agnolo per il coro ottagono di Santa Maria del Fiore [a Firenze] fu di fare nelle cantonate di tutte le otto facce pilastri che piegavano in su gli angoli, e l’opera tutta di componimento Ionico; e questi pilastri, perché nella pianta venivano insieme con tutta l’opera a diminuire verso il centro del coro e non erano uguali, venivano necessariamente a essere larghi dalla parte di fuora e stretti di dentro. Il che è sproporzione di misura».

attestazioni: {Vita di Baccio Bandinelli}, i pilastri

triangolari. riferimentilessicaligenerali: pilastro.

PILO

Tra gli svariati sinonimi di “piedistallo”, anche senza il dettaglio morfologico al quale il piedistallo stesso viene sottoposto dalla Trattatistica rinascimentale con prescrizioni precise, quanto con indicazioni puramente ‘funzionali’ di ‘imbasamento’, Vasari impiega nelle “Vite” il termine ‘pilo’. Così, «nella Valle [a Roma ,Lorenzetto realizzò] la facciata e così il disegno delle stalle e il giardino di sopra {per Andrea cardinale della Valle, dove accomodò nel partimento di quell’opera, colonne basse e capitegli antichi, e partì attorno per basamento di tutta quell’opera pili antichi pieni di storie}».

attestazioni: Vita di Lorenzetto, Sant’Andrea della

Valle a Roma. riferimenti lessicali generali:

piedistallo, termine.

PORRE

Nel senso di ‘collocare’ quale verbo tecnico della pratica di cantiere. Così Vasari, nel 1568, «Giuliano cominciò il primo chiostro di Cestello {e ne fece quella parte che si vede di} componimento Ionico, {ponendo i capitelli sopra le colonne con la voluta}». attestazioni: Vita di Giuliano e Antonio da Sangallo,

l’’ordine Ionico’ di Santa Maria Maddalena dei Pazzi a Firenze. riferimentilessicaligenerali: posare.

anchein: Ces., p.LIIIIv; Ser. IV,6,p.139; Vign., Tav.

XXVI; Pall.,I,12,p.15. POSARE

La sovrapposizione strutturale di più componenti viene definita da Vasari, in relazione a quelli supe- riori, come una ‘posa’ per cui essi ‘posano’ su quelli inferiori. Il termine è tecnicamente specifico per cui non implica un semplice ‘appoggio’, ma l’osservanza statica di tutta una serie di ‘Leggi di Natura’ (rastre- mazione, alleggerimento dei pesi, adeguata dimen- sione degli elementi inferiori, simmetria dei corpi in modo che la continuità degli assi centrali implichi un corretto scarico dei pesi, perfetta adesione tra i due corpi sovrapposti, etc.). Ad di fuori di tutto ciò, esiste per Vasari, come per molti Artisti del suo tem- po, l’’Estetica della rovina’ o ‘della distruzione’ che è fatta, appunto, di elementi “sconnessi”, “torti” etc. Secondo la ‘buona regola del fabbricare’, dunque vi sono [1.] colonne che posano su un basamento (più o meno articolato e d’invenzione), come aveva fatto «Danese Cataneo in Verona a Santa Anastasia una cappella di marmi ricca, e con figure grandi, al si- gnor Ercole Fregoso ... d’ordine Corinto ... divisata da quattro gran ‘colonne tonde’ striate, con capitegli a foglie d’ulivo, che posano sopra un basamento di conveniente altezza» ({Vita di Iacopo Sansovino}). [2.] Vasari contempla colonne che posano sui piedi- stalli sottostanti, come in genere negli Ordini: «così «i suoi zoccoli o “piedistalli” che gli vogliam chia- mare [dell’ordine Toscano], dove posano le colonne, sono quadri di proportione»: Introduzione all’opera, III). [3.] E anche colonne poste su mensoloni, poiché «Cristoforo e Stefano fratelli e pittori bresciani han- no ... fra l’altre cose in Vinezia, nel palco piano di Santa Maria dell’Orto, finto di pittura un corridore di colonne doppie atorte e simili a quelle della Porta Santa di Roma le quali, posando sopra certi mensolo- ni che sportano in fuori, vanno facendo un superbo corridore» ({Vita di Garofalo e altri}). Tutto ciò ga- rantiva comunque la sicurezza statica.

attestazioni: 1. Colonne che posano su un adeguato

basamento: {Vita di Iacopo Sansovino}, la ‘colonna tonda’ in Santa Anastasia a Verona. 2. colonne che posano sui piedistalli sottostanti: Introduzione all’opera, III, l’ordine Rustico ovvero Toscano. 3. colonne che posano su mensoloni: {Vita di Garofalo

e altri}, le ‘colonne tortili’ cioè «atorte». riferimenti lessicali generali: modo buono di fare, porre.

anche in: Alb./ Bart., p.215; Ser. IV,6,p.139;

Cat.,V,IV,p.116; Scam.II,VI,16,p.59. POVERO

Dopo Bramante, ‘Maestro d’Ordini’, Michelangelo, secondo Vasari, era stato un ferratissimo conoscitore

delle Leggi del montaggio degli Ordini architettoni- ci, tanto da criticare duramente, in più occasioni, sia le sgrammaticature dei Sangallo sia quelle di Baccio d’Agnolo. Sua, soprattutto, la capacità di derogare dalle Norme, senza contraddire le Leggi fondamen- tali, creando variationes sempre plausibili, ma mai sgrammaticate. «Il Divino», inoltre, rifuggiva, al- meno nelle sedi auliche (e quando non aveva intenti specifici: si veda il Ricetto della Biblioteca Medicea- Laurenziana) i costrutti pauperistici, ‘poveri’ appun- to, le cui forme non avrebbe affatto qualificato l’Ar- chitettura. Infatti, nella sola edizione del 1568, l’Are- tino sottolineava come «per la sepoltura di Giulio II ... in San Pietro in Vincoli a Roma] ... {Michelagnolo messe su il primo imbasamento intagliato con quattro piedistalli che risaltavano in fuori tanto quanto prima vi doveva stare un Prigione per ciascuno, che in quel cambio vi restava una figura di un Termine; e perché da basso veniva povero aveva per ciascun termine mes- so a piedi una mensola che posava a rovescio in su}». attestazioni: Vita di Michelagnolo, l’ordine

di termini, regola. anche in: Ser.IV,6,p.140;

Cat.,V,IV,p.114. PRIGIONE

Tra le figure umane comprese negli “Ordini figurati”, in qualità di opere decisamente scultoree ma anche con qualche rilevanza architettonica, si pongono i ‘Prigioni’ michelangioleschi, ai quali fa appunto riferimento Vasari, come ricordo – naturalmente incompiuto ma forse anche con un intento ‘di sostegno’ – dei Telamoni o Atlanti citati da Vitruvio (De Arch. VI,VII,6), ma in una sorta di ‘commistione’ tra ‘Prigioni’ e “Termini”. Infatti, ricordava Vasari, nella sola edizione del 1568, come «[per la sepoltura di Giulio II ... in San Pietro in Vincoli a Roma] ... {Michelagnolo messe su il primo imbasamento intagliato con quattro piedistalli che ri- saltavano in fuori tanto quanto prima vi doveva stare un Prigione per ciascuno, che in quel cambio vi restava una figura di un Termine}».

attestazioni: Vita di Michelagnolo, l’ordine di

Termini e Prigioni. riferimentilessicaligenerali:

ordine figurato, termine. PRINCIPIO

Fin dalla trattazione di Vitruvio, gli Ordini archi- tettonici erano stati posti in una ‘suite ascendente’ dal più semplice al più complesso (Dorico, Ionico, Corinzio e, a latere, il Tuscanico), che era stata poi ampliata e sistematizzata già da Sebastiano Serlio (1537), come Tuscanico, Dorico, Ionico e Corinzio, Composito. Anche secondo Vasari nella ‘parte bassa’ della serie, si poneva l’ordine Toscano-Rustico (il più semplice e il più «nano»). Infatti «il lavoro chiamato Rustico è più nano e di più grossezza che tutti gl’altri ordini, per essere il principio e fondamento di tutti», laddove si intendeva sottolineare con «principio» ap- punto l’origine di tutti gli altri Ordini superiori, che, in qualche misura, mantenevano al proprio interno le forme primigenee più semplici.

attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’ordine

Rustico ovvero Toscano. riferimenti lessicali generali: fondamento. anche in: Ser.IV,7,p.159v;

Cat.,V,VII,pp.121-122; Scam.II,VI,19,p.74.

PROIETTURA

Nel senso di ‘sporto’ sulla base del vitruviano “proiectura” (ad esempio De Arch., IV,II,1-4), ricordava Vasari nell’edizione del 1568, come «{[nel modello della tribuna della cupola realizzato da Michelangelo vi sono di dentro, nel registro sopra all’imbasamento] i pilastri piani ... sopra a quali pilastri di drento è l’architrave ... et il fregio ... e la cornice 4 e dua terzi e di proietture 5 palmi}». attestazioni: Vita di Michelagnolo, il modello

della cupola di San Pietro a Roma. riferimenti lessicali generali: aggetto, sportare. anche in:

Vitr./ Ces., p.LV; Alb./ Lauro, p.137; Vign., Tav.X; Cat.,V,VII,p.120; Pall.,I,20,p.52.

PROPORZIONATO (o PROPORZIONARE) Nell’ambito delle valutazioni estetiche, oltre alla cor- retta indicazione morfologica, all’equilibrio orna- mentale e all’armonico montaggio sintatico, si pone, ovviamente, anche la giusta qualificazione propor- zionale (e dimensionale), intesa sia come proporzio- namento in sè, sia come relazione con i componenti vicini nella creazione della Bellezza. Il concetto è ben specificato da Vasari per il quale, «si ha a conoscere uno edificio proportionato bene ... [poiché] debbono i componimenti dove s’ornano le facce o fuori o den- tro, aver corrispondenza nel seguitar gli Ordini lor nelle colonne, e che i fusi di quelle non siano lunghi o sottili, o grossi o corti, servando sempre il decoro degli Ordini suoi. Né si debbe a una colonna sottile metter capitel grosso né base simile, ma secondo il corpo le membra, le quali abbino leggiadria e bella maniera e disegno. E queste cose sono più conosciute da un occhio buono, il quale, se ha giudicio, si può tenere il vero compasso e l’istessa misura, perché da quello saranno lodate le cose e biasimate». La racco- mandazione tocca i vari aspetti della Progettazione proporzionale: la relazione tra il Corpo umano e l’Architettura, poiché «il corpo le membra, le quali abbino leggiadria e bella maniera e disegno»; la per- cezione da parte dell’occhio, visto che «queste cose sono più conosciute da un occhio buono, il quale, se ha giudicio, si può tenere il vero compasso e l’istes- sa misura, perché da quello saranno lodate le cose e biasimate». Ciò che è proporzionato, insomma non può essere previsto solo a tavolino, ma deve confron- tarsi con gli ‘effetti’ della visione, poiché sottolineava Vasari «{non basta agl’Artefici, come molti dicono, fatto ch’egli hanno l’opere, [qualora tornino male come la cornice di Palazzo Bartolini a Firenze] scu- sarsi con dire “elle sono misurate a punto dall’Antico e sono cavate da buoni maestri”, atteso che il buon giudizio e l’occhio più giuoca in tutte le cose, che non fa la misura delle seste}» (Vita di Simone Pollaiolo

detto il Cronaca).

attestazioni: Introduzione all’opera, VII, come

ben proporzionare; Vita di Simone Pollaiolo detto il

Cronaca, la ‘cornice Corinzia’ di Palazzo Strozzi a

Firenze. riferimentilessicaligenerali: dimensio-

nare, proportione. anchein: Alb./ Bart., p.212; Ser.,

IV,5,p.129; Vign., Tav.VII; Cat.,V,Intr,p.110; Scam. II,VI,17,p.65.

PROPORZIONE

Quello riferito alla ‘proporzione’ resta un concetto complesso che vede distendersi la trattazione vasa- riana su più ambiti semantici, mentre altri, rinviando alla Trattatistica precedente, appaiono sostanzial- mente sottintesi. Il dato comunque è che, rispetto alla misura chiaramente espressa (in braccia fioren- tine o in piedi romani), il concetto di ‘proporzione’ – un rapporto matematico, sia di tipo geometrico, sia di tipo analitico – comporta la comparazione (divi- sione matematica) almeno tra due dimensioni. [1.] Un ambito molto delicato è quello riferito all’impie- go – imprescindibile per un bravo Architetto moder- no – dei modelli antichi. Infatti, se anche l’Antico re- sta fonte imprescindibile di exempla ai quali ispirarsi per il «buon modo» dell’Architettura, agli Architetti rinascimentali resta il compito di saper adattare tali modelli sulla base di specifiche qualità. Nell’edizione delle “Vite” del 1568 l’Aretino sottolineava: «{il fat- to sta non in aver solamente ritratti e disegni di cose belle [desunte dall’Antico], ma di saperle accomoda- re secondo che è quello a che hanno a servire, con grazia, misura, proporzione e convenienza}», laddove «proporzione» si riferisce ai dati proporzionali, «gra- zia» rimanda all’aspetto morfologico del montaggio degli Ordini, «convenienza» assume uno specifico valore di ‘opportunità d’uso’ (l’Utilitas vitruviana), «misura» fa riferimento all’aspetto dimensionale (Vita di Simone Pollaiolo detto il Cronaca, la ‘corni- ce Corinzia’ di palazzo Strozzi a Firenze). Così, ad esempio il rapporto tra l’altezza complessiva dell’edi- ficio e quella del cornicione da porvi al di sopra risul- ta imprescindibile. [2.] Tale necessità di proporziona- mento si pone anche nello specifico degli Ordini, lad- dove, rispetto al dimensionamento di un Ordine e dei suoi componenti («misura») si pone attenzione o alla relazione tra alcune parti (proporzionamento «per partes»); oppure ci si rifà ad un ‘misuratore’ standard che è il ‘Modulo’ (diametro della colonna da basso). Modalità proporzionali queste già ampliamente messe a punto da Vitruvio. Ecco dunque che Vasari, senza spendere troppe parole, faceva riferimento a tutto ciò, in un passaggio sintetico riferito all’ordi- ne Composito, per il quale, non a caso, Vitruvio non aveva fornito alcun tipo di indicazione (né morfolo- gica, né ornamentale, né dimensionale, né, appunto, proporzionale): «l’ordine Composto, seben Vitruvio non ne ha fatto menzione ... per averlo costumato molto i Romani et a loro imitazione i Moderni, non mancherò di [parlare di] questo ancora, acciò se n’ab- bia notizia, [e] dichiarare e formare il corpo di questa proporzione di fabrica» (Introduzione all’opera, III). attestazioni: Vita di Simone Pollaiolo detto

il Cronaca, la ‘cornice Corinzia’ di palazzo

Strozzi a Firenze; Introduzione all’opera, III, l’‘ordine Composito’). riferimenti lessicali generali: misura. Vign., Tav.III; Cat.,V,Intr,p.110;

Pall.,I,19,p.51; Scam.II,VI,16,p.59. PULITO

L’aggettivo, nell’ambito della ornamentazione, assu- me nel corso delle “Vite” significati tecnici piuttosto articolati. [1.] Un componente dell’Ordine può venir realizzato con materiali rifiniti con la politura, dive-

nendo massiccio e resistente, così che «di colonne di ordine Rustico ... se ne vede in Toscana molte logge

pulite con bozze ... E perché elle son pulite e sode di

membri, non hanno possanza i casi di fortuna e del tempo nuocergli tanto rigidamente, quanto fanno alle altre pietre intagliate e traforate» (Introduzione all’opera, III). E così, Sanmicheli «a Verona fondò e tirò in alto la porta detta volgarmente del Palio ... che è di facciata larghissima e tutta di bozze, o vero bugne, non rozze ma pulite e con bellissimi ornamen- ti» ({Vita di Michele Sanmicheli}). Ciò che non è ‘pulito’ è per Vasari, tecnicamente parlando “rozzo”: comunque si può venire a costituire, anche in questo caso, un effetto ricercato. [2.] Nel senso di privo di decorazione, poiché i vari componenti dell’Ordine, ricorda Vasari, possono venir lavorati oppure, man- tenendo la loro naturalità, restare appunto ‘puliti’. Infatti «se l’opera non resta pulita, ma si intagli in tai cornici ... ella si chiama “opera di quadro intagliata” overo “lavoro d’intaglio”» (Introduzione all’opera, II). Ciò poteva avvenire addirittura negli Ordini più ornati come il Corinzio, visto che «i fregi di quest’o- pera si possono fare intagliati tutti con fogliami, et ancora farne de puliti o vero con lettere dentro». attestazioni: 1. Quando un componente dell’Ordine

viene realizzato con materiali rifiniti con la politura, divenendo massiccio e resistente: Introduzione all’opera, III, le bozze dell’ordine Rustico ovvero Toscano; {Vita di Michele Sanmicheli}, l’’opera Rustica’ associata all’ordine Dorico. 2. Nel senso di privo di decorazione: Introduzione all’opera, II, l’ornamentazione «doppia»; Introduzione all’opera, III, l’’ordine Corinzio’. riferimenti lessicali generali: intaglio, lavoro, ornamentazione, rozzo.

anchein: Alb./ Bart., p.217; Scam.II,VI,4,p.13.