ORNAMENTO
Il concetto di ornamento risultava piuttosto complesso e abbracciava, all’interno delle “Vite”, non solo aspetti connessi alla decorazione, ma anche l’istituzionalizzazione degli Ordini stessi, individuati,
oltre che da aspetti strutturali, proporzionali e morfologici, anche da caratteri ornamentali. [1.] Nel senso di generico della decorazione scultorea applicata all’Architettura, Vasari si profondeva nella descrizione dei diversi tipi di ornamentazione: “di quadro” («tutto quello dove si adopera la squadra e le seste e che ha cantoni, si chiama “lavoro di quadro”. E questo cognome deriva dalle facce e dagli spigoli che son quadri, perché ogni ordine di cornici, o cosa che sia diritta o vero risaltata et habbia cantonate, è opera che ha il nome di “quadro” e però volgarmente si dice tra gli artefici, “lavoro di quadro”); “di intaglio” («ma se l’opera non resta così pulita, ma si intagli in tai cornici e fregi, fogliami, uovoli, fusaroli, dentelli, guscie et altre sorte d’intagli, in que’ membri che sono eletti a intagliarsi da chi le fa, ella si chiama “opera di quadro intagliata” overo “lavoro d’intaglio”») e “doppia” («di queste sorte [di lavoro «doppio» e cioè] “opera di quadro” e “d’intaglio” si fanno tutte le sorti di ordini: Rustico, Dorico, Ionico, Corinto e Composto; e così se ne fece al tempo de’ Goti il lavoro Tedesco. E non si può lavorare nessuna sorte d’ornamenti che prima non si lavori di quadro e poi d’intaglio») (Introduzione all’opera, II). Poi Vasari ricordava nell’edizione del 1568, il fatto che Sanmicheli «a Verona fondò e tirò in alto la porta detta volgarmente del Palio ... è di facciata larghissima e tutta di bozze, o vero bugne, non rozze ma pulite e con bellissimi ornamenti» ({Vita di Michele Sanmicheli}). Michelangelo era però rimasto più cauto sull’uso dell’ornamento. Infatti «essendo l’anno 1550 creato papa Giulio Terzo ... avendo il cardinal vecchio di Monte, quando morì, lasciato agl’eredi che gli dovesse fare in San Pietro a Montorio [a Roma] una sepoltura di marmo ... e datone cura al Vasari, egli voleva che in detta sepoltura facesse il Mosca qualche cosa d’intaglio straordinaria ... Onde, avendo detto Michelagnolo a Sua Santità che non s’impacciasse con intagli perché, sebbene arichiscono l’opere, confondono le figure, là dove il ‘lavoro di quadro’, quando è fatto bene, è molto più bello che l’intaglio e meglio accompagna le figure» ({Vita di Simone Mosca}). E quel suggerimento di Michelangelo era stato fatto proprio dallo stesso Vasari che sottolineava, nel 1568, come «{le cose d’architettura vogliono essere maschie, sode e semplici, et arricchite poi dalla grazia del disegno e da un suggetto vario nella composizione, che non alteri col poco o col troppo, né l’ordine dell’architettura né la vista di chi intende}» (Vita di
Baccio d’Agnolo). [2.] Per quanto riguardava la parte
decorativa, scultorea, dell’Ordine. In particolare, in riferimento al Corinzio: «l’ornamento del capitello sia fatto co’ suoi vilucchi e le sue foglie, secondo che scrive Vitruvio nel Quarto Libro» (Introduzione all’opera, III). E di quello Composito: «[la Sagrestia Nuova in Firenze, Michelangelo] la volle fare ad imitazione della Sagrestia Vecchia, che Filippo Brunelleschi aveva fatto, ma con altro ordine di
ornamenti, vi fece dentro uno ornamento Composito
... e lo fece assai diverso da quello che di misura, ordine e regola facevano gli uomini secondo il ‘comune uso’ e secondo Vitruvio e le antichità, per non volere a quello aggiugnere. La quale licenza ha
dato grande animo a quelli che hanno veduto il far suo di mettersi a imitarlo, e nuove fantasie si sono vedute poi alla grottesca più tosto che a ragione o regola, a’ loro ornamenti» (Vita di Michelagnolo). Ma, in genere, ciò valeva per tutti gli ordini, poiché per l’ornamentazione «“doppia”»: «[e cioè] “opera di quadro” e “d’intaglio” si fanno tutte le sorti di ordini: Rustico, Dorico, Ionico, Corinto e Composto; e così se ne fece al tempo de’ Goti il lavoro Tedesco. E non si può lavorare nessuna sorte d’ornamenti che prima non si lavori di quadro e poi d’intaglio») (Introduzione all’opera, II). Dal punto di vista delle realizzazioni ricordava Vasari come «il Palazzo Strozzi fu condotto a fine dal Cronaca e adornato d’un ricchissimo cortile d’ordine Corinzio e Dorico, con {ornamenti}/ molta delicatezza/ di colonne, capitelli, cornici, fenestre e porte {bellissimi}» (Vita
di Simone Pollaiolo detto il Cronaca). [3.] Dal punto
di vista sintattico, l’arricchimento ornamentale dei piedritti, grazie all’associazione tra pilastri, colonne e lesene, si registrava, nel racconto vasariano, a «Verona dove Sanmicheli fondò e tirò in alto la porta detta volgarmente del Palio ... Dalla banda che è volta verso la città vi fece una bellissima loggia, tutta di fuori d’ordine dorico e rustico e di dentro tutta lavorata alla rustica, con pilastri grandissimi, che hanno per ornamento colonne di fuori tonde e dentro quadre e con ‘mezzo risalto’ [lesene]» ({Vita
di Michele Sanmicheli}).
attestazioni: Nel senso di generico di decorazione:
Introduzione all’opera, II, l’ornamentazione; {Vita di Michele Sanmicheli}, l’’opera Rustica’ associata con
l’ordine Dorico; {Vita di Simone Mosca}, gli intagli e le figure; Vita di Baccio d’Agnolo, l’ornamentazione architettonica. 2. In riferimento alla parte decorativa, scultorea, dell’Ordine. Introduzione all’opera, III, l’’ordine Corinzio’; Vita di Michelagnolo, l’ornamento Composito; Introduzione all’opera, II, l’ornamentazione; Vita di Simone Pollaiolo
detto il Cronaca, l’ornamentazione architettonica
di Palazzo Strozzi. 3. Dal punto di vista sintattico, l’arricchimento ornamentale dei piedritti, grazie all’associazione tra pilastri, colonne e lesene: {Vita
di Michele Sanmicheli}, i costrutti di porta Palio a
Verona. riferimenti lessicali generali: lavoro
d’intaglio, lavoro di quadro, ornare. anche in:
Vitr./Ces., p.LXv ; Vitr./Barb., p.162; Alb./Lauro, p.150v; Alb./ Bart., pp.217-219 («adornamento»); Ces., p.XLVII-XLVIIv [ma LVII]; Ser., IV,5,pp.126-126v; Vign., Tav.III; Cat.,V,Intr,p.110; Pall.,I,15,19,pp.22,51; Scam.II,VI,29, p.136.
ORNARE (ORNATO)
Insieme agli aspetti proporzionali e a quelli morfologici, l’ornamentazione costituiva un forte carattere qualificante per gli Ordini e l’Architettura in genere. La valutazione si attagliava, dunque, anche sugli aspetti ornamentali, cosicché nel caso dell’ordine Corinzio – quello certo più decorato nell’ambito della suite degli Ordini greci – notava Vasari come «piacque universalmente molto a’ Romani e se ne dilettarono tanto ch’e’ fecero di questo ordine le più ornate e onorate fabriche, per lasciar memoria di loro, come appare nel tempio di
Tigoli in sul Teverone, e le spoglie del Tempio della Pace, e l’arco di Pola e quel del porto d’Ancona; ma molto più è bello il Pantheon, cioè la Ritonda di Roma, il quale è il più ricco e ‘l più ornato di tutti gli ordini detti [Rustico, Dorico, Ionico]».
attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine
Corinzio’. riferimenti lessicali generali:
ornamento. anche in: Vitr./ Ces., p.LIIIIv; Vitr./
Barb., p.129; Ser., IV,5,pp.126-126v; Cat.,V,III,p.111; Scam.II,VI,26,p.104.
PALMO
Già Vitruvio aveva associato agli aspetti proporzionali, nell’individuazione dei componenti dell’Ordine, anche quelli dimensionali, connettendoli a misure ‘finite’ e non solo a rapporti. Anche Vasari forniva, dunque, precise indicazioni longimetriche nell’ambito delle “Vite”, specificando ad esempio non solo il valore in ‘palmi’ (comunque la misura principale pari all’incirca, a Firenze, a 29,15 cm), ma anche quello in “oncie” (1/12 del palmo). Così nell’edizione del 1568, l’Aretino sottolineava come «{nel modello [per San Pietro], nella tribuna ... da l’imbasamento 18 grandissimi pilastroni ornati ciascuno di dua colonne di fuori e pilastri di drento ... che il dapiè del dado loro è palmi 8 e palmi [?] e once 11, il fuso della colonna è 43 palmi e mezzo, il dapiè palmi 5 e once 6, e da capo palmi 4 e once 9, il capitello Corinto alto palmi 6 e mezzo e nella cimasa
palmi 9}».
attestazioni: Vita di Michelagnolo, la cupola di
San Pietro a Roma. riferimentilessicaligenerali:
misurare, oncia. anchein: Pall.,I,13,pp.15-16; Scam.
II,VI,2,p.4. PARERE
Il termine ha diversi significati all’interno delle “Vite”. [1.] Nel senso verbale di apparire alla vista, viene impiegato da Vasari nella serie dei verbi legati alla ‘percezione’, momento ritenuto fondamentale dall’Aretino nella valutazione dell’Architettura. Così, «[nella chiesa di San Lorenzo a Firenze] si veggono molti errori, ma fra gl’altri quello delle colonne messe nel piano, senza mettervi sotto un dado, che fusse tanto alto quanto era il piano delle base de’ pilastri posati in su le scale; cosa che al vedere il pilastro più corto che la colonna, fa parere zoppa tutta quell’opera» (Vita di Filippo Brunelleschi). [2.] Come sostantivo nel senso di decisione, volere. Così, «in dette mensole [della trabeazione Composita] si possono far canali a uso di tigrifi e altri intagli secondo il parere dell’Architetto» (Introduzione all’opera, III).
attestazioni: 1. Nel senso verbale di apparire alla
vista: Vita di Filippo Brunelleschi, l’Ordine della chiesa di San Lorenzo a Firenze. 2. Come sostantivo nel senso di decisione, volere: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine Composito’. riferimenti lessicali generali: occhio. PARERE (sost.), anche in:
Ser.IV,7,p.158v; Vign., Tav.III; Cat.,V,XII,p.132. PARERE (verbo), anche in: Alb./ Lauro, p.155; Alb./ Bart., p.233; Ser.IV,7,p.158v; Vign., Tav.XXXI; Pall.,I,20,p.52.
PARAGONE
Il principio della Comparazione (“Comparatio”) tra Ordini (o costrutti) diversi risultava fondamentale per un corretto giudizio dei risultati architettonici, se non altro per istituire una gerarchia di valori cui fare riferimento; una gerarchia alla quale, peraltro, Vasari mostrava di richiamarsi continuamente (ad esempio specificando quale fosse stato l’esempio più paradigmatico, in una sorta di vero e propio ‘Atlante delle Eccellenze’). E la Comparazione, ovviamente, viveva di ‘paragoni’. Dunque, «ci possino essere stati di quegli che habbino fin qui fatto nell’ordine Composto, e componendo da sé, delle cose che apportino molta più grazia che non fanno le antiche [parità d’invenzione tra antichi e Moderni]. {E che questo sia vero, ne fanno fede l’opere di Michelagnolo Buonarroti ... perché niuno può negare che questo nuovo ordine Composto, avendo da lui tanta perfezione ricevuto, non possa andar al
paragone degli altri}».
attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine
Composito’. riferimentilessicaligenerali: ordine.
*PARASTA
Cfr. COLONNA MEZZA PARTE
Vitruvio aveva impiegato ad abundantiam il termine “pars” non solo per indicare vari componenti dell’Or- dine, ma anche dal punto di vista proporzionale per fare riferimento ad una suddivisione, parallela a quella del Modulo, ottenuta dalla ripartizione di una misura data (il procedimento era opposto rispetto a quello modulare: se infatti il Modulo partiva da una misura di ‘base’ e da quella derivava i multipli, con la ‘parte’ si partiva da una misura ‘di massima’ data e se ne ottenevano tanti sottomultipli uguali, le “partes” appunto). Esisteva dunque, per l’Età moderna, una precisa istituzionalizzazione vitruviana del significato e dell’uso della ‘parte’. [1.] Nel senso di ‘lato’, ‘zona’, Vasari sottolinea: «ho finalmente trovato un modo bonissimo di mettere in uso il vero modo di far con sicurezza degl’architravi, che non patiscono in alcu- na parte, e rimane il tutto saldo e sicuro quanto più non si può desiderare, sì come la sperienza ne dimo- stra»» (Introduzione all’opera, III). [2.] Nel senso di “pars“ proporzionale vitruviana: «volendo accanala- re le colonne Ioniche, vogliono essere il numero de’ canali ventiquattro, ma spartiti talmente che ci resti fra un canale e l’altro la quarta parte del canale che serva per piano» (Introduzione all’opera, III, l’ordi- ne Ionico). Anche in riferimento all’ordine Corinzio: «sono i canali nelle colonne di questa sorte a numero ventisei, benché n’è di manco ancora; et è la quarta
parte del canale fra l’uno e l’altro che resta piano»
(Introduzione all’opera, III, l’ordine Corinzio). attestazioni: 1. Nel senso di ‘lato’, ‘zona’:
Introduzione all’opera, III, l’‘ordine Dorico’. 2. Come
“rata pars” proporzionale vitruviana: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine Ionico’; Introduzione all’opera, III, l’‘ordine Corinzio’. riferimenti lessicali generali: modulo, partimento, partire.
anche in: Vitr./ Ces., p.LV; Vitr./ Barb., p.130;
Alb./ Lauro, p.151; Alb./ Bart.,pp.218-219; Ser.,
IV,5,pp.127/129; Vign., Tav.VII; Cat.,V,III,p.112; Pall.,I,19,p.51; Scam.II,VI,17,p.65.
PARTIMENTO
‘Partimento’ (da “parte”) viene inteso da Vasari come successione ritmata di componenti diversi: «nella Valle [a Roma, Lorenzetto realizzò] la facciata e così il disegno delle stalle e il giardino di sopra {per Andrea cardinale della Valle, dove accomodò nel
partimento di quell’opera, colonne basse e capitegli
antichi, e partì attorno per basamento di tutta quell’opera pili antichi pieni di storie}».
attestazioni: Vita di Lorenzetto, Sant’Andrea della
Valle a Roma. riferimenti lessicali generali:
parte, partire. anchein: Cat.,V,IV,p.114.
PARTIRE
Dal sostantivo “parte”, il verbo ‘partire’ si arric- chisce poi nella “Vite” di significati tecnici. [1.] Nel senso di intercalare: «la cornice sua col fregio et ar- chitrave appiccata, risaltando a ogni dirittura di co- lonna con que’ canali che gli chiamano “tigrifi” ordi- nariamente, che vengono partiti fra un risalto e l’al- tro [da] un quadro [Metopa], dentrovi o teste di buoi secche o trofei o maschere o targhe o altre fantasie» (Introduzione all’opera, III). [2.] Nel senso di inserire una successione ritmica di componenti: «nella Valle [a Roma, Lorenzetto realizzò] la facciata e così il di- segno delle stalle e il giardino di sopra {per Andrea cardinale della Valle, dove accomodò nel partimento di quell’opera, colonne basse e capitegli antichi, e
partì attorno per basamento di tutta quell’opera pili
antichi pieni di storie}» (Vita di Lorenzetto). attestazioni: 1. Nel senso di intercalare: Introduzione
all’opera, III, l’‘ordine Dorico’. 2. Nel senso di inserire una successione ritmica di componenti: Vita
di Lorenzetto, la chiesa di Sant’Andrea della Valle
a Roma. riferimenti lessicali generali: parte.
anchein: Vitr./ Barb., p.155; Ser.IV,6,p.140; Vign.,
Tav.V; Pall.,I,13,pp.15-16. PENDERE
Nell’ambito delle opere murarie, già i Romani aveva standardizzato l’uso di modi diversi di porre i montaggi e le connessure tra i vari pezzami, tanto da dare origine a modi variati e diversi; una sensibilità che era stata ripresa anche nel Quattrocento e che aveva fatto propria anche l’estetica del Cinquecento, tanto che Vasari enumerava un buon numero di “lavori”. Tra questi, attraverso l’esempio di Giulio Romano nel palazzo Te di Mantova, l’Aretino ricordava anche una modalità ‘naturale’ (anche se artificiamente costruita), tanto che «fece tirare sopra la cantonata [del palazzo] una gran stanza tonda ...e vi fece murare le porte, le finestre et il camino di pietre rustiche /lavorate/ ‘a caso’ scantonate e e quasi in modo sconnesse e torte /sì dall’una all’altra sconnesse/, che parea proprio pendessero in sur un lato /banda/ e rovinassero veramente». L’effetto di distruzione alludeva, articialmente, all’attenzione per un’’Estetica delle rovine’ che avrebbe incontrato grande fortuna nei secoli, sfruttando quell’’effetto bilicante’ proprio delle cose che «pendevano». In questo caso non si trattava di “disordine” né di
“errore”, ma di una precisa sensazione ricercata. attestazioni: Vita di Giulio Romano, l’’opera
Rustica’ scantonata. riferimentilessicaligenerali:
ordine, perfezione, rovinare, scantonato. anchein:
Vitr./ Barb., p.163; Alb./ Lauro, p.147v; Alb./ Bart., p.213; Scam.II,VI,7,p.22.
PERFETTO
Soddisfacendo a tutte le Leggi costitutive della ‘buona Architettura’ degli Antichi, migliorate dai Moderni, secondo Vasari si sarebbero potuti realizzare almeno costrutti ‘perfetti’ (anche se la perfezione dell’Architetetura in tutte le sue parti non è certo possibile). E si tratta di Leggi che regolano, le forme, le proporzioni, l’ornamento, la composizione ... Così, sottolineando come in ciascun costrutto, pur vicino alla Perfezione, manchi comunque qualcosa, Vasari notava come «Andrea Contucci da Monte San Savino. Egli fece nella ... Sagrestia di Santo Spirito [a Firenze] ... {una volta a botte ... Ben è detto che se il detto spartimento della volta fusse ne’ diritti delle colonne venuto a cascare con le cornici, che vanno facendo divisione intorno ai quadri e tondi che ornano quello spartimento con più giusta misura e proportione, questa opera sarebbe in tutte le parti perfettissima ... ché [invece] la costola non casca in su la dirittura delle colonne}».
attestazioni: Vita di Andrea Contucci da Monte San
Savino, errore nel non fare cadere le costolonature
delle volte sui piedritti sottostanti. riferimenti lessicali generali: armonia, disordine, errore,
grazia, ordine, perfezione. PERFEZIONE
Tra tutti gli Autori, solo Michelangelo, secondo Vasari, poteva dirsi che, nelle sue architetture e nei suoi costrutti dell’Ordine, avesse raggiunto quella ‘perfezione’ (di forme, proporzioni, ornamenti ...) cui altri, invece, avevano solo teso. Ciò, ovviamente, non era avvenuto per tutto, ma in materia di Ordini, di certo, sottolineava l’Aretino nella sola edizione del 1568, «ci possino essere stati di quegli che habbino fin qui fatto nell’ordine Composto, e componendo da sé, delle cose che apportino molta più grazia che non fanno le antiche [parità d’invenzione tra antichi e Moderni]. {E che questo sia vero, ne fanno fede l’opere di Michelagnolo Buonarroti ... perché niuno può negare che questo nuovo ordine Composto, avendo da lui tanta perfezione ricevuto, non possa andar al paragone degli altri}».
attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine
Composito’. riferimenti lessicali generali:
armonia, disordine, errore, grazia, ordine, perfetto. anchein: Vitr./ Ces., p.LV; Vitr./ Barb., p.174; Scam.
II,VI,27,pp.120-121. PIACERE
Nel “Vocabolario degli Accademici della Crusca” del 1612 il verbo ‘piacere’ veniva esplicitato come «in significato di garbare, attagliare, gustare. Latino “arridere”, “voluptati esse”». E Vasari aveva sottolineato come anche un Ordine, quale era stato il Corinzio, avesse incontrato un preciso riscontro estetico presso i Romani, che l’avevano fatto proprio,
a sancirne una ‘nuova’ fortuna. Infatti, «il lavoro Corinto piacque universalmente molto a’ Romani e se ne dilettarono tanto ch’e’ fecero di questo ordine le più ornate e onorate fabriche, per lasciar memoria di loro, come appare nel tempio di Tigoli in sul Teverone, e le spoglie del Tempio della Pace, e l’arco di Pola e quel del porto d’Ancona».
attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine
Corinzio’. riferimentilessicaligenerali: armonia,
grazia, ordine, perfetto. anchein: Alb./ Bart.,p.214;
Cat.,V,VII,p.120; Pall.,I,20,p.51. PIANETTO
Nell’ordine Dorico, ogni triglifo del fregio viene ‘serrato’, in basso, appunto da un «pianetto» (o tenia), sorta di listello liscio inchiavardato, tramite «campanelle» o «gocce» alla parte superiore, e posto nell’intradosso dei risalti, che si vedono invece sulla fronte del fregio; a memoria degli incastri delle travi e delle loro testate, si tratta della lapideizzione dei listelli e dei ‘chiodi’ che, nell’architettura lignea, fissavano, appunto, il triglifo. E così infatti Vasari: «serra l’architrave, risaltando con una lista, i risalti e da piè fa un pianetto sottile, tanto quanto tiene il risalto; a piè del quale fanno sei campanelle per ciascuno, chiamate “gocce” dagli Antichi».
attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine
Dorico’. riferimenti lessicali generali:
campanella, goccia. PIANO
L’aggettivo ‘piano’ risulta avere, nel lessico vasariano, almeno due tipi di riferimenti morfologici. [1.] Nel senso di ‘senza sporto’, Vasari impiega la caratterizzazione aggettivale allorché, nell’edizione del 1568, nota come le bozze di un paramento murario «{si fanno spartite in vari modi, cioè a bozze piane per non far con esse scala alle muraglie}» (Introduzione all’opera, III). [2.] Nel caso dei pilastri che si ‘addossano’ ad una parete muraria, Vasari impiega la locuzione «pilastri piani», che risaltano dal muro con un aggetto di poca rilevanza dimensionale rispetto alla tipologia di quelli ‘liberi’, anche se mantengono il loro impatto visivo. E ciò sembra l’eco della descrizione che aveva fatto Leon Battista Alberti nel “De Re Aedificatoria” allorché aveva descritto le paraste/lesene, appunto come «opus affictum prominens» (De Re, VI,XII, 1-2 e 6-7; VII,XII,5). Nella sola edizione del 1568, evidenzia Vasari come «{[nel modello della tribuna della cupola per San Pietro a Roma realizzato da Michelangelo vi sono di dentro, nel registro sopra all’imbasamento] i pilastri piani ... sopra a quali pilastri [è la trabeazione]}» (Vita di Michelagnolo). attestazioni: 1. Nel senso della mancanza di agget-
to (o la poca rilevanza di esso) nelle bozze di un para- mento murario: Introduzione all’opera, III, le bozze dell’ordine Rustico ovvero Toscano. 2. Nel senso dei pilastri addossati e non ‘liberi’: Vita di Michelagnolo, le lesene che ornano i pilastroni nella cupola di San Pietro a Roma come ‘pilastri addossati’. riferimenti lessicaligenerali: pilastro piano. anchein: Vitr./
Ces., p.LV; Vitr./ Barb., p.174; Ser. IV,6,p.140v; Cat.,V,VII,pp.121-122; Scam.II,VI,7,p.22.
PIANO
Come sostantivo denominativo, dal punto di vista morfologico, il ‘piano’ è una modanatura a fascia che, a seconda dei vari impieghi, risolve ‘passaggi’ di varia natura. [1.] In qualità di listello a cornice, nota Vasari come «facendoli sopra [la colonna] le sue cornici [cornicione] e di sotto la sua fascia [fregio] col bastone [astragalo nella sottocorona] e due piani [due listelli: rispettivamente il cimatio posto nella sottocorona al di sopra dei capitelli dei triglifi; e sotto i triglifi stessi la tenia], secondo che tratta Vitruvio [Lib.IV,Cap.III]» (Introduzione all’opera, III). [2.] Come pianuzzo nel fusto della colonna Ionica, Vasari indicava il fatto che «volendo