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attestazioni: Nessuna chiara attestazione presente.

riferimentilessicaligenerali: ordine Rustico.

TRAFORATO

Tra i lavori ornamentali previsti nel trattamento delle pietre (“lavoro di quadro”, “lavoro di intaglio” e anche il “rustico” ...) Vasari ricorda anche il ‘traforo’, operazione complessa che, per l’ampio risalto dato alla smaterializzazione della pietra stessa, veniva anche detta «campata in aria», facendo perdere di resistenza alla bozza. Infatti «[quando] le pietre son pulite e sode di membri, non hanno possanza i casi di fortuna e del tempo nuocergli tanto rigidamente, quanto fanno alle altre pietre intagliate e traforate, o, come dicono i Nostri, “campate in aria” dalla

diligenza degli Intagliatori».

attestazioni: Introduzione all’opera, III, le bozze

dell’ordine Rustico ovvero Toscano. riferimenti lessicaligenerali: bozza, lavoro di intaglio.

TRIGLIFO

Nel fregio della trabezione Dorica già Vitruvio (De

Arch., IV,II,3) istituzionalizzava la presenza di triglifi

scanalati, alternati alle metope. E così anche Vasari «la cornice sua col fregio et architrave appiccata, risaltando a ogni dirittura di colonna con que’ canali che gli chiamano tigrifi ordinariamente, che vengono partiti fra un risalto e l’altro [da] un quadro [Metopa], dentrovi o teste di buoi secche o trofei o maschere o targhe o altre fantasie». Da notare è che Vasari prevede una trabeazione del Dorico a risalti (cioè non con andamento continuo, ma con sporgenze in corrispondenza di ogni colonna sottostante, segnate appunto dalla presenza di un triglifo). E ciò, filologicamente, a ricordare la presenza delle travi lignee – poste appunto dietro ogni triglifo stesso - in corrispondenza del sodo colonnare inferiore. attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine

Dorico’. riferimenti lessicali generali: ordine

Dorico, quadro. anchein: Vitr./ Ces., pp.LIIIIv/LV;

Vitr./ Barb., pp.172-173; Vign., Tav.XI; Cat.,V,I,p.111; Pall.,I,20,p.50; Scam.II,VI,18,20,pp.70,82.

TRITARE

Strettamente connesso al ‘tritume’ - come elemento decorativo negativo che insieme ad «aguglie e risalti» caratterizzava la «maniera Gotica» e, di recente, gli errori degli Architetti moderni che, pur tentando di usare l’antico linguaggio classico, si mostravano in verità ignari della ‘vera’ Estetica - è dunque il verbo ‘tritare’ nel senso di ‘realizzare tritumi’ cioè elementi decorativi errati. Infatti, tra i Moderni, si era distinto al proposito Giuliano di Baccio d’Agnolo, che «{[a Firenze] nella casa di Ser Giovanni Conti, uno de segretarii del signor duca Cosimo, nel fare le due finestre inginocchiate ... Giuliano di Baccio d’Agnolo le tritò tanto con risalti, mensoline e rotti, ch’elle tengono più della maniera Tedesca che dell’antica e moderna, vera e buona}». Nel “Vocabolario degli

Accademici della Crusca” del 1612 il termine aveva

valore di «ridurre in minutissime particelle»; in senso lato, dunque, Vasari l’aveva impiegato per indicare un lavorio continuo di carattere ornamentale. attestazioni: Vita di Baccio d’Agnolo, la ‘maniera

Tedesca’ ‘moderna’ nella casa di Giovanni Conti a Firenze. riferimenti lessicali generali: aguglia,

mensolina, risalto, rotto, tritume. TRITUME

Rispetto alla buona Estetica degli Antichi e dei Moderni, si ponevano tutti gli errori decorativi, originati da mancata realtà funzionale e compositiva, della «maniera Tedesca», ripresi peraltro anche da molto Architetti cinquecenteschi ritenuti da Vasari (o da Michelangelo) particolarmente incompetenti. Come nel caso, appunto «{[del modello del San Pietro a Roma eseguito dal Sangallo. Michelangelo] usò dire pubblicamente che il San Gallo l’aveva condotto ... con tanti risalti, aguglie e tritumi di

membri che teneva molto più dell’opera todesca che del buon ‘modo antico’ o della vaga e bella ‘maniera moderna’}». Michelangelo, il grande innovatore/ dissacratore del linguaggio dell’Ordine, distingueva dunque tra «risalti, aguglie e tritume» (errati) e invece ‘sovvertimenti’ morfologici, dotati di una propria ragion d’essere, ponendosi quasi a difensore dei ‘principi dell’Ortodossia’ (almeno quella funzionale ed estetica). Solo nella Terza edizione del “Vocabolario degli Accademici della Crusca” del 1691 il termine compariva e con un’accezione riferita ad un «aggregato di cose trite», ma senza indicazioni traslate al senso estetico, anche se già Raffaello Borghini nel suo “Riposo” (p.198. Scritto prima del 1588, vi si trattava della differenza tra Scultura e Pittura) aveva fatto riferimento a «un’opera tanto trita, e di sì debole maniera, che vi si trova poco di buono», nel senso appunto di «ordinaria, di poco pregio, triviale» (cfr. Vocabolario degli Accademici

della Crusca, Quarta edizione, 1729-1738).

attestazioni: Vita di Michelagnolo, la ‘maniera

Tedesca’ come gran copia di decorazioni. riferimentilessicaligenerali: aguglia, mensolina,

risalto, rotto, tritare. ULIVO

Tra le foglie ornamentali, di largo impiego in Architettura oltre al classico acanto, si poneva anche l’’ulivo’, già in epoca romana segno di vittoria durante i trofei, ma poi soprattutto santificato dalla Tradizione cristiana in connessione anche ai racconti evangelici (che ponevano la traslazione palma/ulivo). Così Vasari ricordava l’uso di quella ornamentazione da parte di Bramante, «[nella Basilica di San Pietro] si vede ne’ suoi capitegli [di tipo Corinzio], che sono a foglie d’ulivo di dentro [cioè nell’interno della chiesa] ... di quanta terribilità fosse l’animo di Bramante» (Vita di Bramante). Se quella in San Pietro a Roma era una ‘versione cristianizzata’ del Corinzio per ovvi motivi, di Tradizione invece classica era quanto realizzato da «Danese Cataneo, che ha fatto in Verona a Santa Anastasia una cappella di marmi ricca, e con figure grandi, al signor Ercole Fregoso ... d’ordine Corinto ... divisata da quattro gran ‘colonne tonde’ striate, con capitegli a foglie d’ulivo» {Vita di

Iacopo Sansovino}.

attestazioni: Vita di Bramante, capitelli Corinzi a

foglie d’ulivo; {Vita di Iacopo Sansovino}, la ‘colonna tonda’ in Santa Anastasia a Verona. riferimenti lessicali generali: capitello Corinzio, capitello

Corinzio a foglia d’ulivo. UNIONE

Nella sola edizione del 1568, Vasari ricordava come tra i caratteri positivi da considerare nella caratterizzazione degli Ordini vi fosse anche la ‘solidarietà’ tra i vari componenti. E un tale carattere ‘solidale’ nei montaggi notava l’Aretino come gli Antichi lo avessero soprattutto realizzato nel Dorico, dove la tecnologia carpentieresca lignea – con chiodi, chiavistelli, incastri, etc. – aveva trovato una propria puntuale lapideizzazione. Infatti «{e perciò si vede all’opere che feciono gl’Antichi essere stata usata molta arte ne’ componimenti delle loro fabriche, e

che le modanature delle cornici Doriche hanno molta grazia, e ne’ membri unione e bellezza grandissima}». attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine

Dorico’. riferimentilessicaligenerali: unire.

UNIRE

Nel rapporto tra i piedritti colonnari e il muro potevano essere individuate diverse soluzioni che andavano dalle ‘colonne libere’ alle colonne ‘variamente affogate’ nella muratura. Proprio questa adesione veniva indicata da Vasari, nella sola edizione del 1568, come un’unione vera e propria che doveva garantire comunque solidità. Così «{nel modello, nella tribuna sopra il cornicione ... séguita l’imbasamento dove posano le colonne ... Di queste colonne [poste sull’imbasamento] se ne vede tre quarti [colonna a tre quarti, ché l’altro quarto si

unisce in su canti accompagnata da la ‘metà d’un

pilastro’ che fa canto vivo di drento}».

attestazioni: Vita di Michelagnolo, le colonne che

ornano i pilastroni nella cupola di San Pietro a Roma. riferimenti lessicali generali: colonna, unione.

anchein: Alb./ Lauro, p.150; Scam.II,VI,23,p.96.

UNIVERSALE

Come il «genere» costituisce, almeno secondo il “Vocabolario degli Accademici della Crusca” (1612), il concetto generale al quale fanno riferimento la «specie» e l’individuo, così esistono valori che abbracciano tutte le ‘scale’ di ‘lettura’ architettonica ed artistica; e si tratta, appunto, di valori «universali» (universali e necessari, in Filosofia). Dunque, per Vasari, «l’ordine fu il dividere l’un genere dall’altro, sì che toccasse ad ogni corpo le membra sue e non si cambiassero più tra loro il Dorico, lo Ionico, il Corinzio e il Toscano; e la misura fu universale». attestazioni: Proemio alla Parte Terza, gli ordini

architettonici. riferimenti lessicali generali:

genere, ordine. anchein: Pall.,I,13,pp.15-16; Scam.

II,VI,3,p.8. UOVOLO

Anche nel “Vocabolario degli Accademici

della Crusca” (1612), si dava una definizione

‘architettonica’ di ‘uovolo’: «”uovolo” ancora dicono gli architettori a un membro della cornice intagliato, il quale da’ professori è detto comunemente “cimazio”». Nella tipica ‘confusione’ cinquecentesca tra membri e modanature (senza che cioè venisse stabilita una chiara gerarchia interna tra i componenti dell’Ordine), ecco che l’echino sommitale della trabeazione, per il suo trattamento a «uovoli» (nel “Vocabolario degli Accademici della Crusca”: «spezie di fungo, che ha gran similitudine con l’uovo. Qui occhio di canna»), veniva definito appunto «uovolo» (la decorazione forniva il nome alla modanatura, con un processo retorico di sineddoche). Vasari non si addentrava in definizioni, ma ne indicava, scultoreamente, il solo uso ornamentale nelle Trabeazioni, poiché «[se l’opera] non resta pulita, ma si intagli in tai cornici e fregi, fogliami, uovoli, fusaroli, dentelli, guscie et altre sorte d’intagli» (Introduzione all’opera, II, l’ornamentazione «doppia»). E ancora, per la trabeazione dell’ordine Corinzio: «il suo

architrave, fregio e cornice con le misure descritte da lui [Vitruvio], siano tutte intagliate con le mensole et uovoli et altre sorte d’intagli sotto il gocciolatoio» (Introduzione all’opera, III, l’‘ordine Corinzio’). Del resto, pur esemplandosi su forme antiche, anche «{il Cronaca dunque condusse la detta cornice [di palazzo Strozzi a Firenze] con grande arte, insino al mezzo intorno intorno a quel palazzo, col dentello et

uovolo}» (Vita di Simone Pollaiolo detto il Cronaca).

attestazioni: Introduzione all’opera, II, l’orna-

mentazione «doppia»; Introduzione all’opera, III, l’’ordine Corinzio’; Vita di Simone Pollaiolo detto

il Cronaca, la ‘cornice Corinzia’ di Palazzo Strozzi.

anchein: Alb./ Lauro, p.150.

USARE

Diverse Tradizioni d’uso, opposte rispetto alla prassi della istituzionalizzazione teorica, vengono condensate da Vasari nell’impiego del verbo ‘usare’, inteso come sinonimo di ‘essere soliti’. Così, infatti «la base Corinzia sarà la metà di detta grossezza, la quale usarono gli antichi intagliare in diversi modi». E, ovviamente a testimoniare quegli usi, si ponevano più le rovine antiche che l’istituzione trattatistica. attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine

Corinzio’. riferimenti lessicali generali: uso.

anche in: Alb./ Lauro, p.146v; Ser.,IV,8,p.169;

Vign., Tav.XXXI; Cat.,V,IX,pp.127-128; Pall.,I,13- 14,pp.15/16; Scam.II,VI,27,29,pp.121,133,137. USO

Il termine, con le sue varie accezioni e impieghi, con- densa per Vasari le varie modalità con le quali si è trasmessa la ‘buona maniera antica’ e attraverso cui diviene paradigmatico anche il migliore insegnamen- to dei Moderni. [1.] Con il senso di ‘imitazione’ (ov- vero di uso imitativo), ricorda l’Aretino, nella sola edizione del 1568, come «il tempio di Sant’Ambrogio a Milano fu al tempo di Bramantino rifatto col suo disegno con un portico ... con colonne e tronconi a

uso d’alberi tagliati che hanno del nuovo e del va-

rio» ({Vita di Garofalo e altri}). [2.] Nel senso di ri- correnza di utilizzo, ma secondo Regole prestabilite dalla Trattatistica, nelle “Vite” si fa riferimento al fatto che Sanmicheli «a Verona fondò e tirò in alto la porta detta volgarmente del Palio ... Dalla parte di fuori è d’ordine Dorico, con colonne smisurate che risaltano, striate tutte secondo l’uso di quell’ordine» {Vita di Michele Sanmicheli}. [3.] Nel significato di ricorrenza di utilizzo, ma dall’«uso comune», dalla pratica o dal buon senso, Vasari impiega il termi- ne: «[la Sagrestia Nuova in Firenze, Michelangelo] la volle fare ad imitazione della Sagrestia Vecchia, che Filippo Brunelleschi aveva fatto, ma con altro ordine di ornamenti, vi fece dentro uno ornamen- to Composito ... [che] fece assai diverso da quello che di misura, ordine e regola facevano gli uomini secondo il ‘comune uso’ e secondo Vitruvio e le an- tichità, per non volere a quello aggiugnere» (Vita di

Michelagnolo).

attestazioni: 1. Nel senso di utilizzo imitativo: {Vita

di Garofalo e altri}, le ‘colonne a tronco d’albero’ cioè

«a tronconi». 2. Nel senso di ricorrenza di utilizzo, ma secondo Regole prestabilite dalla Trattatistica: {Vita

di Michele Sanmicheli}, l’’opera rustica’ associata con

l’ordine Dorico. 3. Nel senso di ricorrenza di utiliz- zo, ma dall’«uso comune», dalla pratica o dal buon senso: Vita di Michelagnolo. l’ornamento Composito. riferimentilessicaligenerali: imitazione, ordina-

riamente, usare. anchein: Vitr./ Ces., p.LIIIIv; Vitr./

Barb., p.128; Scam.II,VI,27,p.121. VAGO

Oltre alla Bellezza, tra i valori cui tendere, da parte della Progettazione architettonica, si pone secondo Vasari, la vaghezza (nell’accezione aggettivale di ‘vago’, con qualificazione di un costrutto). Sinomico di «bello» (come descritto anche dal “Vocabolario

degli Accademici della Crusca” del 1612), il concet-

to di «vago» probabilmente indica una Bellezza non propriamente codificabile, ma tale quasi per carat- teri indefinibili singolarmente, a costituire, però, un insieme armonioso che conduce alla «pulchritudo» (come la intendeva anche Benvenuto Cellini nella sua “Vita”: «pieno di fronde, di fiori, di frutti ed altre va- ghezze», laddove gli elementi naturali non erano per- fettamente codificabili e ripetibili, appunto»: Cellini,

Vita, 1568, ediz. Milano, 1811, p.66). Non a caso

Vasari utilizza «bello» e «vago» quasi come endiadi, proprio a definire i due aspetti (normativo e ‘natu- rale’) della Bellezza: «{[riguardo al modello del San Pietro a Roma eseguito dal Sangallo, Michelangelo] usò dire pubblicamente che il San Gallo l’aveva con- dotto ... che teneva molto più dell’opera todesca che del buon ‘modo antico’ o della vaga e bella ‘maniera moderna’}» (Vita di Michelagnolo). Non a caso era per l’ordine Composito, dove gli elementi naturali venivano impiegati con maggior copia, che il termine vasariano veniva presentato nella sola edizione del 1568: «{niuno può negare che questo nuovo ordine Composto, avendo da Michelagnolo tanta perfezio- ne ricevuto, non possa andar al paragone degli altri ... ricoprendo [egli] con vaghi e capricciosi ornamenti i difetti dell’arte e della natura}».

attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’‘ordine

Composito’; Vita di Michelagnolo, la ‘maniera Tedesca’ come gran copia di decorazioni. riferimentilessicaligenerali: bello, grazia.

VARIETÀ (o VARIAMENTE)

La Varietas costituisce anche per l’Architettura del Classicismo un importante assunto di valore, cha va però giustamente calibrato. Fatte salve le dovute Regole, ciò che viene ‘variamente’ trattato permet- te di acquisire Bellezza, come nel caso di «Piero de’ Medici che volle far la cappella della Nunziata ... nella chiesa de’ Servi [a Firenze] ... Reggano questa cappella quattro colonne di marmo alte braccia 9 in circa, fatte con canali doppii di lavoro Corinto e con le base e capitegli variamente intagliati e doppii di membra». Infatti «con lo studio e la diligenza del gran Filippo Brunelleschi l’Architettura ritrovò le misure e le proporzioni degli Antichi ... e ritrovos- si la bellezza e varietà de’capitelli e delle cornici» (Proemio alla Parte Seconda).

attestazioni: Vita di Michelozzo, la cappella della

Annunziata a Firenze; Proemio alla Parte Seconda, l’ordine. riferimentilessicaligenerali: capitello,

ornamento, vario.

VARIO

Ricchezza e Varietà costituivano due caratteri qua- lificanti per la migliore Architettura, in una sorta di endiadi che Vasari rendeva esplicita in diverse occa- sioni nella sola edizione del 1568: «{in Fiorenza nel- la facciata dinanzi e principale della cittadella mag- giore, che Alessandro, primo duca di Fiorenza fece fare, quale per rispetto dell’impresa de’ Medici è fatta a punte di diamante e di palle schiacciate, e l’una e l’altra di poco rilievo. Il qual composto tutto di palle e di diamanti, uno allato all’altro, è molto ricco e va-

rio, e fa bellissimo vedere}» (Introduzione all’opera,

III). Ancora: «su disegno et invenzione del Vignuola ... in su uno de lati del palazzo a Caprarola è girata, in forma tonda, una scala a chiocciola ... che si regge tutta sopra colonne doppie, con cornici che girano in tondo secondo la scala, che è ricca e varia, comin- ciando dall’ordine Dorico e seguitando il Ionico, Corinto e Composito» ({Vita di Taddeo Zucchero}). La Bellezza stava dunque nella Varietas: «il tempio di Sant’Ambrogio a Milano fu al tempo di Bramantino rifatto col suo disegno con un portico ... con colonne e tronconi a uso d’alberi tagliati che hanno del nuovo e del vario» ({Vita di Garofalo e altri}).

attestazioni: Introduzione all’opera, III, le bozze

dell’ordine Rustico ovvero Toscano; {Vita di Taddeo

Zucchero}, le colonne «doppie»; {Vita di Garofalo e altri}, le ‘colonne a tronco d’albero’. riferimenti lessicaligenerali: varietà.

il VEDERE

La percezione costituiva per Vasari pittore, oltre che architetto, un aspetto fondamentale nel Progetto d’Architettura, da valutare quindi con estrema at- tenzione. Si trattava, in definitiva, della valutazione ultima da fornire ad un risultato architettonico, che doveva avere nei propri assunti fondanti la volontà di ottenere un «bellissimo vedere». Così, «se si ha da

vedere la colonna accanalata nel Dorico, vogliono

essere venti facce in cambio de’ canali» (Introduzione all’opera, III). Un assunto percettivo ed estetico che si estendeva anche ad un’opera nata come fortez- za militare e non fornita solo di scopi utilitaristici. Infatti «{in Fiorenza nella facciata dinanzi e princi- pale della cittadella maggiore [Fortezza da basso], che Alessandro, primo Duca di Fiorenza fece fare, quale per rispetto dell’impresa de’ Medici è fatta a punte di diamante e di palle schiacciate, e l’una e l’al- tra di poco rilievo. Il qual composto tutto di palle e di diamanti, uno allato all’altro, è molto ricco e vario, e fa bellissimo vedere}» (Introduzione all’opera, III). attestazioni: Introduzione all’opera, III, le bozze

dell’ordine Rustico ovvero Toscano; Introduzione all’opera, III, l’’ordine Dorico’. riferimenti lessicaligenerali: varietà.

VERO

La «maniera antica e quella moderna» trattate con ‘giustezza’ secondo le Regole producono, appunto, un’Architettura «vera e buona», cioè ‘condotta secondo le Regole giuste’, oltre che ‘bella’ («buona»). Infatti, «{[a Firenze] nella casa di Ser Giovanni Conti, uno de Segretarii del signor duca Cosimo,

nel fare le due finestre inginocchiate ... Giuliano di Baccio d’Agnolo le tritò tanto con risalti, mensoline e rotti, ch’elle tengono più della maniera Tedesca che dell’antica e moderna, vera e buona}» (Vita

di Baccio d’Agnolo). Così, «è necessario discorrer

succintamente donde sia nato quel vero Buono, che superato il secolo antico, fa il Moderno sì glorioso» (Proemio alla Parte Terza).

attestazioni: Vita di Baccio d’Agnolo, la ‘maniera

Tedesca’ nella casa di Giovanni Conti a Firenze;

Proemio alla Parte Terza, gli Ordini architettonici.

riferimentilessicaligenerali: buono, buon modo,

vero modo. VERO MODO

Nel senso di ‘giusta modalità’ realizzativa secondo le Regole degli Antichi, Vasari impiega l’espressione in diverse occasioni. «[Nella fabbrica degli Uffizi] per ritornare in uso il ‘vero modo’ di fabricare, il quale vuole che gl’architravi spianino sopra le colonne, levando via la falsità de girare gli archi delle logge sopra i capitelli, nella facciata dinanzi ho seguitato il vero modo che usarono gli antichi» (Introduzione all’opera, III).

attestazioni: Introduzione all’opera, III.

riferimentilessicaligenerali: vero.

VERSO

Nel senso di lato, Vasari ricorda come «per la sepoltura del signor Giovanni de Medici in San Lorenzo a Firenze, Baccio murò tutto l’imbasamento, il quale è un dado isolato di braccia quattro incirca per ogni verso».

attestazioni: {Vita di Baccio Bandinelli}, il

«basamento» come piedistallo aperto. riferimenti lessicaligenerali: banda.

VILUCCO

In relazione all’ordine Corinzio, già Vitruvio (De

Arch., IV,I,8-10) aveva parlato di «folia», «helices»,

«volutae» e di «caulicoli» per descrivere la caratteri- stica firomorfica, lo sbocciare e l’attorcimento delle foglie d’acanto. Vasari con «vilucchi» intendeva pro- babilmente gli elici e le volute (cioè le parti che si at- torcono, come nei pampini di una vite), sottintenden- do i bocciuoli dei caulicoli («viticci»): «l’ornamento del capitello sia fatto co’ suoi vilucchi e le sue foglie, secondo che scrive Vitruvio nel Quarto Libro». attestazioni: Introduzione all’opera, III, l’’ordine

Corinzio’. riferimentilessicali generali: ordine

Corinzio, viticcio. VITE

Gli Antichi avevano largamente impiegato le colon- ne «attorte» o ‘a vite’ (o avviluppate o tortili) come dimostravano le rovine, ma senza tradire le ‘buone Regole’ della composizione e della proporzione dell’Ordine stesso. Cò non era avvenuto, secondo Vasari, nel «lavoro Tedesco» del periodo gotico, poi- ché «ecci un’altra specie di lavori che si chiamano “Tedeschi”, i quali sono di ornamenti e di propor- zione molto differenti dagli antichi e da moderni ... avendo fatto nelle lor fabriche, che son tante ch’han- no ammorbato il mondo, le porte ornate di colonne

sottili et attorte a uso di vite, le quali non possono aver forza a reggere il peso di che leggerezza si sia». La critica di Vasari non era dunque formale (visti anche gli esempi classici), ma per il fatto che quei costrutti non potevano avere corrispondenza statica. attestazioni: Introduzione all’opera, III, la ‘maniera

Tedesca’. riferimenti lessicali generali: colonna

attorta. VITICCIO

Già Sebastiano Serlio (1537) aveva annotato come «la voluta [dell’ordine Ionico] è detta viticcio da gli Toscani, et altri la dicono “cartoccio”» (Ser. IV,7,pp.159-159v), laddove «viticcio» aveva una forte connotazione naturalistica (gli avvolgimenti dei rami