I mercati dei prodotti agroalimentari rimangono ancora bilanciati, con prezzi in generale abbastanza bassi e stabili(7), seppure in ripresa. L’indice
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(7) FAO, Food Outlook – Biannual Report on Global Food Markets, October 2016.
1. ECONOMIA MONDIALE E MERCATI AGRO-ALIMENTARI
21 nominale FAO dei prezzi alimentari (Food Price Index, FPI)(8) è risalito nel corso dell’anno 2016 dai valori minimi di gennaio, al di sotto di 150 (base 100 nel triennio 2002-2004), al livello di 170,3 di dicembre: malgrado ciò la media annuale (FPI=161,5) rimane in linea con quella dell’anno precedente, ed anco-ra ampiamente al di sotto della media dei cinque anni precedenti (FPI=203,8).
Scendendo nel dettaglio, sulla base dei dati UN(9), zucchero, olio di palma, caffè e semi oleosi sono i prodotti che hanno mostrato gli aumenti più marcati.
Rimane forte il dollaro, che si è apprezzato verso l’euro negli ultimi anni: la previsione è che l’evoluzione delle politiche fiscali e monetarie statunitensi mantenga il dollaro forte. In termini reali, i prezzi sono scesi ulteriormente, al di sotto dei livelli pre-crisi del 2007. Il trend al ribasso dei prezzi dei fertiliz-zanti dell’ultimo quinquennio si è invece arrestato: nella seconda metà del 2016 si registra una risalita, sostanzialmente dovuta all’aumento del prezzo dell’urea(10).
Secondo le stime più recenti l’annata 2016/17 ha registrato un incremento della produzione di cereali pari all’1,5%, soprattutto per effetto dell’aumento delle produzioni di frumento e riso, fino a raggiungere 2.569 milioni di tonnel-late, valore superiore a quello dell’annata record del 2014/15. Aumenta pari-menti la domanda complessiva, che cresce dell’1,6%, raggiungendo il massi-mo storico di 2.560 milioni di tonnellate, soprattutto per una forte ripresa della domanda complessiva di mangimi (+2,7%). Crescono i consumi pro-capite (+0,2%), che toccano 149 kg/anno. Nel complesso, crescono leggermente an-che gli stocks finali, an-che si assestano a 660 milioni di tonnellate, per uno stocks-to-use ratio superiore al 25%. Si registra invece una diminuzione dei volumi di commercio (-2,4%), che sono pari a 385 milioni di tonnellate.
Scendendo nel dettaglio, la produzione di frumento cresce anche nell’annata 2016/17, grazie all’aumento delle produzioni in India, in Russia e negli USA, raggiungendo 742 milioni di t, rimanendo così al di sopra della domanda complessiva (730 milioni di tonnellate, per oltre i due terzi data dalla domanda per alimentazione umana): aumentano di conseguenza gli stocks di frumento, che portano ad uno stocks-to-use ratio del 31,7%, pari a 234 milioni di tonnellate. L’andamento del mercato si è tradotto in una tendenza alla con-trazione dei prezzi, nel corso dell’anno, sia sui mercati spot che sui futures.
Sostanzialmente stabili i volumi di commercio (165 milioni di tonnellate, delle quali la metà rappresentate dalle importazioni dei paesi asiatici), seppure va –––––––––
(8) http://www.fao.org/worldfoodsituation/foodpricesindex/en/ .
(9) United Nations, World Economic Situation and Prospects 2017, January 2017.
(10) European Commission, Short-Term Outlook for EU Agricultural Markets in 2017 and 2018, February 2017.
IL SISTEMA AGRO-ALIMENTARE DELL’EMILIA-ROMAGNA. RAPPORTO 2016
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registrato che la Russia diventa il più grande esportatore mondiale di frumento (con circa 30 milioni di tonnellate), superando l’UE e gli USA. Le condizioni di mercato, con un livello elevato degli stocks (ricordiamo che nel 2007/08 lo stocks-to-use ratio era al minimo storico di 22,7%) indicano che la pressione sui prezzi è ridotta, e dunque le previsioni sono per un livello di prezzi stabili e tutto sommato bassi. In crescita (+1,8%) anche le produzioni degli altri cereali (1.329 milioni di tonnellate), nonostante rimangano al di sotto delle produzioni record del 2014/15; questa situazione ha determinato una chiara contrazione dei prezzi nella seconda metà del 2016, dopo il picco al rialzo di giugno. Si hanno produzioni record di mais in USA ed Argentina (globalmente superano 1 milione di tonnellate), e crescono anche le produzioni di sorgo, grazie agli aumenti che si registrano in Sudan e Messico; si riduce invece la produzione di orzo. Cresce anche la domanda, soprattutto per l’alimentazione del bestiame, sia complessivamente che pro-capite, che raggiunge il livello della produzione (1.328 milioni di tonnellate), lasciando sostanzialmente stabili gli stocks di prodotto (256 milioni di tonnellate, per uno stocks-to-use ratio del 18,7%, in flessione rispetto alle annate precedenti); a fronte di ciò si registra comunque un aumento dello stocks-to-disappearance ratio dei maggiori paesi esportatori, che ritorna al 13%, indicando condizioni di mercato tutto sommato stabili. In flessione i volumi di commercio, che ritornano ai livelli di due anni fa, atte-standosi a 176 milioni di tonnellate (-5,2% in meno rispetto all’annata prece-dente), principalmente per effetto della marcata contrazione delle importazioni asiatiche, in particolare della Cina.
A questo andamento dei mercati globali si contrappone in controtendenza l’UE: per le condizioni climatiche sfavorevoli registratesi nel corso dell’anno, complessivamente le produzioni si contraggono del 5,5% rispetto all’annata precedente, e del 2,2% rispetto alla media degli ultimi 5 anni, scendendo a 294 milioni di tonnellate. La contrazione colpisce principalmente il frumento tene-ro, mentre crescono mais (comunque ancora al di sotto delle produzioni me-die) e frumento duro. La domanda complessiva aumenta leggermente (+0,2%), a 283 milioni di tonnellate, di cui circa 175 milioni per l’alimentazione anima-le, mentre si registra una attenuazione nel trend di crescita della domanda per bioenergie, costituita principalmente dal mais. Tutto ciò porta ad una dramma-tica contrazione delle esportazioni, che scendono a 35 milioni di tonnellate (dai 51-52 milioni di tonnellate del biennio precedente, una riduzione del 30,7%), mentre sono più stabili le importazioni. Si contraggono anche gli stocks finali, che scendono a 38 milioni di tonnellate. Le previsioni per la prossima annata sono per il momento leggermente positive: l’aumento delle superfici dovrebbe tradursi in una ripresa delle produzioni, delle esportazioni e degli stocks.
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23 Cresce anche la produzione di riso, che viene stimata al livello record di quasi 498 milioni di tonnellate, in crescita dell’1,3%, anche grazie all’aumento delle superfici investite; in gran parte questo incremento di produzione si ha in Asia, dove del resto si concentra il 90% circa della produzione mondiale.
L’andamento dei prezzi del riso segue quello della maggior parte dei cereali, con una crescita nella prima parte dell’anno, ed una tendenza alla diminuzione nell’ultimo periodo: l’indice FAO del prezzo del riso raggiunge nel settembre del 2016 il livello più basso dal 2008. Continua la crescita della domanda, che supera 500 milioni di t (l’80% è dato dal consumo umano), con tassi legger-mente superiori alla crescita demografica (aumentano quindi di poco i consu-mi pro-capite), mentre risalgono, seppur marginalmente, i voluconsu-mi di commer-cio, fino a sfiorare 44 milioni di tonnellate, con l’India che conferma la sua po-sizione di leader tra gli esportatori, con circa il 25% dei volumi esportati. La situazione del mercato provoca la riduzione degli stocks (che scendono al di sotto di 170 milioni di tonnellate), portando lo stocks-to-use ratio al 33,2%, comunque al di sopra del livello del 30% degli ultimi 5 anni.
Per i semi oleosi l’annata trascorsa registra livelli record nella produzione e nella domanda. I prezzi, dopo un periodo al ribasso negli ultimi due anni, han-no registrato una ripresa a partire dai primi mesi del 2016, anche se questa ri-presa si è indebolita nella seconda metà dell’anno, in particolare per farine e oli. L’andamento del mercato dell’olio di palma (l’olio più consumato global-mente) ha in buona parte condizionato l’evoluzione dei prezzi, ed è anche re-sponsabile dell’aumento di instabilità che ha caratterizzato gli ultimi mesi; for-tunatamente, le prospettive di mercato sembrano indicare il mantenimento di una certa stabilità, in parte confermata dall’andamento delle quotazioni sui mercati futures. La produzione mondiale complessiva aumenta del 4,3%, rag-giungendo 557 milioni di t, grazie soprattutto all’aumento della produzione di soia in virtù della crescita delle rese negli USA ed alla ripresa delle produzioni in Cina ed India, in controtendenza rispetto al trend in diminuzione degli ulti-mi anni: la produzione di soia raggiunge infatti 330 ulti-milioni di tonnellate, quasi completamente per effetto di un aumento delle rese, considerato che le super-fici investite sono aumentate solo marginalmente. Ne consegue che anche le produzioni di oli e farine crescono con tassi analoghi, raggiungendo rispetti-vamente 216 milioni di tonnellate e 144 milioni di tonnellate. La domanda complessiva è in crescita, in particolare per l’utilizzo alimentare e per usi in-dustriali tradizionali, mentre la crescita della domanda per bio-energie sembra rivestire un ruolo marginale, anche per effetto dei bassi prezzi del petrolio che non incentivano la trasformazione. Le condizioni di mercato dovrebbero pro-durre una leggera contrazione degli stocks, anche in termini relativi (lo stocks-to-use ratio dovrebbe scendere al di sotto del 16% sia per gli oli che per le
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rine). I volumi di commercio continuano il trend in crescita degli ultimi anni, grazie ad una domanda di importazione piuttosto forte in Asia ed Africa.
Anche in questa caso, la situazione nell’UE è in controtendenza: le stime indicano una contrazione delle produzioni, in virtù di una contrazione con-giunta di superfici e rese. Complessivamente la produzione si riduce del 4,3%, fino a poco più di 30 milioni di tonnellate (in ulteriore calo rispetto all’annata record di due anni prima): si contraggono le produzioni di colza e soia, mentre risale quella di girasole. Il mercato interno rimane fortemente deficitario, an-che se la contemporanea contrazione della domanda consente una riduzione delle importazioni, ad eccezione delle farine.
Prendendo in esame le produzioni zootecniche, i prezzi delle carni eviden-ziano una crescita nel corso del 2016: l’indice FAO risale fino a superare 160 punti, dall’iniziale livello di 145, in particolare per effetto dell’andamento dei mercati di carni ovi-caprine, suine e avicole; la riduzione delle produzioni di carni suine nell’UE e di carni ovine in Oceania ha consentito questo rafforza-mento dei corsi internazionali, mentre per il pollame si registra una domanda sempre forte, in particolare in Asia. I prezzi rimangono comunque ancora bassi se confrontati con le annate precedenti, specie col picco della fine del 2014, in cui si sono registrati i livelli più alti dell’ultimo decennio (indice oltre quota 200). La stagnazione delle produzioni è una delle principali cause, come visto, della pressione al rialzo dei prezzi: rispetto all’annata precedente le stime sono per una crescita marginale, poco più di mezzo milione di tonnellate, fino a raggiungere circa 320 milioni di tonnellate, soprattutto per l’andamento com-plessivamente sfavorevole di Cina e Australia. La domanda pro-capite si ridu-ce rispetto all’annata preridu-cedente, e questo contribuisridu-ce ad allentare la pressio-ne sui prezzi. Dopo la flessiopressio-ne del 2015, tornano a crescere i volumi del commercio, superando 31 milioni di tonnellate, in particolare per l’aumento della domanda di importazioni, tra gli altri, di Cina, Giappone, UE, Sud Africa e Russia.
Nel 2016, la produzione di carne bovina è stimata in leggera crescita (+0,3%), raggiungendo 68 milioni di tonnellate, grazie soprattutto al contribu-to di USA (+5%) ed UE, mentre le produzioni in Australia (-15%), Brasile (-1,5%) ed Argentina (-2,2%) si riducono. Si mantengono ai livelli dell’anno precedente i volumi di commercio, intorno a 9 milioni di tonnellate; la doman-da di importazioni cresce in alcune aree asiatiche, in particolare in Cina, e nell’UE, mentre si riduce sensibilmente negli USA (-13%). Un andamento op-posto si registra invece per la produzione di carni suine, che si riducono dello 0,6%, scendendo sotto 117 milioni di tonnellate. La spiegazione principale è la contrazione in Cina (-2,5%), paese che copre circa il 50% del mercato mondia-le, la cui produzione scende a 54 milioni di tonnellate; gli aumenti in
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25 zione USA, Brasile e Canada bilanciano solo in parte il calo cinese. Molto più dinamico l’andamento del commercio, che cresce di quasi l’11%, toccando 8 milioni di tonnellate. La crescita delle importazioni in Cina (stimata in circa il 30%) sembra esserne la causa principale: a beneficiarne dovrebbero essere so-prattutto l’UE (le cui esportazioni in Cina dovrebbero crescere del 160%), il Brasile ed il Canada. Continua, anche se modesta, la crescita delle produzioni di carni avicole, che toccano 116 milioni di tonnellate (+0,9%): in particolare aumentano le produzioni di USA, UE, Brasile ed Argentina, mentre si riduco-no in Cina. I volumi di commercio crescoriduco-no del 4,4%, toccando quasi 13 mi-lioni di tonnellate: cresce la domanda di importazioni in Giappone, Sud Africa, UE e Cina. Il Brasile, ormai il maggior esportatore mondiale, dovrebbe essere il maggiore beneficiario, portando le proprie esportazioni a 4,6 milioni di ton-nellate.
Nell’UE, per la carne bovina si registra un aumento del numero di vacche nutrici anche nel 2016, seppure più modesto rispetto all’anno precedente, toc-cando 12,4 milioni di capi (in controtendenza Italia e Olanda, dove si registra una diminuzione). Le previsioni sono però di un declino per i prossimi due an-ni, il che ovviamente ridurrà il potenziale produttivo dell’UE nel medio termi-ne. Nel complesso, la produzione UE cresce del 2,3%, arrivando a sfiorare 8 milioni di tonnellate, ed anche per l’anno in corso si prevede un aumento (gli effetti negativi a cui abbiamo accennato dovrebbe cominciare a farsi sentire il prossimo anno). Cresce la domanda interna, seppure ad un ritmo leggermente inferiore, anche grazie ad un trend in crescita dei consumi pro-capite, il che mantiene il grado di auto-approvvigionamento appena sopra il 100%. Cresco-no anche le esportazioni, che toccaCresco-no quasi 250 mila tonnellate, principalmen-te diretprincipalmen-te nei paesi dell’area del Mediprincipalmen-terraneo; quantitativamenprincipalmen-te analoghi i vo-lumi di importazione, di poco sopra 300 mila tonnellate, che continuano il trend in crescita: crescono le importazioni dal Brasile e si riducono quelle da-gli USA. Per le carni suine, nel 2016 continua il processo di riduzione del nu-mero di scrofe, scese di altre 228 mila unità, anche se l’effetto sulla produzio-ne non si è ancora sentito: cresce infatti dello 0,2%, attestandosi su oltre 23 milioni di tonnellate, probabilmente per un aumento della produttività degli al-levamenti. Nell’anno in corso invece dovrebbero cominciare a manifestarsi gli effetti sulla produzione di questa riduzione delle consistenze. Dal lato della domanda, le carni suine, pur rappresentando ancora quasi il 50% dei consumi complessivi di carne, registrano una consistente contrazione (-2,5%), al di sot-to di 21 milioni di sot-tonnellate, principalmente per una marcata riduzione dei consumi pro-capite. Il grado di auto-approvvigionamento cresce quindi ulte-riormente, portandosi al 114%. Da sottolineare una ripresa dei prezzi interni.
Le esportazioni raggiungono un valore record, quasi 3 milioni di tonnellate,
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principalmente per la forte domanda cinese, anche se l’apprezzamento dell’euro nei confronti dello yuan nella seconda metà dell’anno riduce la com-petitività delle esportazioni comunitarie. Mantiene la sua maggiore dinamicità il settore delle carni avicole: la produzione cresce del 4,4%, nonostante prezzi in ribasso, superando ampiamente per la prima volta 14 milioni di t. Cresce anche il consumo interno (+3,8%), seppure ad un ritmo inferiore (aumenta comunque il consumo pro-capite, e i consumi di carni avicole vanno a rim-piazzare quelli di carni suine), ed il grado di auto-approvvigionamento si man-tiene al 104%. Il livello contenuto dei prezzi ha favorito l’esportazione, anche se la competitività dei concorrenti sui mercati esteri, in particolare Brasile ed USA, rimane forte. I volumi esportati aumentano comunque del 9,4%, toccan-do quasi 1,5 milioni di tonnellate; crescono anche le importazioni, in particola-re dal Brasile.
Per i prodotti lattiero-caseari, la riduzione dei prezzi iniziata nel 2014 si è fermata attorno alla metà dell’anno, quando le prospettive di produzione nell’UE e nei paesi dell’Oceania hanno impresso una spinta al rialzo sui prez-zi: l’indice dei prezzi FAO per i lattiero caseari è infatti cresciuto fino a supe-rare a dicembre il livello di 190, oltre 40 punti superiore rispetto ad inizio an-no. L’aumento dei prezzi ha interessato tutti i principali prodotti lattiero-caseari (formaggi, latte in polvere, burro). La produzione di latte cresce dell’1,1%, toccando 817 milioni di tonnellate. L’aumento di produzione in In-dia è in pratica comparabile all’aumento della produzione globale, portando la produzione del paese a livelli ormai vicini a quelli dell’UE, dove la produzione ha rallentato nella seconda metà dell’anno, per effetto di una riduzione dei prezzi. Cresce la produzione negli USA, mentre si contrae in Australia e Nuo-va Zelanda. Rimangono sostanzialmente stabili i consumi pro-capite (110 kg/anno), e dunque cresce la domanda globale. I volumi di commercio non si discostano molto da quelli dell’annata precedente, e sono di poco superiori a 73 milioni di tonnellate: questa stagnazione si registra per il secondo anno di fila, dopo che nel quinquennio precedente c’era stato un incremento medio an-nuo dei volumi di commercio del 6%. Questo malgrado si registri un recupero della domanda di Cina e Russia, la cui contrazione aveva penalizzato il com-mercio nell’annata precedente, ed una crescita delle importazioni di USA e Brasile. Scendendo nel dettaglio, crescono i volumi di commercio di formaggi e burro, si riducono quelli di latte in polvere. Si stima anche un aumento dei volumi dei maggiori paesi esportatori (UE, Nuova Zelanda e Bielorussia), ed una contrazione invece in USA, Argentina e Brasile.
Nell’UE la produzione di latte è cresciuta di quasi l’1%, raggiungendo 164 milioni di tonnellate, dei quali circa il 94% destinato alla trasformazione, in una annata che ha registrato una ripresa dei prezzi alla stalla, riallineandoli ai
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27 valori medi del quinquennio 2011-2015. La crescita del prezzo del latte è col-legata a vari fattori: il rallentamento della produzione interna nella seconda metà dell’anno, la contrazione produttiva in Oceania, la crescita della doman-da interna di lattiero-caseari, e la sostenuta domandoman-da mondiale di formaggi. Al termine dell’anno, nell’UE si contano 23,3 milioni di vacche da latte, con una limitata riduzione rispetto all’anno precedente: la dimensione delle consistenze è però soltanto un indicatore parziale della potenzialità produttiva, perché quest’ultima dipende anche dai processi di ristrutturazione e di aggiustamento che possono condurre ad un aumento di efficienza e produttività. In effetti, le rese medie sono aumentate, arrivando a sfiorare 7 tonnellate a capo.
Entrando nel dettaglio, la produzione di derivati freschi è cresciuta solo marginalmente, superando per la prima volta 47 milioni di tonnellate, a fronte di una domanda che sfiora 46 milioni di tonnellate: il grado di auto-approvvigionamento rimane pari al 102%. Le previsioni sul consumo, che in-dicano un trend in diminuzione dei consumi pro-capite (in particolare di latte fresco su alcuni importanti mercati comunitari), ed un aumento delle produ-zioni, non indicano grosse problematiche, perlomeno finché il surplus sarà smaltito sui mercati esteri, con esportazioni in continua crescita, in particolare verso la Cina. Per i formaggi rimane invece forte la domanda, sia interna che per l’esportazione. La produzione è cresciuta nell’anno 2016 dell’1,4%, toc-cando 9,7 milioni di tonnellate, con un grado di auto-approvvigionamento del 107%. Continua il trend positivo nei consumi pro-capite, che salgono a 17,7 kg/anno, portando il consumo interno a 9,4 milioni di tonnellate. Di pari passo, continua la crescita delle esportazioni che toccano le 800 mila tonnellate, con un incremento dell’11% rispetto all’annata precedente, superiori rispetto alla situazione precedente l’embargo russo. Anche quest’anno si è registrata una forte domanda di burro, sia interna (un leggero aumento anche dei consumi pro-capite) che estera (in particolare negli USA), che ha determinato una spin-ta al rialzo dei prezzi. La produzione è aumenspin-taspin-ta del 2,7% toccando 2,4 mi-lioni di tonnellate, e così anche le esportazioni, grazie ad una crescita della domanda statunitense e in alcuni paesi arabi. Queste condizioni di mercato si ripercuotono anche sugli stocks privati, che sono in progressiva diminuzione (ormai azzerati da tempo quelli pubblici). Ancora più consistente è la crescita della produzione di latte in polvere, anche se le prospettive di mercato sono meno favorevoli rispetto al burro.