1.4 La creazione di Salazar: l’Estado Novo (1933-1945)
1.4.2 Il modello fascista portoghese
Al di là dell’autoproclamazione di Salazar a guida di un sistema dittatoriale, non sono sufficienti le palesi dimostrazioni di forza di un regime per acquisire la peculiarità di stampo “fascista”, ed essere inserito in una precisa categoria politologica. Per fare ciò, gli storici hanno cercato di comparare il modello portoghese al modello fascista italiano, in primis, ma anche osservando oltre la cortina di ferro, trovando somiglianze, influenze o infine originalità.
Il tema venne affrontato dalla letteratura portoghese nella metà degli anni Settanta, complice l’influenza della Rivoluzione dei garofani, una formazione marxista della classe ricercatrice e una relativa sedimentazione temporale utile a poter osservare indietro la questione. Una parte degli studiosi definì pertanto il salazarismo come una dittatura di stampo fascista, non solamente di matrice destrorsa. Anticipando di qualche anno il 25 aprile 1974, la formulazione del fenomeno salazarista in una chiave comparata veniva affrontata da Juan Linz. Il politologo spagnolo, esaminando il Franchismo, sviluppò il concetto di “regime autoritario”, utile a definire la differenza tra il Nazismo e i fascismi europei, da un lato, e il resto degli altri regimi contemporanei, dall’altro129. La definizione, andava a completare una categoria terza postulata da Raymond Aron nel 1958, ossia una nuova forma che si differenziava dalle altre poiché «based neither on electoral nor on revolutionary legitimacy»130, all’interno del quale potrebbe essere incluso il Salazarismo, il Franchismo e il regime di Vichy nella sua prima fase. Linz riconobbe in questi regimi divergenze strutturali con le controparti, riscontrando
128 Introduzione di Salazar all’edizione del 1933, in A. Ferro, Oliveira Salazar: el hombre y su obra, Ediciones fax, Madrid 1935, p. 6. Al termine del proemio Salazar chiosa «Domando venia per aver scritto questa prefazione. Non è che mi vergogni d’averlo fatto; è che m’ha rubato del tempo del quale necessitavo per altre cose», mostrando per l’ennesima volta l’abnegazione verso la vita nazionale, in A. Ferro, Oliveira Salazar, cit, p. 27.
129 J. Linz, An authoritarian regime: Spain, in Erik Allardt, Y. Littunen (coord.), Cleavages, ideologies and party systems:
contributions to comparative political sociology, Academic bookstore, Helsinki 1964.
130 R. Aron, Sociologie des Sociétés Industrielles. Esquisse d’une théorie des régimes politiques, Centre de documentation universitaire, Paris 1958, p. 50.
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un’azione comune nel risolvere problematiche basilari: «controllo e mantenimento della legittimità, reclutamento delle elites, articolazione e copertura dei gruppi d’interesse, decision-making e creazione di rapporti con vari organi istituzionali, dalle Forze Armate alle istituzioni religiose»131. In quest’ottica e nella stessa periodizzazione, l’Estado Novo venne riconosciuto come una variazione dell’autoritarismo nella letteratura relativa alle scienze politiche132. Negli anni Sessanta gli studi sulla comparazione dei regimi assunsero ulteriore valore, raggiungendo un grado maggiore di critica alle categorie esposte ma perseverando nella dicotomia tra totalitarismo e autoritarismo. Molti storici affrontarono il tema sottolineando la formazione e il modello di regime periodizzandolo e contestualizzandolo storicamente133.
Uno degli spunti coevi fu quello proposto da uno degli storici francesi più attenti al tema, Henri Lemaitre. Nella descrizione dei fascismi nella storia analizzava quasi esclusivamente i fascismi di Italia, Germania, Argentina, non nominando formalmente il Portogallo, probabilmente poiché ancora non era compiuto il destino stesso del regime di Lisbona134. Estrapolando tuttavia uno dei concetti di Lamaitre sulla volontà di Mussolini di ricreare l’Impero Romano e di Hitler del Grande Reich germanico135, si può accostare la ferrea volontà di Salazar nel proteggere e fortificare, il grande Impero portoghese136. Nel 1971, Manuel Lucena proponeva un’analisi comparata sull’Estado Novo137, descrivendo il regime come «um fascismo sem movimento fascista»138, giustificando l’assenza di un partito unico, quale era l’União Nacional, come una forma di mancata esistenza propulsiva al movimento stesso139. Lucena riportava in ogni caso il legame tra l’Italia e il Portogallo salazalista, quando affermava che
131 J. Linz, An authoritarian regime: Spain, cit., p. 255.
132 G.A., Almond, G.B. Powell, Comparative politics. A developmental approach, Little, Brown and company, Boston 1966. Giovanni Sartori inserì la fattispecie portoghese nei regimi «one party pragmatic», per differenziarlo dal «totalitarian unipartism» e dall’«authoritarian unipartism», in quanto caratterizzato da un’ideologia flebile, una più bassa coercizione e una permissiva libertà dei sottogruppi sociali, pur inserita in un’arbitrarietà limitata, in G. Sartori, Parties
and par systems. A framework for analysis, Cambridge University Press, New York 1976, p. 221-223; G. Pasquino, The political science of Giovanni Sartori, in «European political science», n. 4, 2005, pp. 33-41.
133 A. Costa Pinto, Salazar's dictatorship and european fascism, Columbia University Press, New York 1995, p. 12. 134 H. Lemaitre, Os fascismos na história, Editorial estampa, Lisboa 1968, tit. Originale Le fascismes dan l’histoire, Les éditions du Cerf, Paris 1968.
135 Ivi, p. 18.
136 L’imperialismo portoghese non era prerogativa esclusiva di Salazar, in quanto ricollegabile alla disputa con la Gran Bretagna e con la Germania a fine Ottocento e al desiderio di Lisbona di espandersi con la volontà di creare una «mapa cor-de-rosa» che comprendesse i territori dall’Angola al Mozambico.
137 M. Lucena, Interpretaòùoes do Salazarismo; notas de leitura crítica, in «Análise social», vol. XX (83), 1984, 4, pp. 423-451.
138 M. Lucena, A evolução do sistema coprtoratvo português, Vol. I. O Salazarismo, Perspectivas realidades, Lisboa 1976, p. 27.
139 A. Costa Pinto, O salazarismo e o fascismo europeu. Problemas de interpretação nas ciências sociais, Editorial estampa, Lisboa 1992, p. 45.
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entrambe erano dittature di partito unico che collocarono la società e lo Stato sotto il principio della collaborazione di classi e erano appoggiati da tutti i settori della borghesia nazionale. In entrambi, l’unico uomo era il capo indiscutibile del partito e dello Stato. In entrambi, il potere era straordinariamente centralizzato, risiedeva nella polizia e nell’esercito e qualsiasi opposizione legale era proibita. In entrambi, organizzazioni corporative imprigionavano le classi sociali e i gruppi professionali nella loro tela e monopolizzavano la sua rappresentazione. E, infine, entrambi si legittimavano in un nazionalismo esasperato. Questi legami sono, in qualche modo, i due Stati fascisti e del corporativismo fascista140.
Lo stesso Salazar chiarì, nella terza intervista concessa ad António Ferro, le similitudini e le differenze con l’uomo forte di Predappio. Alla domanda del giornalista, «Alcuni dei suoi ammiratori gradirebbero di vederla approfittare maggiormente della lezione dell’Italia, della lezione del duce. Lei è di questa opinione? Ritiene che il fascismo, nelle sue linee generali, possa adattarsi al nostro paese?» Salazar rispondeva «La nostra dittatura si avvicina, evidentemente, alla dittatura fascista nel rafforzamento dell’autorità, nella guerra dichiarata a certi principi della democrazia, per il suo carattere accentuatamente nazionalista, per le sue preoccupazioni di ordine sociale. Se ne discosta, però, nei metodi di rinnovamento»141. Una effettiva distanza, costante per Salazar rispetto a Mussolini, riguardava la posizione da prendere nei confronti della Chiesa. Continuava Salazar,
La dittatura fascista tende a un cesarismo pagano, a uno stato nuovo che non conosce limitazioni di natura giuridica né morale, che marcia verso le sue mete senza trovare ostacoli. Mussolini, come lei sa, è un meraviglioso opportunista dell’azione: ora va verso destra, ora verso sinistra; oggi combatte la Chiesa, ma, poco dopo, è lui stesso che firma il Trattato del Laterano, per ordinare poi, pochi mesi orsono, la chiusura delle associazioni cattoliche142.
Per chiarire ulteriormente la questione è utile leggere Le interpretazioni del fascismo di Renzo de Felice, secondo il quale «i vari fascismi ebbero numerosi aspetti in comune, sentirono la necessità di appoggiarsi gli uni agli altri e subirono la stessa sorte, ciò nonostante essi nacquero da situazioni e da esigenze in larga misura diverse e ognuno di essi ebbe e mantenne tali peculiarità che appare
140 Ivi, pp. 27-28.
141 A. Ferro, La dittatura e i suoi contatti colla nazione, III intervista, in A. Ferro, Oliveira Salazar, cit., p. 96. 142 Ivi, pp. 95-96.
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difficile in sede storica parlare di un fenomeno effettivamente unitario»143. Lo stesso nome “Estado Novo” sarebbe stato influenzato, secondo Luís Reis Torgal, dall’espressione italiana di “Stato Nuovo” precedente al fascismo italiano144.
Negli anni Ottanta, analizza coerentemente Costa Pinto, nonostante l’aumentare degli studi a riguardo, la posizione degli storici rimase invariata rispetto al 1967, sebbene venisse infiltrata dall’interdisciplinarietà, con l’utilizzo di teorie sociologiche e provenienti dalle scienze politiche. Il fascismo generico acquisiva così sfumature politiche, ideologiche, economiche145. Altri autori, sottolineando la special relationship instauratasi tra la Chiesa cattolica e il regime di Salazar, iniziarono a chiamare quest’ultimo «clerico-fascista»146, «clerico-corporativo» o «semi-fascista»147, pur non dissipando i dubbi in merito a una descrizione più precisa. Enzo Santarelli, storico e deputato del PCI, ad esempio, definiva il Salazarismo come «estrema destra, non radicale ma un’ala tradizionalista del fascismo europeo»148. Nel testo più chiarificatore, Fascismo, fascismi, Enzo Collotti analizzava la via nazionale al fascismo, in cui tracciava, in una comparazione trasversale, i regimi di Italia, Portogallo, Spagna, Francia. Oltre ai regimi indicati, Collotti inseriva anche quello che nella storiografia tedesca veniva indicata come «fascismo tedesco». In merito al Portogallo commentò, non senza ironia, quanto il modello di Stato salazarista avesse creato fra gli esperti non poche difficoltà nel trovare una giusta posizione da attribuirle nel panorama delle destre europee149. La problematica, per Collotti, giungeva dalla variegata struttura ideologica e istituzionale dell’Estado Novo e anche dalla relativa libertà di vari strati gruppi sociali di muoversi all’interno dello Stato. Nonostante ciò, la peculiarità della forma governativa dell’Estado Novo era data dalla capacità di arginare costituzionalmente gli elementi che si richiamavano al fascismo all’interno dell’estrema destra lusitana, «incapaci di lasciare la loro impronta alla Costituzione dell’Estado Novo»150. Ancora
143 R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Laterza, Bari-Roma 2007, p. 22.
144 L. Reis Torgal, “O fascismo nunca existiu...”. Reflexùoes sobre as represantações de Salazar, in L. Reis Torgal, P. Heloísa, Estados autoritários e totalitários e suas represantações, Pombalina Cimbra University Press, Coimbra 2008, p. 17. Sullo Stato Nuovo si veda anche E. Gentile, Il mito dello Stato nuovo. Dal radicalismo nazionale al Fascismo, Laterza, Roma-Bari 1999.
145 S.J. Woolf, O fascismo na Europa, Editora meridiano, Lisboa 1978. Woolf, al di là delle differenziazioni geografiche, inserisce i regimi di Italia, Spagna, Portogallo e Germania, sotto la stessa categoria di «fascismo» e A. Costa Pinto,
Salazar's dictatorship, cit., pp. 19-21.
146 Il termine prende tuttavia spunto dal «fascismo clericale» coniato da Don Luigi Sturzo già nel 1922, in J. Pollard,
“Clerical fascism”: context, overview and conclusion, University of Cambridge, in Totalitarian movements and political religions, vol. 8, n.2, pp. 433-446, Routledge, London 2007.
147 C.F. Delzell, Mediterranean fascism. 1919-1945, Walker, New York 1971, p. 331.
148 E. Santarelli, Il caso portoghese: radici e premesse di una rivoluzione, in «Critica marxista», n. 4, pp. 41-59, 1975. 149 E. Collotti, Fascismo, fascismi, Sansoni, Firenze 2004, p. 117.
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Costa Pinto descriveva apertamente il Salazarismo come «modello dell’Europa del Sud», per indicare i regimi di Spagna, Grecia, Portogallo e Italia151.
Una prima disamina sul tema o fascismo em Portugal venne trattato nel marzo del 1980 dai maggiori esperti di ampio respiro lusitano, coinvolti per dare un proprio apporto sull’oggetto comune di studio152. Nel convegno organizzato presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Lisbona venivano abbozzati argomenti che spaziavano dalle organizzazioni della gioventù portoghese153, a un’analisi critica del Partito Comunista Portoghese154, al primo approccio allo stile architettonico del periodo fascista, nel chiaro accostamento tra “fascismo” e “Portogallo”155. Tra le relazioni che maggiormente apportarono una novità sul tema si può trovare quella di Manuel Villaverde Cabral, dal titolo O fascismo portugues numa perspectiva comparada. Per Cabral porre il regime portoghese in una prospettiva comparata è utile per due motivi: il primo perché la comparazione permette un chiarimento prima di tutto strutturale, non solo in termini di congiunture, che portarono all’istituzionalizzazione di quel regime; in secondo luogo per chiarire in che maniera indicare il salazarismo e se inserirlo nella categoria “classica” di fascismo156. Secondo Cabral il salazarismo si sarebbe formato nel sostrato sociale e politico del Portogallo precedente al 28 maggio 1926, che includeva il Paese nel circuito internazionale del «tramonto dello Stato liberale»157. La crisi apertasi dalla chiusura al liberalismo internazionale avrebbe portato a un crollo dei meccanismi di rappresentazione e dell’esecutivo, cui si sommava, nella prima decade del secolo XX per via della moltiplicazione delle classi e degli strati sociali nuovi – come la piccola borghesia e il proletariato – o in declino – come le élite provinciali o i signori della terra – scontenti dalle politiche liberaliste che non riuscivano a soddisfare e integrare nel nuovo sistema economico158. Ad aggravare in maniera esponenziale una già flebile stabilità sociale si aggiungeva dunque il conflitto fra le classi dirigenti da un lato e gli industriali e gli agrari dall’altro. La stessa complessità di elementi si può ritrovare In Portogallo nello stesso periodo, esacerbata dalla Grande Guerra, esasperata dal conseguente dopoguerra e dall’esplosione del proletariato. La nuova classe sociale, animata dalla Rivoluzione russa, si unì nelle rivendicazioni ai danni delle forze produttive, sommandosi ai già pressanti problemi
151 A. Costa Pinto, Salazar's dictatorship, cit., pp. 37-41.
152 A. Costa Pinto, O fascismo em Portugal. Actas do coloquio, realizado da Faculdade de Letras de Lisboa, Março de
1980, A regra do jogo, Lisboa 1982.
153 A. Costa Pinto, N.A. Ribeiro, Fascismo e juventude nos primórdios do Estado Novo: A Acção Escolar Vanguardia
(1933-1936), pp. 229-258.
154 J. Pacheco Pereira, Problemas da história do PCP, pp. 269-286.
155 N. T. Pereira, J. M. Fernandes, A arquitectura do fascismo em Portugal, pp. 533-551.
156 M. Villaverde Cabral, O fascismo portugues numa perspectiva comparada, in Colóquio sobre o fascismo em Portugal,
Faculdade de letras de Lisboa, Março de 1980, A regra do jogo, Lisboa 1982, p. 1.
157 Da una definizione di Gaetano Mosca in G. Mosca, Il tramonto dello Stato liberale, (a cura di) A. Lombardo, Bonanno editore, Catania 1971.
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di ordine pubblico. In questo spazio vuoto, reso abissale da uno Stato privo della legittimità tale da risolvere l’ordine pubblico, prese slancio – e in molteplici forme, la movimentazione sociale, sviluppandosi in elitismo, populismo, corporativismo «banhando sempre no húmus nacionalista»159.
Dalla relazione di Villaverde Cabral prendeva forma una forma particolare e ben delimitata geograficamente e strutturalmente di fascismo portoghese. Il governo di Salazar, nonostante «dopo un breve periodo di dittatura militare, assomiglia[sse] al regime italiano molto più di altri stati autoritari del periodo interbellico»160, come il fascismo italiano e il nazional socialismo tedesco, «si avvicinò maggiormente all’autoritarismo del Sud Europa rispetto al totalitarismo tedesco»161. Cabral ampliava nettamente il panorama sull’autoritarismo continentale postulata dallo storico statunitense Stanley G. Payne162, il quale associava il «presunto autoritarismo conservatore» del Portogallo ai regimi dell’Est Europa in generale e ai regimi di Miklós Horthy e del polacco Józef Pilsudski, in particolare, asserendo in più che i due regimi non avevano sviluppato sistemi corporativi comparabili a quelli di Portogallo e Italia163. L’innovazione strutturale e specifica del salazarismo si trovava ancora nella sostituzione, in maniera rapida e duratura, dei meccanismi orizzontali tipici del liberalismo alla macchina verticale del corporativismo164 e alla macchina repressiva sotterranea. All’azione parallela nazionalista si associava così l’essenziale componente corporativista165 e la costante e non secondaria presenza sul territorio della polizia politica. Dal punto di vista corporativo latenti sono le somiglianze tra Italia e Portogallo. Il dubbio di una banale imitazione venne smentita ancora da Cabral – e dallo stesso Salazar nelle interviste concesse ad António Ferro – ponendosi un’altra domanda: perché imitare il fascismo italiano nel dominio economico e sociale – con
159 Ivi, p. 5. 160 Ivi, p. 3. 161 Ivi, p. 24.
162 S.G. Payne, Salazarism: “fascism” or “bureaucratic authoritarianism”?, in AAVV, Estudos de história de Portugal.
Homenagem a A. H. Oliveira Marques, vol. II, sec. XVI-XX, Estampa, Lisboa 1983, pp. 523-531; S.G.Payne, Fascism in Western Europe, in W. Laqueur, Fascism: a reader’s guide: analyses, interpretations, bibliography, Penguin books,
Harmonsworth 1979, pp. 295-311.
163 Nella distinzione includeva anche la divergenza dal regime di Primo de Rivera, in M. Villaverde Cabral, O fascismo
portugues, cit., p. 24.
164 O. Mancini, F. Perrillo, E. Zagari, Teoria ecomica e pensiero corporativo, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1982; J. Leite, A doutrina corporativa em Portugal, Clássica, Lisboa 1936; M. Caetano, O sistema corporativo, Lisboa 1938; J. Cardoso, Uma escola corporativa portuguesa, Gabinete de estudos corporativos, Lisboa 1949; E. Phelps, Corporatism
and Keynes: his philosophy of grouth, in L. Pecchi, G. Piga, Revisiting Keynes, MIT Press, Cambridge-London 2010.
165 Sulla formulazione del corporativismo si vedano P.S. Schmitter, Corporatism and public policy in authoritarian
Portugal, in «Contemporary political sociological series», Vol. I, Sage professional series, London 1975; D. Serapiglia, La via portoghese al corporativismo, Carocci, Roma 2011; J.M. Brandão de Brito, Corporativismo, in F. Rosas, J.M.
Brandão de Brito (dir.), Dicionário de História do Estado Novo, vol. I, Bentrard Editora, Lisboa 1996, pp. 216-224; Á. Garrido, O Estado Novo português e a institucionalização da “economia nacional corporativa”, in in «Estudos do Século XX», n. 10, 2010, pp. 297-316; A. Costa Pinto, F.C.P. Martinho, O corporativismo em português. Estado, política e
sociedade no Salazarismo e no Varguismo, ICS, Lisboa 2007. Su una comparazione dei sistemi corporativi si vedano E.S.
Phelps, Capitalism vs corporatism, «Critical review», n. 21, IV, 2010, pp. 401-414; P. Santomassimo, La terza via
fascista. Il mito del corporativismo, Carocci, Roma 2006; P.J. Williamson, Corporativism in perspective. An introductory guide to corporatist theory, Sage pubblications, London 1989;
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l’istituzione della Campahna do trigo, la Junta de Colonização Interna (auspicata prima del “28 de Maio” da Oliveira Martins nel Projecto de Fomento Rural), la Federação Nacional para a Alegria no Trabalho – quando Salazar non fece altro che discostarsi da Mussolini?166.
Se nel convegno di Lisbona del 1980 la fascistizzazione167 – intesa a ricreare, adattandola alla realtà portoghese, il movimento sociale del fascismo – ancora alla fine degli anni Ottanta la dicotomia fascismo/non fascismo teneva banco nella letteratura del settore. Se Per Stuart Woolf il salazarismo era da riporre al piano del fascismo in modo tassativo; per Stanley G. Paine era da considerare come un «regime organico moderato o corporativo»168, Manuel Braga da Cruz, centrando il rapporto stretto tra partito e Stato all’interno dei regimi dittatoriali, definiva direttamente il Portogallo come un regime fascista169. Braga da Cruz, inoltre, individuava una seconda peculiarità che la distingueva dal modello italiano, giungendo a definire il fascismo italiano in quanto retto da un «partito dittatoriale», differenziandolo dalla «dittatura governativa» portoghese170. Lo storico concludeva infine che se il fascismo è autoritario, non tutti gli autoritarismi sono fascismi, in quanto il «fascismo era meramente uno dei tanti nazionalismi autoritari che apparvero nel primo quarto di secolo, immediatamente dopo la Guerra»171. Secondo da Cruz la forma di partito-stato era dissimile, se comparato con i due maggiori modelli del periodo. Nello specifico, nel nazionalsocialismo il partito dominava lo Stato, nel fascismo italiano ne divenne parte integrante, in Portogallo il partito dipendeva interamente da esso172. Ancora una volta la categorizzazione di “fascismo” differiva da modelli precostituiti storicamente, cui si aggiungeva la convinzione di Salazar di non essere un doppione né del modello statuale italiano né tantomeno dalla figura carismatica di Mussolini.
Per quanto partiti da due posizioni contrapposte, Manuel Braga da Cruz e António Costa Pinto confluirono nell’idea che «non tutti gli autoritarismi furono fascisti»173. A partire dagli anni Novanta
166 Cabral osservava ancora una somiglianza tra l’opera di riassetto economico di Salazar nei suoi mandati come Ministro delle Finanze e la riorganizzazione finanziaria adottata da Mussolini con la campagna della “quota Novanta” del 1926, da un lato, e la risposta al contraccolpo della crisi del ’29, arginata da una serrato controllo dell’agitazione sociale negli anni Trenta, in M. Villaverde Cabral, O fascismo portugues, cit., p. 11-12 e C. Bastien, Corporativismo e Keyneasianismo
no Estado Novo, pp. 121-139, in F. Rosas, A. Garrido (coord.), Corporativismo, fascismos, Estado Novo, Almedina,
Lisboa 2012.
167 Anche Herminio Martins si approccia al regime salazarista intendendolo in questi termini, per definire la Mocidade
portuguesa, organizzazione giovanile obbligatoria diretta alla popolazione scolare e universitaria, che prevedeva la fedeltà
politica al regime, le purghe per il personale docente, la modernizzazione dell’apparecchio repressivo e la creazione di un’organizzazione politica e culturale e di propaganda, in H. Martins, Classe, status e poder, ICS, Lisboa 1998, p. 38. 168 AA.VV., O Estado Novo. Das origens ao fim da autarcia, 1926-1959, vol. 2, Fragmentos, Lisboa 1987. 169 M. Braga da Cruz, O partido e o Estado no Salazarismo, Editorial presença, Lisboa 1988, p. 11.
170 Ivi, p. 30. 171 Ibidem. 172 Ibidem.
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il salazarismo sarebbe stato riconosciuto come un regime autoritario, sebbene con qualche ulteriore sfumatura fra gli storici174.
Quel che è certo è che, come molti altri regimi autoritari dell’Europa del Sud, il Salazarismo fu